lunedì 30 novembre 2009

Il senso biologico della malattia.







Sette anni fa, il 16 novembre 2002, moriva mio padre a causa di una forma di Leucemia; come sappiamo questa malattia è tuttora incurabile dalla scienza medica allopatica, ossia da quella forma di "conoscenza e sapere" che ha preso il sopravvento, nell’era “moderna”, su ogni altra forma di cura presente sul pianeta. Vediamo cosa significa il temine “allopatia” nella enciclopedia medica:

"Allopatia: metodica terapeutica basata sul principio ippocratico “contraria contrariis curantur” che afferma che, per portare a guarigione un soggetto malato, gli si devono somministrare farmaci capaci di provocare nell’individuo sano fenomeni o sintomi contrari a quelli della malattia".
Fonte: www.sanihelp.it

Praticamente questa definizione non mi suggerisce nessuno "spunto", se non un naturale moto di sospetto in merito al significato delle parole utilizzate. Queste frasi utilizzano una “radice” antica, legata ad Ippocrate, del quale l’individuo medio non sa nulla ma ne “stima” a pelle perlomeno la valenza di saggezza. Oltre a questo aspetto, per così dire, nobilitante il resto della definizione è molto arida. Esistono altre definizioni del termine “allopatia” molto più specifiche ma ancora più estranianti per colui che legge senza essere un medico.
Prendiamo allora queste altre parole trovate sulla “rete”:

"L’allopatia è un metodo terapeutico che per guarire utilizza sostanze che inducono effetti contrari alla natura della malattia, cioè sopprime i sintomi senza curare la malattia che scatena il sintomo stesso e non tiene conto dell’ammalato nella sua interezza, ma rende l’organismo un insieme di organi e apparati tutti distinti l’uno dall’altro".
www.konogea.it

Dalla particella “cioè” in poi, si comprende la volontà di spiegare meglio il medesimo concetto trovato nella precedente definizione. E da qua si inizia a comprendere qualcosa in più; nella mente si iniziano a formare delle prime “immagini” che plasmano i primi pensieri. Il senso di calore che immediatamente percepisco alle parti basse dello stomaco e nelle viscere, mi trasmette il vero significato di quelle parole, o di quelle diluizioni d’energia che scatenano vere e proprie reazioni molecolari nel corpo fisico. Ascoltando ciò che accade dentro di noi, nel vero ed unico linguaggio delle emozioni, possiamo facilmente filtrare l’aspetto esterno di ogni informazione, possiamo imparare a ragionare by passando le funzioni logiche ed analitiche della mente imbrogliata dall’inconscio (programmato da ogni aspetto legato all’educazione, alle credenze, all’abitudine di un mondo “rovesciato” come quello “ordinato” dall’Antisistema, nel quale siamo immersi dai primi istanti della nostra nascita). Ragionando tramite le immagini indotte dal codice emozionale, siamo liberi dai condizionamenti imposti, tornando alla nostra essenza più intima legata al ricordo di noi tramite il battito del cuore; unico segnale capace di sincronizzare ogni aspetto di noi, nonché “rumore” amico e sicuro sin dai tempi della posizione fetale.
Cosa significa quel senso di calore percepito alle parti basse? Nel mio linguaggio delle emozioni significa: “porca miseria, mi hanno fregato per tutto questo tempo?”, cioè racconta l’inizio di un moto di sollevamento della curiosità di sapere,  legato alla comprensione naturale di essere stato ingannato e di non avere avuto occhi per “sentire”. Ovviamente questo non significa criminalizzare nessuno; semplicemente, però, prendere in considerazione anche le “alternative” o la “concorrenza”, per dirla nel linguaggio del business.
Allora il mio pensiero torna a quei 18 mesi circa, di sofferenze e tribolazioni legate all’arco ciclico del decorso della malattia “vissuta” da mio padre. Cosa mi è rimasto impresso maggiormente nei cassetti della memoria emotiva? Oltre alla sofferenza e a tutta la sua  ampia “sfumatura”, ricordo lo stato “ambientale” nel quale un ammalato ed i propri familiari vengono a trovarsi innestati in maniera improvvisa e inaspettata. L’ambiente degli ospedali e dello staff che “lavora”; i colori, le forme, le attrezzature, i metodi, i volti, i gesti, le parole, i pensieri, l’energia, gli odori, i tempi, la fretta, il nervoso, la meccanicità, l’abitudine, la disillusione, gli sguardi, etc. che “accolgono” esseri umani necessitanti e desiderosi di una sola cosa, in quel momento: di amore. Le persone sono tutte diverse eppure tutte eguali in determinati stati d’animo o momenti della loro vita segnati dal dolore della malattia; le persone necessitano di comprensione, calore, affetto… insomma di una buona parola e di un caldo sorriso. Non intendo ora fare opera di discriminazione di un “metodo” a scapito di un altro; intendo solo affermare che “osservando le cose” in maniera diversa dal solito, le “cose” iniziano a prendere un senso diverso dal solito, iniziano a comunicare con noi. Cosa significa vedere le cose in maniera diversa? Vuole significare il comprendere attraverso le emozioni se una qualsiasi situazione nella quale ci imbattiamo è “sostenibile”, corretta, sensata, etica, morale. Ognuno di noi, prima o poi, verrà a contatto con la realtà di un ospedale; quella sarà l’opportunità per comprendere se l’organizzazione di pensiero che sottintende quella struttura è in linea armonica con lo spirito evolutivo che alberga nel senso stesso della nostra esistenza in Terra. Comprendere ciò attraverso il cuore, vuole dire aprire gli occhi e smettere di criticare, perché noi stessi siamo parte di quell’ordinamento che ha portato le “cose” a manifestarsi nella densità della materia. Dirò di più; per comprendere meglio cosa intendo, la prova più palpabile è il pagamento delle tasse al quale tutti noi siamo chiamati. Tutti noi partecipiamo alla costruzione di quell’ospedale attraverso il pagamento delle tasse e ne siamo, pertanto, anche responsabili del funzionamento ad ogni suo “livello”. L’ambiente che ci attende per “curarci” quando siamo malati e sofferenti ed impauriti, determina il grado ed il livello della guarigione; è una componente importante della guarigione. Il Dottor Hamer, padre di un nuovo modello di medicina, ha scoperto i legami ed il senso biologico della “malattia”. In alcuni prossimi articoli approfondirò la conoscenza del pensiero di quest’uomo, messo da parte, confinato dalle spire dell’Antisistema e, dunque, da tutti noi.
Mi ha molto colpito, ad esempio, la natura ed il “senso” del “raffreddore” descritti da Hamer, ossia un processo di riparazione naturale di un “danno” subito in precedenza.

