mercoledì 9 dicembre 2009

La fiducia come frattale della Creazione.





Papa sui media: ci abituano al male e ci intossicano.
I media ci abituano all'orrore e ci intossicano. Lo ha detto oggi Papa Benedetto XVI nel suo discorso in occasione della celebrazione dell'Immacolata in Piazza di Spagna.
"Ogni giorno attraverso i giornali, la televisione, la radio, il male viene raccontato, ripetuto, amplificato, abituandoci alle cose più orribili, facendoci diventare insensibili e, in qualche maniera, intossicandoci, perché il negativo non viene pienamente smaltito e giorno per giorno si accumula", ha detto il Pontefice.
"Nella città vivono - o sopravvivono - persone invisibili, che ogni tanto balzano in prima pagina o sui teleschermi, e vengono sfruttate fino all'ultimo, finché la notizia e l'immagine attirano l'attenzione", ha aggiunto il Papa, parlando di "un meccanismo perverso, al quale purtroppo si stenta a resistere. La città prima nasconde e poi espone al pubblico. Senza pietà, o con una falsa pietà".
Papa Benedetto XVI ha spiegato che "i mass media tendono a farci sentire sempre 'spettatori', come se il male riguardasse solamente gli altri, e certe cose a noi non potessero mai accadere. Invece siamo tutti 'attori' e, nel male come nel bene, il nostro comportamento ha un influsso sugli altri".
http://it.notizie.yahoo.com/4/20091208/tts-oittp-papa-media-8dic-ca02f96.html

“Eppur si muove”. Si direbbe che l’attuale Papa abbia, ieri, esposto dei concetti perlomeno aderenti alla meccanica quantistica e/o alla “natura” di alcune leggi che vincolano l’uomo alla struttura più intima dell’Universo manifesto. Di sicuro la fine dell’affermazione afferma che:
  • siamo osservatori
  • siamo attori principali
  • le nostre azioni ricadono sugli altri
Il che vuole dire che:
  • osserviamo dal punto di vista che ci è stato concesso dall’Antisistema e cioè non in equilibrio (ce ne accorgiamo dal momento in cui notiamo che la nostra attenzione viene attirata da “qualche parte” e “nulla è per caso”)
  • manteniamo tuttavia la nostra vera funzione di “attori” che co creano l’illusione della realtà manifesta (questo aspetto è immutabile dalle condizioni in cui si vive)
  • quello che pensiamo sfocia in comportamenti in grado di modificare anche il punto di vista altrui (natura olografica e di comunione dell’essere vivente)
Ossia che:
  • siamo una “mente” che osserva se stessa (principio quantistico)
  • pronta con matita e gomma a scrivere sul taccuino della “Vita” (capacità creativa e frattale derivante dall’origine della Vita stessa, cioè dal Creatore)
  • capace anche di “scrivere” sul taccuino della “Vita” dei nostri simili (natura intima della creazione, concetto dell'Uno, effetto farfalla)
Cosa deriva da queste riflessioni?
  • Che veniamo usati (i “Media” sono infatti un “meccanismo”).
  • Tramite l’abitudine veniamo “spostati” dal nostro centro naturale.
  • Veniamo inoltre impoveriti del nostro potere “funzionale” superiore, cioè allontanati da noi stessi, dalla nostra vera natura spirituale, dal nostro scopo originario di divenire uomini-spirituali in Terra.
  • La nostra responsabilità nei confronti anche degli “altri”.
Parole chiave sulle quali riflettere:
  • osservatori
  • creatori
  • abitudine
  • responsabilità
  • scopo
Il Papa parla di “meccanismo perverso”, ma ad opera di chi? I “Media” sono organizzazioni tentacolari che, ormai, hanno raggiunto una eco globale, ma da chi sono “fatti”? Ancora da uomini. Da chi sono generati? Sempre da uomini. Chi ha il comando? Ancora uomini. In questa quasi noiosa ripetizione evidenziamo come l’elemento di base sia il mattoncino umano. Tramite questo “tassello” è possibile costruire ogni “cosa”. Come una sorta di Lego capace di prendere infinite forme ma secondo il volere della mano/mente che muove/pensa. Ora, la comprensione umana, secondo me per allinearsi con un determinato flusso di “verità”, deve trovare il proprio punto di “coscienza viva”, ossia deve farsi del male sino a quando non inizia a provare dolore. Allora solo in quel momento si desterà dal proprio torpore e potrà elevare il proprio punto di osservazione. Noi viviamo in uno stato di verità. È vero ogni aspetto che ci attornia. Per questo non lo riusciamo a confutare. Per questo esistono le figure dei cosiddetti “contrari”, al fine di ricordare che la massa non è in equilibrio. Noi ci muoviamo per armonizzare gli opposti e per collegare il cielo alla Terra. Siamo gli atomi, le componenti principali del costrutto divino. Siamo mutaforme, tante sono le nostre capacità e possibilità di assumere evidenze manifeste. Ed è solo attirando la nostra attenzione su qualcosa che determiniamo la realtà fisica. Per questo l’Antisistema ci ha raccolti in città dove siamo più direttamente manipolabili tramite le abitudini. Antisistema che siamo ancora noi, o meglio che è animato dalle nostre paure, ma che è in linea con l’essenza del Piano Divino. Piano Divino che pone alla base la fiducia senza limiti del flusso della creazione. Fiducia intesa come atto di fede e d’amore quasi sconsiderato. Il Creatore che si rispecchia nell’Assoluto, in sé stesso alla ricerca di qualcosa che possa rispondere alla sua “necessità” di evoluzione. Io penso che la “sete” di evoluzione del Creatore lo possa portare a rinascere in sé stesso trasmutando qualcosa che, adesso, lo “agita” in profondità. Osserviamo i frattali minori per comprendere quelli maggiori…

