mercoledì 25 agosto 2010

L'atto di nascita è una "trappola".





Ognuno di noi nasce libero? Se crediamo di esistere in una dimensione in cui vige il libero arbitrio, è lecito pensare di si, così come lo è pensare alla nostra libertà in soli termini “naturali”.

Bene! Allora non abbiamo compreso nulla di ciò che ci circonda.

Il libero arbitrio è come una corda. Tale “corda” è un “raggio”, perché in realtà misura un cerchio. Occorre avere ben presente che nel libero arbitrio è inserita la “facoltà” di essere quello che si vuole, per cui, entro quel determinato raggio, siamo liberi di “scegliere”.

Le domande che mi vengono spontanee sono tre:
  • siamo davvero liberi di scegliere all’interno del nostro “cerchio”?
  • cosa determina la lunghezza di quel raggio?
  • quel raggio può modificarsi?
Quando un individuo nasce, non segue le regole aleatorie del caso o del caos, ma “emerge” in seguito ad un preciso volere animico che ha preparato un certo percorso esistenziale, di massima, da seguire. In seguito i “contatti” tra individuo incarnato e Anima diventano molto deboli o inesistenti per via delle “condizioni” gravitazionali planetarie e molto altro. Per così dire, è come se tra una astronave madre e una navicella scesa su un pianeta da esplorare, venissero meno le condizioni idonee per mantenere un contatto. Una simile mancanza di comunicazione è risaputa nel momento in cui si accetta di scendere a “terra”, quindi sarà molto importante “l’allenamento” a cui ci saremo sottoposti nel frattempo: allenamento che fa forza sulla capacità interna della navicella di “ricordare” il piano originario.

Nel momento in cui nasciamo siamo perfettamente allineati con i propositi animici e abbiamo tutte le “carte” in regola per proseguire con la nostra missione da portare a termine. Ma cosa succede? Succede che nel reame denso dell’Antisistema, quest’ultimo interviene al fine di aggiungere “disturbo” comunicativo tra la “navicella” e l’astronave madre, ossia tra noi e la nostra Anima. In che modo?

In ogni modo! Sfruttando ogni ombra o piega del Sistema.

Per questo motivo veniamo immediatamente sottoposti ad una pratica di “campionamento” e di classificazione, tramite la sottoscrizione di un vero e proprio “contratto”: l’atto di nascita, l’assegnazione di un nome e soprattutto di un numero – il codice fiscale. 

In quel modo noi smettiamo di essere degli “alieni” giunti in esplorazione sul pianeta Terra e diventiamo dei "cittadini" del pianeta Terra, esposti alle sue "regole" o condizionamenti "atmosferici". 

Ossia rimaniamo "prigionieri" del luogo che dovevamo solo esplorare o visitare, o meglio, rimaniamo prigionieri di un certo potere che regna sul pianeta dove volevamo completare un certo tipo di esperienza. L’assegnazione di un contratto prevede la sua implicita osservazione e sfocia in una serie di adempimenti per “legge” che, unitamente alla “perdita di memoria” a cui siamo sottoposti a causa della mancanza di collegamento con la nostra astronave madre, ci impediscono di ricordare, nel tempo, “chi siamo”.

Il contratto a cui siamo obbligatoriamente sottoposti ricorda molto quel patto, descritto più volte nella letteratura, tra il Diavolo e la persona. In cambio di una serie di “protezioni”, doniamo la nostra piena libertà. In cambio di una Vita “agiata” e lontana dalla paura di “fallire”, vendiamo la nostra capacità divina di poter “fare” ed “essere”.
  
In una scritta sui muri che sembra essere sempre esistita, dalle mie parti, c'è scritto:

"Voi votate i ricchi e loro vi prenderanno l'Anima".

Il verbo "votare" è da intendersi in maniera più "estesa", ma anche a questo "livello" rende bene l'idea. Anche il termine "ricchi" è da intendersi in maniera "allargata", come l'identificazione di un certo potere che continua nel tempo.   

Per questo motivo il contratto non è solo un pezzo di carta inconsistente o una serie di byte insignificanti, ma determina un rapporto di forze ben preciso, come una ragnatela che si deposita su di noi. E noi siamo costretti a osservare ciò che è scritto in questo contratto. Ad esempio, in Italia ognuno di noi nasce già con un debito economico pro capite. Quel debito è il frattale del debito karmico che ci trasciniamo dietro nella catena delle incarnazioni, la quale è plasmata dalle Vite precedenti, già intossicate dall’Antisistema.

Ecco il significato di “raggio” del libero arbitrio; questa “corda” è estensibile in funzione di molte variabili spirituali, le quali risentono di ciò che  ha “colorato” il nostro Karma e dunque di ciò che abbiamo esperimentato o non esperimentato in Terra. Diciamo che il libero arbitrio possiede il potenziale, dunque, anche della condizione di prigionia. Tutto sta nell’utilizzare la facoltà del futuro prigioniero per fargli firmare un contratto di prigionia volontaria; è dunque con un inganno sottile che siamo condotti a diventare prigionieri. Tramite circonvoluzioni illusorie a catena, tramite “l’ipnosi” dei genitori, costoro accettano di imporre al neonato l’applicazione del contratto, proprio nel momento di sua massima inerzia e di impossibilità decisionale.

Ricordate le numerazioni tatuate sui corpi del prigionieri dei campi di concentramento nazisti?

In quel modo si sostitutiva ad un contratto nativo un altro contratto di natura addirittura peggiorativa, eliminando l’identificazione iniziale, l’appartenenza, cancellando la storia e l’identità individuale. Questo svuotamento coatto era nato, qualche anno prima, come pratica “necessaria”, imposta da un potere sovrastante ed in crescita perenne, a cui non si poteva dire di no o sfuggire. 

Si faceva, insomma, la fila per farsi ri classificare.

Il raggio del libero arbitrio è determinato anche dal valore di consapevolezza, del “modo” in cui si è vissuti sulla Terra. “Aprire gli occhi” o risvegliarsi spiritualmente comporta un aumento del “raggio”. Laddove, nel libero arbitrio caratterizzato da un certo raggio, è prevista anche questa possibilità di libera prigionia basata sull’inganno illusorio della mancanza di “memoria”, sarà possibile sfociare in un allungamento del raggio, in virtù di una certa evoluzione spirituale personale, che caratterizzerà un libero arbitrio a più ampio “spettro” o cerchio, dove sarà possibile:
  • espandere la propria conoscenza e consapevolezza
  • non rimanere più soggiogati dal potere delle illusioni
La crescita del raggio, comporta l’aumento delle possibilità dimensionali di espandersi. Come se le nostre “Colonne d’Ercole” fossero spostate più al “largo”, permettendoci di spaziare senza trovare ipotetici stop, nel solito "luogo", ed in accordo con il nostro livello di sviluppo spirituale.

Siamo, dunque, liberi di scegliere all’interno del nostro raggio? Certamente! Siamo liberi, sino ad un certo livello, di vivere anche in una prigionia mascherata da pseudo libertà.

Oltre ad un certo livello non può più succedere, in quanto la nostra “espansione” è tale da far rimbalzare ogni tentativo di circuizione melliflua. A quel livello avremo superato le necessità primarie di sopravvivenza e dunque la paura di morire, perché avremo ricordato di essere eterni.
 
Tutto ciò è solo opportuno se inquadrato in una visione prospettica molto più espansa, rispetto al semplice ritenersi dotati di una sola possiblità di Vita.

Cosa è un contratto?

“Un contratto, in senso letterale, è un accordo vincolante tra due o più parti per costituire o regolare un rapporto a tutela dei rispettivi interessi. Questo accordo può essere verbale o scritto e i suoi termini di attuazione possono prevedere che chi lo sottoscrive assolva una serie di compiti per tutelare o ricevere in cambio qualcosa che ritiene avere un significativo valore”.
Fonte: “Perché non riesco ad essere come vorrei” di Joan Rubin-Deutsch

Vediamo però cosa regola la stipula di un contratto tra le parti:

“Tutti gli ordinamenti richiedono per la conclusione del contratto l'accordo tra le parti, ossia la piena coincidenza tra le dichiarazioni di volontà di ciascuna”.
Fonte: Wikipedia

Nel caso di un neonato non può sussistere nessun “accordo tra le parti”. Per questo motivo i genitori prendono “possesso” del futuro energetico del proprio pargolo, autorizzando la stesura del contratto, “firmando” e decidendo alcuni termini del contratto stesso, quali, ad esempio, il suo nome.

Ricordiamo che il nome di una persona ha una valenza molto particolare ed “energetica”; la sua scelta “colora” anche altre “valenze” sottili legate alla persona. In questa maniera inizia o continua l’opera di smarrimento a carico del nuovo arrivato, il quale emerge in un mondo completamente estraneo, in un modo completamente inerme, nel quale deve imparare a credere e fidarsi delle uniche due persone che gli ruotano attorno con maggiore frequenza: i propri genitori.

“Il termine contratto, diffuso in ambito psicologico, per indicare un particolare processo interiore e autonomo, consiste in una sorta di accordo vincolante che concludiamo durante la nostra infanzia solo con noi stessi, però convinti che si tratti di un accordo tra noi e i nostri genitori.
Esso diventa un principio organizzativo che ci guida su come comportarci nella nostra famiglia d’origine e che, interiorizzato, continuerà, senza che noi ce ne avvediamo, a guidarci anche nella Vita adulta”.
Fonte: “Perché non riesco ad essere come vorrei” di Joan Rubin-Deutsch

Ecco il punto! Il focus che evidenzia l’illusione e che non deve fa cadere nell’atto del giudizio. I genitori sono solo uno specchio di noi stessi. È solo con noi stessi che scendiamo a patti, ingannati dall’Antisistema o energia prevalente di controllo sulla Terra. Quel "principio organizzativo" marchiato su di noi, in maniera inconscia, è proprio l'equivalente del "tatuaggio" numerico applicato ai prigionieri dei campi di concentramento.  

