domenica 20 dicembre 2009

La donna "fenice".







Dalla lettura delle “Cronache dell’Akasha” di Rudolf Steiner e dal mio libero “sentire”, emerge la figura di una donna caduta nel “retrobottega” dell’uomo. Passiamo dalla magnifica visione del genere femminile nel pieno del proprio potere magico e creativo, in grado di mantenere stabile la “rotta” verso l’evoluzione, ad un genere femminile defraudato praticamente di “tutto”. Quello che la donna rappresentava nell’antichità era un “frutto” maturo unito al senso di tutta la “pianta” e consapevole della funzione ed esistenza delle “radici”. Ossia la donna di molto tempo fa era in possesso di una conoscenza e saggezza, di una creatività ed equilibrio che, una certa energia ha completamente cancellato persino dalla memoria. L’energia di tipo maschile ha letteralmente preso il sopravvento, progressivamente insinuandosi dapprima come una serpe e poi con rinnovata forza spaccando la sfera di controllo del femminile. Si può dire che per un certo “tempo” il mondo sia stato ben amministrato dalla giusta collocazione delle energie divise in femminili e maschili. Oggi, tutto quello che rimane di quella conoscenza perduta è il potenziale che le donne mantengono ancora nascosto nelle loro profondità di esseri “accompagnatori” alla vita. Proprio in questa loro funzione “fisica” rimane agganciata la speranza di recupero e manifestazione della loro vera essenza. E non penso che sia un caso che la parte umana più "forte" fisicamente non sia destinata al ruolo di “mettere al mondo” dei figli. È una divisione naturale dei “compiti”, si pensa usualmente. Si è sempre pensato così. Dunque, torniamo un attimo indietro nel tempo e vediamo la donna, soprattutto, bruciare sulle pire nelle pubbliche piazze. I falò di “streghe” erano la specialità, la moda di quei tempi oscuri. La classe dominante sembra sempre essere stata quella maschile, a memoria d’uomo, ma non fu sempre così. Diciamo che quando è toccato all’uomo, egli non è andato affatto con mano gentile. L’Antisistema ha educato il sesso maschile ad “operare” attraverso l’uso della forza bruta perché:
  • l’uomo era più forte fisicamente
  • l’uomo non aveva alternative oltre all’uso della violenza, perché più debole (paradosso, ma in realtà il fuori che tenta di nascondere il dentro)
  • l'uomo era più manovrabile perchè già "immemore"
La donna ne esce alquanto rovinata dai secoli bui, dalle ere buie. E perde la connessione con quello che era stata. L’uomo lo aveva già perso ancora prima. E l’opera si completò: il genere umano aveva raggiunto il “fondo” nella dimensione del “terrore”. L’opera di ricostruzione del genere femminile è quasi storia dei giorni nostri, ma come al solito, come per ogni aspetto della “verità” assoluta, passa completamente inosservato, anzi, compreso per quegli stessi caratteri vagamente maschili che la donna si è auto innestati in un mondo di potere maschile. La donna sembra sempre più forte, sembra sempre più “uomo”, eppure la donna si deve letteralmente “spezzare” ancora tutti i giorni adattandosi alle consuetudini generazionali entrate nel “sangue”. La donna degli anni 50 negli USA è una vera e propria aberrazione. Sembra un robot del maschio. Sempre perfetta, gran lavoratrice, esemplare madre, credente. Quella degli anni 70 ribelle ma alla fine fagocitata nelle fabbriche. Quella degli anni 90 sempre più cosciente ma dedita alla cura dell’apparenza del proprio fisico. Quella di oggi “matura” ma totalmente persa nella propria e vetusta parte di accompagnatrice maschile. Tutto è teso a mantenerla a contenerla a possederla a farla deviare continuamente da se stessa. Ad un ricevimento o più in particolare anche solo per uscire di casa, la donna cammina su 10 centimetri di “legno” o materiale composito lavorato, assumendo una posizione per l’intero corpo scandalosamente insana, mentre l’uomo cammina in comode scarpe perfettamente alla moda. Per attraversare la strada una donna rischia di rompersi l’osso del collo, e perché? Per moda o consuetudine entrata nel DNA. E la cosa aberrante è che alla donna media piace. Nessuno riesce ad associare l’influenza che ha la struttura “nervosa” del piede con l’area del cervello. Per quale motivo ad intere generazioni di donne giapponesi sono state fatte indossare scarpe più piccole della propria “taglia”? Inutile parlare di crescita ed evoluzione del cervello in maniera direttamente proporzionale alla crescita dei propri piedi? Certo! E chi ci crede? Le pubblicità martellanti d’oggi giorno si rivolgono alle future donne come a piccole piantine da coltivare, raddrizzare, indirizzare… ma verso dove? Verso quale situazione? Verso uno stato di annichilimento della propria essenza che continua a… spingere. Abbiamo ragazzine di 8/10 anni che sembra che ne abbiano già 18. Perfettamente “truccate” da grandi e da mamme perfette, proprio come nelle pubblicità “americane“ della società degli anni 50. Sono nauseato che le più non se ne accorgano nemmeno, sono nauseato da questo “stato” asfissiante delle “cose”. Una volta che si riesce a “vedere oltre”, appare la vera struttura del potere, appaiono i fili invisibili che ci fanno muovere… ed è difficile accettare quello che si “vede”. Occorre dunque fare qualcosa, ma cosa? Non so, inizio a scrivere in questo blog intanto!

SCRIVERE DI TE…

…perché scrivere di te
non è mai abbastanza…
La pioggia porta con sé
    odori e profumi
conosciuti e sempre nuovi.
    E lo stesso vento
        reca con sé
    umori e rumori
di indiani e scandinavi,
    di tribù e di villaggi,
di grattacieli e automobili.

Guardami e dimmi se è vero!

    Una stessa nuvola, che
        spostata dal vento
        porta pioggia dove
            il Fato vuole,
può vedere l’America
e poi spostarsi in Irlanda
senza scomodar nessuno
per farsi dare un passaggio.
    E lo stesso vento
può accarezzare un francese
e trasformarsi poi in uragano
    per un thailandese.
Eppure l’aria che respiro
e la pioggia che mi bagna
    mi fanno scrivere per te
        e di te,
perché ti ho dentro e fuori
    come l’aria
e l’acqua della pioggia.

sabato 19 dicembre 2009

Le amnesie di Dori.




 


Del film d’animazione “Alla ricerca di Nemo” mi vorrei soffermare alla scena, verso la fine,  di Dori che, abbandonata anche da papà Marlin, perde definitivamente se stessa precipitando in un abisso di oblio senza memoria. Lei che aveva finalmente trovato qualcuno che stesse in sua compagnia per più di un “attacco d’amnesia”, e che aveva pensato di avere finalmente superato il problema dei vuoti di memoria, torna all’improvviso nella vecchia e ciclica dimensione dello smarrimento. La vediamo che gira attorno ad una catena d’ormeggio che scende dal pelo d’acqua e sparisce nelle profondità del fondale. Vortica attorno all’unico corpo che sembra non scappare da lei, svuotata, lontana da sé, farfugliando frasi rotte, esitante nel prendere qualsiasi altra “via”. Inutile dire che Dori rappresenta la nostra natura illusoria, il nostro crederci separati, il nostro vuoto di memoria ancestrale che, a singhiozzo, di tanto in tanto si riempie di “intenzioni” fugaci quanto il riverbero della luce sui profondi fondali marini. Lo smarrimento che incarna quella scena mi pugnala ogni volta che la vedo; mi fa male perché mi “ricorda” qualcosa. Il mio stato immemore di densità dello Spirito. Oscillo come un corpo neutro sulla linea della superficie dell’acqua, ora appena sotto, ora appena sopra; i miei sensi colgono ritmicamente quello che sta al “di sopra” e quello che sta “al di sotto”. Non comprendo alla fine dove io sia in questo fluttuare continuo. Passo da stati di “potere” a stati di “schiavitù” in men che non si dica. Il ciclo dell’energia vitale è ancora troppo soggetto alla natura densa di questa dimensione, delle paure che s’elevano dalle profondità “dove sono sceso per recuperare la maschera con i dati che mi condurranno verso quella parte di me che attende”. Il mostro lanterna, sul fondo dell’abisso, che cerca di divorare i nostri due amici porta anche la luce nelle tenebre, l’avete notato? Infatti non può esistere un “polo” senza la diretta compenetrazione del suo complementare. In quel vorticare attorno a quello che non scappa, c’è tutta la dispersione dell’essenza divina che ci contraddistingue; attendendo chissà cosa bruciamo tempo ed opportunità. Sicuri di essere “nessuno”, un filo dimenticato nel telaio della creazione. Bruciamo tempo. Bruciamo nel tempo. Infatti la nostra scintilla divina brucia, arde da qualche parte a noi non comprendibile. Come un faro nella notte dell’oblio, o una boa di segnalazione non smette di annunciare la nostra presenza in “superficie”. Lavori in corso in questo punto dell’oceano. Spirito all’opera. On the air. L’amnesia di Dori s’acuisce e rischia veramente l’oblio. È quello un punto cardine nell’esistenza dell’essere; un punto che richiede l’intervento del sincrodestino. Un attimo che rischia di trasmutarsi in eternità, a così pochi metri di “pellicola” dal “the end”. E cosa succede? Che nel momento in cui Dori perde tutto, persino l’illusione di “avere finalmente trovato”, in cui si lascia andare ad un flusso, un volere superiore che sembra volerle non troppo bene, ebbene succede qualcosa… un segno che nobilita tutto ciò che è stato fatto in precedenza durante il “viaggio”. È un cambio diametrale di prospettiva, quello che “gli succede”, una leva che magicamente ribalta ogni parvenza d’evento. Quella scintilla dentro di lei, dentro di noi, non smette mai di stupirci per quanto sia ancora sfuggevole eppure meravigliosamente “luminosa”… Cosa succede? Che importanza ha!