"Si dice che il minimo battito d’ali di una farfalla sia in grado di provocare un uragano dall’altra parte del mondo"
(The Butterfly Effect, 2004)
La conseguenza pratica dell'effetto farfalla è che i sistemi complessi, come il clima o il mercato azionario, sono difficili da prevedere su una scala di tempo utile. Questo perché ogni modello finito che tenti di simulare un sistema, deve necessariamente eliminare alcune informazioni sulle condizioni iniziali — ad esempio, quando si simula il tempo atmosferico, non è possibile includere anche lo spostamento d'aria causato da ogni singola farfalla. In un sistema caotico, questi errori di approssimazione tendono ad aumentare via via che la simulazione procede nel tempo e, al limite, l'errore residuo nella simulazione supera il risultato stesso. In questi casi, in sostanza, le previsioni di una simulazione non sono più attendibili se spinte oltre una certa soglia di tempo.
Fonte: Wikipedia

Avrà tenuto conto il “Creatore” anche di questo effetto? Secondo me ha rinunciato al controllo totale ponendo alla base la fiducia estrema nella natura del flusso creativo. "Egli" si aspetta il ritorno trasmutato in luce della creazione, carico dell’esperienza di avere sondato ogni asperità, ogni possibilità, in libera autonomia e capacità, conscia persino della possibilità di giungere alla distruzione di sé stessa e dunque del Creatore stesso. “Egli” non ha esitato a correre questo rischio, per comprendere chi “Egli” sia…
Ora mi è più chiara la natura dell’uomo; le sue alte ciclicità esistenziali, il pericolo che si corre, la bellezza di ciò che ci attende… l’Amore che tutto nutre…

Mi sento in cuor mio di citare Benigni che legge il “Paradiso” della “Commedia” di Dante, e di ringraziarlo vivamente di tanta apertura verso di noi; alla sua maniera, nel suo inconfondibile “modo”, attraverso i suoi occhi, il suo “suono”, il suo “sentire” Grazie Roberto!

