mercoledì 26 ottobre 2011

La luce sugli anziani.




 

Uno dei punti caldi della ‘socialità italica’ è il nodo delle pensioni. Il tormentone è continuo come un tam tam nella foresta:

La maggioranza avrebbe trovato un accordo soft sulle pensioni… L’accordo è stato svelato ieri sera dal ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini, nel corso della trasmissione Ballarò: ‘L’accordo prevede 67 anni per donne e uomini del settore pubblico e di quello privato, gradualmente aumentando l’età pensionabile dal 2012 al 2025’. Lasciate praticamente intatte le pensioni di anzianità.
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Alla domanda ‘che cos’è la vecchiaia?’, cosa rispondereste? Ecco la definizione ‘tipica’ che si può leggere e pensare al giorno d’oggi:

Vecchiaia. Periodo della vita caratterizzato dal progressivo decadimento dell'organismo.
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Dunque ‘diventare vecchi’ significa letteralmente ‘andare a pezzi’? E basta? Osserviamo come se fossimo dei ‘visitatori esterni’, non abituati alla convergenza ideale dettata dai luoghi comuni. Cosa vedremmo e cosa penseremmo? 

Che perlomeno questa società ghettizza gli anziani, li discrimina, tende a sminuirli e a farli sentire come dei pesi per il resto della collettività. In che modo accade e si perpetua questo segnale globale di annichilimento dell’anziano? 

Anche in questo caso accade in infiniti modi, però tutti riconducibili ad una doppia causa sovrapposta:
  • paura di morire
  • controllo dell'energia.
Questa società dell’immagine tende a valorizzare il corpo giovane, bello e tendente alla perfezione stilistica e visiva, sul modello del 'Discobolo' immortalato nella flessuosa arte scultorea che è giunta sino a noi. La televisione manda in onda visioni da capogiro legate all’avvenenza ed alla presenza, non importa se ‘vuota’, di corpi senza imperfezioni apparenti.

Il mondo dello sport rigetta, dal proprio contesto, atleti che a 30/35 anni sono definiti ‘vecchi’. Il mondo del lavoro discrimina gli individui che hanno oltrepassato i 35/40 anni e che non sono in possesso di una esperienza significativa in qualche ambito particolare della mansione lavorativa.

Questa società è concorrenziale, per cui la diminuita ‘forza fisica’ diventa un evidente handicap, che ‘taglia fuori’ inesorabilmente le persone che si apprestano, in realtà, a vivere una nuova ed importante fase della propria Vita.

A livello inconscio si genera un senso di auto svalutazione di sé, che si compara ogni giorno con quello che i media e la società intera generano come segnale di riferimento.

Il metro del giudizio è inerente all’apparenza. 

Infatti gli appartenenti al 'jet set' curano particolarmente la loro immagine perché è con quella che riescono a lavorare, a prosperare, a sopravvivere. In quell’ambiente si riesce a rimandare l’invecchiamento più che nel resto della socialità e la differenza la fa la disponibilità economica, ancora una volta.

Si mette una ‘pezza’ alla ruga. 

In quell’ambiente, poi, invecchiare è molto spesso anche sinonimo di ‘cambiare bene’. Sean Connery è divenuto ancora più attraente con il passare degli anni.

Ecco che quello che si può definire ‘affascinante grazie alla maturità’ vale in un certo contesto, magari nell’ambito dello ‘spettacolo’ o in quello della Vita sentimentale, ma non vale invece nel settore lavorativo nel quale si affaccia la massa

È un po' il concetto di quel 'vedere e non toccare' che è inerente al popolo, all'assenza di privilegi.
 
In quell’ambito lavorativo si viene scartati anche se assomigliamo a George Clooney, ma abbiamo 45 anni e non possiamo vantare un valore aggiunto esperienziale/pratico che ci renda appetibili. Ma, pensiamo u nattimo, appetibili per cosa? Per 'onorare' le logiche affaristiche ed 'imprenditoriali' legate all’Antisistema.

La necessità di avere un lavoro ci rende ‘deboli’. 

Il lavoro sfrutta energeticamente gli individui in cambio di denaro che serve per sopravvivere. Denaro che successivamente ‘torna’ con gli interessi nelle pieghe Antisistemiche in altri svariati modi. Quindi noi alimentiamo il Mondo in cui viviamo in cambio della ‘spremitura’ della nostra esistenza fisica, che dopo quattro decenni circa inizia a trasformarsi ancora in un qualcosa di 'diverso'.

La trasformazione è legata all’esperienza di Vita e fa parte delle regole del ‘gioco’.

È l’inizio di una nuova partenza, di una nuova tappa del viaggio, propedeutica ad avanzare con maggior coesione lungo un percorso diverso da quello conosciuto in precedenza. Questa nuova spinta è propedeutica a raggiungere un altro ‘picco’, ossia un nuovo cambio nella struttura complessiva del complesso corpo-mente-anima: l’età dell’anzianità.