 Non recidere, forbice, quel volto,
solo nella memoria che si sfolla,
non far del grande suo viso in ascolto
la mia nebbia di sempre.
 
Un freddo cala... Duro il colpo svetta.
E l'acacia ferita da sé scrolla
il guscio di cicala
nella prima belletta di Novembre.
(Eugenio Montale)

venerdì 18 dicembre 2009

Spezzare le "catene".









Sulla Terra siamo proprio in tanti. Il fattore “replicativo” gioca ormai un ruolo molto importante nella diffusione delle cosiddette “mode”, moderne definizioni del termine più oscuro di “eggregore”. A ben pensarci sembra proprio che una delle specialità dell’Antisistema sia proprio quella di plasmare il “credo” della massa utilizzando due caratteristiche ben distinte ed efficaci:
  • la “viralità” del fenomeno
  • l’utilizzo della massa a sua insaputa
Cosa significa? Che questa “energia” di controllo utilizza l’effetto esponenziale della trasmissione di un “messaggio”, innescando la “massa” ed utilizzandola come un “lapis” magico. Questa “matita” costituita da tutti noi, ha capacità di “disegno” uniche e assolutamente necessarie per la sopravvivenza del “controllo”. E non serve nemmeno avere una visione spirituale della nostra natura divina per comprendere questo concetto, infatti è sufficiente comprendere il fenomeno anche puramente dal punto di vista “matematico”. Ecco spiegata molto in breve la funzione dei mass media; di questi enormi ripetitori, megafoni, polarizzatori del comune pensiero. Vado al sodo. Ciò che oggi sembra così tanto “pulito” e lontano da certe speculazioni di tipo “occulto”, lo è solo in termini di linguaggio. Ossia utilizzare il termine “moda” o “tendenza” o “stile” o addirittura “cultura” o “informazione” o “legge” è una gabbia relativa alla comprensione limitata del singolo termine. Nella realtà delle “cose” l’operazione effettuata nel tempo è stata di cancellare e riprogrammare l’inconscio della massa. Oggi non si parla più di “incantesimo” ma di “informazione di massa” diffusa, ad esempio, attraverso la televisione; ma non solo, persino il “luogo comune” che ci colpisce in ogni modo attraverso il “passa parola”, perpetrato dalla massa stessa, agisce dall’interno con capacità esplosive, anche se l’origine del fenomeno è sempre un “lavaggio del cervello” ricevuto a priori.
Il linguaggio è un virus
(William S. Burroughs)

 
Viviamo su un “piano” caratterizzato dal ribaltamento dell’ottica tramite la quale si “giudica”. Il frattale di questa asincronia è rispecchiato nelle epidemie di massa, nella tendenza alla classificazione, nella specializzazione, nella diffusione di apparecchi informatici che isolano e rendono virtuale la “conoscenza” degli altri, nella tipologia di programmi tv come telenovelas infinite, Grande Fratello, gossip, reality, etc.
Anche la scienza e le religioni rispecchiano questo “timbro” di imposizione massiva delle proprie verità di natura “riduzionistica”. La società descrive “curve” che si appiattiscono e “cerchi” chiusi, combatte la diversità, il nuovo, l’evoluzione. Le forme pensiero in auge agiscono da deterrente verso i cosiddetti “contrari”, i quali non trovano spazio o, se lo trovano, vengono dipinti come fenomeni da baraccone ed in questo modo, “bucano lo schermo”.
Il “contrario” gestito in questa maniera rischia di trasmutare negativamente se stesso, improvvisamente gettato nella “mischia” ed infarcito del successo misero dell’incomprensione, ed in luogo di un cambiamento del paradigma avviene invece una classificazione, mediante fagocitazione, del contrario stesso in “nuovo adattato”. E l’incantesimo prosegue indisturbato…

 
Un meme è una riconoscibile entità di informazione relativa alla cultura umana che è replicabile da una mente o un supporto simbolico di memoria - per esempio un libro - ad un'altra mente o supporto. In termini più specifici, un meme è "un'unità auto-propagantesi" di evoluzione culturale, analoga a ciò che il gene è per la genetica. La parola è stata coniata da Richard Dawkins nel suo controverso libro Il gene egoista (The Selfish Gene, 1976).
Un meme può essere parte di un'idea, una lingua, una melodia, una forma, un'abilità, un valore morale o estetico; può essere in genere qualsiasi cosa può essere comunemente imparata e trasmessa ad altri come un'unità. Come l'evoluzione genetica, anche l'evoluzione memetica non può avvenire senza mutazioni. La mutazione produce varianti di cui solo le più adatte si replicano; ossia: diventano più comuni ed aumentano la loro probabilità di replicarsi ulteriormente. In fondo, il termine meme è usato per indicare un qualsiasi pezzo di informazione che viene trasmesso da una mente ad un'altra. Questa interpretazione è più simile all'idea del "linguaggio come virus" piuttosto che all'analogia di Dawkins dei memi come comportamenti replicantisi.
« La chiave di ogni uomo è il suo pensiero. Benché egli possa apparire saldo e autonomo, ha un criterio cui obbedisce, che è l'idea in base alla quale classifica tutte le cose. Può essere cambiato solo mostrandogli una nuova idea che sovrasti la sua »
(Ralph Waldo Emerson)

Fonte: Wikipedia

Questo sapere è noto dagli albori del tempo, anzi si perde proprio negli albori del tempo. Volete che non sia stato utilizzato da una certa “energia” al fine di plasmare il proprio “sogno”? Basta osservare il mondo con occhio “staccato”, proprio come si fa, ad esempio, in un momento di relax nel quale ci si estranea completamente dal “peso” dei problemi sociali. Librandosi al di sopra della dimensione “usuale”, attiviamo la nostra capacità di agganciare una frequenza più “alta” nella quale regna lo Spirito. Ci permeamo brevemente nella nostra vera essenza e, da quel punto di osservazione, tutto appare “chiaro”. È una modalità esistenziale che richiede una “attivazione” volontaria, tramite lo spegnimento della mente logica. Cosa succede in quei momenti (ho presente quel lasso di tempo che trascorre dopo l’atto del fare l’amore); che la comprensione naturale si allarga a dismisura e va ad abbracciare il conosciuto con una modalità diversa, omnicomprensiva. Prendiamo anche decisioni importanti in quei momenti, che tuttavia svaniscono al ritorno dal “viaggio”. Perché? Perché ci rimettiamo nello stagno dell’abitudine costellata dal “baco” dei problemi e delle paure quotidiane. Ma queste sensazioni negative da dove nascono? Avete mai provato emozioni di ansia, di dover fare, di essere preoccupati per qualcosa e, mentre vi chiedete “Ma perché sono ansioso?” comprendere che in realtà non c’è nessun motivo? E non appena ci si rende conto di questo, la consapevolezza risulta allargata. È quello un momento magico per approfondire il meccanismo. Momento magico che subito viene quasi sempre sottratto dalle infinite forme d’interferenza alle quali siamo soggetti:


“Nell'occultismo, il termine eggregora o egregora (dal greco per "vegliare", "vigilare"), talvolta definita anche larva astrale si riferisce a una entità che viene creata nel piano astrale attraverso opportune cerimonie come riflesso del subconscio dei suoi creatori. L'uso del termine "eggregora" in questo senso si trova negli scritti di Aleister Crowley. Secondo alcuni filoni dell'occultismo, le eggregore possono essere create anche inconsapevolmente da un pensiero ossessivo e possono nuocere alla persona di cui sono parassite, sottraendole energia vitale. Ne parla Anne Givaudan nel libro "Forme-pensiero", Edizioni Amrita, 2004”
Fonte: Wikipedia


L’utilizzo di certi termini come “occultismo” è stata abiurata dall’Antisistema; il solo pronunciare certe parole ci fa sentire sporchi dentro. Perché? Ecco spiegato brevemente con un esempio tipico, quello appena descritto nella frase precedente, il concetto di “eggregora”. 