4. Paradiso, Canto XXXIII
Dante nell’ultimo canto del Paradiso ci vuol dire come è fatto Dio. La grandezza è che ce lo descrive. La cosa che fa venire male nel corpo e nell’anima è che Dante ci dice esattamente come è fatto Dio. Ci dice come è vestita la Madonna, che odore ha la Madonna! Ci dice in che rapporto stanno tutti i santi e tutti i beati del Paradiso e tutti noi. Vede negli occhi di Cristo i miei, i tuoi, i suoi, tutti i nostri occhi. Non è come quando si vede un film, dice: “Orca se alla fine non mi fanno vedere chi è...”. Lui ce lo dice, dicendoci continuamente che non lo può dire, e alla fine ce lo descrive. E’ un regalo spettacolare. Ora voi sentite che cosa Dante ha pensato perché vuole che S.Bernardo dica alla Madonna, proprio come un avvocato - il famoso “doctor mellifluus”, S.Bernardo da Chiaravalle - come un avvocato gli dice Dante: “Scusa glielo dici te alla Madonna se posso guardare Dio per un secondo? Fammelo vedere un secondo. Non è che sono cattivo, ma ormai son qui!” Come se gli dicesse: “Come fo’ a dirglielo io alla Madonna? Diglielo te”. E S.Bernardo è come se uno dice: “Va bene, guarda, c’è questo mio amico, ha fatto un viaggio, ora non te lo sto a raccontare, vorrebbe vede’ Dio un secondo. Scusa è, ma è proprio per poterlo dire a tutti gli uomini che ne hanno bisogno, poi lui è uno che scrive bene, ci pensa lui guarda. Se glielo potessi far vedere, Madonna”. Ma alla Madonna lui gli deve dire quanto è bella. E’ come uno che è gentile con una donna, e gli dice: “Signora, lei è una persona straordinaria”. Ecco, uno lo direbbe così. Invece di dire è una persona straordinaria, S.Bernardo alla Madonna gli fa una captatio benevolentiae, che io stupiva, direbbe Gadda. Quando si leggono questi versi.

"Vergine Madre, figlia del tuo figlio,
umile e alta più che creatura,
termine fisso d’etterno consiglio,
tu se’ colei che l’umana natura
nobilitasti sì, che ’l suo fattore
non disdegnò di farsi sua fattura.

e vanno avanti, vanno avanti, non finisce mai. Una bellezza che fa girare la testa, si cominciano a capire... ma chi l’ha messe in bocca queste cose? Come fa una persona a dirgli di no, quando uno gli dice delle cose così? La Madonna dovrebbe dire: “E no, così non si fa”. Ora quando Dante s’accorge - perché Bernardo guarda Dante alla fine della preghiera alla Madonna - s’accorge Bernardo che la Madonna accetterà, allora Bernardo guarda Dante e sorride e gli fa... “Ci siamo, secondo me te lo fa vedere!” Perché Dante dice:

Bernardo m’accennava, e sorridea,
perch’io guardassi suso; ma io era
già per me stesso tal qual ei volea:

Figurati, Dante aveva capito prima di S.Bernardo, sarà mica più scemo. Come ha capito che lo vedeva, Dante si era subito montato. “Figurati, me lo fanno vedere!” Vedere Dio. Ora quando vede Dio ci sono tre momenti straordinari

Qual è colüi che sognando vede,
che dopo ’l sogno la passione impressa
rimane, e l’altro a la mente non riede,

Avete visto quando ci svegliamo e ci s’ha la sensazione di aver sognato, non ci si ricorda le immagini, però l’emozione si ricorda. Pensate che bella similitudine, è come se Dante sognasse qualcuno che ha sognato d’aver visto Dio. Questo sembra Borges proprio, sembra una cosa! Quando dice l’oblio è la parte più profonda della memoria! C’è dentro le Mille e una notte, ci sono tutti i libri dell’umanità, è una cosa spettacolare. E poi dice che non si ricorda nulla e sentite che terzina veramente che fa paura dalla bellezza, quando dice che ancora sente nel core la bellezza di quell’immagine della quale ci può dire solo un nonnulla e di quel nonnulla non si ricorda nulla. Dice così:

Così la neve al sol si disigilla;
così al vento ne le foglie levi
si perdea la sentenza di Sibilla.

