L’uomo, nel corso della storia, ha dimostrato di poter raggiungere entrambe le estremità della scala dei “valori”, in questo rispecchiando a pieno le ampie volute della propria gamma di “potenzialità”, insite nella proclamazione della legge del libero arbitrio:
“Che si parli di me, nel bene o nel male, purchè se ne parli” – Oscar Wilde
Questa frase mi riporta alla mente aloni di “zolfo”, in qualità ed in termini di energica ignoranza, cieca disconoscenza, anche come senso di ingratitudine, verso la bellezza potenziale della Vita. Questo “motto”, oggi, descrive in pratica il punto nel quale si è eclissata l’etica e la morale, agganciata nel limbo magnetico della “fama” sancita dai mass media. Farsi pubblicità ad ogni costo per “diventare qualcuno” è la scorciatoia più facile per “far parlare di sé”. Da quel “pulpito” sarà possibile poi coinvolgere le persone verso il proprio “sogno”.
Le persone sono viste come un insieme da “conquistare” ed ognuno di quell’insieme ha velleità simili, almeno in potenziale. Ciò descrive una massa reattiva come quella del Sole che, in superficie, sfoga tutta la propria estrema vitalità, sottostante, tramite continua reazione. Si dice che i pianeti influenzino le masse umane, e questo appena descritto potrebbe essere un buon riflesso o frattale dei più grandi moti esistenziali.
L’uomo e la creatività sono un connubio innato; immaginiamo dunque il paradosso di “Achille e la Tartaruga”:
“Il più famoso dei Paradossi di Zenone. È stato proposto nel quinto secolo avanti Cristo da Zenone di Elea, che intendeva difendere le tesi del suo maestro Parmenide, che sosteneva che il movimento non è altro che illusione.
La corsa della tartaruga.
Una delle descrizioni più famose del paradosso è quella dello scrittore argentino Jorge Luis Borges:
Achille, simbolo di rapidità, deve raggiungere la tartaruga, simbolo di lentezza. Achille corre dieci volte più svelto della tartaruga e le concede dieci metri di vantaggio. Achille corre quei dieci metri e la tartaruga percorre un metro; Achille percorre quel metro, la tartaruga percorre un decimetro; Achille percorre quel decimetro, la tartaruga percorre un centimetro; Achille percorre quel centimetro, la tartaruga percorre un millimetro; Achille percorre quel millimetro, la tartaruga percorre un decimo di millimetro, e così via all’infinito; di modo che Achille può correre per sempre senza raggiungerla”.
Fonte: Wikipedia
È dal quinto secolo avanti Cristo che una certa categoria di uomini cercano di risolvere questa “corsa” tra i due corpi lanciati a velocità diverse. Diciamo che Achille ad un certo punto si può gettare sulla tartaruga; questa sarà sempre un “apostrofo” più avanti, ma nulla potrà sulla possibilità di “balzare” che ha il corpo che insegue. Questo balzo è da intendersi come “evoluzione”, il superare determinate ferme convinzioni o punti di stanca del fiume esistenziale. Proprio quello che stiamo vivendo in questi anni. Un balzo quantico evolutivo; il “gatto sotto al tappeto” non ha bisogno nemmeno di mostrarsi alla “tartaruga”, perché non è sul quel piano che si snocciola l’essenza della “corsa”.
Il moto della “corsa” descrive una traiettoria con centro nell’uomo, vero e proprio perno e motore del senso ultimo relativo all’esplorazione delle dimensioni del Creatore. Dove per “uomo” intendo ogni specie, a diversi gradi evolutivi, disseminata nel Cosmo.
Questa immagine mi porta all’evidenza il concetto di infinito:
“L'infinito (dal latino finitus, cioè "limitato" con prefisso negativo in-, e solitamente denotato dal simbolo , talvolta detto lemniscata) in filosofia è la qualità di ciò che non ha limiti o che non può avere una conclusione perché appunto infinito, senza-fine. Nella concezione cristiana il concetto coniato nell'ambito del pensiero greco trova la sua coincidenza con Dio stesso quale essere infinito.
Nascita del simbolo.
Il simbolo matematico di infinito venne utilizzato per la prima volta in epoca moderna da John Wallis nel 1655. Probabilmente egli lo scelse come trasformazione con legatura della lettera M, che nel sistema di numerazione romano indicava un numero "grandissimo" ed equivalente a 1000: M -> m -> . In alternativa «Wallis potrebbe avere anche pensato che il doppio occhiello di quel simbolo potesse rimandare immediatamente all'infinito, perché tale doppio occhiello può essere percorso senza fine». D'altronde a volte M era formata da C e I, seguiti da una C specchiata, simile alla M della scrittura onciale (CIƆ). Una terza ipotesi suggerisce «il simbolo dell'otto rovesciato formatosi per deformazione delle prime due lettere del latino aequalis "uguale" (e infatti adoperato in un primo tempo per indicare l’uguaglianza).»
