lunedì 13 novembre 2023

Spada di Damocle buona per fachiri o popolazioni occidentali.


È comune conoscere molto bene una certa strada, via, viale, etc. Perché ci si passa ogni giorno, ad esempio. Meglio ancora se si è nati in quel posto. Credo sia la prassi una certa situazione: passi un giorno e vedi che stanno asfaltando, però ricordi che un mese prima stavano già lavorando ma non ricordi molto bene cosa stavano esattamente facendo. Passa qualche tempo e iniziano a riprendere lavori di allacciamento che rompono il catrame appena riposto e anche sezioni del marciapiede, che era appena stato finalmente reso percorribile anche dalle carrozzine e dalle sedie a rotelle. Gli anziani avevano appena ricominciato a camminarci sopra con fare sicuro. Poi, un altro giorno assisti ai nuovi lavori per realizzare una pista ciclabile più grande della carreggiata residua lasciata per il moto del traffico ordinario. Tra marciapiede e pista ciclabile, lo spazio si divide in parti uguali con la carreggiata automobilistica. Passa un altro mese e le squadre di riparazione del manto stradale devono intervenire per sistemare i lavori precedenti. Poi i tecnici che si occupano della posa dei cavi in fibra ottica, perforano i lati della strada, realizzando scavi per tubazioni e tombini, ricoprendo il tutto ancora una volta. Va da sé che ad un certo punto per la realizzazione del nuovo supermercato cittadino il manto stradale viene sconquassato dai mezzi pesanti impiegati per il lavoro. Arrivando al giorno d’oggi si è ancora speranzosi che presto la via venga asfaltata visti i troppi rattoppi che si sono accumulati, come se fossero im-previsti. 

Questo è un risultato. Non è mancanza di programmazione.

Le imprese devono pur lavorare. Il calcolo del Pil non guarda in faccia a nessuno. La pubblicità è l’anima del commercio ed il lavoro ricomprende tutto, come una etichetta. Si potrebbe andare a parlare col Sindaco, ma… la faccenda diventa politica o, al peggio, criminale. Il rischio è di farsi male, quindi. Non è meglio lasciar perdere? Ci si gira dall’altra parte. Non è difficile. Anzi, l’abitudine è già ferrata: come un cavallo. Ma sì. Fra qualche mese asfalteranno ancora. Si tratta di avere un poco di pazienza. Al limite, alle prossime elezioni “gliela farai pagare”. Si voterà per l’altro schieramento. Per un altro candidato. Tutto pur non di confermare quel tizio. Non importa se Tizio e Caio sono compagni di merende o colleghi, fratelli, compagni, etc. Quand’anche Sempronio non si distacca sostanzialmente dal medesimo stampo. È solo così che la squadra che vince continua a farlo “a norma di legge”. 

Che gli vai a dire? Mica hai le prove. 

Non lo si sa. Lo si “sente” e basta. Intanto, è di moda questo fare; i Benetton hanno rispolverato alla grande la stessa tecnica, ma applicata alla gestione delle autostrade italiche e non solo. Ora asfalto, poi metto i guardrail speciali, ma prima ho dovuto levare quei “cespugli” che separavano le carreggiate, tanto di moda nei decenni del secolo scorso. Poi ho dovuto lavorare anche di notte per far passare la fibra, il telefono, la corrente elettrica, il telegrafo, i tamburi, etc. etc. etc. Ma quanto rende questa strada? Avanti ed indietro. Avanti ed indietro. Sino alla pensione e oltre, visto che i lavori riprendono all’infinito, fino a che ci sono i soldi pubblici da riversare nelle tasche private. E le gallerie? Le faccio. Un lavoraccio. Molto costoso perché specializzato. Poi vanno alla malora perché dentro è umido e gocciola. Allora pianifico lavori continui di manutenzione ma chiedendo a chi ci passa, ai pendolari, si comprende che la galleria è sempre fatiscente nonostante ci sono sempre i birilli dei “lavori in corso”. Stiamo lavorando per te. Sì, però c’è sempre coda ma non si vede mai nessuno a lavorare. Forse lavorano sempre di notte. Ma la strada è strozzata anche di giorno. File interminabili si formano puntualmente: le corsie diventano 2, 1, mezzo e mezzo, come il binario di Harry Potter. Il cantiere viene annunciato in ogni modo, km prima. Luci, cartelli, display. Facilitare il rientro da destra. Non c’è pericolo perché sono già tutti sulla sinistra, in costante sorpasso se solo potessero volare. E dopo km di incanalamento in fila indiana, ecco il cantiere coi lavoratori: no, aspetta, non c’è nessuno. La fila procede per un altro km e poi le corsie ritornano ad essere 2, 3, 4, 1000. Appare anche la corsia di emergenza. Wow. I pazienti automobilisti dimenticano in fretta perché recitano lo “scampato pericolo”. Si va alla massima velocità. Anzi alla velocità massima consentita. Quale? In alcune vie c’è il 50. In altre, identiche per situazione, c’è il 70 se non il 90. Ogni comune fa come gliepare. Da una parte prendi la multa. Dall’altra va tutto bene. Salvo che ti arriva a casa dopo oltre un mese. E la fotografia non sempre è visionabile attraverso un link in Internet. Dipende. A volte ci si deve recare al “Comando” nel Comune che ha colpito nel segno. Se è vicino, ancora ancora. Altrimenti, si lascia stare. Ci si fida. Ma ero veramente io? La targa è scritta giusta. Quel giorno dove cavolo ero a quell’ora. Chi si ricorda. Forse non guidavo io. C’era Charles al volante: la scimmia di Giovanni. C’è come un buco nero nella mente proprio attorno a quell’ora, a quella data. Succede sempre così. Poi, ad un tratto, dopo la sbollitura parziale, si ricorda; “sì, sono passato da lì più o meno a quell’ora. Era venerdì o giovedì”. Si va a guardare se il verbale ha qualche errore di compilazione o omissis. Si cerca in Rete se c’è un modo per contestare la multa. Ma dura poco perché è una camurria. I vari siti specializzati ripetono continuamente lo stesso concetto, redigendo articoli lunghissimi che alla fine equivalgono al rivolgersi a San Gennarino. Dai, c’è sempre il ricorso. Un altro buco nero dal quale non esce mai alcuna luce. Così si dimentica un po’ tutto quanto, non imparando mai nulla sostanzialmente. A meno che la scorciatoia del “pagare subito ma con lo sconto” non abbia la meglio. Allora sì che la coscienza va a posto. Vuoi mettere che risparmio. Così s’evita ogni burocrazia e vari mal di stomaco. Insomma, tutto ritorna nella norma. Se era solo una multa. E se hai stirato una persona? Accidenti: ma quanto aumenterà il premio dell’assicurazione! Già. E se la persona è morta? Tilt. Si va in galera oppure si può pagare ed è finita lì? 

