venerdì 10 febbraio 2012

La dipendenza dal lavoro.




Somatizzare: trasformare uno stato (o meglio disagio) psicologico in una alterazione fisica della salute.
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Ciò che ‘respiriamo’ lo viviamo. È per via della legge frattale. 

Il rimpianto di aver lavorato troppo durante la propria esistenza.
In punto di morte quasi tutti rimpiangono di aver dedicato troppo tempo al lavoro. In vita mia ho lavorato troppo. Avrei preferito lavorare di meno e dedicarmi di più alla vita privata’. È questo uno dei rimpianti principali delle persone in punto di morte. A rivelarlo è un’infermiera australiana, Bronnie Ware, nel libro ‘The Top Five Regrets of the Dying’ (I maggiori cinque rimpianti delle persone che muoiono). 

Il testo è la trasposizione cartacea del blog della Ware, in cui l’infermiera aveva annotato le rivelazioni e i rimpianti delle persone morenti assistite nel corso della sua carriera professionale.

Tra i rimpianti, in posizione numero 2, subito dopo il desiderio inappagato di essersi comportati più in linea con la propria personalità seguendo meno le aspettative degli altri, c’è quello di aver lavorato troppo. ‘Si tratta di un rimpianto espresso da ogni paziente maschio che ho assistito come infermiera’, scrive Bronnie Ware. ‘Tutti dicevano di sentire la mancanza dell’infanzia dei propri figli o della compagnia della propria partner’. E la ragione del poco tempo dedicato a queste attività era appunto il troppo tempo passato a lavoro. 

Tutti gli uomini che ho assistito rimpiangevano moltissimo il fatto di aver speso la maggior parte della propria vita nella monotonia di un’esistenza fatta di solo lavoro’...

Le donne, insieme ai giovani, sono le persone che più rifiutano di sacrificare la vita familiare per il lavoro nello stesso modo in cui lo hanno fatto i loro genitori e i loro nonni. Secondo Gustav Grodnitzky, consulente manageriale specializzato in questi temi, all’idea di work-life balance (equilibrio tra lavoro e vita familiare), le giovani generazioni vanno verso una ‘blended life’, una ‘vita mista’ in cui, dice il consulente, ‘ogni attività ha senso ed è importante e non importa dove sia fatto il lavoro ma conta solo che sia fatto’.
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Il lavoro è una necessità per la ‘spina dorsale’ e dunque ha una valenza spirituale. Corrisponde a quel ‘lavoro’ interiore che dovremmo fare, che la Vita ci ricorda sempre per gran parte della sua lunghezza. 

Al di fuori della sfera spirituale il ‘lavoro’ 3d è una forma di schiavitù a norma di legge.

Non  importa che tipo di lavoro si faccia; potrebbe anche essere il più bello della Terra, ma rimane comunque una forzatura della nostra libertà. C’è tuttavia da chiedersi:

Senza lavoro e dunque padrone di tutto il mio tempo, cosa farei?’. Se abbiamo una risposta 'coerente e sostenibile', allora è possibile fare esperienza in quest'ottica di liberazione proattiva del tempo; se sentiamo sinceramente di non trovare nessuna risposta 'affine', allora è meglio essere disposti a lavorare ‘allineati e coperti’.

Senza un proprio ‘centro’, e senza lavoro, il rischio è quello di smarrirsi ancora di più.

Nell’Antisistema lavorano quasi tutti. I tassi di disoccupazione, seppure considerati alti, non costituiscono la maggioranza numerica, per cui la ‘schiavitù’ impera a livello medio nel Mondo. Sul punto di morte, poi, ci si lascia andare a talune considerazioni tardive, inerenti a quello che ‘non si è fatto in Vita’, lasciando il corpo carichi di ‘sensi di colpa’ e amarezza. 

Ciò equivale ad affermare che ‘non si è vissuti in pace con se stessi’. Una simile morte è fortemente magnetizzata sul timbro energetico negativo, per cui scontereremo nella prossima esistenza un ulteriore carico di vicissitudini o ‘lezioni’ di Vita e, se non sapremo porre 'rimedio' continueremo ad alimentare l'Antisistema.

La somatizzazione non avviene solo a livello fisico, ma anche a livello sovradimensionale. È come gettare le reti per poi issarle piene di ‘zavorre’ da smaltire in maniera articolata secondo l’esigenza del ‘Piano di Studio’. In generale si vive di corsa, tralasciando tutto ciò che passa in secondo piano, essendo il lavoro una parte preponderante del tempo concesso. 

Se pensiamo che l’altra parte da Leone la passiamo a dormire, è difficile farsi una ragione delle decine di migliaia di ‘giorni e notti’ trascorsi sulla Terra. Nel tempo libero che si fa? Tutto il 'resto', cioè si ammassa la rimanenza delle ‘cose’ nel tempo che viene concesso; come per i carcerati esiste l’ora d’aria, per i cittadini esistono ‘le ore d’aria’.