Esso ci "guiderà", nel rispetto del libero arbitrio, perchè "ispirerà" le nostre decisioni.

La consapevolezza di questo meccanismo apre le porte alla propria energia ed alla propria  facoltà di estensione del “raggio” inerente al libero arbitrio, inserito nella sfera karmica personale e globale.

“Quando facciamo un contratto interiore inconsciamente affidiamo a qualcun altro parte del nostro potere  di autodeterminazione, se non addirittura tutto questo potere”.
Fonte: “Perché non riesco ad essere come vorrei” di Joan Rubin-Deutsch

È questa la ragnatela in cui siamo avvinghiati; una negazione del Sistema che trattiene, sfrutta, preleva la nostra energia e che, in cambio, dona l’illusione di avere trovato un “senso”, la vittoria sulla disperazione legata alla paura di morire di stenti e di non poter sfamare la propria linea di discendenza.

Le nostre paure, in questo modo, sono solo insabbiate sotto una pesante coltre di sufficienza.  

 

martedì 24 agosto 2010

Filtri, linguaggio, onde, Trinità, perfezione.





"La Trinità è un concetto cristiano… che, assieme all'unicità di Dio, costituisce un dogma del Cristianesimo, condiviso dalle chiese ortodosse, dalla chiesa cattolica e dalle chiese riformate storiche come luterani, calvinisti, anglicani. Queste chiese ritengono che la dottrina della unicità di Dio e Trinità delle persone sia un'esplicitazione dei dati teologici presenti nel Nuovo Testamento e nei primi Padri della Chiesa. In realtà, nella Sacra Bibbia non c’è nemmeno un versetto esplicito a favore di tale dogma
Il dogma della Trinità è in relazione alla natura divina: esso afferma che Dio è uno solo, unica e assolutamente semplice è la sua Sostanza, ma comune a tre Persone (o Ipòstasi) della stessa numerica sostanza (consustanziali) e distinte. Ciò non va interpretato come se esistessero tre divinità (politeismo) nè come se le tre Persone fossero solo tre aspetti di una medesima divinità (modalismo). Le tre Persone (o, secondo il linguaggio mutuato dalla tradizione greca, ipostasi) sono in effetti ben distinte ma formate della stessa sostanza:
  • Dio Padre, creatore del cielo e della terra e Padre celeste del mondo;
  • il Figlio: generato dal Padre prima di tutti i secoli, fatto uomo nella persona di Gesù Cristo nel seno della Vergine Maria, il Redentore del mondo.
  • lo Spirito Santo che è l'Amore perfetto e divino (in greco "agàpe") che il Padre e il Figlio mandano ai discepoli di Gesù per far loro comprendere e testimoniare le verità rivelate".
Fonte: Wikipedia

La verità è sparsa ad “arte” tutta intorno a noi, per cui anche questa citazione ne riporta una sua diluizione. Come separare il vero dal falso? Come intuire l’opera di oscuramento dell’Antisistema? Io penso che tramite l’utilizzo dell’analogia frattale si possa giungere all’intuizione, alla migliore prospettiva, all’assenza di giudizio che permette una visione non filtrata di ogni “cosa”.

Cosa intendo per analogia frattale? Intendo l’applicazione di principi noti, evidenti, in ambiti ancora da “osservare” o da comprendere e approfondire; proprio come utilizzando un microscopio si “scende” nelle dimensioni, mantenendo fisso l’occhio che osserva che, per analogia, mantiene un collegamento, una coerenza tra le dimensioni, garantendo una “continuità”. Questa continuità è lo specchio della Natura frattale di ogni ambito della Creazione che si riflette in se stessa.

“Come in alto così è in basso”…

Fuori dal Tempo, la Creazione è un’opera perfetta.
Nell’unità di Tempo, la Creazione è un’opera perfetta che si “muove” in un flusso che la trasporta nella propria imperfezione, secondo direzioni “autorizzate” o riflesse, consciamente o inconsciamente, dall’osservatore, determinando in continuazione nuovi stadi della Creazione fissati nella densità della realtà percepita. È questa una intuizione scritta nell’articolo di ieri.

Ossia, secondo me, il concetto di Trinità esprime le tre forze del Tao, ad esempio:
  • attiva
  • passiva
  • equilibrante
Ma la sua rappresentazione grafica ne mostra due, solitamente dipinte di bianco e nero e una loro interpolazione o compenetrazione. Da ciò si è portati a parlare di dualità. In realtà le forze sono tre e la terza è l’unione vettoriale delle prime due, la risultante o equilibrante. Graficamente la possiamo vedere osservando l’intera figura! La forza risultante sfugge quasi all’osservazione e ciò è paradossale perché è il risultato più evidente dell’azione delle altre due forze in compensazione.

Scrivevo ieri di tre forze in questi termini:
  • perfezione
  • imperfezione
  • prospettiva presente modellata dalla loro interazione a causa del pensiero o… realtà
È questa la legge del tre a cui allude Gurdjieff? Può essere, anche perché lo stesso autore ne rivela tutta la sua importanza, asserendo che man mano che lo schema della Creazione si amplia, analogamente si amplia anche il numero di leggi universali a cui si è sottoposti. Ora, il fatto che la legge del tre sia collocabile così in “alto” negli schemi della Creazione stessa e la prova è la sua condizione numerica semplicemente constatabile e, dunque, la sua vicinanza alla condizione unitaria, da cui tutto si Crea, possiamo comprendere perché possa “regolare” la Natura del percepito e del manifesto nella realtà percepita tridimensionale.

Le dimensioni sono tutte presenti e intersecate in ogni attimo e “spazio”.

Come possiamo separare ciò che è perfetto da ciò che non lo è ancora? Semplice. Comprendendo che siamo noi, tramite la nostra osservazione, a miscelare le due “polarità”, creando la risultante da vivere ed esperenziare, ossia il terzo stato quantico. Quello stato manifesto che descrive, allo stesso tempo, la perfezione e l’imperfezione, l’attivo e il passivo fusi insieme, il maschile e il femminile riuniti. Da ciò posso proseguire dicendo che, infine:

ogni attimo è una miscela di perfezione ed imperfezione che rispecchia noi stessi attraverso la “risultante” manifesta nella realtà percepita, nel mondo Creato.

Ogni attimo è opportuno per giungere alla “sintesi finale”, in cui saremo riusciti a separare le due onde per azzeramento dell’onda imperfetta che non avrà più ragione d’essere, in quanto sarà senza “riflesso” grazie al nostro punto d’osservazione completamente perfetto.

È questa la sintesi alchemica della trasformazione della materia vile in oro. Una immane rappresentazione volutamente confusa, perchè prematura da diffondere, di una semplice e pura verità: la descrizione del nostro processo di trasmutazione dell’onda imperfetta in pura perfezione.

Avrei voluto scrivere del mercurio ma, sono certo, è stato opportuno seguire questa localizzazione energetica. Come si può spiegare il concetto di Trinità religiosa?
  • Dio Padre
  • il Figlio
  • lo Spirito Santo
Dove sono i “poli” della perfezione, dell’imperfezione e della manifestazione “reale”?
  • Perfezione = Spirito Santo
  • Stato manifesto o risultante o realtà percepita = Figlio
  • Imperfezione = Dio Padre
Cosa voglio dire? Senza offendere nessuno, che:

Per quanto riguarda l'Antico Testamento già nelle primissime parole della Bibbia, si è vista una molteplicità in Dio. Il libro della Genesi si apre con le parole:
    « In principio Dio creò il cielo e la terra. »   (Genesi 1,1)
 
Ma il termine "Dio" è in ebraico "Elohim", plurale di "Eloah" che significa "Divinità": il verbo è singolare ma il soggetto plurale, il che si può interpretare come un'azione unica e concorde di creazione da parte di un Dio che in qualche modo possiede più Persone in sè. D'altra parte assai di frequente appare nell'Antico Testamento un'alternanza tra pronomi e verbi al singolare o al plurale riguardo a Dio, spesso chiamato ancora con il plurale "Elohim". Ad esempio col pronome e verbo al plurale:
    « "Ecco, l'uomo è diventato come uno di noi" »   (Genesi 1,26)

Fonte: Wikipedia

Ecco il punto, la “sofistificazione”, l’Antisistema:

La Trinità religiosa non parte e non “parla” del Creatore ma di “divinità”. Ossia ciò che si assume come principio della Creazione è un “filtro” che si è inserito tra l’alfa e l’omega, che tenta di ricondurre tutto a sé. Ciò descrive delle "entità" diverse dal Creatore; Sitchin alluderebbe agli Anunnaki, ad esempio. 

Questa è, secondo me, la prova più “evidente” dell’esistenza e dell’opera manipolatrice dell’Antisistema!