Cosa significa “occultismo”?

“La parola occulto deriva dal latino occultus (nascosto) e si riferisce alla 'conoscenza di ciò che è nascosto', o anche 'conoscenza del sovrannaturale', in antitesi alla 'conoscenza del visibile', ovvero alla scienza. Il significato moderno del termine è spesso tradotto in modo errato, intendendo 'sapere nascosto', 'conoscenza riservata a pochi' o 'sapere che deve rimanere nascosto'. Per gli occultisti invece si tratta dello studio di una realtà spirituale più profonda che non può essere compresa usando puramente la ragione o la scienza materiale”.
Fonte: Wikipedia


Il solo leggere la definizione più intima del termine cambia la nostra frequenza, vi siete accorti? Dunque occorre capire in profondità che siamo sottoposti in ogni istante della nostra vita a modelli di "impressione" del pensiero che lavorano sul nostro inconscio, programmandoci come macchine, che vengono poi utilizzate per “fare altro”.
Un altro esempio in questo senso è il senso dispregiativo che ormai suscitano nell’opinione pubblica le cosiddette “Catene di S.Antonio”:


“Una catena di sant'Antonio è un sistema per propagare un messaggio inducendo il destinatario a produrne molteplici copie da spedire, a propria volta, a nuovi destinatari. È considerato un tipo di meme. Tra i metodi comunemente sfruttati dalle catene di sant'Antonio vi sono storie che manipolano le emozioni, sistemi piramidali che promettono un veloce arricchimento e l'uso della superstizione per minacciare il destinatario con sfortuna, malocchio o anche violenza fisica o morte se "rompe la catena" e rifiuta di aderire alle condizioni poste dalla lettera”.

Fonte: Wikipedia

Ma da dove viene questa “usanza”, qual è l’origine più vicina a noi? Eccola:


“Le catene di sant'Antonio traggono il proprio nome (nella lingua italiana) dal fenomeno che consisteva nell'inviare per posta lettere ad amici e conoscenti allo scopo di ottenere un aiuto ultraterreno in cambio di preghiere e devozione ai santi (Sant'Antonio è considerato uno dei santi oggetto di maggiore devozione popolare). Negli anni cinquanta del Novecento erano infatti diffuse lettere che iniziavano con "Recita tre Ave Maria a Sant'Antonio" e proseguivano descrivendo le fortune capitate a chi l'aveva ricopiata e distribuita a parenti e amici e le disgrazie che avevano colpito chi invece ne aveva interrotto la diffusione. Ancor più antica è la versione che circolava durante la prima guerra mondiale sotto forma di preghiera per la pace, che fu interpretata da ministri e funzionari di pubblica sicurezza come propaganda nemica da sopprimere”. 

Fonte: Wikipedia

Una preghiera per la pace propaganda nemica da sopprimere?
Ecco svelata la funzione di queste catene. Era una funzione a fin di bene non dissimile da una preghiera effettuata dai cari di persone bisognose. La vera origine, secondo me, affonda nei millenni e parte dalla conoscenza che la nostra “intenzione” veicola energia vitale verso il punto osservato. Cioè esprime quella conoscenza cancellata, nel tempo, dall’Antisistema e riscoperta dalla fisica quantistica. L’unico modo per attingere a grosse fonti di energia è di creare una “forma pensiero” o “eggregora” e di agganciarla mentalmente alla massa, al fine appunto di creare e veicolare “energia vitale”. Colui che diffonde questo vero e proprio incantesimo ha uno scopo e coinvolge l’intera “platea” inconsapevole. Lo “scopo” prende corpo man mano che la massa viene coinvolta e che si “piega” all’effettuare anche fisicamente quello che gli viene “imposto” subliminalmente. Quando c’è sufficiente massa critica lo scopo si manifesta dimensionalmente fissandosi nella densità della materia. E siamo unicamente noi, la massa, a permetterlo! Quindi ecco il perché ci è stato “fatto credere” che le Catene di S.Antonio sono solo delle truffe, perché hanno una importanza basilare nella comprensione del fenomeno della catalizzazione dell’energia e dunque nella capacità di “determinare” gli avvenimenti. Il “mezzo” ha queste caratteristiche che, molti uomini, non hanno esitato ad utilizzare per proporre truffe, non lo nego; ma è la comprensione delle potenzialità del “mezzo” che occorre “vedere”… senza demonizzarlo. Perché? Perché noi possiamo determinare il "cambiamento" in un’era precessionale nuova che ci spinge proprio a farlo, che ci incoraggia. Dunque ecco svelato il "pericolo" di cambiamento che sta dietro alla costruzione di una “eggregora” e che incombe su chi l’ha creata e su coloro che hanno contribuito a diffonderla:


Quando la “catena” si ferma, l'energia in “gioco” si riversa sull’origine e sui gangli di diffusione creando un effetto shock o corto circuito. Questa “modalità” non è controllabile al di fuori della sua partenza e non si può fermare.


Siamo noi che facciamo la differenza…
Siamo noi la causa, il mezzo, il tramite, il destinatario.

Il "corto circuito" è proprio quello che sta iniziando a succedere in questi anni.
La "catena" si sta finalmente spezzando...   
 

giovedì 17 dicembre 2009

Le alchimie del "Piccolo Chef".






- Non puoi cambiare la natura.
- Cambiare fa parte della natura, papà.
- Dove stai andando?
- Con un po' di fortuna, avanti

La visione di questo “fulminoso” film è sempre qualcosa di speciale, insomma “sa sorprendere”. Il parallelismo acrobatico dei significati con la vicenda evolutiva umana, spero non passi inosservato, perché queste animazioni eccezionali per “bambini” sono rivolte ai cuori dell’intera umanità. Dalla salita di Remy che lo porta dalle fogne alla consapevolezza del cielo di Parigi, al magnifico trionfo finale che unisce e “trasmuta” la grande famiglia dei “roditori”. Dentro c’è tutto “quello che serve”, proprio come nella saporita minestra preparata a quattro mani dai protagonisti della “storia”. Trova spazio persino il confronto tra generazioni e relativi paradigmi esistenziali, e la “spinta” del nuovo ad andare avanti, oltre le “apparenze”. L’arte e la sensibilità del “Piccolo Chef” rappresentano il potenziale insito nella creazione ad ogni livello ed il motto di Gusteau lo testimonia: “chiunque può cucinare”. Volevo scrivere queste quattro righe per celebrare un’opera molto coraggiosa e divertente che, non verrà presa troppo sul serio dalle persone, ma che racchiude una marea di intenti altamente nobili ed illuminati. Un sontuoso grazie a tutti coloro che hanno partecipato alla sua fantastica e commovente realizzazione. Chapeau!

"Per molti versi la professione del critico è facile: rischiamo molto poco pur approfittando del grande potere che abbiamo su coloro che sottopongono il proprio lavoro al nostro giudizio. Prosperiamo grazie alle recensioni negative che sono uno spasso da scrivere e da leggere. Ma la triste realtà a cui ci dobbiamo rassegnare è che nel grande disegno delle cose, anche l'opera più mediocre ha molta più anima del nostro giudizio che la definisce tale. Ma ci sono occasioni in cui un critico qualcosa rischia davvero. Ad esempio, nello scoprire e difendere il nuovo. Il mondo è spesso avverso ai nuovi talenti e alle nuove creazioni: al nuovo servono sostenitori! Ieri sera mi sono imbattuto in qualcosa di nuovo, un pasto straordinario di provenienza assolutamente imprevedibile. Affermare che sia la cucina, sia il suo artefice abbiano messo in crisi le mie convinzioni sull'alta cucina, è a dir poco riduttivo: hanno scosso le fondamenta stesse del mio essere! In passato non ho fatto mistero del mio sdegno per il famoso motto dello chef Gusteau "Chiunque può cucinare!", ma ora, soltanto ora, comprendo appieno ciò che egli intendesse dire: non tutti possono diventare dei grandi artisti, ma un grande artista può celarsi in chiunque. È difficile immaginare origini più umili di quelle del genio che ora guida il ristorante Gusteau's e che secondo l'opinione di chi scrive, è niente di meno che il miglior chef di tutta la Francia! Tornerò presto al ristorante Gusteau's, di cui non sarò mai sazio" (Anton Ego)


Scontro di volontà.







Il terreno di mezzo della presenza mentale, ovvero mantenere la mente tra il mi-piace e il non-mi-piace. Di Ajahn Vimalo, da discorsi tenuti a Settefrati il 22 e il 27 luglio 2007
“…Ho come perso un po’ il filo… ché avevo intenzione di parlare dell’irrequietezza e della preoccupazione e del dubbio, ma poi ho pensato che avrei parlato del mio approccio alla presenza mentale. Semplice, ma può essere difficile da mettere in parole. È qualcosa che io vedo come un’esperienza al di là delle parole…”.

