martedì 27 agosto 2024

Parassitismo dis-polifunzionale (2).


Perché, ad un certo “momento”, i “Savoia” si misero in testa di “unificare la Italia”? 

Cosa dovevano “mettere insieme”? 

Cosa ponevano sul “piatto”? Al solito, (qua, così) la matita è impugnata dalla mano, che appartiene al braccio, ch’è attaccato al corpo, sincronizzato dalla “testa” che, per rendere più non lineare la cosa, non si trova nel corpo ma nella sostanza che decide x tutti, nell’AntiSistema. 

Democrazia.

La stessa cosa vale anche per i vari sottodomino, “Savoia” ivi auto ricom-presi, prendendo ordini da “altrove”. Se ti “piace” pensare al genocidio dei nativi precolombiani, … dovresti prima “guardarti in casa”, non visto che nel “meridione italico” è già successa (è continuato a succedere) la stessa f-azione. Perché? Per lo stesso motivo portante che ha so-spinto quella “Casa imp®egnante” a… Ok?

1860, quando il Mezzogiorno era più sviluppato del Nord Europa.

Una volta occupate le Due Sicilie, il Governo di Torino iniziò lo smantellamento del tessuto industriale di quelle che erano divenute le “province meridionali”. Le regioni più industrializzate d’Italia, prima del 1860, erano la Campania, la Calabria e la Puglia. E, ai tempi del Regno delle Due Sicilie, si collocavano ai primi posti in Europa. Ad esempio, in Calabria c’erano le famose acciaierie di Mongiana, mentre la più grande fabbrica metalmeccanica del Regno era quella di Pietrarsa (fra Napoli e Portici) con oltre 1200 addetti: un record per l’Italia di allora. A Castellammare di Stabia, dalla fine del XVIII secolo, operavano i cantieri navali più importanti e tecnologicamente avanzati d’Italia. Da lì uscirono la prima nave a elica dello Stivale e la prima nave in ferro. La tecnologia era entrata anche in agricoltura, dove per la produzione dell’olio in Puglia erano usati impianti meccanici che accrebbero fortemente la produzione. L’Abruzzo era importante per le cartiere, la fabbricazione delle lame e le industrie tessili. La Sicilia esportava zolfo, preziosissimo allora. Puglia e Basilicata erano importanti per i lanifici e le industrie tessili. La Borsa più importante del Regno era, infine, quella di Bari. Poi, il declino inesorabile. Una volta occupate le Due Sicilie, il Governo di Torino iniziò lo smantellamento del tessuto industriale di quelle che erano divenute le “province meridionali”.
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Poi, il declino inesorabile. Una volta occupate le Due Sicilie, il Governo di Torino iniziò lo smantellamento del tessuto industriale di quelle che erano divenute le “province meridionali”… (che “bella roba”).

Mentre…

Sempre a Torino nasceva la Fiat:

il marchio ha una lunga storia, essendo stato fondato l'11 luglio 1899
l'azienda nacque dalla comune volontà di una dozzina di aristocratici, possidenti, imprenditori e professionisti torinesi di impiantare una fabbrica per la produzione di automobili…

Pensa:

la “Fiat” apre al “Nord”, a Torino nel 1889...
mentre 

nel 1881 venivano definitivamente chiuse le acciaierie di Mongiana, al “Sud” (sorte nel 1770 per volere di Borbone di Napoli, nell’allora Regno delle Due Sicilie), che avevano toccato fino a 1500 dipendenti nel 1860.

La “de-industrializzazione” del meridione fornì manodopera, come è prassi (qua, così), sempre “a buon mercato”, sfruttando i “migranti” (sic!) o, meglio, gli sfollati, i disperati, i depressi, etc. etc. etc.

Qualcosa che a partire dal 1980 ha colpito, però, anche la Fiat, all’interno del continuo processo di svuotamento italico ad opera dei soliti ignoti.

