lunedì 11 novembre 2013

La firma.



 

Firma… Il termine deriva dalla parola latina firmus, nel senso di definito, inamovibile…
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Quanto è convenzionale questa definizione di firma? Basti pensare a quanti decreti legge siano stati firmati e poi regolarmente "superati" o a come un contratto firmato e sottoscritto abbia una scadenza. 
La firma, dunque, sembra essere un sigillo “inamovibile”, solo nel senso più stretto del termine e cioè quando va a designare il termine di un lavoro, che nelle 3d per coerenza sarà sempre un termine Temporaneo (apparenza)...
Infatti, nel reame fluido del Tempo 3d, nessun "lavoro" è mai definitivamente terminato (è la visione parziale delle "cose" che convince di ciò).
Con la firma si va, dunque, a chiudere provvisoriamente un certo ambito contrassegnato da una fine apparente, relativa ad un certo contesto ed alle sue “problematiche”…

Utilizzando solo il concetto usuale, che è annesso al vettore del “termine”, si può affermare tutto ed il contrario di tutto. Infatti, questa interfaccia tanto indefinita (linguaggio), è divenuta convenzionalmente sempre più densa di espressioni dubbie, cangianti, mutevoli ed (auto)ingannanti. 

La legge è arbitrata ed amministrata attraverso utilizzi convenzionali dei termini che, molto spesso, non sono nemmeno capiti e capibili dalla Massa. Una convenzione che indica un significato (Costituzione) ma ne vale un altro, in quanto a “peso specifico” (paradigma), in grado di raggiungere persino la polarità opposta della valenza "firmata" (valore d'apparenza).
 

venerdì 8 novembre 2013

La felicità sociale del popolo.


 
 
L'errore non diventa verità solo perché si propaga e si moltiplica. E la verità non diventa errore solo perché nessuno la vede.
Gandhi
È un gioco delle parti da cui togliersi (non fuggire), dove “errore e verità” (i due poli) sono solo i limiti previsti dalle regole attuali; le regole comprendono ciò che la mente configurata riesce a/può raggiungere.
Applicando l’Analogia Frattale, la frase di Gandhi afferma sottilmente che:
qualsiasi “f(atto)” è allo stesso Tempo “errore e verità”. La differenza di “spin” è determinata dal “vedere”. Qualsiasi cosa l’umano (massivamente) “vede”, la trasforma in errore, pur essendo verità.
Lo strumento è dunque l’umano o per meglio dire:
  • lo strumento è l’individuo
  • mentre la Massa è ciò che trasforma in errore la verità.
È l’insieme che distorce, non l’unità che, presa nel proprio contesto… “conosce anche senza conoscere” (sa).

L’insieme, la Massa, produce distorsione perché nel grande numero vi si rispecchia la media e la media, nelle 3d, è necessariamente polarizzata negativamente, essendo questo piano auto educativo. È come andare in un luogo caratterizzato da una certa funzione, ad esempio, le terme. Chi pensi di trovare alle terme? Molto probabilmente una persona che ha “problemi di salute o di stress”.
 
Se vai in Spagna, trovi gli spagnoli.

Non solo. Chi trovi, anche se in minoranza? Altre persone di altre nazionalità. Non solo:
altre specie viventi.
Questo frattale è più che sufficiente, “a casa mia”, per affermare che:
esistono livelli di appartenenza diversi, pur essendo le manifestazioni contenute apparentemente/concretamente nel medesimo ambiente (contenitore).
 

giovedì 7 novembre 2013

Il vuoto che si anima.


 

La fama degli eroi spetta un quarto alla loro audacia; due quarti alla sorte, e l'altro quarto, ai loro delitti.
Ugo Foscolo
Quanto “vale” una citazione?
A cosa mi “serve”?
A nulla, se non vado al di là delle apparenze.
A tutto, se applico me stesso all’ambiente esterno…
Una citazione è, ad esempio, come il consultare il volo degli uccelli al fine di comprendere come andrà un accadimento, che si sta per iniziare

Non vale niente, dunque. Vero? Per la mente dell’attuale paradigma, tutto ciò non vale assolutamente nulla. E, così… procede il Mondo, sulla via programmatica. Senza alternative autenticamente accreditate.

Detrazioni e credito per i giovani: uno specchietto per le allodole…
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Sai quale grande differenza esiste tra chi ha un problema e chi non lo ha?
L’esistenza o meno del problema? Sì… e poi?
Il proprio esclusivo sopravvivere. Cioè? Il proprio “vivere-sopra a…” (attaccamento egoico).
Qualcosa che porta gli individui a rendersi conto di un problema solo quando lo vivono in prima persona, ignorando completamente tutte le altre possibilità, in assenza dell’esistenza di un diretto interessamento (distanza).

Ciò evidenzia uno stato evolutivo talmente blando (inesistente), che crea un grande imbarazzo per quell’autocelebrazione, che la razza umana (mediamente) designa e riserva per se stessa.

Mors tua, Vita mea... Homo, homini, lupus…

Non è cambiato nulla. La gente si adatta e si “colora” sempre allo stesso modo. Cambia l’apparenza ma non la sostanza.