In realtà, accomunati dalla medesima ‘illusione’ di base: dal ‘fascio di luce’, dall’osservazione prospettica che ci contraddistingue. Questa caratteristica che diversifica all’apparenza, d’altro canto, contribuisce ad ‘unire la diversità osservata’, perché la ‘differenza percepita’ emerge secondo lo stesso principio di ‘errore, valutazione, prospettiva, parallasse, etc.’.
Unendo per famiglie i diversi ‘problemi’ e risolvendo le famiglie più numerose, abbiamo risolto una buona percentuale di ‘problemi’. Questa metodologia è stata sviluppata, ad esempio, nei processi di lavorazione in molte fabbriche, al fine di migliorare le prestazioni globali. Gli ‘scarti’ vengono analizzati anche in questa maniera: perché sono stati scartati dal processo di qualità? Accomunando le problematiche è possibile raggrupparle in blocchi affini e risolvendo il blocco preponderante si risolve contemporaneamente la preponderanza motivazionale che produce scarti.
La ‘divisione’, come frutto dell’esperienza lavorativa, va affrontata dal punto prospettico della ‘comunione’.
Ogni ‘cosa’ è diversa dall’altra, eppure partecipa alla medesima ‘causa’ esistenziale. È possibile sempre trovare un punto d’unione tra diversità e viceversa (vero Diego?).
Il solito ‘ritornello’ che da ‘sempre’ ha contribuito a confondere le menti delle individualità sciolte nei vari livelli dell’esperienza. Il leit motiv malcompreso dal genere umano? Oppure un segnale talmente evidente e forte da dover essere filtrato opportunamente al fine di ‘vivere l’illusorietà 3d’?
E, nel caso, ad opera di chi? Ovviamente, sempre ad opera di noi stessi o, meglio, ad opera del nostro inconscio programmato dalla rinuncia iniziale di ‘osservarci dentro per paura, pigrizia, senso ultimo, etc.
La ‘rinuncia’, a questo punto direi persino ‘opportuna’, ha contribuito ad attirare quella parte più 'congestionata' dell’energia del Creatore, la quale agganciando la banda della paura sulla quale abbiamo iniziato a trasmettere, si è agganciata per estensione anche a noi, come un 'ombra'.
Se il ‘tutto’, al livello 'ombra', funziona in questa maniera, non vedo perché, a cascata, tutto quello che esiste ‘al di sotto’ debba funzionare in maniera diversa, in questa fase dell’esperienza esistenziale. Il libero arbitrio conferito per ‘default’ all’intera opera Creatrice, ha determinato che a livello ‘altissimo’ una parte dell’energia primeva potesse innescare processi di appesantimento della struttura vibrazionale, interpretando inconsciamente addirittura il ‘desiderio’ del Creatore di ‘evolvere’ conoscendosi più a fondo.
Lasciate libere, esse si sono subito 'date da fare'. L’oscurità ha invaso il Creato. Tutto male? Niente affatto, perché rimaniamo in un ambito di transizione illusoria, di processo controllato dall’alto.
Tutto è opportuno. Il caso non esiste…
L’intera Natura è pervasa da questo timbro di auto conoscenza. Da ‘qua’, la traduzione in dualità del suo stato funzionale. Dualità che confonde, perché senza una triangolazione attraverso il punto prospettico superiore, intuitivo, non si riesce a maturare disciplina, coerenza, continuità, etc.
Noi siamo il punto d’unione della diversificazione duale: il terzo stato quantico dello Zen.
La nostra ‘punta’ traccia una linea di presente eterno, delineando un futuro mutevole caratterizzato dal sogno di un ‘ritorno a casa’, che sentiamo ma che non riusciamo a comprendere mai a fondo, come se fossimo degli erranti su questo Pianeta. Togliamo il ‘come se’, e saremo già meglio indirizzati. Erranti ma non estranei. Casa è ‘dove ci troviamo’, pur avendo noi ‘più case’… perché multidimensionali.
Senza attaccamento, noi ‘siamo’.
Non se ne esce. Capite?