Che spavento, sono di una bellezza! E poi comincia a descrivere, diciamo così, Dio, e dice che ha visto tre cerchi…
Fonte: http://www.gliscritti.it/approf/2005/conferenze/benigni/inf-par.htm

martedì 8 dicembre 2009

L'"Assoluto" e la fiducia.






“Quando un oggetto sia tolto dinanzi gli occhi, presto passerà anche dalla mente”.
Thomas Hemerken (1380 – 1471), monaco e teologo tedesco.

“Uno dei primi effetti dell'abitudine è di creare dei bisogni fittizi, e di rendere necessario finanche il superfluo”
Giuseppe Fumagalli (1863 – 1939), bibliografo e scrittore italiano.
Fonte: Wikipedia

"Come detto, i modelli di energia a spirale si svelarono agli occhi dell’illuminato prof. Kozyrev mentre si trovava nel campo di concentramento. La sua “conoscenza diretta” lo informò che questa energia a spirale era, in effetti, la vera natura e manifestazione del “tempo”. Naturalmente, egli trovò che la nozione di “tempo” che possediamo doveva essere qualcosa di più che un semplice calcolo di durata. Kozyrev ci spinge a tentare di trovare una causa per il tempo, qualcosa di tangibile ed identificabile nell’Universo che noi possiamo associare al tempo. Dopo averci pensato per un po’, possiamo concludere che il tempo non è nient’altro che un movimento a spirale. Sappiamo che stiamo tracciando un complesso modello di spirale attraverso lo spazio grazie ai modelli orbitali della Terra e del Sistema Solare. E adesso, lo studio della “temporologia”, o scienza del tempo, è sotto continua, attiva investigazione dall’Università di Stato di Mosca e dalla Fondazione Umanitaria Russa, ispirata dal lavoro pionieristico del prof. Kozyrev. Sul loro sito web, essi affermano che:
Secondo noi, la “natura” del tempo è il meccanismo che causa cambi apparenti e nuovi accadimenti nel mondo. Comprendere la natura del tempo significa concentrare l’attenzione su un processo, un fenomeno, una “carriera” nel mondo materiale le cui proprietà potrebbero essere identificate o corrispondere a quelle del tempo".
Fonte: http://www.stazioneceleste.it/articoli/wilcock/wilcock_TDC_01.htm

Queste 3 citazioni cosa “significano” ai miei sensi? Semplicemente descrivono il meccanismo tramite il quale è stata tolta l’antica conoscenza all’uomo, al fine di mantenerlo immemore di chi fosse e di cosa facesse sulla Terra. Indebolendo progressivamente le “radici” umane mediante la conoscenza del modello temporale, secondo il processo di perdita della memoria della mente a fronte dell’eliminazione metodica del “conosciuto”. Creando modelli di abitudine “debordanti”, capaci di dare vita ad illusioni, a parvenze molto lontane di quello che si necessita nella nostra profondità legata allo spirito. In pratica conoscendo il fenomeno conosciuto come “tempo”, quindi lavorando sul lungo, spostando l’attenzione dal conosciuto o dalla regola/verità verso altre forme di “intrattenimento” attraverso l’abitudine, si è determinata la creazione di forme pensiero alternative all’originale che, progressivamente, hanno rimpiazzato la realtà conosciuta. Le illusioni diventano dunque realtà e, soprattutto, determinano un deragliamento del “convoglio” umano lanciato sul proprio percorso evolutivo più diretto. La necessità del superfluo diventa regola concreta e realtà dimensionale. Ma chi poteva agire in questa maniera altamente superiore? Chi aveva la conoscenza? Chi poteva intercettare il Piano Divino più lineare ed inserire un “disturbo”? Chi poteva trarre beneficio da tutto ciò? Secondo me il Creatore stesso quando ha determinato per questo piano dimensionale la caratteristica del libero arbitrio. La possibilità anche di subire “sabotaggio” e di trasformare il viaggio in un incubo a fin di bene. Alla base di questa “decisione” secondo me esiste l’enorme bacino energetico della fiducia verso la creazione (intesa a tutto campo e non solo riferita all’uomo). È come se Dio abbia scommesso con se stesso che la “Vita” lasciata libera totalmente di “essere” avrebbe trovato in ogni caso il modo di tornare alla “Luce”, a lui e di poterlo trasmutare in un essere “diverso”, "migliore" e paradossalmente ancora non manifesto nell’Assoluto; questo concetto prevede una evoluzione ad ogni livello.