Il marchio ha una lunga storia, essendo stato fondato l'11 luglio 1899 presso il Palazzo Bricherasio di Torino come casa produttrice di automobili, per poi sviluppare la propria attività in numerosi altri settori, dando vita a quello che sarebbe diventato il più importante gruppo finanziario e industriale privato italiano del XX secolo, oltreché la prima holding del Paese e, limitatamente al settore automobilistico, la maggior casa produttrice del continente europeo e terza a livello mondiale, dopo le statunitensi General Motors Co. e Ford Motor Co., per un ventennio, fino all'esplosione della crisi dell'industria automobilistica torinese iniziata alla fine degli anni ottanta

Meglio: 

sino a quando la Fiat non è stata assorbita da Stellantis (dando l'idea dell'esatto contrario), grazie agli Elkann che della “Italia” hanno intenzione di farne “terra bruciata” da, in seguito, ri-organizzare a l’oro immagine e somiglianza (anche se... la “testa” non è all’interno di tale “famiglia”).



Dunque, avendo sfruttato la situazione (by Agnelli) per un secolo, ricattando ciclicamente lo “Stato”, mediante la leva sindacati & cassa integrazione, a debito “tempo” anche la Fiat è andata incontro, seppure a “Nord”, al medesimo “destino” già occorso al “Sud”, facendo sì – allora – della “Italia” un unico territorio “unito = unico” da coltivare secondo il “piano” deciso da “altrove”.
L’attuale “Governo” ha spazio d’intesa definito dal mandato popolare, a scadenza ciclica, motivo per cui è sempre sottoposto a f-orme di “ricatto” sostanziali, che fanno presa sullaggente, che è rigorosamente a massa (qua, così). Quindi, il tentativo di sottoscrivere contratti con aziende cinesi produttrici di automobili, di ogni tipo, contando sui loro investimenti in suolo italico, va nella direzione di preservare il potenziale dell’indotto automotive, sviluppato in oltre un secolo di attività

L’inverso di ciò che intende realizzare Elkann, il Dem”: 

mediante de-industrializzazione del tessuto auto ri-produttivo della “Italia”, popolazione compresa che non a caso “fa sempre meno figli” per svariati motivi, primo dei quali “poiché s’è bevuta il cervello, su ordinazione”. 

Come abituata su/da… Amazon!

Ritornando a bomba sul “mai passato di moda”, ecco uno dei tanti Re-Seth che hanno colpito come missili “intelligenti” sul/nel territorio target, di volta in volta.

La più grande acciaieria d’Italia prima che l’Italia nascesse

Ci furono proteste: il tricolore sotto i piedi, no al referendum per l’annessione, l’assalto alla sede della Guardia Nazionale, si formarono due bande, le donne in piazza al grido di “Viva don Ciccio” (Francesco II) e la bandiera bianca con i gigli. Ci furono partenze: al Nord, negli Stati Uniti, in Canada e in America latina. Veniva soppressa, di punto in bianco, dall’Italia di Cavour e di Vittorio Emanuele II, un’industria risalente ai fenici che dava lavoro a 3000 persone. Annientato un polo industriale di cui oggi rimangono soltanto le rovine.  Lì fu realizzato il fucile da fanteria modello Mongiana. Lì videro la luce i primi ponti sospesi in ferro d’Italia, il “Real Ferdinando” sul Garigliano ed il “Maria Cristina” sul Calore.   
Ora, dopo 148 anni di silenzio sul clamoroso scandalo con cui l’Italia   appena fatta mostrava a questa parte del Sud il volto peggiore, si tornerà a parlare del triangolo industriale (Mongiana/Stilo/Ferdinandea) della penisola italiana che sorgeva nell’area oggi più emarginata del Paese (Nardodipace, a un salto da Mongiana, è il paese più povero d’Italia). In tutto questo tempo, della realtà industriale di Mongiana è stata cancellata ogni traccia di memoria storica. “Neppure quando, qualche decennio fa, la Calabria subì la beffa del mancato V centro siderurgico” ricorda Mariolina Spadaro, docente alla “Federico II” di Napoli, “ci si ricordò di questo precedente illustre ormai completamente rimosso...”…
Che fine fecero le ferriere di Mongiana dopo il Grande Evento? Pazzesco.  Mentre ancora nel 1861 la “Real Ferriera” è premiata all’Esposizione industriale di Firenze e nel 1862 all’Esposizione industriale di Londra, lo Stato italiano la butta via.  La comprò, una volta chiusa, un certo Achille Fazzari. In regolare asta a Catanzaro. Prezzo in un unico lotto: 524.667, 21 centesimi.  Chi era costui? Un sarto, poi colonnello al seguito dell’eroe dei due mondi e senatore con l’Unità d’Italia; “divenuto infine”, scrive sarcastico Sharo Gambino, lo scrittore delle Serre morto di recente, “industriale per avere acquistato la Ferdinandea”…
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“L’antica isola d’industria mineraria che… in età borbonica aveva prodotto quantità rilevanti di materiale ferroso entrò in crisi a causa delle scelte economiche dei Governi liberali che…”.
Pietro Bevilacqua

Toh, chi si ri-vede: i “liberali”. Quelli ancora di “oggi”. 