Fino a pochi decenni fa, nelle nostre culture l’anziano era considerato il latore della saggezza, della tradizione e della stirpe. Gli anziani erano i garanti dell’identità sociale. Oggi le tradizioni sono ampiamente infrante, la ‘stirpe’ è stata singolarizzata. L’anziano ha da lungo tempo perso la sua importanza in quanto sostenitore della società e creatore della sua identità

Non solo, la vecchiaia ‘non deve esistere’, gli anziani vengono tutti valutati sulle categorie esteriori della gioventù; ciò che conta è la ‘fitness’, essere in forma, il concetto della ‘saggezza’ è stato degradato a vocabolo straniero
Da ‘Una nuova cultura dell’invecchiamento’ di Dietrich Kumrow

Un anziano non è misurabile attraverso il suo peso sociale in termini di 'mantenimento', ossia attraverso la sua trasformazione in un numero pubblico a cui viene legata una pensione e un senso di appesantimento per la collettività ancora giovane. 

La Vita è una ruota che gira. Prima  o poi tocca a tutti di passare per quelle ‘latitudini’. Solitamente la nostra 'leggerezza' cambia non appena passiamo dall’altra parte della barricata. Perché? Perché ci apprestiamo a vivere quello che mai avremmo volutamente vissuto.

Anche in questo la dualità è necessaria.

Di fronte all’avanzamento dell’età siamo tutti uguali, esattamente come è scritto a sproposito, 'della legge e della totalità', nelle aule dei tribunali italiani. Questa saggezza del processo biologico è basilare per maturare valore aggiunto, il quale non si materializzerebbe mai se rimanessimo per sempre nello stato di guerrieri che basano tutto sulla forza fisica e sull’intelligenza della guerra concorrenziale.

Tutto scorre e tutto si trasforma.

Gli anziani sono un dono per l’intera collettività. La loro memoria storica è un patrimonio dell’umanità da tutelare e salvaguardare. Solo adesso comprendo perché sono stato sempre attirato dalle biografie e dalle autobiografie. Perché le storie personali raccontate in quelle occasioni costituiscono un ambito meraviglioso nel quale riflettersi per meditare e assaporare la preziosità di tutti quegli anni trascorsi a trasformarsi in un qualcosa che è molto simile al frutto che contiene il seme della nuova Vita, che inizia a plasmarsi già in quella attuale.

È tutto collegato e tutto sensato. Non abbiamo nulla da ‘gettare via’ di noi. Tutto serve per lo scopo della Vita…

Molto presto proporrò un 'servizio' dedicato a questa particolare e profonda ‘tappa’ dello scorrimento esistenziale.

La mia personale dedica alla dimensione degli anziani, i quali, evadendo dall’etichetta negativa del linguaggio, costituiscono la quintessenza di un percorso da onorare e ricordare come una preziosità superiore. Molto spesso anche nella loro solitudine trovano il modo di trasmutare se stessi in se stessi. Ancora se stessi ma diversi...

Vorrei far sì che si sentissero meno soli, più valorizzati e ricchi di amor proprio. Vorrei che tornassero ad essere i pilastri portanti delle loro famiglie allargate e sfilacciate.

Vorrei che lasciassero un ricordo di sé degno di un'intera Vita trascorsa a 'sgomitolare se stessi'…

La via della liberazione di quell’infelice spirito della vecchiaia non passa dal rifiuto delle tradizionali immagini della vecchiaia, ma dalla comprensione del proprio compito biografico originario che consiste nel fare il bilancio, elaborare e perfezionare la propria Vita e nel volgere lo sguardo sul nucleo essenziale interiore

Ogni persona anziana fa un bilancio, in consapevolezza o in confusione, volente o nolente… 

Agli anziani si propone la meravigliosa sfida di lavorare alla propria metamorfosi personale, e quindi dell’intera società, attraverso l’evoluzione di sé, del proprio Sé superiore… E questo del tutto senza costrizioni, grazie alla scoperta fatta in libertà di ciò che è essenziale.
Da ‘Una nuova cultura dell’invecchiamento’ di Dietrich Kumrow

Questa frase di Rudolf Steiner, presente nel sito
www.artemedica.it , è molto significativa:

un passo nella coscienza richiede tre passi nello sviluppo morale.

In essa c’è ‘tutto’, persino la logica frattale, il ‘riflesso’ di quello che ‘si è’ attraverso quello che ‘si fa’.

Un discepolo una volta si lamentava con il maestro: 'Ci racconti delle storie, ma non ci sveli mai il loro significato'.
Il maestro disse: 'Che ne diresti se qualcuno ti offrisse un frutto e lo masticasse prima di dartelo?'.
 
Nessuno può sostituirsi a te per trovare il tuo significato. Neppure il maestro.
Da ‘Il Canto degli Uccelli’ di Anthony De Mello

Davide Nebuloni/SacroProfanoSacro 2011
Prospettivavita@gmail.com