“Per assoluto si intende in filosofia una realtà la cui esistenza non dipende da nessun'altra, ma sussiste in sé e per sé”.
Fonte: Wikipedia

Il pensiero che mi si forma nella mente  è questo: “l’Assoluto comprende nel proprio sé ogni cosa, il vuoto ed il pieno, il tutto ed il nulla, tutto il tempo e ha causa in sé e per sé, ma semplicemente non ha coscienza completa per comprendersi; se tramite un atto di fede, il Creatore lascia libero il processo creativo anche di distruggersi e quindi anche di distruggere il Creatore, ponendo alla base la fiducia nella “Vita”, potrà ammirare nuove parti del proprio sé, scatenate o illuminate proprio dal contrasto che le forze del buio e della luce, separate dalla densità della materia, scateneranno al fine di soverchiarsi. In questo caso la posta in gioco sarà talmente alta da determinare la nascita e lo sviluppo di nuova porzione di “coscienza” basata sulla fiducia senza limiti nella linea di condotta della creazione”. Insomma la fiducia come colonna portante dell’”intero”…
Fiducia come Amore più puro e quasi "sconsiderato".


lunedì 7 dicembre 2009

Io sono ignorante.








“Io ho avuto la felicità di conoscere un filosofo, che fu mio maestro. Nei suoi anni giovanili, egli aveva la gaia vivacità di un giovane, e questa, credo, non lo abbandonò neppure nella tarda vecchiaia. La sua fronte aperta, costruita per il pensiero, era la sede di una imperturbabile serenità e gioia; il discorso più ricco di pensiero fluiva dalle sue labbra; aveva sempre pronto lo scherzo, l'arguzia e l'umorismo, e la sua lezione erudita aveva l'andamento più divertente. Con lo stesso spirito col quale esaminava Leibniz, Wolff, Baumgarten, Crusius, Hume, e seguiva le leggi naturali scoperte da Newton, da Keplero e dai fisici, accoglieva anche gli scritti allora apparsi di Rousseau, il suo Emilio e la sua Eloisa, come ogni altra scoperta naturale che venisse a conoscere: valorizzava tutto e tutto riconduceva ad una conoscenza della natura e al valore morale degli uomini priva di pregiudizi. La storia degli uomini, dei popoli e della natura, la dottrina della natura, la matematica e l'esperienza, erano le sorgenti che avvivavano la sua lezione e la sua conversazione. Nulla che fosse degno di essere conosciuto gli era indifferente; nessuna cabala, nessuna sètta, nessun pregiudizio, nessun nome superbo, aveva per lui il minimo pregio di fronte all'incremento e al chiarimento della verità. Egli incoraggiava e costringeva dolcemente a pensare da sé; il dispotismo era estraneo al suo spirito. Quest'uomo, che io nomino con la massima gratitudine e venerazione, è Immanuel Kant: la sua immagine mi sta sempre dinanzi”.
(Johann Gottfried Herder)
Fonte: Wikipedia

