Quando si è sotto stress, ossia quando una situazione inizia ad avere “pressioni” interne troppo alte, si perde la capacità di osservazione “lucida”. Non si è più obiettivi. Le “cose” sfuggono. Giorno dopo giorno si peggiorano i rapporti con noi stessi e con gli altri.
Cosa significa quella frase di Einstein? Che occorre “togliersi” dalla situazione che ci tiene sotto scacco. Far un passo indietro, si dice. O meglio osservarla da un punto prospettico diverso, più “alto”, proprio come si può fare andando in montagna, su una torre, guardando foto dal satellite, prendendo un aereo. Il nuovo punto d’osservazione ha la capacità di racchiudere il vecchio “punto” nel proprio “panorama”. Le “cose” esistono a più livelli contemporaneamente! È un discorso dimensionale di interpolazione, di compenetrazione, di compensazione, di presenza al quadrato, al cubo e così via…
Cosa succede in alta quota? L’aria è più rarefatta e costringe il corpo e la mente a rinnovare i “pesi” che ci ancoravano alla altezza precedente. Quel mutamento o adattamento riesce a ripulire all’istante tutte le “scorie” che non permettevano, solo poco tempo prima, di “vedere”. E questo succede in brevissimo tempo, come risultato diretto del cambiamento di prospettiva. Cosa significa cambiare prospettiva? Significa mettersi un “vestito” diverso, nuovo e delle “scarpe” leggere e più comode. Quando si va in vacanza al mare, infatti si vive quel tempo quasi esclusivamente in ciabatte da spiaggia che portiamo quasi in ogni occasione; a casa l’avremmo mai fatto? Avremmo mai fatto la spesa, uscendo di casa in ciabatte da spiaggia? È un esempio ovviamente, però andando in vacanza si cambia punto prospettico; ci si lascia andare!
Ecco il punto! Occorre lasciarsi andare. Per cambiare punto prospettico non bisogna affittare uno Shuttle e andare in orbita, anche se sarebbe il “massimo”… wow! È sufficiente riscoprire se stessi permettendosi di vedere con occhi nuovi. Solitamente questo succede dopo fatti “gravi”, quali un lutto, una malattia, etc. Perché? Perché è proprio la funzione di quegli “spiacevoli” eventi! Fare cambiare punto d’osservazione.
Avete presente quando la Vita scorre monotona, costellata dai soliti punti di snodo giornalieri, tipo “casa-mezzi di trasporto-lavoro”? È tutto così… grigio. Poi improvvisamente succede un terremoto disastroso dall’altra parte del mondo. Ebbene non ci sentiamo felici della nostra routine? Non ci consideriamo fortunati? Laddove adesso non hanno più nemmeno un tetto di paglia sulla testa, cosa faranno? Noi stiamo bene nel nostro solito loop. Le “cose” mutano a seconda del nostro punto di osservazione. Tutto è relativo e soggettivo e, soprattutto, opportuno; opportuno ma per quale fine? Non parliamo dell’opportunità di essere un “lupo per altri uomini”, ma per evolvere personalmente.
È importante altresì generare situazioni di “vuoto”, di godere degli attimi di tempo impiegati, nella solita maniera, in modo finalmente “diverso”. Cosa ci permette di fare questo, nella regolata imposizione della società moderna fatta di lavoro su lavoro? Ammalarsi!
La malattia permette di vedere con occhi diversi, di togliersi di mezzo dalla solita situazione fatta di problemi, noia, beghe, stress, insoddisfazione.
Questi sono alcuni motivi, sviscerati molto in fretta, che costituiscono il frattale per cui siamo stati tagliati fuori dalla visione del punto di vista spirituale. Con le “ali” tarpate è difficile “volare” fuori dal recinto. Il mondo si restringe con il tempo così come la nostra visione abitudinaria. Le abitudini, appunto, subentrano attraverso i condizionamenti subiti in ogni modo. La matassa non si dipana ma diventa sempre più aggrovigliata. La luce del Sole fa fatica a passare. Noi siamo sempre più avvinghiati dalle situazioni e ci costruiamo “muri” di protezione attorno. Parliamo di privacy per non far sapere all’altro cosa facciamo di… “bello”. Chiediamo rispetto della nostra persona nel frattempo che ci nutriamo da Mc Donald’s o con vasetti interi di Nutella perché abbiamo bisogno di “affetto”. Ma quell’affetto noi lo nutriamo per gli altri? O siamo diventati dei limoni acidi verso tutto e tutti?
In azione ci sono sempre degli “specchi” che sono le situazioni e sono gli altri: parlano sempre di noi! Noi che vogliamo la privacy e che ci lamentiamo di non interessare a nessuno, siamo in realtà sempre sulla “bocca” di tutti e non ce ne accorgiamo. L’Universo parla di noi ad ogni istante e, non solo; parla proprio di noi a noi tramite il sincronismo di tutte le “cose”. Ma non udiamo né sentiamo nulla, indaffarati come siamo a “pensare male”.
Allora togliamoci dal livello che ha generato il problema, perché da quello stesso livello non ne usciremo mai!
Dobbiamo tirarci fuori, chiamarci fuori… ammaliamoci se è il caso! Altro che appelli dello Stato a lavorare sempre di più! Ad andare in pensione sempre più tardi. Le nostre Vite che senso hanno? Il nostro scopo quale è? Perché abbiamo uno scopo, no! E quale sarà mai? Di lavorare? E per chi? E perché? Per quale motivo? Per non morire di fame? E come ci siamo arrivati sino al 2010 partendo dall’alba dei tempi? Lavorando? Certo lavorando la terra per noi stessi… non per degli accumulatori di ricchezze altrui. Il lavoro nobilita. Certo! Il lavoro riempie gli spazi della Vita che altrimenti non sapremmo come riempire “lontani da noi”. Basta osservare cosa succede quando si va in pensione: ci si ammala, ci si annoia, ci si sente inutli…
Coltiviamo i nostri hobby, le nostre passioni, curiosità, estri, fantasie, capacità di divertirsi… sempre e soprattutto quando siamo in tempo per non perderli, ossia quando trascorriamo 40 anni di tempo a lavorare insoddisfatti. Quel meccanismo è un rullo compressore della nostra intimità spirituale.
Osserviamo i bimbi, i cuccioli di ogni specie: sono felici e giocosi. Godono della Vita concessa, di questa nuova opportunità di sentire, respirare, toccare, saltare, ecc. Tutte “cose” che dopo un certo tempo cadono nel limbo della routine, della noia, del già visto, già provato, già sentito… uffa.
Questa Vita abitudinaria toglie energia vitale dalle nostre essenze ed il frattale analogico è proprio la mancanza di ossigeno nel nostro sangue, nel nostro organismo. Nulla è per caso.
Osserviamo da un punto diverso rispetto a dove si trova la condizione problematica: togliamoci di mezzo!