Anche nel “titolo” si annida il potenziale, sia in termini di rivelare che di svelare; laddove rivelare è velare ancora di più, mentre svelare rimane ancorato al significato lineare del termine.
Dunque, la particella comune è “velare”, ma lavorata e riportata nelle relative accezioni arricchite grammaticalmente ma altrettanto potenzialmente impoverite sostanzialmente, in relazione all’entità della verità che – ricordalo sempre – è una (perlomeno quella che “è già successa” e allora continua a succedere).
Va da sé che il termine base “velare” è già indicativo, in quanto che fornisce una portanza di tipo “negativo” = velare è… oscurare, coprire, etc.
Al che, con la particella prefissa “ri” non si fa altro che inasprirne la dose, mentre con l’antecedente “s” si va ad invertirne la polarità.
Ergo, velare diventa rivelare o svelare, dando luogo al classico trittico che sembra raffigurare un blocco a forma di bivio (deviatore), da cui il decidere o, meglio, scegliere fra…
Anche se per la verità, quando la base è già di per sé “orientata (velare è un atto ben preciso il cui significato rimane adeso al resto del corpo), la scelta è in un certo senso obbligata, tanto che infatti velare e rivelare pari son (perlomeno nella “direzione” di spinta) mentre il solo svelare rimane come in minoranza e quindi perdendo visibilità confonde le idee, sia in chi sceglie credendo di decidere, sia in chi c®ede nel processo di auto determinazione proprio e del Paese.
È chiaro?