Io sono ignorante; non mi vanto e non mi offendo per questa mia caratteristica. Scrivo di tutto e di tutti nella maniera vibrazionale ispirata di unire gli intenti e di interpretare il linguaggio degli opposti. In questa citazione riferita a Kant, del quale sono quasi completamente all’oscuro, trovo la descrizione di un uomo che mi sussurra qualcosa in profondità; utilizzo per esprimere questa mia sensazione, una sorta di intuizione formidabile che deriva dall’ascolto dell’interazione dell’energia vibrazionale “mossa” e messa in circolazione dalla semplice sua “osservazione”. Più semplicemente la nostra attenzione verso “qualcosa” evoca una risposta in termini di energia; non importa se l’oggetto della nostra attenzione non esiste più, come nel caso di Kant, perché la sua componente vibrazionale è ancora presente “nell’aria” che respiriamo. L’uomo ha capacità immense celate sotto una maschera cangiante come gli effetti visibili in uno stroboscopio. Chi per troppo ego, chi per troppa modestia… è difficile sviluppare e mantenere un equilibrio capace di mantenere costante il flusso vitale relativo a “chi si è”; stabilizzarlo significa essere consapevoli della natura illusoria di questo piano dimensionale e mantenere ferma questa prospettiva anche dinnanzi agli scrolloni delle apparenze che bussano ogni istante alla nostra “porta”. Chi era Kant? Mi piacerebbe scoprirlo perché sono mosso dalla curiosità di saperlo. Mi affascinano le biografie delle persone e non solo di quelle per così dire “famose”; cosa vorrà mai dire questo mio aspetto? Forse che tendo a guardare fuori di me? Allo stesso modo con il quale ho contribuito alla manifestazione dell’Antisistema? Guardare fuori dalla finestra per proiettarsi verso una prospettiva diversa dall’attuale, per poi voltarsi ed osservarsi da quella nuova “posizione”, equivale ad alzare il nostro piano percettivo di noi stessi e della “realtà” che ci circonda e della quale facciamo parte. Il concetto di “neutralità” che tanto mi sta sensibilizzando in questi giorni, continua a manifestarsi davanti e dentro di me (in Kant è l'assenza di pregiudizio). E cosa sta proponendo quale livello chiave ai fini dell’attenzione? Sta utilizzando una componente di energia polarizzata, affine, in risonanza con il mio “campo universale” di energia vitale. Dunque il concetto di “ignoranza” torna in questo caso al suo significato originario e più puro:

 
L'ignoranza è la condizione dell'ignorante, cioè chi non conosce in modo adeguato un fatto o un oggetto, ovvero manca di una conoscenza sufficiente di una o più branche del sapere. Può altresì indicare lo scostamento tra la realtà ed una percezione errata della stessa. In senso comune il termine ignoranza indica la mancanza di conoscenza e di qualche particolare sapere, inteso in generale o su di un fatto specifico. Può significare anche non avere informazioni su un fatto o su un argomento. Questa è l'accezione originaria del termine, che deriva direttamente dal greco gnor-izein (conoscere) attraverso il latino ignorare (in - gnarus, che non sa). Successivamente, l'aggettivo ignorante si è evoluto in senso dispregiativo, indicando coloro i quali sono senza educazione o cultura".
Fonte: Wikipedia

