Il paradosso di Moore è un paradosso formulato nel 1942 da George Edward Moore che tratta dell'assurdità di affermare una proposizione e contemporaneamente affermare di non crederci.
Detta p una generica proposizione, il paradosso si può formulare nel seguente modo: "p, ma io non credo che p"; oppure: "Io credo che p, ma non p".
Nella formulazione tipica di questo paradosso, questo si traduce in "piove ma io non ci credo"…
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Quando, nelle 3d, “non si crede all’evidenza”… si corre il rischio di essere “passati per pazzi”. Si è perlomeno dei “fuori di testa”. Cioè, per esempio…
il motto “il lavoro nobilita” è una evidenza, giacchè la necessità di denaro, per “vivere”, rende il lavoro, a sua volta, necessario e dunque “evidente, certo, sicuro”, nella misura in cui il “lavoro ci vuole” ma, allo stesso Tempo, il “lavoro non c’è”.
Ciò che “serve” diventa “raro”, in società, tranne la “manodopera”, dal punto prospettico del Nucleo Primo, che è immensa (oltre sette miliardi di individui).
La “richiesta” fa aumentare il “prezzo” del “bene”, oggetto dell’interesse per una “cosa”.
A quale prezzo, dunque, sarà arrivato quello di un essere umano, sul Mercato del Nucleo Primo? Ogni individuo, infatti, ha il proprio “prezzo”, no? Ogni persona è disposta a “vendersi” e la prostituzione (il “mestiere più antico del Mondo”) non è che il riflesso frattale di questa verità/evidenza, a cui – evidentemente – nessuno crede.
Piove ma io non ci credo.