“In sostanza avviene che, in presenza di un conflitto inaspettato per una situazione che, all’improvviso, ci impedisce di conoscere cosa ci sia “dietro l’angolo”, si attiva la mucosa nasale. Il processo fisiologico è una riduzione dell’epitelio, e il senso biologico è evidente: allargare per “annusare” meglio e riconoscere se c’è un pericolo. Quando il pericolo è stato riconosciuto e quindi si è risolto il problema, avviene il successivo passaggio: semplicemente la produzione di muco per riparare la necrosi della muscosa nasale. Così si comprende perché il raffreddore, non potrà mai guarirlo nessuno, perché esso stesso è una riparazione della Natura, quindi un processo necessario, inevitabile e sensato. Come dice Hamer: non si può guarire la guarigione”.
Fonte: Grazie dottor Hamer” di Carlo Trupiano.

Ora comprendo anche il senso biologico di quello che è successo a mio padre; la Leucemia è la risposta dei processi biologici del corpo fisico ad una richiesta inoltrata dal cervello. È una interpretazione del cervello stesso di una situazione di “blocco” o di “non senso”, alla quale l’essere umano è sottoposto per condizioni di vita. L’esterno che condiziona l’interno. Il cervello che viene continuamente subissato di “dati” dai sistemi periferici, si “convince” o viene “ipnotizzato” a diramare l’ordine di materializzazione di uno stato di malattia (il cervello conosce solo lo stato 1 o 0 come un interruttore della luce) quando le condizioni vitali esterne sono tali da mettere a repentaglio lo stato vitale interno. Ovviamente diluito nel tempo, uno stato di non equilibrio o di stress, conduce alla morte fisica dell’individuo. Il cervello, che è a conoscenza dei trend vitali di ogni organo interno, ad un certo punto ordina la proliferazione della malattia, al fine di fermare l’individuo e costringerlo a cambiare abitudini. È dunque una nostra protezione la malattia. L’uomo si rispecchia nella malattia e può meglio “riflettere” su quello che sta facendo della propria vita.

“Conosci te stesso” - Socrate

Ritratto senza tempo.



Sciami di note
compongono
sinuose vastità
luce e ombra
alchimia
ragion d’essere
coriandoli di carezze
scoppi di gloria. 



domenica 29 novembre 2009

Il fiore della Vita.