Stavo iniziando a leggere questo pdf trovato in “rete”, quando mi è balenata la sensazione esatta di cosa sia una “immagine” e quasi di doverlo scrivere come autentico “dovere”. A dir la verità l’idea era già viva, oppure è nata durante la notte, nel sonno, e chissà in quale “regno” della coscienza multidimensionale. Mi sono svegliato questa mattina con una frase nella testa “La potenza delle immagini” e, mentre dormivo, era tutto talmente chiaro che, quella parte di me agganciata ancora al “controllo” di tipo inconscio, pensava – “Non ho bisogno di svegliarmi perché è tutto chiaro, non ho bisogno di prendere appunti perché me lo ricorderò ancora, una volta sveglio”. Ebbene quella “immagine” che recava in sé il significato olografico del “senso” di quella vera e propria trasmissione di “sapere”, una volta sveglio, è letteralmente svanita. La sua essenza più profonda o, a tuttotondo, è scomparsa lasciando dietro di sé unicamente una scia di emozionalità. Il vago sentire, come un umore legato addirittura al palato, di quello che era stata. Da questa “avventura” senza nome, ho tratto il desiderio di “attorcigliarmi” attorno alla dimensione ed al senso intimo che descrive la visione di una “immagine”.

"Un'immagine è una metodica di rappresentazione secondo coordinate spaziali indipendenti di un oggetto o di una scena. Contiene informazioni descrittive riferite all'oggetto, alla scena che rappresenta: un'immagine è quindi una distribuzione (che può essere bi o tri-dimensionale) di un'entità fisica. Il linguaggio delle immagini è intrinsecamente indeterminato, evocativo, dotato di segni che assumono valore simbolico in relazione al significato che attribuiamo a ciò che osserviamo o al valore pragmatico degli scopi della comunicazione.
La computabilità delle immagini invece risulta ben definita e formalizzata:

  • Analisi di immagini 
  • Sintesi di immagini
Nell'analisi è necessario avere dispositivi in grado di creare una rappresentazione numerica della distribuzione di luminosità di una scena. Nella sintesi, invece, è necessario disporre di rappresentazioni geometrico-matematiche di forme così da ricavare delle distribuzioni di luminosità che appaiano sullo schermo di un computer. Le immagini sono generate dalla combinazione di una sorgente di energia e dalla riflessione dell'energia emessa dalla sorgente da parte di oggetti di una scena. Occorre un “sensore” sensibile all'energia prodotta dalla sorgente che raccolga l'energia “irradiata” dalla scena. C'è da tenere presente, inoltre, che punti diversi sulle superfici degli oggetti avranno nell'immagine valori diversi di intensità in funzione della quantità di energia radiante incidente sulla superficie, del modo in cui esse riflettono, del modo in cui l'energia riflessa è raccolta dal sensore, del modo in cui il sensore risponde all'energia con cui è colpito”.
Fonte: Wikipedia

Chiediamoci quale sia la “sorgente”, gli “oggetti della scena” ed il “sensore” quando siamo immersi nello stato del sonno.  Ecco la mia interpretazione:

  • sorgente = energia a livello dell’anima
  • oggetti della scena = il contesto creato dalle nostre “domande”
  • sensore = la nostra attenzione consapevole a livello dell’inconscio (non è un paradosso a questo livello, perché interfacciamo solo termini relativi al linguaggio della veglia in un mondo dove il linguaggio stesso perde le proprie connotazioni relative al significato della comunicazione; dove in pratica non descrive nulla al di fuori della propria funzione di “interfaccia” tra uomo e uomo)
Cosa manca affinché questa “radiazione” emessa dalla sorgente, riflessa dalla dimensione più densa e colta dal sensore della psiche, venga memorizzata e riportata oltre il velo del “sonno”? Manca l’espressione della volontà di volerlo fare, di volere ricordare. Il substrato sensibile alla memorizzazione di quanto appreso dalla sorgente è autorizzato all’attivazione se riceve l’ordine polarizzante della nostra volontà e ciò presuppone l’esistenza di una struttura superiore che motivi a spingere in questo senso. Come a dire che la sorgente che viene sensibilizzata alla trasmissione dell’onda di informazione, rispondendo ad un preciso input o richiesta che viene dal “basso” è, allo stesso tempo, la responsabile che “ricorda e spinge il basso a chiedere” tramite il “senso della Vita”. Un cerchio che tende a chiudersi, che intende ritrovarsi, che chiede di comprendere, memore del sentore di chi si è nella propria e vera essenza, la quale, spinge e spinge e spinge e spinge sempre. Quello che "ci capita" è impregnato di questa “spinta” evolutiva. Come il moto rotatorio di un globo planetario nel “vuoto” dello spazio. Una spinta originaria che tutto muove e che tutto “marchia”. Come la traiettoria elicoidale di una foglia che cade dall’albero, descritta preventivamente dall’analisi della forma, rappresentata dalla densità e modalità di affinità dei componenti strutturali della foglia stessa.
Manca dunque la vera volontà di ricordare e riportare le informazioni da questa parte del “velo”. L’area preposta allo stoccaggio dei “dati” esiste eccome, non è questo il problema. È sufficiente analizzare la modalità con la quale internet offre spazio gratuito ad una mole impressionante di informazioni giornaliere. Dove si collocano in realtà tutti questi dati? Nelle macchine preposte al loro stoccaggio. E dato che l’uomo è un frattale del Creatore, l’uomo ha creato il frattale stesso della creazione e, in questo, ha trovato il modo di simulare i registri Akasici, nei quali è impresso ogni istante di ogni nostra vita. Il problema non sono i mezzi, ma la volontà di utilizzarli, perché il nostro focus di consapevolezza determina la stesura del programma di Vita…

“La teoria della computabilità effettiva si occupa della esistenza o meno di algoritmi risolutivi di problemi. Fra i suoi fondatori vi è Alan Turing. Una funzione si dice computabile se esiste un algoritmo che la calcola. Esistono molte formulazioni di ciò che è un algoritmo. La nozione di computabilità traduce rigorosamente, tramite la nozione di funzione e la nozione di algoritmo, la possibilità di svolgere un certo tipo di compito ovvero risolvere un certo tipo di problema applicando un procedimento meccanico pre-stabilito. È molto importante sapere se un dato lavoro può essere svolto da una macchina, ovvero da una persona non in grado di prendere decisioni autonome, oppure è richiesta la presenza di una persona chiamata a decidere caso per caso, o almeno nei casi più difficili, correndo anche il rischio di sbagliare. Molti problemi possono essere risolti dalle macchine, ma ne sono noti alcuni non risolubili da nessuna macchina”.
Fonte: Wikipedia

Volontà come algoritmo che risolve la funzione del ricordo. Volontà di estendersi oltre le armoniche della confusione e dell’illusione alla quale è sottoposto l’uomo-macchina:
“È molto importante sapere se un dato lavoro può essere svolto da una macchina, ovvero da una persona non in grado di prendere decisioni autonome, oppure è richiesta la presenza di una persona chiamata a decidere caso per caso, o almeno nei casi più difficili, correndo anche il rischio di sbagliare”
L’anima, correndo il rischio anche di sbagliare (libero arbitrio), assiste la sua estensione più densa che è impegnata nell’arduo compito esperienziale, molto “lontana” in termini di frequenza e difficilmente contattabile a causa delle “tempeste” vibrazionali dovute alla bassa densità dell’energia. Cosa ci porta all’evidenza, per analogia, questa “immagine” appena descritta?
Una missione dell’uomo nello spazio con lo scopo di atterrare su un altro pianeta per conoscerlo. Dalla base spaziale a terra, l’uomo controlla l’uomo tramite sistemi inventati dall’uomo, i quali hanno in questo momento un ruolo di importanza fondamentale per il buon esito della missione. Ma dietro alla missione cosa spinge la missione stessa? Ancora l’uomo che è mosso dalla volontà di esplorare il cosmo. Perché? Perché l’uomo è un frattale del Creatore…

Quante informazioni racchiude in sé la visione di una immagine? Guardiamo la Terra dallo spazio e pensiamo a quanti “livelli” contiene una simile scena. Penso di avere reso l’idea, no?