Le religioni sono dei “filtri” distorcenti la via della perfezione o della verità. Esse ci conducono a fermarci all’ombra di una “cupola” costituita da falsi dei, i quali tendono a controllare per sopravvivere. Essi sono parte dell’onda imperfetta e cercano la possibilità di rimanere nel percepito, tramite la nostra “autorizzazione” estorta con le buone e/o con le cattive. La realtà attuale è la summa della perfezione della “Natura” e dell’imperfezione di altri “stati”, direttamente processati dal nostro “occhio” che osserva facendo esperienza dell’osservazione stessa.

Questa “intuizione” costituisce uno shock addizionale all’ottava evolutiva superiore che si è fermata da tempo, frenata da “ostacoli” opportuni per meglio raffinare il processo trasmutativo in corso.

L’Antisistema appare “scendendo” di vibrazione; è una legge questa. È come osservare tramite l’occhio di un satellite dallo spazio. Ad un certo punto, zoomando, si potranno osservare “dettagli” che un attimo prima non si riuscivano a distinguere. Per così dire, ad un certo punto: appaiono.

In realtà non appaiono ma si entra nella loro sfera d’azione, nella loro dimora dimensionale, vibrazionale. Essi “abitano” a quell’altezza. Ed esprimono solo ed esclusivamente la loro ragion d’essere, proprio come dissotterrando una zolla di terra possiamo trovare dei vermi o dell’acqua. Siamo noi che, proseguendo nel cammino, giungiamo sulle loro posizioni e, per così dire, li attiriamo a noi, anche se è più sensato dire che l’opera di attrazione è reciproca, perché “entrambi” ne “usciremo” modificati dopo “l’incontro”.  

Il mondo percepito e “partorito” è un mondo perfetto per ogni unità di tempo e descrive una perfezione in “corso d’opera”. Non fossilizziamoci sull’uso e sulla comprensione dei termini.

Andiamo oltre, utilizzando noi stessi come “strumento” idoneo per comprendere tramite intuizione.

Ricordiamo sempre la lezione della torre di Babele.

 

lunedì 23 agosto 2010

Triangolare "dove siamo" comprende la Vita.





Ho un ragionevole dubbio:
  • ciò che vogliamo sapere giunge a noi molto più regolarmente con la maggiore pratica dell’esercizio “io sono”
  • ciò che vogliamo sapere giunge a noi regolarmente anche senza pratica dell’esercizio “io sono”

Cioè? Mi sembra chiaro che ciò che "vogliamo sapere" giunge sempre a noi, ma cosa è l’esercizio “io sono”?

Questo “esercizio” è il lavoro che si compie su di sé, con regolarità, istante dopo istante, giorno dopo giorno, anno dopo anno. Non intendo la pratica della meditazione o solo la pratica della meditazione; intendo il semplice vivere con  “porta e finestre” sempre ben "aperte".

Se noi lasciamo le aperture verso il mondo, verso gli altri, spalancate è come se dichiarassimo chiaramente che non abbiamo nulla da temere nei confronti di noi stessi e di ogni altra persona e/o evento della Vita. Questa apertura d’animo, questa propensione ad accettare la Luce in noi, compie nel tempo un lavoro di pulizia ed energizzazione senza eguali. Vivendo su queste lunghezze d’onda, l’Universo ha più possibilità di raggiungerci per aiutarci o, semplicemente, esaudire i nostri desideri. 

È come se accettassimo la nostra Natura divina sulla fiducia, cioè anche in assenza di “prove” certe, in virtù di un sentire interiore molto profondo, come una traccia di ricordo molto labile ma degna di nota. 

Questa fiducia corrisponde a quello che le religioni hanno chiesto unilateralmente nel corso della loro storia costituita da promesse basate proprio sulla “fede”. L’atto di fede richiesto ha però contribuito ad allontanare da se stessi e, dunque, dal lavoro “io sono”, al fine di agganciare una struttura “celeste” che risiede al di fuori di noi e che ci ha pressoché abbandonati per delle presunte “colpe” di natura ancestrale:

“Padre nostro che sei nei cieli…”

La “fede” che viene richiesta di sviluppare è un atto di sottomissione ad un principio “oscuro”, non chiaro, e determina la perdita del nostro potere personale, della nostra energia, della capacità, volontà, senso, dell’esercizio “io sono”.

È come votarsi ad uno degli innumerevoli “santi” al fine di ottenere la “grazia”.

Quando leggiamo della legge d’attrazione, allora cosa significa? Se accettiamo di credere che esiste, come possiamo inquadrarla se la rifiutiamo aggirandola? Una intercessione superiore dovuta ad una preghiera rientra ancora nel campo del risultato della legge d’attrazione. Come dire: in un modo o nell’altro ottengo quello che voglio (la grazia), però la modalità di usufruizione ci contraddistingue

Appellandoci ad “altri” gli cediamo la nostra “santità”, rimanendo imbrigliati in un “terreno” energetico molto complesso e irto di conseguenze negative.
 
Appellandoci al nostro potere divino, al nostro sé superiore, le  implicazioni sono diametralmente opposte. La nostra energia rimane in noi e non viene asportata con una “cannuccia” eterica verso il “corpo” a maggiore "forza".

In caso di “risultati” non in linea con le nostre attese, in questa modalità dell’essere, dovremo solo incaricarci di “investigare” meglio tra le cause interne che non permettono la diretta manifestazione del nostro desiderio sul piano denso della realtà percepita. Stiamo parlando di cause “sensate” atte a spingerci sempre e solo sul sentiero evolutivo personale: 
  • karma
  • libero arbitrio
  • scelte animiche legate alla singola incarnazione.

Delegando ad “altri” il nostro potere accettiamo di farci condurre per “mano”, conferiamo la nostra fiducia, ci svuotiamo di infinite altre possibilità e, progressivamente, ci “addormentiamo”, proprio come rappresenta il funzionamento frattale di un occhio "sano" che si adatta lentamente a seguire l’altro occhio “malato”: l'occhio "sano" lavora per un po’ di tempo per due compensando, poi inevitabilmente si accascia su se stesso seguendo il “destino” abbracciato dall’altro occhio.

L’occhio “malato” è un occhio perfetto ma “malcompreso”; una singolarità in una orchestra coordinata dalle correnti spirituali evolutive nelle vesti della genetica organica. Come tanti strati della condensazione esistenziale che “lavorano” a diverse altezze nei vari reami della manifestazione esistenziale.
 
Il significato della malattia di un occhio, ad esempio, è sempre legato ad un “codice” facente parte di un linguaggio, di una lingua vibrazionale che non comprendiamo più

Esiste sempre un significato in ogni ambito del ritenuto “accaduto”. Questo significato rientra, dunque, nei termini del potere della legge d’attrazione; per cui noi attiriamo ciò a cui maggiormente siamo portati ad avvicinare attraverso la veicolazione del nostro campo “magnetico” vitale.

Il significato o la causa di un malanno all’occhio, sempre per esempio, è un fatto persino logico e comprensibile anche per una mente che non si ritiene la “dinamo” capace di innescare gli eventi. A meno che si ritenga la Natura del “tutto” completamente casuale, una sorta di roulette russa di combinazioni aleatorie senza nessun senso alcuno.

L’occhio che si ammala ci sta parlando in una lingua ormai “straniera”; ci dice cosa abbiamo fatto che ha portato a quella conseguenza. L’altro occhio che è collegato ad un altro centro di potere non colpito dalle cause che hanno coinvolto il primo occhio, è legato in stretta sinergia con il compagno e risente delle sue basse condizioni energetiche a cui viene inevitabilmente esposto. Nella prima fase avremo un senso responsabile di compensazione energetica, poi un lento adattarsi alle condizioni a cui il nostro "centro di potere" conferisce maggiore “peso”, ossia l’accettazione delle mente e dell’inconscio della “spiegazione” ufficialmente riconosciuta e del rimedio proposto: inforcare un bel paio di occhiali.

Gli occhiali segnano la “resa” anche dell’occhio normale, non colpito da una causa spirituale, non direttamente coinvolto ma indirettamente investito. Non “ascoltando” questo antico linguaggio, accettiamo di lasciarci andare sulla fiducia conferita ad una scienza del tutto transitoria sul piano dell’evoluzione incompleta dell’uomo.

Ciò che la scienza ci autorizza a credere, da questo punto prospettico estremamente lascivo, costituisce la prova più evidente del nostro smarrimento ed, allo stesso tempo, la più grande opportunità di risveglio a cui siamo mai stati sottoposti.

La prospettiva più adatta è quella di ritenere la Natura perfetta ma adattabile al nostro pensiero, il “quale” ha la capacità di modellarla a nostra immagine e somiglianza. Per cui se noi siamo addormentati, il nostro potere verrà veicolato ed utilizzato da un’altra energia. In questo modo possiamo comprendere come entrambi gli stati della dualità siano presenti, dando luogo ad una “trinità di possibilità quantiche”:
  1. perfezione
  2. imperfezione
  3. prospettiva presente modellata dalla loro interazione a causa del pensiero

Le “onde” della perfezione, come la Natura del nostro corpo umano o veicolo fisico, si miscelano con le “onde” dell’imperfezione, come la scienza in corso d’opera, dando luogo alla realtà manifesta ed autorizzata dal peso specifico della massa critica. Il paradigma che si manifesta, la Vita percepita, è il “terzo stato quantico” o Trinità direttamente “usufruibile”. La Trinità è un concetto, come ogni “cosa”, frattale, per cui la troviamo anche a diverse “altezze”, infatti quella che, forse, conosciamo di più, senza comprendere, è proprio quella “narrata” dalla religione.