Ovviamente non veniamo mai dimenticati nemmeno in quelle circostanze, infatti ‘tutto’ ruota attorno al nostro tempo libero. La ‘libertà’ va saputa padroneggiare, altrimenti si corre il rischio di perderla, perdendosi nella libertà. Non sapendosi amministrare. Abusando della libertà.

Ossia il 'leitmotiv' della situazione che ha generato l’attuale crisi economica globale, nata da un eccesso di libertà conferita all’operato di Banche & Co. Persone? Certo. Ma non solo…

Quando si sente dire che la Grecia ha fatto grandi sacrifici, perché ha lasciato senza lavoro decine di migliaia di dipendenti statali, migliorando così i propri conti, si vede un solo lato della medaglia. E tutta quella gente disperata? Il lavoro è ormai come una ‘dipendenza’, dato che l’alternativa si è dissolta

La gente cerca il lavoro, non perché ne ha bisogno per vivere, ma perché non vede l’alternativa. È gioco forza lavorare. L’alternativa è semmai quella di rubare. Cosa ‘no buona’, vero? 

E sì, perché un’educazione ce l’hanno data per bene e sappiamo alla lettera cosa fare e cosa non fare. Eppure le figure ombrose viste nei film sono sempre molto gradite. Perché? Perché incarnano quella libertà ‘sincera’, che è anche nostra ma che non possiamo incalzare nella Vita di tutti i giorni perché siamo schiavi pagati per essere schiavi

Abbiamo le ‘cannette’ eteriche piazzate nei centri opportuni e puntualmente l’energia viene prelevata da noi, lasciandoci quella dose necessaria per ‘non morire’. 

Bce: Draghi prepara trasfusione a banche, ma vuole più prestiti.
Impazza l'acquisto di ‘bond perpetual’ da parte delle banche che si ricomprano queste obbligazioni irredimibili emesse a suo tempo con prezzi vicini al valore nominale di rimborso (100), ma oggi con quotazioni di mercato inferiori di qualche decina di centesimi. 

Una plusvalenza che gli istituti di credito possono poi imputare al patrimonio netto rafforzando i propri coefficienti patrimoniali. Insomma, Draghi prepara la nuova maxi-trasfusione e spera che una buona parte di questo denaro sia poi convogliato dagli istituti di credito verso l'economia reale, soprattutto ora che ‘il maquillage’ bancario è a buon punto.
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Titoli irredimibili: titoli obbligazionari che hanno una d infinita perché offrono il pagamento degli interessi per un periodo illimitato, senza restituire mai il capitale Traente...
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Ho sempre più il sospetto che la crisi sia pilotata e che la situazione non sia per nulla sfuggita di mano. Sembra tutto così ordinato e ammansito. Anche un grafico di Borsa, a livello tecnico, è ordinato, seguendo impostazioni teoriche che si concretizzano tramite una concertazione perfetta da Mercato a Mercato. 

Una sincronia sinfonica. 

Sale questo e si abbassa quello; il tutto alla velocità della luce. Infatti i movimenti che contano durante la giornata avvengono molto velocemente, secondo schemi logici persino diabolici per astuzia e conoscenza dell’inconscio collettivo.

Dato che in Borsa per chi vince c’è chi perde, e dato che chi perde è sempre il ‘Parco Buoi’, mi chiedo allora chi ha incassato tutto il denaro ‘perso’ durante la diminuzione di capitalizzazione delle Borse. Dai… i soliti noti. No? E chi altri, se no.

Per cui la crisi è un modo ciclico di fare soldi e di ‘lavare’ il passato, riproponendolo sotto altre vesti ma ancora valorizzato dalle sue fattezze storiche. Dunque? 

Squadra che vince non si cambia. 

Perché dovrebbero cambiare modo di 'fare', visto che ha reso così bene per tanto tempo? No, servirà qualcosa di molto più incisivo per obbligare l’Antisistema a mutare di polarità. Che cosa? Ad esempio, un cambio di paradigma sul modello della centesima scimmia, ossia orchestrato dal ‘basso’, in maniera tale che tutto il ‘resto’ si debba adattare o scomparire

E l’adattamento, nel tempo, significherebbe sviluppare nuove abitudini. Dipende da noi. cosa scegliamo di fare?

Contrariamente a una convinzione diffusa, la questione fondamentale e realmente controversa della politica non è la libertà, la giustizia o l'uguaglianza. Questi sono problemi derivati. La questione fondamentale è la scelta – cioè chi sceglie cosa per chi – e ciò che riteniamo vero relativamente alla scelta determina anche quale teoria politica possiamo o meno accettare. 
 
Davide Nebuloni/SacroProfanoSacro 2012
Prospettivavita@gmail.com