“Ho citato un altro esempio usato da Ajahn Chah: l’immagine di un’unica sedia in una stanza. Immagina di essere seduto su quest’unica sedia in una stanza, con vari ospiti che vengono nella stanza e cercano di farti spostare. Arriva una splendida donna, se sei un uomo, o un bell’uomo, se sei una donna, e cercano di farti spostare dalla tua sedia. Tentano di sedurti allo scopo di farti cedere la sedia – “Dai, alzati da quella sedia” – ti dicono. Tu li vedi arrivare ma resti sulla sedia. Loro possono trattenersi per un po’, danzando davanti a te, ma tu resti fermo al tuo posto. Dopo un po’ di tempo, tanto o poco che sia, gli avventori si rendono conto che non hai intenzione di mollare la sedia, e allora sono loro ad andarsene. Dei mostri potrebbero poi venire a tentare di terrorizzarti per farti cadere dalla sedia, ma uno prende la risoluzione di non muoversi fino a quando anche loro non abbiano desistito dal loro intento e se ne siano andati. Semplicemente conoscerli, ossia essere testimone del loro giungere e andar via. Basta questo. Nel corso del tempo, sarà sempre meno quello che ti verrà a disturbare. Non vuol dire che loro smetteranno di venire. È che non riescono a farci spostare. Si potrebbe dire che diventano irrilevanti. Quando mi guardate, o io vi guardo, in questo c’è un conoscere. Questo conoscere è già presente in noi, ma quello che succede è che si presentano le sensazioni e i pensieri con cui ci identifichiamo, e sono loro a scalzare noi anziché noi a conoscere loro con il semplice stare fermi su quella sedia, lasciando che se ne vadano pacificamente”.
Fonte: Il terreno di mezzo della presenza mentale, ovvero mantenere la mente tra il mi-piace e il non-mi-piace. Di Ajahn Vimalo, da discorsi tenuti a Settefrati il 22 e il 27 luglio 2007


mercoledì 16 dicembre 2009

Come sensibili separati in casa.







L’uomo è sensibile, vivendo di quello che i “sensi” trasmettono al cervello, dove per sensibilità possiamo intendere le varie manifestazioni del pensiero trascritte in forma di linguaggio:

"La sensibilità, di norma, è la facoltà di percepire attraverso sensori (nel caso di esseri viventi, gli organi di senso) stimoli provenienti da fonti esterne. Il termine assume tuttavia diversi significati a seconda dell'ambito:

  • In fisica, sensibilità si riferisce al rapporto tra la variazione del valore misurato R e la variazione del valore reale E;
  • In medicina, la sensibilità è la probabilità di un test diagnostico di indicare un risultato positivo (anomalo) nei soggetti colpiti dalla malattia («veri positivi»)
  • In filosofia la sensibilità è l'intensità e l'acutezza con cui un soggetto intuisce col pensiero qualcosa di esterno a lui.
  • In psicologia, sensibilità si riferisce alla disposizione di condividere un'emozione provata da soggetti altri da sé.
  • In fotografia la parola sensibilità indica la maggiore o minore capacità di una pellicola di essere impressionata dalla luce".
Fonte: Wikipedia

Tramite questo sventagliamento di significati dello stesso termine, possiamo comprendere quanto abbia ragione Gurdjieff quando parla del linguaggio:

Come regola generale, quando le persone si rendono conto che non comprendono una cosa, cercano di trovarle un nome, quando hanno trovato un nome, dicono che “comprendono”; ma “trovare un nome” non significa comprendere. Una delle ragioni della divergenza nello nostra vita fra la linea del sapere e la linea dell’essere, in altri termini, la mancanza di comprensione che è in parte causa e in parte effetto di questa divergenza, si trova nel linguaggio parlato dalla gente. Questo linguaggio è pieno di concetti falsi, di classificazioni false, di associazioni false. Soprattutto le caratteristiche essenziali del pensare ordinario, la sua vacuità e la sua imprecisione fanno si che ogni parola può avere migliaia di signfiicati differenti, secondo il bagaglio di cui dispone colui che parla, e l’insieme di associazioni in gioco al momento stesso. Le persone non si accorgono quanto il loro linguaggio sia soggettivo e quanto le cose che dicono siano diverse, benché impieghino tutte le stesse parole.
Fonte: “Frammenti di un insegnamento sconosciuto” di P.D.Ouspensky

Ancora una volta è qua possibile comprendere il nostro stato di separazione, non solo personale, tra sé e sé, ma addirittura da ogni altra persona. E trascinandosi per tutta una intera esistenza, dalla culla al capezzale, l’uomo tenta di comprendere l’essenza delle “cose” utilizzando degli strumenti, i sensi, che non sono “progettati” con lo scopo preciso di dare la “comprensione” ma, soprattutto, per permettere la sopravvivenza, ossia di comprendere l’arte del vivere fisicamente immersi in una natura ritenuta ostile. È questa la modalità con la quale l’uomo moderno pensa ancora di vivere; seguendo la legge della giungla. Dilatando le narici quando sente nell’aria un possibile pericolo, quando il suo “territorio” rischia di essere calpestato da un altro uomo. Seguendo in questa maniera l’istinto primordiale di quando non aveva da mangiare e soffriva il freddo ed ogni altra privazione corporea, quando aveva paura del fulmine che cadendo accendeva il fuoco sulla terra, quando doveva difendersi da tutto e da tutti. Quando gli uomini di “Spirito” ci dicono che l’uomo dorme quando crede invece di essere desto, intendono proprio di lasciare una modalità nella quale dominano i sensi illusori della vita. L’uomo si illude di vivere perché ha scelto questa via…

Svelato il segreto dell’illusionismo
"Una formula magica e un colpo di bacchetta, e gli oggetti spariscono per magia. Ma il merito di uno dei trucchi piu’ famosi degli illusionisti in realta’ è negli occhi di chi guarda. O, meglio, nella rapidita’ di adattarli a un nuovo obiettivo. A spiegarlo non sono dei prestigiatori, ma un gruppo di scienziati britannici. Quando i nostri occhi si spostano per pochi millisecondi, passando da un oggetto all’altro, e’ come se per un breve lasso di tempo perdessimo la vista. Una ‘cecita’ lampo’, che dura pochissimo ma ci impedisce di vedere che cosa accade davvero davanti al nostro sguardo. Insomma, la mano e’ piu’ veloce, come sostengono gli illusionisti. A rivelare il ’segreto della bacchetta magica’ sono stati i ricercatori dell’Edinburgh University (GB), secondo i quali queste micro-cecita’ sono troppo brevi perche’ ce ne rendiamo conto, ma abbastanza lunghe per non farci rendere conto dei cambiamenti che avvengono davanti a noi. Come a dire, la bacchetta tocca il cappello e il coniglio scompare per magia. “Pensiamo che i nostri occhi ci mostrino il mondo nei dettagli tutto il tempo, ma in effetti non e’ cosi’ – spiega John Henderson della School of Philophy, Psychology and Language Sciences illustrando lo studio sulla Bbc online – I nostri studi mostrano che gli occhi in effetti” si perdono qualcosa. Insomma, mentono".
Fonte: www.bnotizie.com/2009/09/29/svelato-il-segreto-dellillusionismo/

Quando la scienza sarà più libera di "esprimersi" e diffonderà il vero stato della ricerca, che per intenderci è anni luce più avanti di quello che è condiviso con la massa, i tempi subiranno una evoluzione quantica accelerando il processo vorticante attorno al proprio centro immobile che corrisponde alla Luce del Creatore (avete presente il centro di una galassia, ma quanta luce c’è?). Il “centro” è il luogo che ci attende con speranza. È sufficiente notare i suoi frattali minori come, ad esempio, il movimento di un gorgo nell’acqua o di un tornado oppure di una formazione temporalesca vista dal satellite. Il movimento impresso da questi fenomeni è attrattivo verso il centro, verso il ricongiungimento, verso l’Uno. Sto scoprendo grazie a quello che scrive William Buhlman nel suo meraviglioso libro “Avventure fuori dal corpo” che effettuare un cosiddetto “viaggio astrale” non significa scappare da questo mondo, ma tutt’altro, ossia entrare dentro di sé ancora più in profondità, andare cioè verso il proprio “centro”. Non a caso l’Antisistema ha piazzato, simbolicamente, al centro della Terra l’inferno, ossia ha tentato di sbarrare il cammino dell’uomo verso la propria comprensione allontanandolo attraverso il meccanismo ancestrale della paura. Mi ricordo di un romanzo (nella categoria “fantascienza”!) di Fritz Leiber che se non erro dovrebbe essere “L’alba delle tenebre” nel quale egli racconta in maniera magistrale come tutto sia ribaltato rispetto a quello che ci si illude di “vedere”, tramite la stesura di un curioso finale a sorpresa; ecco un passo che ancora una volta descrive proprio l’Antisistema:

“Quel lungo percorso attraverso la Camera del Concilio, sotto gli sguardi critici dei suoi confratelli, rappresentava per Goniface qualcosa che nessun altro arciprete sembrava in grado di capire, qualcosa che non avrebbe permesso a niente e a nessuno di portargli via: la possibilità di assaporare, al suo livello di massima pienezza e tensione, il potere e la gloria della Gerarchia, il governo più stabile che il mondo avesse mai conosciuto. L'unica forma di potere che valesse la pena di conquistare e mantenere. Costruito su un cumulo di menzogne, (come del resto tutti i governi, pensò Goniface) eppure perfettamente in grado di risolvere gli intricati problemi della società umana. E concepito in modo tale per cui più un membro della casta sacerdotale lottava per accrescere il proprio personale potere, più si identificava con le finalità e promuoveva il benessere della casta stessa”.