La forma relativa è quella del triangolo che tanto si è prestato, ad esempio, per essere utilizzato come simbologia esoterica, massonica, ecc. Infatti, l’occhio che tutto vede, è proprio inscritto in un triangolo che, solitamente, è inerente alla divinità che “osserva circolarmente", ossia:

il principio divino umano che tramite la sua diretta contemplazione (campo d’azione magnetico del pensiero) interagisce, plasmando i due stadi della materia (perfezione e imperfezione) dando luogo alla manifestazione fisica “voluta” circoscritta nel triangolo di possibilità o stati quantici uniti nella fluidità consequenziale del cerchio che tutto "comprende".

In “soldoni” cosa significa? Che la “verità”, o stato perfetto, è sparsa per ogni dove. Ciò deve sensibilizzarci a non giudicare, in quanto anche ogni ambito della Vita manifesta è “sacro” perché contenente quella particella di “verità” che, almeno per un individuo, costituirà un principio guida predisposto per la sua evoluzione spirituale.

Impariamo a notare la sacralità della Vita in ogni sua minima “piega” e a rispettare ogni fratello o sorella sul cammino della comprensione di se stesso. Allo stesso tempo , non deleghiamo il nostro potere a nessuno, perché non ne abbiamo necessità. Possiamo unirci in gruppi ma senza vendere la nostra "autonomia", pena la nascita di un centro di potere aspirante la nostra energia come espresso da ogni associazione o organizzazione umana che richiede costantemente di noi per “funzionare” di cui l’esempio più eclatante è proprio l’Antisistema.

Tramite l’esercizio “io sono” ogni cosa giunge a noi attraverso un senso, una direzione, una volontà immaginativa

Senza l’esercizio “io sono” ogni cosa giunge a noi, dove per “noi” dobbiamo immaginare una potente calamita rotonda che rotola giù dalla montagna, attirando a sé tutto ciò che indistintamente "aggancia" lungo il proprio cammino non irregolare, ma dettato dalle leggi fisiche planetarie che, non sempre, corrisponde al percorso che si vorrebbe intraprendere di propria iniziativa.

Adesso il mio ragionevole dubbio è sciolto…

 

domenica 22 agosto 2010

Il terzo stato "quantico" dello Zen.




Il Jeet Kune Do vuole che si dimentichino tutte le tecniche; la situazione dev’essere governata unicamente dall’inconscio. La tecnica compirà i suoi prodigi del tutto automaticamente, spontaneamente. Fluttuare liberamente, non avere una tecnica significa possedere tutte le tecniche.

Per poter fluttuare a tuo agio, nel vuoto, senza incontrare ostacoli, dimentica le tecniche che hai appreso. L’apprendimento è importante, ma non diventarne schiavo. E, soprattutto, elimina tutto ciò che è esteriore e superfluo. La cosa prima è la mente. Qualunque tecnica, per buona e ambita che sia, diventa una “malattia” quando la mente ne viene ossessionata.

Le sei malattie:
  1. Desiderio di vittoria
  2. Desiderio di ricorrere alle astuzie tecniche
  3. Desiderio di fare sfoggio di tutto ciò che si è appreso
  4. Desiderio di intimorire l’avversario
  5. Desiderio di rappresentare il ruolo passivo
  6. Desiderio di liberarsi della malattia di cui si è affetti, qualunque essa sia

Il desiderio è un sentimento. Anche il desiderio di non desiderare è un sentimento. Non avere sentimenti significa quindi essere privi contemporaneamente di entrambi i tipi di sentimenti, di quelli negativi e di quelli positivi. Significa essere contemporaneamente “si” e “no”; cosa che sul piano logico è assurda, ma per lo Zen no.

Fonte: "Jeet kune do. Il libro segreto di Bruce Lee"  di Bruce Lee
 
 

sabato 21 agosto 2010

La "polvere" del Sole che non brucia.





Le umane “cose” sono spesso confuse come la verità sparsa ad arte nel “tutto”. Alcune “opere” riportano al loro interno grandi rivelazioni, ma quest’ultime sono frammentate, sbriciolate in maniera tale da renderle pressoché incomprensibili senza una chiave di lettura.

Se, a memoria, andiamo al nome che conduce al personaggio di Cyrano De Bergerac, cosa ci viene in mente,  o meglio, cosa ha agganciato, fissato in noi, l’Antisistema?

Un’opera letteraria molto poetica. Ma che altro? Beh, è ovvio che riguarda delle situazioni soggettive. La mia è una domanda troppo “umida”.

Ecco cosa riporta Wikipedia:

Savinien Cyrano de Bergerac (Parigi, 6 marzo 1619 – Sannois, 28 luglio 1655) è stato uno scrittore e drammaturgo francese del Seicento.
La sua figura ha ispirato la celebre opera teatrale Cyrano de Bergerac di Edmond Rostand del 1897. Grazie ai suoi romanzi fantastici è oggi considerato uno dei precursori della letteratura fantascientifica. In altro senso e specialmente per il suo linguaggio fortemente laicistico e poco rispettoso delle istituzioni religiose egli è considerato un intellettuale libertino. Il suo nome completo era Hercule Savinien de Cyrano de Bergerac (Cyrano era in realtà il cognome e non il nome), italianizzato da alcuni in passato come Ercole Savignano.
La sua è stata una figura dibattuta e assai controversa: è stato considerato alternativamente un martire del libero pensiero (Paul Lacroix), uno scienziato incompreso (Pierre Juppont), un libertino senz’arte né parte (Frédéric Lachèvre), un razionalista militante (Weber) e perfino un alchimista e un iniziato (Eugène Canseliet).

Ecco a cosa mi riferivo in precedenza; la memoria ci riporta a ciò che, una certa energia ha scritto nei nostri inconsci: 

La sua figura ha ispirato la celebre opera teatrale Cyrano de Bergerac di Edmond Rostand del 1897.

E penso che la maggior parte delle persone si fermi lì; anche in maniera alquanto sbuffante, perché è proprio così che ci è stato riportato, presentato. Lo si ricorda per il suo grande “nasone” e per la grande capacità di scrivere e declamare versi poetici, ma attraverso un suo "riflesso" ossia attraverso l'opera  posteriore di Rostand. Insomma un poeta d’altri tempi, un triste amatore mal compreso.

Signora mia,
non mi lamento solo del male che i vostri begli occhi hanno avuto la bontà di farmi; mi lamento ancor più della crudele sofferenza che provo a non vederli.
Avete lasciato nel mio cuore, quando me ne sono andato, un'idea arrogante che, col pretesto d'esser nata da voi, si vanta d'aver potere di vita o di morte su di me.

Che altro?

De Cyrano fu uno dei più estrosi scrittori del Seicento francese, una personalità veramente eclettica: fu romanziere, drammaturgo, autore satirico, epistolografo, prima di morire scrisse persino i primi capitoli di un trattato di fisica. Fu un libertino, quando ancora quel termine stava piuttosto ad indicare un'avanguardia culturale, una nuova filosofia di vita.

Che altro?

Le opere più importanti di Cyrano de Bergerac sono considerati i suoi romanzi fantastici, ritenuti precursori dell'odierna fantascienza: L'altro mondo o Gli stati e gli imperi della luna (L'autre monde ou Les ètats et empires de la lune, pubblicato postumo nel 1657), probabilmente il suo capolavoro, e Gli stati e imperi del sole (Les ètats et empires du soleil, pubblicato postumo nel 1662). Si tratta di racconti fantastici, estremamente vivaci. Il racconto, nella più tipica e schietta prosa barocchista, è quello di un viaggio meraviglioso, realistico e poetico, nei paesi della Luna e del Sole. È un pretesto per l'esposizione di ardite teorie filosofiche, scientifiche e religiose: il movimento della terra, l'eternità e l'infinità dei mondi, la costituzione atomica dei corpi, i principi fisici dell'aerostato ecc.
Le conoscenze di alchimista (abilmente celate nei suoi romanzi) furono assai stimate da importanti studiosi dell'Ermetismo quali Fulcanelli e Eugène Canseliet.

Nel particolare:

L'altro mondo o Gli stati e gli imperi della luna.
Rientrato in casa dopo una passeggiata al chiaro di luna in compagnia di amici, l'autore si mette intorno al corpo una cintura fatta di ampolle piene d'acqua di rugiada la quale, evaporando attratta dal sole, lo solleva sino a farlo arrivare nella Nouvelle France (il Canada); dopo questa prima esperienza di volo, utilizzando una sorta di razzo arriva fino alla Luna. Sulla Luna Cyrano rimarrà poco, poiché gli abitanti lo scambiano per uno struzzo e lo mettono in un'uccelliera, e molti gli sono avversi; ha però modo di conoscere quello strano paese e di ascoltare qualcuno (il Demone di Socrate) che glielo descrive e glielo spiega: sulla Luna un solo colpo di archibugio fa cadere un intero stormo di allodole bell'e arrostite; i versi delle poesie valgono come moneta per pagare gli osti; non c'è bisogno di orologi: tutti gli abitanti hanno una larga dentatura e un lungo naso, così quando vogliono sapere l'ora aprono la bocca ed espongono al sole il naso, il quale fa ombra sui denti come sul quadrante di una meridiana.
 