È per me assodato che la Terra, in quanto essere vivente, respira allo stesso modo di un essere umano o di un criceto, di una pianta oppure di un cristallo. Per la natura olografica e frattale dell’Universo, se sulla superficie del pianeta esiste anche solo una “specie” o razza vivente che, senza ombra di dubbio, respira, allora anche la Terra intera deve essa stessa respirare. E dato che sulla superficie della Terra esistono innumerevoli specie viventi dotate di polmoni per la respirazione, non da ultimo proprio la nostra razza, non è molto complesso per una coscienza “logico deduttivo spirituale” comprendere che il pianeta “madre” stesso debba respirare secondo il medesimo schema concettuale creativo. Dunque, dato per certo questo meccanismo vitale, dobbiamo trovare almeno un “disegno” frattale più accessibile, per i nostri sensi e velocità vibrazionale, al fine di comprendere meglio quello che succede più in grande. Ossia dobbiamo scovare il macrocosmo nel microcosmo. Ecco che immediatamente salta all’occhio il processo di crescita, evoluzione e maturazione dei frutti. A questo punto provo curiosità in almeno due distinti piani di osservazione:
  1. Cosa è un frutto?
  2. A cosa serve?
Ma prima di rispondere a questi due quesiti che mi viene naturale porre vado al punto “frattale” dell’argomento.
Ogni frutto progressivamente si espande secondo leggi matematiche e geometriche di appartenenza alla dimensione dello spazio/tempo. Registriamo cioè una sorta di respirazione del processo vitale legato al frutto, molto simile in questo frangente all’atto dell’inspirazione, ossia del riempirsi di aria espandendo il volume dei polmoni. Il processo legato alla maturazione dei frutti “disegna” l’inspirazione del processo di respirazione, la fine della maturazione e relativa caduta dal ramo che li ha sostenuti per la loro intera “vita” racconta viceversa l’espirazione. Ecco che, trovato almeno un frattale del macrocosmo nel microcosmo, per trasposizione riusciamo a meglio comprendere come anche il pianeta Terra debba respirare, secondo tempi molto più “ampi” e non distinguibili dal genere umano, aumentando le proprie dimensioni a causa dell’atto legato all’inspirazione, come abbiamo visto nell’articolo di ieri (21mm circa, in ogni direzione all’anno). La prova sta nell’osservazione del processo di evoluzione dei frutti. Con questo non intendo sostenere che la teoria della Tettonica delle placche o della deriva dei continenti siano errate, ma che riescono solo a “scorgere” una conseguenza e non la causa di una tale dinamica.
Insomma la Terra respira e, nella sua fase di inspirazione, si espande.
Le due osservazioni precedenti invece aprono e spostano il discorso su un altro piano: quello dello scopo di una forma vitale che partecipa alla “danza” della vita.
Cosa è un frutto e a cosa serve? Ai fini di questa domanda è molto indicativo quello che descrive Wikipedia:

“Il frutto in termini botanici è il prodotto della modificazione dell'ovario a seguito della fecondazione. Il significato biologico del frutto è fornire protezione, nutrimento e mezzo di diffusione al seme che contiene”.

Dunque il frutto trova la propria missione nella funzione di proteggere il seme, il quale rappresenta l’evoluzione e la continuità dell’atto creativo. In esso è racchiuso il potenziale evolutivo della vita.
Vediamo come si evolve il processo:
“Perché si formi il seme, devono avvenire l’impollinazione e la fecondazione; il polline di un fiore, cioè deve raggiungere la sacca contenente gli ovuli di un altro fiore della stessa specie e fecondarne gli ovuli. Il polline può essere trasportato dal vento, dall'acqua o dagli insetti. Ad esempio il polline delle antere si deposita sull'insetto. Se l'insetto raggiunge altri fiori della stessa specie, il polline cade sui loro pistilli. A questo punto, dal polline germina un tubicino, attraverso il quale le cellule maschili fecondano gli ovuli. Avvenuta la fecondazione, l'ovario si ingrossa e si trasforma in frutto, mentre gli ovuli diventano i semi”.
Fonte: http://www.giuseppina.org/classequarta/SCIENZE/fioreefrutto/FIORE%20FRUTTO.htm

Se questo è un frattale minore di quello che succede al livello superiore, chiediamoci dunque chi siano i “semi” e i “frutti” nella storia della vicenda umana sul pianeta Terra. Riflettiamo sul vero significato della funzione dei frutti e della loro altissima missione di protezione dei semi…

Tu sei quello che tu vuoi ma non sai quello che tu sei. “Il vuoto” – F.Battiato