Questa ‘sete’ si è impressa nella tipologia energetica della Creazione e ha determinato la sua clonazione ad ogni livello e nel modo che ogni livello ha potuto interpretare: nelle 3d, tramite l’esistenza delle ‘catene alimentari’:
per livello trofico si intende la posizione che un individuo facente parte di una comunità occupa rispetto al livello trofico di base che è rappresentato dagli autotrofi (produttori, come i vegetali). Più esattamente in un ‘livello trofico’ sono compresi tutti quegli organismi che ottengono energia dal Sole (o da altri tipi di fonti primarie) tramite lo stesso numero di passaggi;
Con una semplificazione, si può dire che il livello trofico è il posto occupato da un individuo all'interno della catena alimentare.
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Questa ‘struttura’ è apparente seppure accade fisicamente. Esiste ma non ‘esiste’, ai fini della condizione d’eternità di cui siamo ‘avvolti’. In questo senso è ‘apparente’. Se ci identifichiamo con il corpo, allora l’essere mangiati corrisponde alla fine, altrimenti l’esperienza è stata solo una parte del tutto.
Il fatto che l’intera Natura sia una immane catena alimentare ‘intelligente’ è basilare per la consapevolezza che frattalmente, anche la parte ‘non visibile’ della Natura, si possa comportare alla stessa maniera. Nell’osservazione stessa della Natura manifesta possiamo notare l’opera di verità scolpita dalle leggi planetarie e cosmiche, le quali mettono in evidenza ‘per contrasto’, l’effetto del campo energetico di entità non visibili che, allo stesso modo, si nutrono del resto della catena biologica ‘sottostante’.
Una catena alimentare o catena trofica è l'insieme dei rapporti tra gli organismi di un ecosistema. Ogni ecosistema ha una sua catena alimentare e, siccome un individuo può appartenere a più di una catena alimentare, si crea una vera e propria rete alimentare.
Se degli organismi hanno lo stesso ruolo nella catena alimentare, appartengono allo stesso livello di alimentazione. Ad esempio al primo livello ci saranno i produttori primari, al secondo gli erbivori (o consumatori primari)...
Il trofico dei nutrienti, ovvero l'assunzione della biomassa di organismi da parte di altri organismi, comporta una dispersione di energia: per ogni passaggio della catena, circa 80-90% dell'energia potenziale viene dissipata sotto forma di calore; di conseguenza, catene alimentari lunghe (costituite da numerosi livelli trofici) dovranno avere alla base una copiosa produzione primaria. Lo stesso fattore comporta una sempre minore popolazione di una data specie, tanto più elevato è il livello trofico a cui essa appartiene. Il passaggio di energia può avvenire anche tra organismi appartenenti allo stesso livello trofico.
Il flusso di energia attraverso un livello trofico è uguale all'assimilazione totale (A) a quel livello, che a sua volta è uguale alla produzione (P) di biomassa e materia organica più la respirazione (R): A=P+R
Le catene alimentari si dividono in:
1. catene alimentari di pascolo:
- vegetali ---> erbivori (o consumatori primari) ---> carnivori (o consumatori secondari)
- materia organica morta ---> microrganismi ed altri consumatori di detriti (detritivori) ---> loro predatori
I produttori.
Alla base di ogni catena alimentare, ci sono i produttori, ossia degli organismi autotrofi, ovvero capaci di organizzare i composti chimici nel terreno (o nell'acqua), così da produrre autonomamente riserve alimentari (zuccheri, amidi). Questo processo è attuabile tramite l'energia fornita dalla fotosintesi clorofilliana. I produttori sono infatti gli unici esseri viventi che riescono a trasformare l'energia solare (energia luminosa + energia termica) in energia chimica (energia di legame).
I consumatori.
Dopo i produttori, ci sono i consumatori, ossia organismi eterotrofi non indipendenti nella produzione di cibo. Infatti questi organismi necessitano di mangiare altri organismi per assimilare sostanze nutritive. Nell'ambito dei consumatori si distinguono più livelli trofici, generalmente 3:
- consumatori primari: erbivori che si cibano direttamente dei produttori;
- consumatori secondari: carnivori che si cibano di erbivori;
- consumatori terziari: carnivori che si cibano di carnivori.