Ma ecco cosa si scrive nella prefazione a "Le Dimore Filosofali” di Fulcanelli:

Ne’ Gli stati e gli imperi della luna, “nel quale Cyrano Bergerac fa parlare il suo Demone protettore, che sta portando due globi di fuoco, mentre i presenti si meravigliano che essi non gli brucino le dita:
“Queste rocce incombustibili, egli dice, ci serviranno meglio dei vostri palloni di vetro. Sono due raggi di Sole, li ho purgati del loro calore, altrimenti le qualità corrosive del suo fuoco avrebbero ferito la vostra vista abbagliandola, poi ho fissato la luce e l’ho chiusa in questi globi trasparenti che tengo in mano. Ma non dovete essere così pieni di ammirazione, perché non è più difficile per me, che sono nato sul Sole, condensare i raggi di luce, che sono la polvere di questo Mondo, di quanto sia difficile per voi raccogliere la polvere o gli Atomi che non sono altro che la terra polverizzata di questo vostro mondo”.

Forse uno dei più grandi meriti del nostro Maestro Fulcanelli, è quello d’aver svelato, per primo, la vera personalità di Cyrano Bergerac, presentandolo, non senza delle prove concrete, probanti e decisive, come filosofo ermetico di grandissimo valore; tanto che non esitò a qualificarlo come il più grande dei tempi moderni.

… tra le altre cento cose che rivelano chiaramente la pura essenza alchemica di L’autre Monde, la macchina che rapisce il nostro eroe trasportandolo fino nel regno del Sole. Il pezzo principale della macchina, ed anche il mezzo di locomozione, è un vaso di cristallo, che ha la forma poliedrica di quel Quadrante solare, che si trova nel palazzo Holyrood d’Edimbourg; lo strano edificio scozzese che è l’argomento dell’ultimo capitolo delle Dimore filosofali:

Il vaso era stato costruito apposta con tanti spigoli, ed in forma d’icosaedro, affinché, essendo ciascuna faccia convessa e concava, la mia sfera potesse produrre l’effetto d’uno specchio ustorio”.

Questo passo si accorda perfettamente col testo di Fulcanelli, dimostrando che l’icosaedro simbolico è quel cristallo sconosciuto , chiamato vetriolo dei Filosofi, che è lo spirito o il fuoco incarnato, il quale, come abbiamo già visto, non brucia le mani. Si può giudicare da quello che dice Bergerac che riconosce, in questo elemento, una polvere quasi spirituale:

“… non ci si meravigli del fatto che io mi avvicinassi al Sole senza essermi bruciato, perché ciò che brucia non è il fuoco, ma la materia sulla quale il fuoco si avvince, e il fuoco del Sole non può essere mescolato con nessuna altra materia”.

Quanto ci appare diverso, Savinien de Cyrano, messo così in piena luce, dal personaggio inconsistente e fantastico, come lo ha impresso la letteratura, nell’immaginazione della maggioranza, modellandolo su di una falsa reputazione, nata unicamente dalle esagerazioni della giovinezza, che è contemporaneamente ardente e passeggera.

Fonte: prefazione di Eugène Canseliet a "Le Dimore Filosofali” di Fulcanelli

 

venerdì 20 agosto 2010

Sulla "cima" tra gli spazi delle "parole".





Siamo alle soglie del più grande cambiamento mai registrato prima nella storia dell’umanità; una trasformazione radicale del punto prospettico dal quale “valutiamo” la nostra esistenza. Come se fossimo giunti in cima alla vetta e dalla più idonea dimensione verticale, quella che permette di osservare senza nubi di mezzo e sufficientemente in alto per valutare nuove prospettive, eliminando il “rumore di fondo”, iniziassimo finalmente a “capire”. In entrambi i tempi della “narrazione” la giusta sintesi del processo di pensiero è questa:

Ecco dove siamo giunti.

Sotto di noi si estende il “paesaggio”; ciò che abbiamo contribuito, in qualche modo, a creare. Bello o brutto che sia, noi ne siamo parte integrante e causale. Penso sia inutile nascondersi ancora. Ognuno di noi ha la responsabilità di quello che stiamo osservando dall’alto, in questo momento.

Ci piace quello che vediamo?

Se non erro ci lamentiamo in continuazione, no? Perché? Significa che qualcosa non riesce proprio ad essere “digerito”. Ma cosa con precisione? Fermiamoci a chiedercelo? È un buon esercizio. Senza fissare da troppo vicino il pensiero negativo, rimaniamo in un campo energetico di contemplazione, di riflessione, di incoraggiamento alla consapevolezza.

Tutto ciò che ci succede è solo ed esclusivamente opportuno. Serve per farci crescere, magari anche sbagliando. E quando si osserva dalla “montagna” i risultati intermedi, inseriti nei tempi molto lunghi relativi all’umanità intera, non ci si deve perdere d’animo, perché la nostra osservazione costruttiva è all’opera per rinnovare il “panorama” ed il processo che porta a vedere il panorama stesso.  

Ossia, tutto cambia se gliene diamo il tempo.

Cambia sia l’osservato che l’osservatore, gli strumenti per guardare e ciò che si guarda. Ma il cambiamento è dapprima “sottile”, pervade i campi dimensionali eterici, astrali, mentali, etc. Non appare da subito nella tridimensionalità da noi percepita quando siamo a livello dell’incarnazione.

Si crea, dunque, prima il potenziale da noi autorizzato per vie legate al mondo dei pensieri, dell’immaginazione, dell’intuito, degli shock addizionali, e solo dopo possiamo assistere all’irradicamento nel percepito. I potenziali sono, secondo me, già tutti insiti attorno a noi, teoricamente previsti e, in realtà, ne scegliamo uno; lo autorizziamo a raggiungerci nelle 3D.

Sino a quando non crederemo di poter fare tutto questo, “presteremo” temporaneamente il nostro potere all’Antisistema, il quale ci “ringrazierà” di cuore usandolo per continuare a mantenerci in questo stato di incantesimo, di ipnosi collettiva, di annichilimento di massa auto consentito dal quale “egli” trae sempre nuova energia di rinnovamento.

Sir Biss compare nel film Disney Robin Hood. Il personaggio di Sir Biss è modellato su Kaa, il pitone del film Disney Il Libro della Giungla, e come questi anche Biss possiede poteri ipnotici. Solo in un caso ne abbiamo la conferma: da ciò che egli racconta con il Principe Giovanni, sappiamo che è stato proprio grazie all'ipnosi di Biss che re Riccardo Cuor di Leone è partito per la crociata lasciando il posto al fratello Giovanni. Nominato consigliere del nuovo re, Biss si occupa della gestione delle tasse, tiene i conti pubblici e tenta di consigliare il re, ma di rado questi lo ascolta. Più volte tenta di ammonire il re per non farlo cadere nelle trappole ordite da Robin Hood e Little John, ma viene deriso e mandato via. Al ritorno di Re Riccardo, anche Biss viene fatto prigioniero e condannato ai lavori forzati”.
Fonte: Wikipedia

Una delle molte trasposizioni cinematografiche dell’Antisistema, in questo caso in forma di animazione per un pubblico di bambini, è proprio quella che lo vede incarnato nei panni di un serpente. Nel contesto in questione, visto il target a cui si rivolge il “prodotto”, la serpe è sempre raffigurata anche in maniera simpatica, pur avendo e mostrando poteri del tutto diversi a quello che ci si potrebbe aspettare. La forza ipnotica che da sempre accompagna la figura del serpente, diciamo dal “caso” di Eva in poi è abbastanza eloquente in merito alla sua capacità di “convincimento”. Tuttavia egli non è che un attore e non corrisponde affatto al personaggio principale. Notiamo questa non leggera sfumatura. Il serpente è sempre un “personaggio” che scivola via, che evita le luci dei riflettori, della ribalta; lascia questa funzione ad altri, a coloro che, agli occhi della massa, detengono il potere: al Re, al Dittatore, al Primo Ministro, etc.

Per cui che senso ha prendersela con chi si identifica solo con l’illusione del potere?

Costoro non sono altro che dei nostri fratelli che hanno ceduto gran parte di sé in cambio di un effimero potere legato ad una “stagionalità” del percorso di Vita eterna. Un episodio dei tanti. A tal riguardo il frattale maggiore è determinato dalla nascita e dalla trasformazione, non morte, degli Imperi. Dov’è oggi l’Impero Romano che ha comandato il “mondo” per mille anni? Già dov’è? Di certo non è scomparso ma si è solo trasformato.
 
Antisistema era e Antisistema è.

Percepite la trama, “la scia che lascia”, il suo rumore strisciante, il cammino ondivago, il sss sss della sua lingua biforcuta?

Lo si riconosce subito quando gli si puntano addosso i riflettori della luce, perché “egli” si agita e si difende coi “denti”, perché non è abituato ad essere sbattuto in “prima pagina”. Quante volte lo abbiamo visto veramente nella sua immagine totale? Forse mai. Forse è meglio ricordare alcuni fatti, alcuni episodi che lo hanno in parte mostrato a tutti. Ricordo che l’Antisistema ha una “struttura” compartimentale, satellitare, a camere indipendenti, miscelata fuori e dentro di noi, che regola ogni respiro dell’esistenza da lui pianificata con il nostro “libero” consenso.

Quando Dan Brown ha pubblicato il “romanzo” Il codice da Vinci, ha contribuito a mettere in luce una parte dell’Antisistema. Ricordate? Quale reazione ha avuto il Vaticano quando le “luci” gli sono state puntate addosso enfatizzando aspetti diversi dal solito?

Quel “dardo” scoccato con estrema precisione dall’autore statunitense, ha colpito in pieno il bersaglio, le fondamenta sulle quali si sorregge uno dei più grandi “edifici” religiosi del mondo.