“Lo Stato unitario privilegiò subito la componente piemontese-ligure. Il nuovo Governo favori spudoratamente la siderurgia ligure, tant’è che l’Ansaldo, che prima del 1860 contava la metà dei dipendenti di Mongiana, a Italia fatta li raddoppia, mentre, allo stesso tempo, sono dimezzati quelli del Meridione. Il Sud si troverà a recitare il ruolo di portatore d’acqua e i meridionali quello di braccia lavoro. Il Mezzogiorno, arrestato dall’amputazione della gamba industria, non poté reggersi sulla gamba agricoltura, perché neppure quella fu sviluppata. Se oggi il Sud è degradato e diverso dal Nord si deve molto a quella lontana concezione di unità…”.
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E, poi, al “Sud” serviva qualcosa di p-arti-tentacolare:

la “mafia”. 

Allora, come “implementarla se non favorendone l’auto installazione”. No? Solo con il “fascismo” si andò veramente vicini alla sua completa eradicazione. Qualcosa che venne fermato in toto, “grazie” all’arrivo dei “liberatori” d’oltreoceano, i quali contarono proprio su quella componente dell’Anti-Sistema Operativo (qua, così): 

una strategia che ha sempre ri-pagato, l’oro

tanto che in seguito vennero organizzate (favorite) le formazioni delle Brigate Rosso-Nere e poi Al-Qaeda e lo Isis, così come tutti quei gruppi “terroristici” che impazzano ovunque nello “mondo intiero”, a partire dalla “Africa” che si trova nelle esatte condizioni speciali, applicate a “Sud Italia” dai “Savoia”. 

Come avere uno stivale gigante che ti mantiene la testa schiacciata al suolo, ma “niente”: 

non rimane che “lavorare” al fine di ri-pagare un “debito” che non si può estinguere a/in queste condizioni. 

Ecco il significato (origine) dell'usura.

Come... Hiroshima





Altra storia, ma sempre “la stessa vicenda (decisione)”. 

Sostanza. Memoria. Verità.

Le officine di Pietrarsa, o Reale Opificio vennero concepite nel 1840 da Ferdinando II di Borbone come industria siderurgica in grado di produrre materiale bellico e civile utilizzando anche il ferro proveniente dal Polo siderurgico di Mongiana. Una prima fabbrica era stata realizzata tra San Giovanni a Teduccio, Portici e San Giorgio a Cremano nel 1832, utilizzando il suolo precedentemente occupato da una batteria costiera… Il 22 maggio 1843 Ferdinando II emanava un editto nel quale era detto tra l'altro: è volere di Sua maestà che lo stabilimento di Pietrarsa si occupi della costruzione delle locomotive, nonché delle riparazioni e dei bisogni per le locomotive stesse, degli accessori dei carri e dei wagons che percorreranno la nuova strada ferrata Napoli-Capua.

L'obiettivo era quello di affrancarsi dalla dipendenza estera nella produzione dei rotabili necessari al piano di costruzioni ferroviarie richiesto da più parti che prevedeva l'estensione fino allo Jonio e all'Adriatico delle linee iniziate sulla sponda tirrenica. Nel 1844, il 28 giugno, veniva iniziata la grande riparazione delle prime due locomotive a vapore denominate Impavido e Aligero che erano state costruite in InghilterraNel 1845 iniziava la produzione di locomotive a vapore progettate e parzialmente costruite in Inghilterra ma montate in loco. Si trattò di 7 locomotive, che utilizzavano parti componenti costruite in Inghilterra, analoghe ai precedenti modelli acquistati nel 1843 che avevano inaugurato la prima linea ferrata italiana, la Napoli-Portici: erano la Pietrarsa, la Corsi, la Robertson, la Vesuvio, la Maria Teresa, la Etna e la Partenope... 