Per tornare al discorso relativo al linguaggio, utilizzato da una forma pensiero imperante come sostituto della “frusta fisica”, viene in mente il “mito” della Torre di Babele, completamene stravolto dal comune pensiero moderno, che altro non fa che “denunciare” la confusione generata tra gli uomini e relativa alla nascita delle diverse lingue nel mondo. Andando ancora più in profondità nell’essenza di questa “fotografia” del tempo originale, troviamo ancora una volta lo stato di separazione tra gli uomini santificata nello sviluppo di una modalità di comunicazione incomprensibile sia per gli uni che per gli altri, ed ancora maggiormente evidenziante lo stato di smarrimento dell’individuo entro se stesso.  A rimarcare ancora di più questo frattale è sufficiente osservare una cartina politica planetaria, ossia una cartina nella quale sono evidenziati gli Stati ed i loro relativi confini. Mettiamoci a notare le linee di demarcazione tracciate sulla carta. Quelle linee immaginarie, virtuali hanno determinato il passo della Storia della civiltà umana, andando a dividere fisicamente le terre e gli uomini. In una cartina degli USA è notevole l’utilizzo di linee rette, dritte, sovrannaturali quasi a ricordare degli schemi radionici sicuramente non casuali visto che sono state decise da una mente umana o da una energia liberata dall’uomo. L’opera di divisione, smembramento, allontanamento, confusione è ancora all’opera e manifestata nel moto espansivo dell’Universo e dei continenti, tuttavia ora sappiamo che la lettura superiore da farsi è di concepire questo “movimento” come l’atto del respiro di un organismo enorme come può essere quello del Creatore e pertanto in linea con il normale processo a due tempi della “respirazione”; processo molto lungo e dilatato per l’ottica limitata dell’uomo attuale… insomma tutto ha un senso… persino lo sprofondare…

Torniamo per favore a leggere la definizione di “sensibilità” in fotografia e sostituiamo a “pellicola” “uomo” e intendiamo il termine “luce” nel suo più ampio significato… meraviglioso!


Al di sopra degli stagni,
al di sopra delle valli,
delle montagne,
dei boschi,
delle nubi,
dei mari,
oltre il sole e l'etere,
al di là dei confini delle sfere stellate,
spirito mio tu ti muovi con destrezza e,
come un bravo nuotatore che si crogiola sulle onde,
spartisci gaiamente, con maschio,
indicibile piacere,
le profonde immensità.
Fuggi lontano da questi miasmi pestiferi,
va' a purificarti nell'aria superiore,
bevi come un liquido puro e divino il fuoco chiaro che riempie gli spazi limpidi.
Felice chi,
lasciatisi alle spalle gli affanni e i dolori che pesano con il loro carico sulla nebbiosa esistenza,
può con ala vigorosa slanciarsi verso i campi luminosi e sereni;
colui i cui pensieri,
come allodole,
saettano liberamente verso il cielo del mattino;
colui che vola sulla vita e comprende agevolmente il linguaggio dei fiori e delle cose mute.
Charles Baudelaire - Spleen e ideale- Elevazione


martedì 15 dicembre 2009

Illusionismo e "pidocchi".








La complessità del “tono” del linguaggio che uno Stato utilizza per comunicare con i cittadini è direttamente proporzionale a quanto ha da nascondere ai suoi cittadini. Che legge è? È una legge “non scritta”. Ad esempio cosa si intende per “Misure dell'accantonamento alla riserva obbligatoria” o “riserva frazionaria”? Non riporto il testo dei decreti che ne trattano, ma solo quello che occorre sapere. Lo Stato attraverso l’uso della “legge” parla alle pluralità, ma “esse” sono così affaccendate che non ascoltano; coloro che ascoltano e che non sono del “mestiere” non comprendono il linguaggio, il codice che lo Stato utilizza per rivolgersi alla loro attenzione. Questa “azione” riguarda le banche e la loro capacità di prestare denaro in proporzione a quanto denaro da “custodire” ricevono dalla clientela.

Ed è smerciata alla pubblica opinione in modo tale che appaia come una forma di tutela per il correntista. Per il banchiere cambia molto perché più è bassa la percentuale da tenere in contanti più egli può prestare. Nel 1957 le banche erano tenute a tenere in riserva il 25% del deposito, nel 1970 erano scese al (circa) 15% e oggi solo il 2% (in alcuni casi lo 0%). Quindi oggi la banca può ricevere €10.000 e prestarne €9.800 (non suoi!) e questo grazie alla legge sulla “riserva obbligatoria o frazionaria”. Quei €9.800 prestati andranno prima o poi versati in un altro conto (magari della stessa banca o di altre banche ma poco cambia dato che il sistema bancario è un ”cartello”). Nel nuovo c/c basterà tenere contanti per €196 (9.800x2%) e si potranno prestare i restanti €9.604 (9.800–196) e il ciclo continuerà sul nuovo conto corrente. Alla fine della fiera, partendo da €10.000, la banca potrà creare e prestare €500.000, ossia 50 volte di più e incamerare i relativi interessi. Tutto senza avere altro che i €10.000 reali iniziali (e che andavano solo custoditi!)”
Fonte: www.signoraggio.com/signoraggio_lariservafrazionaria.html

Quando una persona chiede un prestito, a fronte delle necessarie garanzie richieste dalla banca, riceve una certa somma. Da cosa è avvalorata questa somma di denaro che si riceve? Una volta doveva esistere il corrispettivo in oro. La moneta sostituiva quell’oro contendendone una minima parte nella lega dei suoi componenti. La moneta aveva un controvalore reale custodito nei forzieri. Oggi la “musica” è molto diversa. L’effetto leva che il mondo politico ha “concesso” al mondo bancario, riflettendone il proprio volere, ha creato una situazione molto simile agli effetti illusionistici che potremmo vedere ad uno spettacolo del mago Silvan. Quella somma che la banca “stanzia” per noi è un numero digitale che l’impiegato immette nel sistema informatico. Sono impulsi elettronici che vanno a formare le “cifre” che compongono la somma di qualcosa di non ben definito, ma che io definirei “il nulla”. Il nulla che, tuttavia, diventa reale per il cliente della banca, il quale si accolla un debito ben preciso, reale, solido. Tanto reale che “se non saprà estinguerlo” la banca gli porterà via la casa o quant’altro egli possegga. Sono le solite cose, no? Quante volte le abbiamo sentite o lette? Quanto ci ammazza l’abitudine, gente! Ci abituiamo a tutto!
Focalizziamo ora la nostra attenzione su questa prodigiosa capacità del sistema bancario di “creare dal nulla”, su questa “magia” alchemica di estrarre valore. Perché non lo possiamo fare anche noi, dove per “noi” intendo l’intera massa? Perché “noi” non lo riusciamo a fare? Cosa ci manca? Se tutti noi mettessimo 1 euro di capitale in una ipotetica società “Terra” avremmo nel giro di poche ore una società con 60 milioni di capitale da amministrare (bimbi compresi). Su quella base investibile, con un effetto leva tipico del mondo bancario avremmo una capacità esplosiva di effettuare investimenti. E allora perché non lo facciamo? Perché nessuno propone questa iniziativa? Perché non creiamo un circuito parallelo a quello “privato” gestito da banche ed avallato dal mondo politico a cui sembra innestato persino il mondo religioso? 
Ecco il perché:
  • non crediamo possibile farlo
  • non crediamo in noi stessi
  • non crediamo negli altri
  • non ci fidiamo di nessuno
  • siamo occupati a fare sempre “altro”
L’elenco potrebbe essere in realtà infinito e alla fin fine, conferma solo il nostro stato di “separazione” dal tutto e da ogni altra componente esistente attorno a noi. Se mettessimo 10 euro a testa? 100 euro a testa? Ma vi rendete conto?
Si ma, chi ce lo fa fare? E poi chi amministrerebbe questa “società”? E questo qualcuno non sarebbe tentato, con il tempo, di ricadere ancora una volta nei medesimi errori legati alla “tentazione”? Allora per tutelare la “società” dovremmo discutere uno statuto, degli articoli, dei punti, dei vincoli, etc. Ma chi è preposto in un certo senso a “continuare” l’opera dell’attuale Antisistema, troverebbe ancora il modo, tramite l’utilizzo della propria intelligenza, di ammorbare il modello societario globale “Terra”. E saremmo ancora punto a capo. Allora non si fa? Ok, lasciamo stare va, e continuiamo ad andare a lavorare; pensiamo alle “cose serie”. Alla certezza di un buon posto di lavoro. All’avvenire dei nostri figli. Alla salute. A goderci quel poco di vita di questa unica vita che abbiamo. A divertirci nei momenti in cui è possibile farlo. A mangiare e riempire la pancia oltremodo tutti i santi giorni, più volte al giorno. Quando Leonardo scriveva di un certo tipo d’uomo “ch’è simile ad un sacco” dal tanto si riempia di “cibo”, riesco ben a comprendere cosa intendesse. Avete presente la fine dell’impero Romano? Avete presente come si ridussero gli eredi dei padri fondatori? Sdraiati a mangiare senza nemmeno la “forza” di sedere a tavola. Imboccati da schiavi come le scimmie allo zoo.
Tutto di quello che viviamo e che “sentiamo” ci ricorda della nostra separazione. È uno specchio talmente evidente da risultare abbagliante e, per questo, “meglio guardare altrove” o mettersi degli occhialini neri alla moda. Proprio come facciamo con il Sole. Persino l’esistenza dei tanto temuti pidocchi sulla nostra testa conferma le nostre paure legate all’abbandono, alla separazione, alla solitudine. Hamer ha spiegato la causa (la causa e non il sintomo) della loro comparsa e non ha consigliato uno shampoo ad hoc o un trattamento naturale. Ha semplicemente capito osservando, proprio come faceva Leonardo. Ha osservato che quando viviamo uno stato di presunto abbandono, di senso di non appartenenza, sulla cute si crea a causa di questo “stato” una dermatite, delle scaglie di derma che iniziano a formare l’ambiente ideale per il sopravvivere dei pidocchi (in questo caso), fornendo loro il cibo. Se, in questo stato, noi veniamo a contatto con un “portatore” di pidocchi ecco che diventiamo una “colonia” da conquistare. È sufficiente notare che quando il bambino va all’asilo o a scuola, e nei primi giorni sente lo “stacco” con il proprio “nido” familiare, solitamente è molto soggetto all’invasione di pidocchi. È capitato anche a me quando mi hanno spedito in colonia a circa 8 anni ed è capitato a mio figlio quando ha iniziato ad andare all’asilo. Come sono scomparsi? Non utilizzando lozioni o shampoo miracolosi, del tutto inefficaci e costosi, ma cospargendo il bimbo di “affetto e amore”! I pidocchi tolti con le nostre mani, tramite l’utilizzo dell’apposito pettine a trame fittissime, dalla sua testa non sono più ricomparsi. Senza l’utilizzo di nessun prodotto. Garantito al 100 per cento.
Siamo molto di più di quello che ci hanno inculcato nel subcosncio e “ogni cosa” ce lo rammenta. Tocca solo a noi capirlo nelle profondità del nostro cuore che batte sempre regolarmente come a dire “io sono, io sono, io sono”

