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“Hai riportato indietro delle cose.
La terapia ha funzionato, allora.
Cose che sarebbero dovute restare sepolte nel passato…
La mente dimentica cose per una ragione…”.
Rememory
“Tutt3 si trasforma”.
E... il “tempo” sembra essere il protagonista di una simile funzione.
Ma (ma) può essere la ragione fondamentale della trasformazione, una catena di montaggio calcolata solo per il movimento che esegue il “nastro trasportatore”?
È lo spostamento, il motivo per il quale avviene un certo tipo di funzionamento?
Oppure, è più logico che il “nastro (tempo)” sia solo una parte del tutt3?
Se avviene lo spostamento, può anche avvenire la “lavorazione (trasformazione)”, così che ogni “ingranaggio (sezione del programma)” possa trovare quelle condizioni utili al movimentarsi (qualcosa che i vari sensori rimangono in attesa di… rilevare).
Il “tempo”, dunque, è solo – tanto per cambiare – il vertice emerso dell’iceberg (al contrario della ragione fondamentale, dominante, che è il vertice nascosto dell’edificio pseudo piramidale dello stesso “iceberg”).
Quindi hai a che fare, “qua, così”, con qualcosa che complessivamente (non) risulta rovesciat3, al contrario.
Qualcosa che funziona, dunque, in un simile modo.
C’è come l’impressione di “dover scalare una montagna (altissima ed imponente)”. Nel “fare” cosa? Nel trovare il modo di mettere ordine tra i pensieri, le idee, l’intenzione e… tutto quello che si “sente” dentro, in profondità, laddove non ci sono più pensieri, idee, intenzione, etc. bensì… “immagini”:
il “sentire di/che…” è, infatti, qualcosa che esula da ogni tipo di classificazione.
Anzi, che la tradizionale forma di classificazione “qua, così”, imprigiona, non appena recinta - attraverso la propria “legge” - il “significato” che (deve avere) “ha”, persino, il tal “stato d’animo”.
Per questo motivo, non c’è più universalmente un accordo significativo relativamente al termine “intelligenza”. La scienza (deviata), ovviamente, ha già detto la propria ma (ma) anche tale “comunità” è auto suddivisa, allorquando va a definire la “parola” intelligenza.
Un atto “dovuto” che, per il semplice motivo di sussistere, rende l’oggetto di studio (attenzione, classificazione, riduzione, etc.) alla mercé dell’osservazione (di/in parte), che ha la pretesa di inquadrare la situazione, andando a conferirle il proprio “colore”.
Non appena si “ordina” uno stato di fatto, secondo una certa inclinazione, lo stesso stato di fatto si trasforma di/in conseguenza:
quando, all’opposto, questo non succede?
A Sparta, la prole diveniva guerriera. Ad Atene, diveniva “filosofa”? No.
Questi luoghi comuni, se assoluti, avrebbero prodotto delle Città-Stato non sostenibili dalla prospettiva della sopravvivenza d’assieme, che è qualcosa di molto più coes3 e variegat3, rispetto alla tipicità attribuita storicamente.
Diciamo che, una certa nomea, è - di più - riferibile alla caratteristica inconfondibile di un certo contesto.
Da questa panoramica, allora, Sparta era guerriera ed Atene era “filosofa”.
Entrando nel merito, è ovvio che le due situazioni fossero contraddistinte da ogni sorta di mansione e struttura civile, dato che “è qualcosa che tende a ripetersi (ossia, qualcosa che nella gerarchia, si ripresenta puntuale ogni volta, in ogni contesto e in qualsiasi uso e costume)”.
L'organizzazione "per mansioni (gerarchia)" risulta necessaria per la sopravvivenza comune...
Sparta, così come Atene, “generava” fabbri, così come stallieri, dottori, “politici ed avvocati”, soldati, eroi, insegnanti e nullafacenti, etc.
Era “per forza di cose”, così, perché si trattava di Città-Stato (complete di ogni tipo di necessità infrastrutturale).
Qualcosa che, ad esempio, nel “piccolo” riguarda anche una tribù, dispersa nel bel mezzo della foresta amazzonica o nel deserto più assolato.
È l’organizzazione delle singolarità, che – ad “ondate” – si manifestano in un dato luogo, andando ad “associarsi” alla situazione da “prendere o lasciare (ossia, prendere)”.