Gli ordini di consumatori, comunque, sono virtualmente illimitati. La dispersione di energia ad ogni passaggio, però, comporta che la popolazione delle specie appartenenti a livelli trofici elevati sia sempre e comunque limitata (le aquile, poste al sesto livello trofico di una catena trofica alpina, hanno un territorio di caccia molto ampio proprio per questo motivo).
Una data specie può occupare più livelli trofici, a seconda della fonte di energia alimentare di cui si nutre. Gli onnivori, come gli orsi, non occupano un livello fisso, ma lo variano a seconda di cosa si cibano. Gli esseri umani, essendo gli unici in grado di decidere di cosa cibarsi - esistono infatti vegetariani, mangiatori di carne - non rientrano in questo tipo di classificazione; la parola onnivoro ha senso infatti solo se indica un animale che si nutre sia di produttori, sia di consumatori primari seguendo l'istinto (idem dicasi per i carnivori o gli erbivori).
I decompositori.
I bioriduttori sono generalmente dei batteri che decompongono i resti animali e vegetali in sostanze riutilizzabili dai produttori. Hanno un ruolo molto importante perché determinando la decomposizione della materia organica, rimineralizzano le sostanze nutritive (specialmente azoto e fosforo) che sono riutilizzate dagli organismi autotrofi.
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Alcuni punti importanti:
- I produttori sono infatti gli unici esseri viventi che riescono a trasformare l'energia solare (energia luminosa + energia termica) in energia chimica (energia di legame).
- La dispersione di energia ad ogni passaggio, però, comporta che la popolazione delle specie appartenenti a livelli trofici elevati sia sempre e comunque limitata (le aquile, poste al sesto livello trofico di una catena trofica alpina, hanno un territorio di caccia molto ampio proprio per questo motivo).
- Gli esseri umani, essendo gli unici in grado di decidere di cosa cibarsi non rientrano in questo tipo di classificazione.
Al 2) esprime, a cascata, la prosecuzione del medesimo discorso del punto precedente, attraverso il concetto di dispersione energetica. Invece di osservare una dispersione, inquadriamo questo accadimento come un vero e proprio processo auto esistente nelle 3d, autorizzato dalla nostra attuale ‘forma di credo’, che non esclude la possibilità dell’energia libera, essendo quest’ultima impressa a ‘fuoco’ nelle caratteristiche solari intercettate ed elaborate dalla fotosintesi.
Il 3) è importante perché mette in relazione il nostro libero arbitrio alla mancanza di alternativa, come diretta conseguenza di questo status stagnante in cui ci siamo auto condizionati. In realtà, noi possiamo ‘decidere’ e per questo siamo 'diversi'. Quindi, possiamo anche decidere di attivare la fotosintesi a livello cellulare e decidere di non mangiare più altri organismi viventi, pur essendo anche il Prana costituito da ‘entità’ vive.
Non se ne esce… ricordate? Manteniamo saldo il timone multidimensionale ed evitiamo i vortici legati al pensiero loop-ante.
Il punto 3) determina la nostra capacità decisionale e ciò corrisponde alla nostra grande valenza di co creatori delle diverse realtà in cui decidiamo di auto installarci, personalizzando nel tempo la struttura energetica neutra, di base, preparata ad hoc per accogliere l’atto esperienziale.
Cosa ci portiamo ‘dietro’ nell’opera discensionale vibratoria?
Esattamente come dei magneti che attraggono le componenti ‘simili’, ci siamo portati dietro ‘luce ed ombra’, dimostrando che, intimamente, corrispondono alla medesima ‘cosa’: energia, intenzione, natura, desiderio… Amore.
Diverse, duali, eppure ‘confacenti’ alla medesima unica sorgente. Le due facce della medaglia costituiscono un intero ‘dalle due facce’. L’intero corrisponde al terzo stato quantico della possibilità. Il suo punto prospettico determina la scia di presente decisionale, che direziona verso ipotetici scenari all’orizzonte.