Se io guadagno 1000 e la banca ne mette per legge nel bancomat il 2% fa 20; la rimanenza la può prestare a me stesso quando faccio un debito per comprare il televisore, al tasso di interesse del 10% (sino ad oltre il 20% senza rientrare nell’usura). La banca prende i miei 980 euro e li “unisce” a quelli del mio vicino di casa che ha il conto anche lui nella stessa banca, e mi da i 2000 euro che mi servivano per l’acquisto. La banca cosa mette di suo? La banca ha spese nell’amministrare il mio conto? E quali? La banca è veramente “Gesù che moltiplica pani e pesci” solo che non li offre gratuitamente alla "platea". Ora capisco perché certi conti correnti danno anche il 4 o 5 per cento in questi tempi di “crisi”, o perché la “zucca arancio” dava sempre tassi superiori alla media e senza far pagare nessuna spesa: perché è quella la vera natura dell’apparenza.
La banca non ha costi (capite cosa intendo e non pensate ai dipendenti o alle bollette da pagare) ed a fronte dell’avvento di internet ha trovato il proprio uovo di Colombo. La formula a zero spese lo conferma. Persino a zero spese mensili e con un tasso unificato a quello della Banca Centrale, ora molto basso, riesce a fare utili. È tutto esposto al pubblico il processo in questo momento storico. Infatti gli utili giungono dalle infinite forme e modalità messe a disposizione dall’Antisistema tramite il nostro avallo quotidiano. In una solo parola “speculazione”:

“Il termine speculazione nasce dalla voce latina specula (vedetta), da specere (osservare, scrutare), ovvero colui che compiva l'attività di guardia dei legionari. Da qui deriva il senso etimologico di "guardare lontano" e "guardare in profondità con attenzione", e così in senso traslato "guardare nel futuro" o "prevedere il futuro". Già la voce in tardo latino speculatio, speculationis indica l'attività di indagine filosofica. Il termine viene utilizzato oggi in ambito filosofico con l'accezione di "teorizzare senza una solida base fattuale", conservando quindi l'originario senso etimologico della vedetta romana che guarda in lontananza”
Fonte: Wikipedia

Ma la speculazione odierna è frutto della speculazione andata a buon fine del passato. Cosa significa? Che in barba alla definizione stessa del termine “teorizzare senza una solida base fattuale”, che prevede la natura non sicura del proprio "ragionamento", le banche o meglio il potere nascosto dietro, ha sempre guadagnato leggendo il futuro; e come ha fatto?
Semplice! L’Antisistema sa in anticipo perché determina.
Questa è la prova fisica della sua esistenza…
E ciò è scritto per chi ha “occhio per sentire” ed “orecchio per vedere”.

14/9/2009 (7:10) - Intervista.
Rothschild: "Anni di crescita bassa per pagare il conto degli aiuti pubblici".
L'erede della grande dinastia: "Gli Stati hanno fatto bene a intervenire per evitare i crac a ripetizione".
Fonte: http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/crisiannodopo/200909articoli/47299girata.asp

Elf, lo Spirito del Natale.






“Mi chiedo se per caso hai letto I Libri di Natale di Dickens - chiese Robert Louis Stevenson a un amico [...]. - Io ne ho letti due, e ho pianto come un bambino, ho fatto uno sforzo impossibile per smettere. Quanto è vero Dio, sono tanto belli, e mi sento così bene dopo averli letti. Voglio uscire a fare del bene a qualcuno [...]. Oh, come è bello che un uomo abbia potuto scrivere libri come questi riempendo di compassione il cuore della gente!”.
Fonte: Wikipedia

Tutte le volte che vedo “Elf” in televisione mi commuovo e mi viene un “groppone” alla gola. Tutti gli anni questo film viene riproposto e, guardandolo con un anno tutte le volte in più, mi accorgo di quanto sia “bello” e significativo. Sembra di essere allo specchio e di osservare il proprio cambiamento attraverso la visione annuale di questa produzione cinematografica. Mi rendo conto di come si possa comprendere sempre nuovi significati anche dalla visione di una “abitudine”, e di come gli strati emotivi giochino a nascondino con i messaggi celati nella pellicola. Ciò che viene proiettato è sempre lo stesso “copione” tuttavia si interfaccia con il nostro “punto di osservazione” che, nel frattempo, può essere cambiato; da questa interazione nasce sempre qualcosa di nuovo. Il cuore soprattutto sembra rispondere sempre meglio al richiamo dello “Spirito del Natale”. Elf ci insegna la “modalità” dimenticata crescendo, allineandosi, conformandosi. Quella frequenza naturale e gioviale tipica dei bimbi e dei cuccioli, per i quali ogni occasione è buona per giocare, divertirsi e meravigliarsi. Insegna inoltre a dire “ti voglio bene” e a non avere timore di abbracciare gli altri, oltre che a cantare le splendide canzoni del Natale. È vero, quando vedi un film come questo, ti senti meglio, ti senti ok, vorresti uscire di casa e fare come “Elf”. È il cuore che parla in quei momenti che non vanno dimenticati troppo in fretta. Il Natale dovrebbe essere stare davanti ad un camino che arde e che trasuda tepore, a perdersi nei giochi e nelle scoppiettanti “parole” delle fiamme… non tutto il giorno ma quanto basta per caricarsi di Amore e pensare al vero significato di questa festa del trionfo della luce sulle tenebre, della nascita del nuovo corso solare, della Vita che si riposa coccolata dal manto della neve. Il 25 dicembre è una data significativa in tutto il mondo…

NATALE SULLA TERRA
di Arthur Rimbaud

Dallo stesso deserto,
nella stessa notte,
sempre i miei occhi stanchi si destano
alla stella d'argento,
sempre,
senza che si commuovano i Re della vita,
i tre magi, cuore, anima, spirito. 
Quando
ce ne andremo di là
dalle rive e dai monti,
a salutare la nascita del nuovo lavoro,
la saggezza nuova, la fuga dei tiranni e dei demoni,
la fine della superstizione,
ad adorare - per primi! - Natale sulla terra!
  

lunedì 14 dicembre 2009

Le antipatie verso la "sveglia".