Nel 1853 la forza lavoro di Pietrarsa raggiungeva il numero di circa 700 operai… 

La struttura ebbe varie visite importanti tra cui quella dello zar di Russia, Nicola I, che manifestò l'intenzione di prendere Pietrarsa a modello per il complesso ferroviario di Kronštadt…; nel 1849 l'Opificio venne visitato anche dal papa Pio IX… 

Tra il 1861 e il 1863 l'opificio di Pietrarsa entrò in una fase difficile della sua vita: una relazione dell'ingegnere Grandis, voluta dal Governo sabaudo, dipingeva negativamente l'attività e la redditività dell'opificio consigliandone addirittura la vendita o la demolizione

Si imponeva una scelta di razionalizzazione del settore siderurgico e produttivo… e tale scelta fu fatta in favore dell'industria settentrionale… Successivamente al 1888 comunque, le ordinazioni per la costruzione di locomotive furono rivolte a fabbriche estere o del nord Italia indicando il cambiamento dell'indirizzo di utilizzazione dell'Opificio come impianto di manutenzione e riparazione… fino al decreto di chiusura emesso il 15 novembre 1975…
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La struttura ebbe varie visite importanti tra cui quella dello zar di Russia, Nicola I, che manifestò l'intenzione di prendere Pietrarsa a modello per il complesso ferroviario di Kronštadt…; nel 1849 l'Opificio venne visitato anche dal papa Pio IX… 

Tra il 1861 e il 1863 l'opificio di Pietrarsa entrò in una fase difficile della sua vita: una relazione dell'ingegnere Grandis, voluta dal governo sabaudo, dipingeva negativamente l'attività e la redditività dell'opificio consigliandone addirittura la vendita o la demolizione… 

Si imponeva una scelta di razionalizzazione del settore siderurgico e produttivo… e tale scelta fu fatta in favore dell'industria settentrionale… Successivamente al 1888 comunque, le ordinazioni per la costruzione di locomotive furono rivolte a fabbriche estere o del nord Italia…

Re-Seth.

Con laggente che rimane im-potente, sempre con il “cerino spento in mano”.

In tutto questo tempo, della realtà industriale di… è stata cancellata ogni traccia di memoria storica… (eppure, non si trattava di “lotta per l’ambiente”, come oggi). I “liberali” sono come la peste: 

dove arrivano a colpire, fanno ammalare tutto.





Ora, museo… a cielo aperto, sullo scempio. 

Come discarica abusiva della “mafia”, a cui accedi persino pagando il regolare “biglietto d’ingresso” = lavanderia industriale di affari sporchi. Chi si è arricchito in tutta questa faccenda. Bah. Molti non solo cognomi risuonano familiari allorquando ci si deve recare in qualche luogo, ubicato in qualche via che, per l'appunto, “ti dice qualcosa ma niente”.

Paro paro a, prima, con gli “Agnelli” e poi con gli “Elkann”.

Deindustrializzazione a favor di e-vento. Paese 404 Vs Donbass, ad esempio.
Ceduta in concessione pluriannuale a “de-privati”, avendo tali super poteri:

anche questa volta la concessione prevedeva la facoltà di licenziare il personale ritenuto non occorrente all'articolo 23 della Convenzione approvata con Decreto del 27 settembre…

Eccolo, il famigerato... “nelle forme e nei limiti della Costituzione...”.
Ok?

Storia (deviata) docet = la verità, anche quando “verità”.

Il parassitismo (qua, così) è dis-polifunzionale: 

non esiste x “te”; anche se c’è.

Che sfacelo tutta questa “storia (deviata)” AntiSistemica. Che rivelazione oltremodo ri-portata. Quanta sofferenza. 

E quanta schiavitù “democratica (liberale)”. 

Ringrazia anche “Marx”. E la “im-prenditoria”. Nonché il dipolo “lavoro-denaro”. Sì, perché sia a Mongiana che a Pietrarsa (ovunque), era già successo e continuava a succedere. Cosa

Ma come, cosa! “Niente”. No?

  

Davide Nebuloni
SacroProfanoSacro (SPS) 2024
Bollettino numero 3773
prospettivavita@gmail.com


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