E se è mezza morta e basta

C’è un nuovo libro (sigh) che si intitola, “come la politica condiziona l’arte”. Solo l'arte? Anche l'arte. Da Napoleone ad oggi: la stessa musica. E prima? È uguale, tanto vale lasciar perdere, altrimenti ci voleva l’enciclopedia. Ebbene, nell’articolo che promuove il libro, ad un certo punto c’è scritto, a proposito del punto di vista liberale che sostiene:
il lavoro creativo, quando viene messo al servizio di una causa, si sottrae alla sua natura, che risiede nella sua assoluta gratuità…”.
Cioè, il lavoro creativo abbinato ad una causa deve essere a pagamento? Mentre la sua natura… risiede nella sua assoluta gratuità. Dunque, SPS non è al servizio di nulla, poiché assolutamente gratuito. Parole al vento. 

Infatti, non c’è alcun pubblico di pazienti, perché costoro sono abituati a far file e pagare per ogni tipo di “servizio”. E poi dopo nove mesi… ma quale SPS d’Egitto. Or bene, quel libro esplora i condizionamenti che l’arte ha subito dalla politica nei sistemi totalitari. Quali? L’Italia fascista, la Germania di Hitler, la Russia sovietica. E te pareva. Solo un breve accenno agli “Usa”, per subito dopo colpire la Cina. Bingo. La parte finale dell’articolo merita proprio l’intera citazione:

“Il “politicamente corretto”...
Siamo oggi ben lontani, nelle società occidentali, dalla censura oppressiva che grava invece in molti stati, dalla Russia alla Turchia, dalla Cina a molti Paesi islamici, ma non possiamo ignorare come una nuova forma di controllo sulla cultura venga esercitata, in modo subdolo, tanto negli Stati Uniti, quanto, in forma minore, in Europa. Si tratta… del “politicamente corretto”, che chiama in giudizio, secondo criteri che riflettono molti aspetti del sentire oggi diffuso, autori e opere del passato privilegiando un approccio al sapere più vicino a un procedimento giudiziario che a uno stile critico. Ne deriva uno snaturamento del messaggio che giunge a noi dal passato, di cui si condannano senza appello tutte quelle idee che configgono con la sensibilità contemporanea, senza spingersi oltre per comprendere gli insegnamenti che possiamo ancora trarne…

Dunque, ricordando bene cosa continua a succedere prendendo il lasso temporale dal 2020:

siamo oggi ben lontani, nelle società occidentali, dalla censura oppressiva che…
ma non possiamo ignorare come una nuova forma di controllo sulla cultura venga esercitata, in modo subdolo, tanto negli Stati Uniti, quanto, in forma minore, in Europa. Si tratta… del “politicamente corretto”…

Oh finalmente! E che cos’è questa prassi “democratica” della quale occorre sono elogiarne la pratica?
Il “politicamente corretto”… chiama in giudizio, secondo criteri che riflettono molti aspetti del sentire oggi diffuso, autori e opere del passato privilegiando un approccio al sapere più vicino a un procedimento giudiziario che a uno stile critico. Ne deriva uno snaturamento del messaggio che giunge a noi dal passato, di cui si condannano senza appello tutte quelle idee che configgono con la sensibilità contemporanea, senza spingersi oltre per comprendere gli insegnamenti che possiamo ancora trarne…
Wow. Allora non si è proprio persa la ragione. È stata solo infilata nel di dietro. Ma c’è ancora. Per quanto... non continuando ad usarla, se non nella forma artefatta tipica del mondo occidentale? Ecco il reset. Che avviene tranquillamente sotto agli occhi della società troppo imp®egnata per accorgersi e fare qualcosa. Ecco ancora una volta lo stesso comportamento dell’automobilista sempre incazzato che, però, “va bene, dai, bisogna capire”. Come no. Intanto il fegato va a quel paese. E vai di cure, ospedali e specialisti. Sperando di non fare la stesa fine di Gaza. Qualcosa che dipende da come d’assieme la popolazione si comporterà nei confronti della più grande “democrazia” al mondo. No? Anche se a Gaza sta continuando a succedere quello che in occidente è già successo.

  

Davide Nebuloni
SacroProfanoSacro (SPS) 2023
Bollettino numero 3496
prospettivavita@gmail.com


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