Tutto può cambiare all’istante se la ‘matita magica’ lo decide.
La prima fase è culminata, intorno alla metà degli anni cinquanta, con lo sviluppo del diagramma delle reti trofiche, nel quale le specie presenti nella comunità sono connesse da collegamenti conformi alle loro relazioni alimentari. Queste reti sono note come reti trofiche binarie, ed i legami tra le specie sono basati sull’esistenza o meno d’interazioni trofiche senza valutarne l’intensità.
Le strutture trofiche non sono statiche (Warren, 1989) ed esistono diversi approcci da cui è possibile dedurlo, per esempio dallo studio di dinamica di popolazione delle specie appartenenti ad una comunità (Hastings & Powell, 1991). Inoltre alcuni organismi variano le proprie risorse trofiche in funzione dell’età e della dimensione corporea, specie differenti possono svolgere funzioni simili od uguali (le cosiddette “guild” di Root, 1967) e alcune specie possono espletare funzioni diverse in tempi e luoghi differenti (come le larve e gli adulti degli insetti olometaboli).
Gli organismi, in base alla funzione che svolgono nella rete, sono inseriti in diversi livelli trofici. Risulta quindi ovvio che i produttori (organismi vegetali quali piante o alghe) occupano il primo livello trofico; i consumatori primari (erbivori) che si nutrono dei produttori, occupano il secondo livello trofico; i consumatori secondari (carnivori) che si nutrono degli erbivori, occupano il terzo livello trofico ed infine, i carnivori secondari (predatori terminali) occupano il quarto e si nutrono sul terzo livello trofico.
Risulta inoltre molto frequente in letteratura trovare le specie raggruppate in base alla loro distribuzione lungo il gradiente dei livelli trofici: si distinguono così le specie ‘basali’ (specie predate che non hanno prede), le specie ‘intermedie’ (specie che sono sia predatori sia prede) e le specie ‘terminali’ (specie che predano ma che non sono predate) (Briand & Cohen, 1984).
Va sottolineato inoltre che esistono alcune specie come gli onnivori che possono alimentarsi su più di un livello trofico: la loro collocazione non è quindi immediata…
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La loro collocazione non è quindi immediata; ossia, attualmente la ricerca scientifica ha questo limite. Ciò evidenzia come il ‘tutto’ sia sempre un risultato transitorio di una elaborazione continua.
Per questo motivo, per non cadere nella trappola egoica dell’essere ridicolizzati in Vita, intere generazioni di pensanti hanno preferito morire con i loro ideali stagnanti, piuttosto che prendere in considerazione di poter cambiare punto prospettico, allineandosi con il ‘nuovo’…
L’evoluzione procede lenta, all’apparenza, per vari motivi. Però osservando il XX secolo si è portati a poter affermare che lo sviluppo abbia preso la velocità della luce. Dunque? Tutto è interpretabile attraverso la propria ‘lente’ individuale e attraverso la ‘lente’ autorizzata dal Potere che spinge la pubblica opinione.
Lento e veloce. Che cosa stiamo osservando? Noi stessi e il nostro livello di approccio alla realtà nomade che si ‘muove’. Tirare sera e analizzare l’andamento secolare, prevede che noi si alzi il livello di presenza, dall’altezza da cui osserviamo.
Ci si commuove, addirittura. È più facile, anche se la Natura a ‘terra’, se ben predisposti, sa sempre commuovere. Ma dallo Spazio è difficile non rimanere ammantati dalla bellezza della Creazione, sino a quando una forma abitudinaria non si sostituirà al paesaggio che osserviamo dagli 'oblò'.
Ci si abitua a tutto.
È molto interessante il discorso relativo alla ‘biologia cellulare’, ossia al flusso di energia a livello cellulare. Ma ciò sarà argomento e riflessione di un prossimo articolo.
L’umanità emerge nelle 3d tramite la sua rappresentazione:
- graffiti
- disegni
- dipinti
- foto b/n e a colori
- film bn e a colori
- alta definizione
- 3d
- ologrammi?