Con il tempo, ovviamente, l’ipnosi di massa ha avuto la meglio, togliendo i riflettori dal “corpo” sofferente evidenziato. Ma un simile “atto”, stiamone certi, ha aperto dei varchi nel tessuto esistenziale sotto incantesimo. Tessuto, o velo, che oramai inizia a mostrare segni di evidente logorio, proprio mentre milioni di persone fanno la fila a Torino per l’ostensione della Sindone, un altro “velo” che, pur essendo stato dimostrato circa 20 anni fa da datazioni scientifiche la sua estraneità al periodo storico in cui visse Gesù, continua a far parlare di sé. Qesto è il potere di cui è capace l’Antisistema. 

Ammaliare, ipnotizzare, illudere.

Il paradigma è un muro da abbattere, perché non permette di vedere al di là. E non stiamo parlando di una occlusione fisica ma eterea, imbrigliante i livelli superiori dell’umanità.

Ecco una news “preoccupante” dell’Antisistema. Queste notizie o rumors creano molti potenziali negativi nei quali continuare a farci stare a bagnomaria:
  • aspettative negative inerenti al futuro
  • prosecuzione dello status quo negativo
  • divisione egoica tra “emisferi”del globo
  • perpetuazione di un modello “malato” nelle nuove aree selezionate
  • instaurazione di un regime di mancanza di speranza
  • assunzione del cancro come minaccia fatale, casuale, come spada di Damocle sopra ad ogni individualità a minarne ogni impulso di vitalità
  • evidenziazione di uno stato temporaneo e finito della nostra esistenza

Vediamola:

Verso un boom di tumori nei paesi in via di sviluppo.
Entro il 2020 i paesi in via di sviluppo registreranno il 60% dei casi mondiali di cancro, e il 70% entro il 2030, ma per alcuni oncologi, che oggi hanno diffuso un rapporto sul tema, non sono pronti ad affrontare la crisi incombente.
Si tratta di paesi che non dispongono di un'infrastruttura per prevenire i tumori, diagnosticarli in tempi brevi e fornire cure a lungo termine, secondo CanTreat International, un gruppo composto da esperti di organizzazioni internazionali di oncologia.
"I paesi sviluppati elaborano costantemente piani e sistemi per affrontare il cancro, ma i paesi in via di sviluppo non sono pronti... la cura, le diagnosi sono effettuate molto tardi o per nulla, dunque il bilancio (dei decessi) è molto, molto più alto", ha detto in un'intervista Joseph Saba, medico e membro del gruppo.
CanTreat partecipa al Gruppo di lavoro informale sulla Cura del Cancro nei Paesi in via di Sviluppo. Il suo rapporto è stato presentato durante il congresso mondiale sui tumori nella città cinese di Shenzhen.
Nel 2008 ci sono stati in tutto il mondo 7,6 milioni di decessi per cancro, che è una delle prime cause di morte. I paesi in via di sviluppo hanno registrato il 70% dei decessi, pari a 5,3 milioni di casi. Entro il 2050, i paesi a basso reddito registreranno da soli tre quarti dei decessi.
L'impatto economico della morte prematura e della disabilità provocata dal cancro è stato livello globale nel 2008 di 985 miliardi di dollari, senza tener conto dei costi per le cure, secondo la American Cancer Society.
Con i cambiamenti di regime alimentare, l'aumento dell'inquinamento, l'invecchiamento della popolazione, i tassi crescenti di obesità, l'uso del tabacco e dell'alcol, i paesi in via di sviluppo ora sono gravati da malattie non trasmissibili tra cui problemi cardiaci, ictus, diabete e tumori, oltre alle malattie contagiose.
Nel 2008 a livello mondiale si registravano 12,67 milioni di nuovi casi di cancro, e i paesi in via di sviluppo rappresentavano il 56% del totale. Entro il 2020, con 15,5 milioni di nuovi casi stimati, il 60% saranno nel mondo in via di sviluppo.
Secondo il rapporto di CanTreat, mentre una paziente col cancro al seno ha l'84% di possibilità di sopravvivere almeno cinque anni negli Usa, in Gambia le sue chance scendono al 12%.
I tassi di remissione per i cancri infantili sono del 75% nei paesi ad alto reddito, ma del 10-15% nei paesi più poveri.
"Necessitiamo di centri per la diagnosi precoce, di medici e infermieri addestrati, di meccanismi di follow-up", ha detto Saba.
L'esperto ha fatto appello agli esperti sanitari ad apprendere dall'esperienza della gestione dell'Hiv/Aids negli ultimi 30 anni: le persone si sottoporranno a controlli se si dispone di cure adeguate.
"Se non si hanno cure adeguate, perché volere la diagnosi precoce se poi non ci si può fare nulla? Le cure sono il motore del controllo anti-cancro".
Fonte: Yahoo

Evidenzio queste parole :

Con i cambiamenti di regime alimentare, l'aumento dell'inquinamento, l'invecchiamento della popolazione, i tassi crescenti di obesità, l'uso del tabacco e dell'alcol, i paesi in via di sviluppo ora sono gravati da malattie non trasmissibili tra cui problemi cardiaci, ictus, diabete e tumori, oltre alle malattie contagiose.
 
È tutto descritto, con estrema lucidità, in queste poche parole il modello malato che l’Antisistema ha realizzato per noi. Nelle medesime parole sono contenute anche le soluzioni da adottare per trasformare la malattia in una opportunità.
Lascio a chi legge la conclusione di questa riflessione quotidiana.

 

giovedì 19 agosto 2010

Ka mut e Mer Ka Ba.





La faccio “breve” :) Vorrei scrivere del Kamut, ma senza riportare i soliti agganci “accademici” al cosa sia, cosa contenga, da dove arrivi, le polemiche attuali e compagnia bella; tutte informazioni che si possono tranquillamente trovare su internet, interrogando un motore di ricerca. 

No, mi interessa introdurre il Kamut per arrivare ad altro

Lo faccio perché sono portato a farlo da “qualcosa” e lo faccio utilizzando tutta la mia imperfezione e ignoranza. L’importante non è fornire informazioni accettate dagli studiosi, in quanto non esiste la possibilità di accertare le fonti, i significati, etc. L’importante è esprimere ciò che si evidenzia personalmente dal cuore, dalla “voglia” di esprimere una propria verità, che brillerà in risonanza con i vostri campi energetici in eventuale risonanza.  

Il termine Ka-mut è un marchio registrato. Un “sigillo” moderno a tutela della qualità di questa varietà di grano Khorasan che, si dice, derivi da una manciata di chicchi ritrovati in una tomba egizia. Il Ka-mut, dunque, sembra possedere la purezza e la “ricchezza” nutrizionale e spirituale di una varietà, sconosciuta, di grano dell’antichità. L’azienda americana che lo produce ha eretto una vera e propria “barriera” tra sé ed il mondo, una sorta di rete protettiva oppure un’opera ben studiata di marketing globale? Il Ka-mut viene coltivato secondo il metodo dell’agricoltura biologica. Il marchio, dice l’azienda, è una garanzia di elevata qualità.

Perché ci hanno tenuto così tanto a “proteggerlo”? Occorre decidere da che parte “schierarsi” al fine di non nutrirci invece di dubbi.

Dunque, viviamo in un “reame” a stretto monopolio dell’Antisistema; un “ecosistema” completamente controllato e drogato ad hoc per mantenerci sotto “incantesimo”. Perché quella protezione dunque? Business puro? Come, per intenderci, la ricetta segreta della Coca Cola, annidata nell’ampia categoria autorizzata degli “aromi naturali”?

Nella nostra famiglia ci si nutre di Ka-mut da qualche anno, dunque, possiamo “parlare” per diretta osservazione degli effetti su noi stessi. Cosa dire? Che stiamo molto bene. Il prodotto è anche più buono dei suoi diretti “antagonisti” e ciò non guasta affatto. Il processo di depurazione dei nostri corpi è evidente, ma quanto l’utilizzo anche del Ka-mut ha contribuito a migliorare la nostra salute e benessere psicofisico? Penso, anzi “sento” di dover ringraziare i principi attivi e passivi di questo prodotto. Per cui decido di credere anche all’azienda produttrice. Alcune note di fondo, un po’ più stonate” sono queste:
  • in ottica di “decrescita” il suo utilizzo non è il massimo, in quanto viene coltivato solo in alcuni Stati degli USA e del Canada, per cui viene del tutto importato e percorre molti chilometri prima di raggiungere le aziende italiane che si occupano di lavorare i chicchi
  • sulle confezioni di prodotto finito viene impresso il consueto codice a barre che permette di gestire le movimentazioni della merce in maniera automatica. Tale codice a barre, come avremo modo di vedere prossimamente in un articolo apposito, è tossico! Per cui ecco, forse, una prima traccia di Antisistema nel processo, oltre al processo di lavorazione dei chicchi, di trasporto, di stoccaggio, etc.
La parola Ka-mut deriva da termini antichi e per almeno un millennio anche dimenticati. Infatti è “solo” nel 1822 che Champollion torna a decifrare l’antica lingua dei geroglifici, insabbiata nell’indifferenza, insieme alla propria cultura e civiltà. A questo sito  è meraviglioso leggere la breve Vita di questo uomo predestinato. Grazie a lui il mondo ha recuperato una parte di sé dimenticata. A sua volta la lingua egizia fa ricorso all’utilizzo di termini molto più antichi, che permettono di risalire all’epoca dei Sumeri,  di cui Sitchin ci ha narrato Vita, Morte e miracoli. Cosa significano, presumibilmente, questi due termini uniti insieme?