Questa frase “Può altresì indicare lo scostamento tra la realtà ed una percezione errata della stessa” mi conferma che le parole si poggiano su una base semovibile molto simile ad un terreno caratterizzato dalla presenza di sabbie mobili. Dal momento in cui, per me la realtà percepita è frutto di una mia libera interpretazione di quello che colpisce i miei sensi, non vedo chi possa sostenere di detenere il vero piano della realtà a scapito del mio. Siamo infatti 6 miliardi di “telecamere” che riprendono ciò che vedono tramite una propria “tecnologia"  dell’apparato visivo, sonoro, percettivo, etc. personalizzando ogni frangente tramite lo zoom della propria osservazione, la quale agisce sul piano della materia, interagendo con essa secondo un proprio, unico ed inequivocabile schema interpretativo dettato dal proprio mondo interno… e quindi unico. Il termine “ignorare” originariamente indicava “non conoscere”; io completerei con “non conoscere ancora”. La particella “ancora” determina la necessità di un tempo e descrive uno spazio, un gap da colmare tra l’attuale stato di “vuoto” ed il futuro ed ipotetico stato di “pieno”. Nel mezzo si pone la volontà come raggio traente capace di “far spostare anche le montagne”. La volontà dipende dal nostro grado di priorità, in quanto fatto 100 la nostra energia la distribuiamo strategicamente nel corso della giornata per affrontare “quello che ci viene incontro”. Le scadenze giornaliere sono ormai zeppe di “memo” descritti dall’Antisistema e non più dal nostro essere. La nostra volontà viene spalmata a cascata sulle azioni che “dobbiamo” compiere per non apparire dei “diversi” rispetto agli altri. Viene dunque deviata su quello che, in profondità, non vorremmo mai fare o non avremmo mai fatto se fossimo stati liberi di scegliere in cuor nostro. Siamo per così dire spostati continuamente e costantemente dal nostro punto di “comando”, dalla nostra cabina della regia, dal nostro punto di osservazione più naturale. L’ignoranza, della quale si percepisce la presenza, diventa dunque uno stato mentale da colmare facendo cruciverba, leggendo un quotidiano, le news su internet o al telegiornale, ascoltando chi fa tendenza, assumendo pillole di saggezza dagli altri che sembrano detenerla. Ed in questo atto ci allontaniamo ancora di più da noi stessi perché ci imbeviamo come delle spugne di una componente energetica non nostra, ritenuta a forza “degna di noi” perché pronta all’uso proprio nel raro momento giornaliero in cui siamo più liberi, attenti ma stanchi: a cena, nella pausa pranzo, nei viaggi di spostamento per andare a lavorare e tornare a casa, alla sera in generale. Durante le ferie siamo inondati di tutto quello che non abbiamo fatto durante il resto dell’anno. Infatti le pubblicità in tv ci propongono di tutto, dalla storia del trattore sino alla collezione di bustine vuote per lo zucchero. Ogni “cosa” va bene per mantenerci “deviati” da noi stessi.  Torniamo alla descrizione di Kant che tanto mi ha affascinato, in questa parte:

 
“Nulla che fosse degno di essere conosciuto gli era indifferente; nessuna cabala, nessuna sètta, nessun pregiudizio, nessun nome superbo, aveva per lui il minimo pregio di fronte all'incremento e al chiarimento della verità. Egli incoraggiava e costringeva dolcemente a pensare da sé…”

 
Kant, a differenza della massa, era cosciente di sé e di quello che voleva fare, per cui non disprezzava nulla che giungesse alla sua attenzione, illuminando tuttavia questa attività tramite un fascio guida superiore dettato perlomeno dalla presenza della volontà sempre desta e vigile e con uno scopo ben netto e preciso: il chiarimento della verità. E con quale motto interiore? “Pensare da sé”… In questo “atto” dell’essere, dettato da intento, scopo, attenzione, osservazione, volontà, noto come il “timone” della propria vita sia saldamente in mano propria. Se poi uniamo una visione aperta pregna di spiritualità, capace di far comprendere che è tutta verità quella che ci circonda, ci rendiamo consapevoli che siamo noi che facciamo la differenza, tra la nostra realtà e quella degli altri, e pertanto che la nostra verità è contenuta dentro di noi. Allora la nostra ricerca trova un senso nella comprensione di “chi siamo” e l’ignoranza relativa a questo “vuoto” è solo transitoria come nell’accezione più pura del termine…

 
“Non essendoci questo non c'è quello; dalla cessazione di questo, quest'altro cessa.
In altre parole: in virtù della cessazione dell'ignoranza, cessano le attività volizionali.
[...] In virtù della cessazione del divenire, cessa la nascita.
In virtù della cessazione della nascita, cessano la vecchiaia e morte, la pena, il lamento, il disagio, l'angoscia e la mancanza di serenità.
Così avviene la cessazione di questa intera massa di sofferenza. »
(Udāna, 1.2(2))
L'ignoranza implica un continuo processo di auto-inganno sui princìpi di realtà dei fenomeni: il non rendersi conto che la cupidigia e l'odio, gli altri due veleni, sono fonte di dolore comporta l'accettazione dell'inganno come "normalità".
Fonte: Wikipedia