Fonte: Wikipedia
L’infinito, visto da una posizione ritenuta “definita” come quella umana, ha un senso e trova una definizione, proprio ritenendo se stessi poco più di una bolla nata dal gioco del caos, destinata a scoppiare inesorabilmente e, per questo, del tutto aleatoria. Secondo me, invece, l’infinito è solo un concetto che esprime una grandezza che sfugge; tutto qua. Per questo mi permetto, a volte, di raggiungere e superare con le “immagini” quella dimensione che, ritengo, essere solo il frutto di una “corsa” stanca e ormai senza senso, delle speculazioni del pensiero umano.
Anche per quanto riguarda il simbolo utilizzato per rappresentare l’infinito, si può andare oltre:
“In matematica, la lemniscata di Bernoulli è una curva algebrica a forma di otto coricato. Il grafico di questa funzione produce una curva simile al simbolo dell'infinito, che a sua volta è chiamato lemniscata. La lemniscata fu descritta per la prima volta nel 1694 da Jakob Bernoulli, come modificazione dell'ellisse, che è il luogo dei punti per i quali la somma delle distanze da due punti fissi detti fuochi è costante. Una lemniscata, viceversa, è il luogo dei punti per i quali il prodotto di queste distanze è costante. Bernoulli la chiamò lemniscus, che è l'equivalente latino di fiocco pendente. La lemniscata era in effetti già stata trattata da Giovanni Cassini nel suo studio del 1680 sull'ovale di Cassini, di cui la lemniscata costituisce un caso particolare”.
Fonte: Wikipedia
Secondo me il simbolo dell’otto rovesciato, ben si presta a rappresentare anche il concetto di infinito, ma non intende solo quello che siamo abituati a pensare. Quel simbolo, opportunamente ridisegnato, descrive un’onda; un’onda molto simile a quella del mare, per intenderci. Un’onda costituita dai due principi contrapposti della dualità, intesa come senso di rotazione dell’energia costituente. L’immagine che ho messo come “copertina” di questo articolo disegna proprio un’onda marina, ed è il simbolo della casa editrice “Editrice antroposofica” che pubblica le opere di Rudolf Steiner. Notate come l'immagine sia composta da due forze contrapposte che vorticano, appunto, in senso contrario.
Questa onda descrive la spinta che si innesta nella dualità e descrive proprio il senso della nostra esistenza: fare esperienza nella dimensione del Creatore, ossia permettere al Creatore di conoscersi.
Questo simbolo, opportunamente “stiracchiato”, diventa un otto rovesciato, ma non necessariamente in quella “direzione”; ossia è il simbolo dell’otto rovesciato, che descrive due aree di energia che ruotano in senso opposto, che da’ luogo all’onda che possiamo rimirare, in molte forme, nel mondo percepito. Queste onde sono dei frattali del moto espresso a livello sottile dal “confronto” di energie contrapposte. In realtà il simbolo dell’otto rovesciato, in originale, non si chiudeva graficamente. Descriveva due “ghirigori” che troviamo ancora oggi, ad esempio, nelle forme decorative in uso sulle inferriate, nei tappeti, sui tessuti, nelle finiture tra pareti e soffitti, nelle decorazioni grafiche, etc. Anticamente era scolpito sui capitelli dei templi, nelle vesti, nelle effigi in generale, nei vasi in coccio, nelle lamine di rame e bronzo lavorate, etc. questo otto rovesciato ed aperto descrive il moto delle due energie che contraddistinguono l’intero creato. Una energia a spirale destrorsa ed una a spirale sinistrorsa, unite da un punto centrale che corrisponde alla Vita, alla creazione. Questa contrapposizione corrisponde alle affermazioni di Ighina, ad esempio, che affermava che “è tutto alla rovescia”.
E corrispondono alla mia visione dell’Antisistema come un fenomeno illusorio che esprime netta contrapposizione con il “Sistema” al quale si oppone per causa di forza naturale.
Questa affermazione è confermata anche dalla scoperta, non ufficialmente riconosciuta, dell’esistenza di due complessi campi di forze (di natura elettrica e di struttura cubica), d’origine cosmica e tellurica, che avvolgono come una rete invisibile l’intera superficie terrestre, attraversando ogni luogo ed abitazione, denominate reti Hartmann e Curry dai nomi dei loro scopritori. Ciò equivale a confermare quello che sosteneva Ighina, quando parlava di ritmo Terra-Sole e di moto a spirale rovesciata dell’energia. Infatti le due reti, appena descritte, hanno direzione opposta; dal centro della Terra verso il Cosmo e viceversa. Aggiungiamo il simbolo del Tao ed il concetto di bene e male presente in tutte le religioni.
Anche il lavoro di David Wilcock parla di due diversi tipi di "etere" che girano in senso opposto; mi riservo di fare un articolo a tema su questo grande e coraggioso uomo di Scienza.
La “verità” è sparsa ad arte in tutte le dimensioni ed in tutte le forme.
A livello di metafora, di mito, di leggenda, giunge sino a noi, confusi dal “rumore” di fondo provocato dalle energie in rotazione contrapposta, generatrici del “dubbio” o smarrimento gravitazionale che pervade le forme viventi sulla Terra. Un “nodo” tutto da sciogliere.