Ka
Principio di vita e di potenza il ka è la forza vitale mantenuta tramite il nutrimento, supporto della vita fisica e spirituale.

È  in grado di conservare i ricordi e i sentimenti della vita terrena. Cresce con l'uomo (oppure con il dio) e non lo abbandona mai… Il Ka conduce nella vita terrena un'esistenza indipendente, è impalpabile e può superare ogni ostacolo del mondo sensibile.
Il termine Ka, indicava la forza vitale di ciascun individuo. Con caratteristiche individuali molto marcate, costituisce il temperamento e l'insieme delle qualità degli esseri viventi.
I più recenti studi condotti considerano non adeguata la traduzione come spirito o doppio. Il concetto di Ka può essere messo in relazione con il genius latino ed il daimon greco. Esso si trasmette di padre in figlio e quindi appartiene, usando termini moderni, al patrimonio genetico ereditario di un uomo… Le linee diagonali delle piramidi sono allineate con i punti cardinali perché così si pensava che il "Ka" del defunto potesse andare dovunque.
È in grado di conservare i ricordi e i sentimenti della vita terrena. Numerosi sono i nomi egizi composti da Ka, spesso in riferimento al dio Ra, ad esempio Neferkara (Bellissimo è il Ka di Ra), Userkara (Potente è il Ka di Ra), Maatkara (Giusto è il Ka di Ra). Secondo Giacomo Borioni e Friedrich Junge il "Ka" è la personalità dell'individuo, l'anima personale.

Mut
Il valore fonetico mwt, che vuol dire anche "madre", Mut era ritenuta la grande, potente e divina madre di tutti gli esseri viventi, grande maga, signora del cielo e l'occhio di Ra.

È per me “utile” considerare la “grande madre”, dal punto di vista umano, come la Madre Terra.

Dunque: Il nome deriva da Ka’ moet che, nella lingua egizia antica, significava "anima della terra".

Fonte: Wikipedia

Anima della Terra, ma non solo, per analogia frattale, anche Anima di ognuno di noi. Da ciò mi permetto di considerare questo principio attivo contenuto in questa variante di grano, come un vero e proprio influsso di Vita fisica e spirituale nel corpo che lo ingerisce e che lo “accoglie”. Ricordo infatti che, soprattutto nei tempi passati, si era soliti “ringraziare” prima di mettersi a mangiare; ciò testimonia come anche una certa predisposizione d’animo al ricevimento di un nutrimento tanto importante, fosse necessaria per “meritarsi” un qualcosa di molto speciale contenuto insieme al cibo

Non sottovalutiamo questa componente di “preparazione” al ricevimento. 

Essa non descrive il meccanismo della preghiera a "qualcuno" o "qualcosa" di non ben precisato che, come abbiamo visto in un paio di articoli, non è adatta per mantenere a sé le proprie energie, in quanto le si delega alla “divinità” chiamata in causa. Bensì, questo atto di compassione soprattutto verso di sé come unità inserita in un tutto che non ci “dimentica” mai, descrive proprio il principio del ricordo del sé, di chi si è; descrive il principio eterno del rinnovamento e della memoria, del senso dello stare in Terra, di un aggancio multidimensionale a cui non possiamo venire meno.

Questo nutrimento riscoperto dalle sue “ceneri” che, paradossalmente, sono uscite da un simbolo di Morte, come una tomba, che ha saputo custodire il “messaggio contenuto in essa per gli uomini di un tempo che sarebbe giunto più tardi”, secondo il mio personale sentire è tra quanto di più “vicino” agli antichi ci possa essere. Il grano, per questa ampia area di mondo, ha sempre significato poter sopravvivere alle “angherie” di un paesaggio torturato dalla violenza dell’uomo, condotto per mano dalle divinità del tempo allo scontro continuo. Infatti nelle cronache riportate alla luce da Sitchin, traducendo le tavole in argilla Sumere, in merito al Diluvio Universale si riporta l’origine “divina”, ossia geneticamente modificata e selezionata, delle specie più diverse di grano, cereali, etc.:

Il diluvio fu un’esperienza traumatica per il genere umano, ma non tutti gli uomini e gli animali morirono; i Nefilim, ridiscesi sulla Terra, capirono che per sopravvivere avevano bisogno che l’uomo sopravvivesse e cosi lo aiutarono insegnandogli l’arte dell’agricoltura e dell’allevamento. Molti scienziati studiando l’origini dell’agricoltura sono giunti alla conclusione che la sua “scoperta” da parte dell’umanità, avvenuta circa 12.000 anni fa, è da mettere in relazione con la mitezza climatica che seguì la fine dell’ultima era glaciale, ignorando le informazioni che derivavano da testi biblici e sumeri che ne indicavano l’inizio con la fine del Diluvio. "Noè fu il primo contadino, e piantò una vigna". Egli divenne dunque il primo agricoltore dell’era post-diluviana, il primo ad impegnarsi volontariamente in quella complessa attività. Gli studiosi moderni, tuttavia, hanno appurato che la pratica agricola comparve si per la prima volta nell’area medio-orientale, ma non, come ci si aspetterebbe, nelle fertili pianure e vallate della regione, bensì tra le montagne che orlavano a semicerchio le pianure. Perché questi primi agricoltori si concentrarono nelle zone montuose, certamente meno agevoli? L’unica spiegazione plausibile è che, al tempo in cui nacque l’agricoltura, le terre basse non erano abitabili perché risentivano ancora dei postumi del Diluvio; difatti la Genesi dice: molte generazioni dopo il Diluvio, genti provenienti “da est” - cioè le regioni montuose a oriente della Mesopotamia - "trovarono una piana nella terra di Shin’ar [Sumer] e vi si insediarono".
Gli studiosi hanno ormai accertato che l’agricoltura nacque con l’addomesticamento di un cereale selvatico dal quale si ricavarono frumento e orzo; tuttavia non riescono a spiegarsi come mai già i primi cereali (per esempio quelli trovati nella grotta di Shanidar) fossero già uniformi e altamente specializzati.
La natura richiede migliaia di generazioni di selezione genetica perché una specie possa acquisire un livello minimo di sofisticazione; in questo caso, invece, non c’è alcuna traccia di un processo graduale e prolungato. Si tratta di una sorta di “miracolo” di genetica botanica, spiegabile solo se accantoniamo il concetto di selezione naturale e pensiamo invece a una manipolazione artificiale. La spelta, un tipo di frumento a grano duro, rappresenta un mistero ancora più grande. Essa è infatti il prodotto di “una strana mescolanza di geni botanici”, non deriva dallo sviluppo di un’antica fonte genetica, né da una mutazione di essa: è proprio il risultato di un miscuglio di geni provenienti da diverse piante. Un discorso analogo vale anche per gli animali: come è possibile che l’uomo, in poche migliaia di anni, sia riuscito a modificare cosi profondamente gli animali attraverso l’addomesticamento? Gli studiosi moderni non sanno risolvere questi enigmi, né, più in generale, sanno spiegare come mai il semicerchio montuoso dell’antico Medio Oriente divenne una fonte di varietà sempre nuove di cereali, piante, alberi, frutti, ortaggi e animali domestici. I Sumeri, come al solito, avevano una risposta: i semi erano un dono mandato sulla Terra da Anu.
 
Fonte: “Il Pianeta degli Dei” - Z. Sitchin


Il “dono degli Dei” garantiva loro eterna gratitudine da parte del genere umano che si rifondava dalle proprie ceneri. Gratitudine espressa attraverso l’atto della preghiera, tramite il quale, essi tornavano a ricevere energia “fine” o sottile, direttamente processata dalle individualità e dalle masse umane. Dal chicco selezionato all’energia selezionata. Un perfetto ciclo che sino a quando ha retto, ha garantito lo sviluppo di una età dell’oro per l’umanità. Ciclo interrotto dalla “corrosione”, dalla lenta “combustione” interna a cui le divinità erano soggette stazionando sulla Terra, al proprio campo gravitazionale, alle condizioni energetiche ivi presenti, etc.

Queste divinità che sono ricordate ad ogni latitudine culturale umana, persino nella Bibbia, potevano volare, muoversi a grande velocità, elevarsi verso l’alto. Ma quanto di tecnologico è connesso a queste descrizioni? Io credo che esistessero sia forme meccaniche di velivoli, sia forme spirituali, a seconda dell’entità a cui facciamo riferimento. A tal proposito estendiamo il concetto legato al termine Ka, il quale è inserito nella parola composta MER-KA-BA.
 
Cosa significano e cosa identificano questi tre termini insieme?   

Tutti noi siamo dotati di un corpo fisico, uno mentale e uno emotivo, ciascuno di questi corpi possiede una forma a tetraedro. Sono tre campi energetici identici e sovrapposti uno all'altro, l'unica differenza che c'è tra loro è che, solo quello legato al corpo fisico è fermo, cioè non ruota

La Merkaba è creata dalla controrotazione dei campi di energia (le stelle tetraedro). 

La Stella Tetraedro mentale è di natura elettrica e maschile, e ruota verso sinistra. La Stella Tetraedro emotiva e di natura magnetica e femminile, e ruota verso destra. Il legame che comprende lo spirito, il cuore e il corpo fisico, secondo una ratio geometrica particolare, e una velocità critica crea la Merkaba.

 
Stella Tetraedro.
  