Ognuno di noi è seguito da un ombra, e meno questa è integrata nella Vita conscia dell’individuo, tanto più è nera e densa.
Carl Gustav Jung
L'ombra è l'area scura proiettata su una superficie da un corpo che, interponendosi tra la superficie stessa e una sorgente luminosa, impedisce il passaggio della luce.
L'aspetto dell'ombra può variare di molto a seconda delle condizioni ambientali e osservative: in assenza di atmosfera (come nello spazio) e di altre fonti luminose dirette o indirette, la quantità di luce che raggiunge la superficie in ombra è esattamente zero, per cui l'ombra è completamente nera. Nell'atmosfera terrestre, invece, la superficie in ombra riceve comunque una certa quantità di luce diffusa (variabile a seconda delle condizioni meteorologiche), per cui appare scura ma non completamente nera.
Nel caso di una sorgente luminosa puntiforme, l'ombra ha contorni netti: ogni punto della superficie o è illuminato dalla sorgente o non lo è. Nel caso invece di una sorgente luminosa estesa (come il Sole che, visto dalla Terra, ha un diametro angolare di circa mezzo grado), il contorno dell'ombra è sfumato, in quanto vi è una regione intermedia in cui la sorgente luminosa è occultata solo parzialmente, e quindi si ha un passaggio graduale tra luce e ombra…
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È nelle 3d che l’ombra si manifesta. La conoscenza di sé deve dunque avvenire ‘qua’. È più ‘facile’…
La contro piramide che alimenta nella piramide è relativa sia alla dualità, sia alla determinazione della sua intenzione oscurante. Tuttavia la Luna è ‘utilizzata’ dalle meccaniche celesti, trovandosi nella posizione 'giusta'. La Luna è usualmente riconosciuta come in bianco e nero. Ho scritto più volte in SPS di questa assurdità:
Nell’epoca dell’alta definizione non esistono foto della Luna scattate con quella caratteristica e a colori. A questo link, potete far passare in rassegna tutte le foto ma non ne troverete nemmeno una a colori.
Ecco delle foto mozzafiato della Luna a colori. È tutta un’altra cosa. È commovente. Le foto provengono da privati appassionati e non dalle autorità del settore. Perché Nasa & Co. non utilizzano la piena possibilità tecnologica per fotografare la Luna? Forse la verità è stata esposta molto chiaramente nel terzo film della saga dei ‘Transformers’.
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Se il colore viene ‘spiegato’ come un effetto ottico, allora posso spiegare anche il bianco e nero come un effetto ottico. Che differenza c'è?
Chi di noi, comuni cittadini, può dire: ‘dai, prendo e vado sulla Luna’. Nessuno. Perché non abbiamo il denaro per farlo. E anche i ricchi miliardari terrestri non lo possono fare. Il tutto è talmente ‘goffo’. Noi crediamo ciecamente a quello che ci dicono e a quello che ci fanno vedere.
Le foto dei privati, appassionati di fotografia, dimostrano che la Luna è a colori, ma non ci credono nemmeno loro, ritenendo la loro opera il frutto di una elaborazione al computer e, in definitiva, non ci credono perché sembra che non ci sia nulla da dover dimostrare, perché ‘è così come ce l’hanno raccontata’.
Bene. Abbiamo ciò che vogliamo… sofisticazione della possibilità. Filtri che coprono quello che siamo. Polvere sotto al tappeto. Stagnazione dei sensi. La mente che s’arroga al comando del vascello, imponendo la sua prospettiva. Le entità parassite che s’alimentano della nostra rinuncia. Pigrizia. Paura. Buio solidale. Incantesimo…
La settima fata disse: ‘Non posso annullare il suo incantesimo ma posso fare così: se si pungerà cadrà in un sonno di cento anni, da cui sarà svegliata dal bacio del vero amore’…
La Bella addormentata nel Bosco.
Davide Nebuloni/SacroProfanoSacro 2011
Prospettivavita@gmail.com