martedì 4 ottobre 2011

Mais superdotato.




In natura è tutto in equilibrio. Il cambiamento scorre continuo in questo equilibrio, determinando nuovo equilibrio. L'equilibrio è 'mobile'...

Allora, che cos’è l’equilibrio? Certamente non è una prospettiva fissa, del resto l’evoluzione rappresenta un flusso, essa stessa, in divenire. Come al solito siamo alle prese con un duplice concetto inerente alla stessa origine e causa: il campo morfologico che spinge a riempire i propri ‘contorni’ secondo l’intenzione del Principio Creativo.

Questa ‘curiosità’ è come un campo gravitazionale: essa ‘è’.

Essa la possiamo ‘raggiungere’ in ogni modo. Cosa sappiamo, ad esempio, della storia degli alimenti che hanno permesso all’umanità di sopravvivere nelle ere buie della maggiore lontananza da sé? È curiosità anche questa, alla pari di quella ‘assoluta’ che frattalmente ‘disegna e colora’ tutto il resto dell’esistenza in ogni sua ‘forma’. 

Sete di consapevolezza.

Le Origini del Mais: l’Enigma della Pellagra.
La diffusione del mais come alimento di base a partire dal quindicesimo secolo provocò l’insorgere di una devastante malattia da carenza nutrizionale chiamata pellagra. La causa della pellagra pose per secoli un enigma medico fino a quando gli scienziati del ventesimo secolo spiegarono il mistero.
 
La diffusione del mais.
Fu Colombo nel 1492 a scoprire il mais nel Nuovo Mondo e a portarlo in Spagna, da dove si diffuse in tutta Europa, Africa settentrionale, Medio Oriente, India e Cina… Grazie al suo basso costo, il mais divenne l’alimento più diffuso e la fonte primaria di energia e proteine per la gente più povera, in particolare in campagna e tra i ceti sociali non privilegiati.
 
Pellagra.
Sfortunatamente, ovunque arrivasse il mais arrivava anche una malattia chiamata ‘pellagra’. Il legame tra mais e pellagra venne descritto per la prima volta da Casal in Spagna nel 1735. Quando si sviluppò come una malattia endemica nel Nord Italia, Francesco Frapoli di Milano la denominò ‘pelle agra’. Clinicamente, la malattia è identificata dalle tre D - dermatite, diarrea e demenza - e, se non viene curata, la pellagra può portare alla morte nel giro di quattro o cinque anni.
 
Per anni la scarsa conoscenza medica e il sospetto che la pellagra fosse causata da qualche ipotetica tossina contenuta nel mais o che fosse il risultato di agenti contagiosi o di una condizione genetica, portarono a grandi epidemie di pellagra in Europa e negli Stati Uniti.
 
L’enigma iniziò a sciogliersi quando venne constatata una bassa incidenza della pellagra in Messico nonostante nel paese si facesse largo consumo di mais. La ragione sembrava quindi consistere in una differente preparazione del cereale.
 
I popoli delle civiltà Azteca e Maya ammorbidivano il mais per renderlo commestibile con l’acqua di calce, una soluzione alcalina. Questo processo permetteva di rendere 'biodisponibili' per la digestione la vitamina niacina e un importante aminoacido, il triptofano, che, a sua volta, si converte in niacina.
 
L’antica pratica di mettere l’impasto di mais a bagno per una notte in acqua di calce prima di fare le tortillas non venne mai trasmessa a quei paesi del Vecchio Mondo nei quali venne diffuso il mais, o alle comunità il cui alimento principale era costituito dal mais. Questo, quasi inevitabilmente, portò alla diffusione della malattia da carenza di niacina: la pellagra.
 
La conoscenza di questo processo chimico svelò una volta per tutte un enigma nutrizionale che durava da tempo. Gran parte del merito della scoperta della pellagra quale deficienza nutrizionale appartiene a Goldberger e ai suoi colleghi che, tra il 1913 e il 1930, dimostrarono che la malattia nell’uomo e la 'lingua nera' (malattia da deficienza di niacina nei cani) potevano essere curate con l’uso di sostanze preventive della pellagra: l’acido nicotinico e la niacina.
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L’ignoranza genera mostri come il ‘sonno della ragione’. L'antica pratica... non venne mai trasmessa: è un caso?

Causa e conseguenza recitano due parti del medesimo copione. Esse sono generate dalla separazione di ‘chi osserva’. Esse sono gli opposti di un unico processo di elaborazione dell’esistenza, di una scissione dell’attimo presente in cui si riflette l’osservatore. La pellagra è stata vinta ma ci sono voluti 200 anni, un tempo molto lungo dal punto prospettico umano. Appuntiamoci questa lunghezza epocale e poniamoci una nuova riflessione:

l’attuale ‘pannocchia’ di mais è secondo me un po’ troppo grande per essere del tutto naturale.

Il mais è il seme della pianta e non è volatile come lo sono altri tipi di semi che vengono creati in grandi quantità da altre varietà vegetali. Non mi sembra ‘naturale’ una pianta che produce pannocchie di almeno 20 centimetri tutte piene di semi tanto ‘pesanti’. Perché la Natura dovrebbe avere dotato questa pianta di un simile arsenale di semi pesanti?  I semi pesanti cadranno tutti ai piedi della pianta e non si disperderanno nell’ambiente come succede con le tipologie di seme più leggere, che possono volare.

