lunedì 16 febbraio 2015

Transizione nella preservazione (qui, così).


L'espressione inglese copyleft (talvolta indicato in italiano con permesso d'autore) è un gioco di parole sul termine copyright nel quale la parola "right", che significa "diritto" (in senso legale), viene invertita con "left", che vuol dire "ceduto"; giocando sul secondo significato delle parole, si può notare come "right" (ovvero "destra") viene scambiata con "left" ("sinistra").
In particolare Copyleft individua un modello di gestione dei diritti d'autore basato su un sistema di licenze attraverso le quali l'autore (in quanto detentore originario dei diritti sull'opera) indica ai fruitori dell'opera che essa può essere utilizzata, diffusa e spesso anche modificata liberamente, pur nel rispetto di alcune condizioni essenziali.
Nella versione pura e originaria del copyleft (cioè quella riferita all'ambito informatico) la condizione principale obbliga i fruitori dell'opera, nel caso vogliano distribuire l'opera modificata, a farlo sotto lo stesso regime giuridico (e generalmente sotto la stessa licenza). In questo modo, il regime di copyleft e tutto l'insieme di libertà da esso derivanti sono sempre garantiti.
L'espressione copyleft, in un senso non strettamente tecnico-giuridico, può anche indicare generalmente il movimento culturale che si è sviluppato sull'onda di questa nuova prassi in risposta all'irrigidirsi del modello tradizionale di copyright
Link
Copyleft e Copyright.

Nel (ri)portare, venerdì scorso, i “grafismi” relativi alle tipologie di “proprietà intellettuale” esistenti in questa (ri)forma di reale, è stato omesso il simbolo del copyleft, ossia, il simbolo speculare del copyright:
 
 due pagine contigue, a libro aperto.
 
Questa è l’alternativa nella quale ti “muovi”:
  1. destra (centro destra)
  2. sinistra (centro sinistra).
Una prospettiva duale (questo o quello), al limite mitigata dalla “logica fuzzy” cioè dalle (in)finite “sfumature di mezzo”.
Questo ambito designa/disegna qualcosa che (ri)sente di un controllo a monte della scelta (per)messa, visto che tutto passa dal grado “ispirante” il tutto. L’ispirazione è presa come uno stato individuale/mentale, non ben definito, che trasmette “(com/in)put/azione”.
La mente (con)segue, ricevendo “ordini” in questa maniera giudicata come del tutto “naturale”.

Natura è:
quello che non (ri)esci ancora a (s)piegar(e/ti) o, meglio, che “non ti spiegano”. Chi? Gli “esperti”, visto che tutto quello che sai (di)pende da quello che ti dicono. Anche la “tua” esperienza (ri)entra in questi cardini, visto che tu (s)copri... vivendo in una realtà (pre)vista.

venerdì 13 febbraio 2015

Proprietà privata "da chi/cosa"?


 

Termini come:
Trademark
Registered Design
Copyright
Patent…
Che cosa ti indicano (quale "origine" hanno) e fanno pensare?
In italiano (ri)porti “meglio”, il tutto, sotto alla grande famiglia generica del “marchio registrato” e della “proprietà (intellettuale)”.
Gli esempi grafici (ri)conoscibili sviluppati ad hoc, nel frattempo, sono ad esempio:
® © ™
Se cammini lungo pendii, valli, campi, boschi, etc. segui normalmente le strade che incontri e che, dunque, ti guidano necessariamente evitando di farti entrare nelle “proprietà private”, che comunque risultano inaccessibili per via di recinzioni d’ogni tipo.
Da "chi/cosa" è, dunque... privata la tua libertà?

Nel tuo cammino… sei obbligato a seguire una rete viaria, di ogni tipologia, che ti “ordina secondo l’ordine (pre)stabilito nella realtà unica e senza alternativa apparente, emersa nel corso della storia”. Il tuo (per)corso è deviato e non rispetta le scelte intime, che avresti condotto autonomamente se… tu fossi stato libero di poter (intra)prendere la direzione desiderata in funzione del “sentire proprio”…
Ergo, anche la “storia è deviata”, ossia, ella ti passa ciò che è, ad ogni effetto, un (de)corso comunemente accettato per “mancanza di riferimenti altri” (educazione).
Te ne accorgi, di questo “impedimento”, quando osservi meglio le abitudini/tradizioni di persone che (pro)vengono da altri Paesi rispetto al “tuo”:
costoro - nonostante la globalizzazione virale - ti sanno ancora (sor)prendere, perché nei tratti comuni puoi scorgere anche dell’altro.
Conv(i/e)nzioni che ti lasciano perplesso/a ma che, comunque, "devi prendere atto che esistono".

giovedì 12 febbraio 2015

C®edere.


"Governare è far credere".
Niccolò Machiavelli
(Ri)flessione:
le religioni (tutte) ti passano una versione della realtà, ognuna diversa dalle altre, a cui i relativi “fedeli” sono chiamati a “c®edere” (nota: 1- il marchio registrato, 2- il “credere” che è, anche, 3- il “cedere”. Quale finezza frattale è contenuta nei termini riutilizzati, così… inconsapevolmente).
Domanda:
ogni altra “teoria” perché vale meno, rispetto a queste (che si auto annullano logicamente, di conseguenza)?
Constatazione (amichevole):
ad ogni altra teoria, i “fedeli e la cupola”, (ri)chiedono le “prove” di quanto viene asserito, come se (come se…) le religioni e, dunque, "la teoria in auge", fossero basate sulla relativa (com)provata realtà... della teoria stessa.
Ok?

Da “qua” non ci si (dis)costa, perché le “teorie sono tutte teorie”, sino a quando una non viene "provata". Il provare significa dimostrare ed avere dimostrazione diretta, dell’assunto che (pre)tende di governare la “logica” di una intera platea di individui (Massa, società, umani).
Dimostrare significa:
(com)provare dalla “a alla z”, l’intero excursus sul quale si basa la teoria che, solo in seguito, diventa “qualcosa di totalmente fondato/a”.
Ora… tutte le religioni su cosa si basano e cosa ti (ri)chiedono?
  • uno o più “libri sacri”
  • la necessità della “Fede”.
Dunque, si tratta di un “Credo”… di una logica (af)fondata sulla (ri)conoscenza a fondo perduto, o meglio, sul “pagherò”, da parte dell’ente religioso interposto al Dio di turno, che garantisce – un “domani” – qualcosa per il quale, ora ed in futuro, tu dovrai iniziare da subito a “pagare”.
Sì, perché ti viene (ri)chiesto di aderire ad una forma di reale, che (cor)risponde ad una “forzatura”, rispetto a quello che faresti se… una simile “(com)pressione” non esistesse.
Ossia, tu vieni “(s)piegato/(in)curvato” da una (com)presenza, che non ti dimostra realmente nulla, sino al momento in cui “non ci sarai più” (sarai morto) e solo allora “capirai”.