Partiamo da una considerazione in merito all’attuale “crisi” economica:

il responsabile “specchio” della bolla del debito, il “potere” che si cela dietro le banche, ha sempre guadagnato anche nella fase di “crisi”; l’unica differenza è che il guadagno è occultato alla “vista” con la conseguenza che gli Stati hanno dovuto intervenire, al fine di non vedere collassare l’intero sistema, accollandosi le perdite “private” e trasmutandole in “pubbliche”. Adesso gli Stati, per rientrare dall’enorme debito accumulato, dovranno effettuare tagli pubblici ai “soliti” rami vitali della popolazione: educazione, sanità, pensioni, etc. Mentre il “potere forte” che sta dietro alle banche si avvale addirittura degli aiuti statali e continua a guadagnare, la “massa” subisce l’onda di rientro dell’intervento pubblico, ne paga le conseguenze. La “massa” che si ritiene “senza colpe” paga il “delirio” occulto dell’Antisistema…

Qual è il riflesso che giunge alla “massa” da tutta questa vicenda? Che, depurati dal materialismo del denaro, la vera responsabile dello “sfascio” è solo ed esclusivamente la “massa” ed il relativo “vuoto” che l’Antisistema sta mettendo in luce. La “massa” è troppo indaffarata a “fare altro” per occuparsi direttamente del proprio “futuro”, per questo si è affidata a “qualcuno” al suo esterno per amministrare il suo “tempo”; la “massa” paga “qualcuno” di non ben definito, per governare la crescita della “massa” stessa, “qualcuno” della cui “natura” non si sa nulla e della cui immagine si ha solo una vaga similitudine, un senso di quasi “familiarità”. Ma da cosa è occupata a tempo pieno la “massa”, tanto da non risultare più “capace” di auto amministrarsi? Tanto da risultare necessario l'affidarsi ad un “mercenario” o ad un cosiddetto "professionista". Vediamo in cosa è attualmente assorbita l’attenzione della “massa”. 

Nauseata dalla situazione che “vive” tutti i giorni “essa” guarda altrove:
  • lavora sempre di più
  • lontano da casa, dai propri figli
  • corre sempre perché c’è sempre da correre durante il giorno (non importa se sei leone o gazzella, l’importante è che ti alzi ed inizi a correre…)
  • tra viaggio e lavoro sta fuori casa sempre di più
  • in queste ore trascorse fuori casa fa “cose” che non farebbe mai se fosse in una condizione di “scegliere”
  • alla sera è troppo stanca per fare quello che gli piace, i cosiddetti hobby…
  • da una situazione di “stanchezza”, di debolezza vitale, si adagia spenta a vedere la tv, subendone tutto il relativo condizionamento, ascolta musica a 440 hz che la mantiene in uno stato di disarmonia, si nutre di cibo sempre più “scarico”, si accende per qualche notizia di gossip solo per “evadere” un po’
  • ancora per “evadere”, per combattere lo stress, si allontana ulteriormente da taluni argomenti ritenuti troppo “cerebrali”, troppo “pallosi”, troppo “fuori”, per lasciarsi andare alla deriva davanti ad una consolle per videogiochi di nuova generazione
  • nel tempo libero la “massa” cura il proprio corpo andando a fare “palestra” e massaggi
  • e cura la propria cultura visitando musei, leggendo giornali, navigando in internet, collezionando di tutto
  • la “massa” cerca sempre “altro”, cerca sempre di evadere da se stessa, perché “già lavora 8 ore al giorno, figuriamoci se non ha diritto ad un po’ di divertimento o di relax”
  • la “massa” è stressata dai figli
  • i figli sono stressati dalla “massa”
  • tutti fanno “cose” che non gli interessano
  • la “massa” è interessata al gossip, al sapere i “fatti degli altri”, a guardare “l’erba del vicino che è sempre più verde”
  • la “massa” tradisce il proprio giuramento matrimoniale sempre di più, perché nel matrimonio, nella famiglia, in se  stessa, è sempre più incessante, martellante, il ricordo di un “giuramento” cancellato tramite la creazione dell’Antisistema
  • i giorni trascorrono, il tempo vola, la “massa” dorme
  • la “massa” dorme da sveglia, dorme lavorando, dorme giudicando, dorme vivendo un incubo che si nutre dell’attenzione della “massa”
  • la “massa” schiaccia chi cerca di metterle una sveglia vicino al capo, odia chi fa “rumore” perché sta bene nella situazione conosciuta, anzi sconosciuta, perché “a ben pensarci non c’era qualcosa che doveva fare e che ha dimenticato?”
  • la “massa” sprofonda nell’oblio sull’isola di Circe
  • la “massa” pensa seguendo impulsi che gli nascono nel cervello in chissà quale maniera, non se ne interessa, e perché dovrebbe mai farlo?
  • La “massa” odia il qualunquismo e si deve “schierare”, deve prendere parte al processo di separazione perché è essa stessa separata principalmente da se stessa, quindi sceglie “dove stare”, si auto colloca in ogni ambito sociale
  • La “massa” tifa per una squadra di calcio, per un ciclista, per una moto o per un simbolo
  • La “massa”, divisa, declina ogni responsabilità inerente al proprio futuro a qualcun altro del quale non conosce nulla, perché essa stessa non si conosce
Quanto si potrebbe andare avanti a scrivere così?
E perché lo faccio? Perché?

Perché, che senso ha dare la colpa sempre agli altri?
Non ammettere che, in qualche modo, abbiamo delle responsabilità ben precise nei confronti dello stato di “pulizia” in cui versa la nostra “casa comune”? Perché crediamo in quello che uno “stato” ci trasmette come verità assoluta senza chiederci nulla a tal proposito? Perché dimentichiamo tanto facilmente l’insegnamento della “storia” come un susseguirsi di regni ed imperi che hanno sempre fatto il proprio interesse a scapito della “massa”? Perché oggi dovremmo vivere in un “mondo” diverso? È possibile non "sentire" che lo “scontro” si è spostato ad un livello più sottile? Invisibile! Che i fatti sembrano non coinvolgerci più chiamandoci alle armi, ma lasciandoci nel nostro brodo a bollire senza accorgerci più di nulla? Tramite la tecnologia, il “potere che abbiamo contribuito a creare” sta lavorando al confezionamento di un mondo “perfetto”, fatto a misura d’uomo e per questo vincolato alla propria realtà governata dai sensi illusori di questa dimensione. Una “cella” perfetta come quella “descritta” in Matrix, “dove gli uomini non vivono ma vengono coltivati”. Staccare una entità umana dalla propria comoda visualizzazione è quanto di più difficile, anche perché occorre sempre onorare la rispettiva libera scelta.

Perché le nostre case fisiche brillano nella pulizia, nell’ordine, nelle loro pareti bianche asettiche? Perché vogliamo avere una casa bella, con un grande giardino? Perché vogliamo la proprietà della casa?

Perché vogliamo essere felici…

Perché siamo fatti di desiderio ed intendiamo perseguire tutto ciò che ci conforta anche a scapito degli altri, perché “ci hanno acceso” un conto in banca che nessuno alimenta se non lo facciamo noi stessi. E per mantenere questo “conto” iniziamo a “correre” all’impazzata utilizzando la mente e tutti i nostri “doni” naturali per schierarci e prendere parte, ingrossare le fila, di un tessuto sociale che nemmeno le “organizzazioni preposte” riescono a “disciplinare”…
Perché? Perché “l’indisciplina” è alla fonte, è la sorgente del sistema stesso. È una sua caratteristica di base perché è “fonte di agitazione” e “fonte di cambiamento” in un sistema chiuso, fine a se stesso ma non per via delle sue origini ne per il suo scopo, ma solo per una perdita di “orizzonte” temporale.

“Al termine dello scontro, risulta dal racconto di Cesare, erano stati uccisi quasi 700 legionari e ben 46 centurioni. Il giorno seguente Cesare, convocato l'intero esercito in assemblea, rimproverò la temerarietà, la cupidigia, la sfrenatezza ed indisciplina dei suoi legionari, che non si erano arrestati al segnale della ritirata e che non avevano potuto essere trattenuti neppure dai tribuni militari e dai legati. Egli spiegò, che aveva dovuto abbandonare una vittoria certa, avendo sorpreso il nemico senza comandante e senza cavalleria, per coprire una ritirata nella quale aveva perduto quasi due coorti di armati. Ricordò loro che era compito del loro comandante, stabilire la tattica da adottare in battaglia ed il portare a termine l'operazione. Non era, pertanto, più tollerata alcuna azione di indisciplina del genere per il futuro”.
Cesare, De bello Gallico
Fonte: Wikipedia

Le “masse” indisciplinate, perse in se stesse necessitano del “comando”; l’azione di chi comanda non sempre si prefigge il comune interesse perché, persino nel ruolo di comandante, si rispecchia lo status disarmonico della “massa”. Nasce un comando più alto allora, quello dell’Antisistema, fatto da tutta la “massa”, ma anch’esso limitato dalla “massa” stessa, dai voleri della “massa”. E più la “massa” s’illude più il “potere” sopravvive alla sua naturale data di scadenza…