La Natura non è 'umano centrica', semmai lo è diventata...

La pannocchia odierna mi sembra di più un costrutto artificiale, nel senso di geneticamente modificato per sopperire i bisogni del 'numeroso' genere umano sempre più popoloso. La moderna critica alle coltivazioni Ogm esula da questo mio discorso, discorso che parte da epoche remote in cui si modificò la Natura secondo uno scopo ben preciso: permettere la sopravvivenza dell’umanità che usciva dall’esperienza devastante del Diluvio Universale e, in un secondo tempo, utilizzare la nuova varietà come una delle innumerevoli frecce a propria disposizione per controllarla all’origine, introducendo nel sistema corpo mente anima principi in disarmonia tra di loro e con l’ambiente ospitante.

Il mais selvatico si conosce da 7.000 anni ma si trattava di una pianta la cui pannocchia (mazurca, choclo, elote o jojote in spagnolo) era piccola appena 3 o 4 cm di lunghezza, con solo 8 o 10 chicchi. La selezione delle piante migliori da parte degli agricoltori ha fatto sì che il mais raggiungesse le dimensioni attuali…
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È una favola la vicenda che vede gli agricoltori al posto di comando nella responsabilità dell’aumento delle dimensioni della pannocchia del mais. Quando Sitchin afferma che gli Anunnaki, subito dopo la calata delle acque che ricoprivano il Mondo del post Diluvio, aiutarono i resti del genere umano a sopravvivere utilizzando la propria conoscenza genetica avanzata, secondo me coglie proprio nel segno.

Essi si erano stanziati nelle tre aree della Terra da cui partì la nuova ‘civilizzazione’ del Pianeta:
  1. la piana di Giza
  2. la valle dell’Indo
  3. il centro America.
La tecnologia disponibile era la medesima nelle tre aree e probabilmente si adottò quello che per vie naturali era già presente allo stato selvatico nelle zone in questione. Una sorta di decrescita applicata migliaia di anni fa

Per questo motivo il mais venne ‘irrobustito’ nelle zone in cui nasceva spontanea la sua ‘radice storica’, ossia proprio quel centro America che oggigiorno si ricorda come culla della varietà ‘gigante’ che noi tutti conosciamo ed apprezziamo.

Il mais dovrebbe, secondo lo spirito d’osservazione di SPS, contenere qualche principio che non aiuta a mantenere in equilibrio la nostra struttura multidimensionale, perché ‘nulla è per caso’ e la sua attuale 'configurazione' non è completamente naturale...

Intanto, il mais è un acidificante dell’alimentazione e la condizione di acidità comporta la conseguente creazione di un ambiente propenso alla proliferazione batterica e virale e, dunque, idoneo alla formazione di malattia. Inoltre ‘i cereali integrali come il riso, il mais, il grano, l'avena e  tutti i loro derivati sono formatori di muco.
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A questo link 'Il Cibo della Mummia: calma e dà energia' possiamo leggere qualcosa che rivaluta il mais nella miscela di farina mischiata con altre sostanze naturali.

Le letture suggerivano che questo cibo ha un effetto purificante sul sistema digerente e che può aiutare a rinforzare il corpo. La lettura 2050-1 dice: 'Questo piatto come parte frequente della dieta sarà un aiuto per avere eliminazioni migliori, e porterà quelle caratteristiche che aiuteranno a costruire condizioni migliori in tutto il canale alimentare'.
 
Un commento intrigante propone che la miscela 'dovrebbe essere un cibo quasi spirituale per il corpo;...' (275-45), mentre un altro suggerisce che 'è il cibo per un corpo così spiritualmente sviluppato come questo'.
 
Ecco la chiave di lettura più in equilibrio, secondo me: nel Mondo ogni ‘cosa’ ha il suo senso ed il suo perché, tuttavia cosa sia divenuto un elemento nel corso del tempo non significa che lo stesso elemento, preso a riferimento nelle sue condizioni ottimali, non avesse avuto, a suo tempo, delle modalità assolutamente positive e curative

Ciò è equivalente a pensare ‘bene’ che ogni ‘cosa’ sia un dono d’inestimabile valore, che solo lo stato evolutivo del genere umano, oppure un suo riflesso condizionato, può contribuire a rendere decadente. Questa ‘caduta’ è uno specchio dell’intenzione superiore parassitaria.

Tutto ciò, infine, descrive un processo di ‘equilibrio nomade’, di perfezione perfezionabile ma perfetta, se osservata dal punto prospettico di vortice del livello vibrazionale che la contraddistingue. È solo facendo astrazione di sé che possiamo osservare lo scibile in funzione del ritenuto impossibile.

Quando una persona veramente desidera la salute, è necessario domandarle, prima, se è disposta a sopprimere le cause della sua malattia. Soltanto allora è possibile aiutarla. Ippocrate, 460 a.C.

Davide Nebuloni/SacroProfanoSacro 2011
Prospettivavita@gmail.com