La Stella Tetraedro è formata da due tetraedri che si intersecano in modo da formare une sorta di stella di Davide dall'aspetto tridimensionale. I due tetraedri intersecati rappresentano le due energie, maschile e femminile in perfetto equilibrio. Esiste un tetraedro intorno ad ogni cosa, non solo ai nostri corpi.
La parola Mer-KA-Ba è composta da tre parole. "Mer", indica i campi di controrotazione della luce. "Ka", lo spirito. "Ba", il corpo o la realtà.

Quindi la Merkaba indica un campo di controrotazione della luce che comprende il corpo e lo spirito ed è un veicolo spazio-temporale. E' l'immagine attraverso la quale vengono create tutte le cose, una serie di schemi geometrici che circondano i nostri corpi. L'immagine inizia alla base della colonna vertebrale, piccola quanto le 8 cellule originarie dalla quale i nostri corpi fisici sono creati. Da quel punto si estende per circa 16 metri di diametro. La sua prima forma è una stella tetraedro, poi un cubo, una sfera ed infine una piramide intrecciata.

 
Una volta che saprete come attivare i campi di controrotazione di luce, potrete usare la vostra Merkaba per viaggiare attraverso l'universo

 
Nell’immagine di testa è visualizzata una MerKaBa realizzata!

 
Questa ultima immagine ci porta ad una importante riflessione: "questa è la classica forma a disco volante, infatti la tecnologia dei dischi volanti si basa sullo stesso principio di controrotazione dei campi energetici. Come è anche vero che alcuni avvistamenti UFO non si riferiscona a macchine volanti ma bensì a vere e proprie entità energetiche extradimensionali".
Fonte: http://web.infinito.it/utenti/g/gianluigi27/merkaba/merkaba.htm

Dunque? Ecco il messaggio « intimo » contenuto per noi nel nutrirci attraverso una alimentazione ancora vicina a quella originaria o “pura”; decodifichiamolo meglio:
  • controllo dell’alimentazione, ossia, attenzione a quello che ingeriamo
  • la qualità del cibo è indice di una purificazione che precede un risveglio del nostro lato divino simboleggiato dalla padronanza di sé, del ricordo di sé
  • il ricordo di sé conduce alla riscoperta del veicolo multidimensionale che ci ha condotti in Terra, la MER KA BA.
  • Il veicolo di luce  che, opportunamente "modificato", sarà capace di ricondurci a “casa” dopo avere adempiuto alla missione in Terra
Nell’atto della nutrizione è insito il rispetto e il senso… in attesa di tornare a nutrirci di Luce, una volta che i nostri corpi cristallini di quinta dimensione saranno pronti a riceverla. Ogni “cosa” a suo tempo…  
  
 

mercoledì 18 agosto 2010

Il surf sulla "scia" del pensiero.






Lasciamoci andare a “cascata” nel seguire il tragitto che  le “cose” tracciano per giungere sino a noi; nella fattispecie intendo sottolineare, evidenziare il filo, la traccia che lascia per inerzia ogni pensiero.
La creazione, anche il solo plasmare del vasellame, prevede delle tappe ben precise:
  • osservazione costante come un campo morfogenetico
  • immaginazione alla sorgente dell’intuizione
  • memoria come bacino per l’esperienza
  • passione come additivo rafforzante
  • pensiero che intesse la “trama”
  • azione o braccio operativo che collega come un ponte almeno due dimensioni diverse
Ogni ambito della creazione è legato a queste capacità co creative. È come estrarre dal nulla, dal vuoto percepito come tale, qualcosa di tangibile, ossia un risultato evidente. Insomma è molto simile all’estrazione di un coniglio dal cilindro ad opera di un mago. L’Antisistema ha trovato il modo di frenare la spinta della co creazione attraverso lo sviluppo dell’illusione o parvenza di realtà; infatti al mago vero e proprio, quello “classico” alla Merlino, oggi si è sostituita la figura dell’illusionista. 

Ma cosa sto scrivendo? Calma, sto solo seguendo a ruota il filo dei pensieri, per inerzia, seguendo la discesa emozionale che ne deriva, come acqua che viene spostata dal passaggio di un natante o di uno sportivo munito di tavola da surf. Seguola scia che lascia”. Sono la scia ed allo stesso tempo l’acqua e lo sportivo, la tavola da surf e il moto che lo traina, l’intenzione stessa di fare surf e ciò che contempla ogni aspetto dell’immagine “raccontata”.

Ok, ora scendiamo dalla tavola da surf :)

Immaginiamo di dover percorrere 15 km in bicicletta. Al decimo km voglio vedere quanto tempo ho utilizzato o impiegato per giungere sino a quel punto. Qual è il concetto cardine? Che i 10 km non si spostano, in questo senso, ma è il tempo che varia. Viceversa se vogliamo vedere quanti km facciamo in 15 minuti, sarà il tempo che si fisserà mentre lo spazio correrà. Insomma non possiamo misurare contemporaneamente le due dimensioni. Questo descrive, secondo me, lo stesso principio quantistico che esprime la doppia natura delle “cose”: particella o onda.

Eppure ricordo di avere letto che, in quantistica, esiste un terzo stadio, ossia quello della sovrapposizione dei due stati precedenti. Per cui avremo anche uno stadio di teorica sovrapposizione, di "convivenza" della particella all’onda; fenomeno che descrive un potenziale ancora non manifesto. 

È come se, in bicicletta, ogni porzione di spazio percorsa avesse il potenziale di essere percorsa in maniera infinitamente veloce e lenta. Ed è vero questo concetto se ci pensate bene. Il potenziale esiste eccome. Discorso diverso è sprigionarlo interamente, accedendo all’intera gamma delle sue possibilità, al suo intero spettro.

Questo ambito della tracciatura di un pensiero che scorre, porta alla diretta scoperta e “prova”, almeno per me, che in ogni “pulsione” di Vita sia racchiuso tutto il potenziale che il processo di immaginazione e di "memoria" dell’osservatore “massimo” ha contribuito a fissare. La nostra capacità individuale di attingere a quel potenziale esprime concretamente ciò di cui ci permeamo attraverso l’esperienza di Vita. Quel potenziale infinito è contenuto in ogni ambito, in ogni respiro, in ogni “cosa” sulla quale il nostro occhio si posa, sia che veda o non veda. La creazione, si capisce, è abbondanza. Un flusso di infinita abbondanza e ricchezza.

Ma dove sta la strozzatura che ci ha portati, dunque, a ritenere invece che tutto sia scarso, povero, diffidente, a termine, malato, etc.?

Il potenziale della scarsità è una parte minima del potenziale della creazione ed ha un nome, perché è solo dandogli un nome, appellandolo, che lo si può rendere manifesto alla luce del “Sole”; il suo nome è:

Antisistema

L’Antisistema è tutto. L’uomo gli ha dato diversi nomi nel corso della sua esistenza, ma non è mai riuscito a identificarlo per la sua completa "interezza". È energia. Energia manifesta tramite il nostro “aiuto” inconscio, le nostre paure, le basse vibrazioni. È quella parte del Creatore che nemmeno egli conosce. È la ragione principale per cui noi esistiamo individualmente e ci evolviamo. Per portarlo alla luce.

Conosci te stesso…

Io lo vedo. Lo sento. Lo percepisco. E ve lo voglio raccontare, disegnare, stilizzare. Voglio rendervi partecipi di quale “cosa” immane abbiamo contribuito ad evocare, cadendo negli abissi delle nostre paure. È un processo inevitabile la discesa nei nostri abissi. Fa parte del “Piano”, della ragione. Nulla di cui avere paura o temere. Un passo necessario.

Adesso è però giunto il momento di accettare di vederlo. In realtà è "un basta fare finta di nulla". E nell’assistervi da spettatori privilegiati, in quanto carcerieri e schiavi, lo potremo vedere prosperare tutto attorno e dentro di noi, proprio come una serpe ancestrale che avvolge ed ammalia. Egli compie solo il proprio dovere ed accetta di vivere nell’abbondanza emozionale distorta del nostro sonno o rifiuto di comprendere la nostra vera Natura multidimensionale, eterna, divina. Egli gode di questa nostra amnesia momentanea nel tempo dilatato e smarrito.
 
Procedo per analogia frattale. Tutto mi parla perché “ascolto” eliminando il rumore di fondo. Non sono un letterato, un accademico, un “dottore” in qualche cosa… sono il senso, la ragione per cui sono venuto “qua”: Io sono.

Non ho un nome, delle generalità, dei titoli, un marchio attribuito all’anagrafe, un numero che mi identifica e mi colloca in uno spazio, una nazione, un credo. Semplicemente “Io sono”…

In fisica, l'analogia è il procedimento che indaga i campi della scienza meno noti partendo dalle leggi che governano fenomeni meglio conosciuti. L'analogia come metodo di indagine teorica fu sostenuta in particolare da James Clerk Maxwell, che tuttavia precisava che questo metodo, sebbene efficace, dev'essere usata con consapevolezza per non vanificare gli sforzi e trasformare «utili aiuti in fuochi fatui».
Fonte: Wikipedia

Egli rimase ancora legato alla teoria classica, ora abbandonata, della propagazione della luce attraverso l'etere luminifero, un mezzo ineffabile e sfuggente ad ogni misurazione sperimentale che avrebbe permeato lo spazio vuoto.
Fonte: Wikipedia

Utili aiuti in fuochi fatui”: a quali aiuti mai avrà fatto riferimento Maxwell?

Pensiamo solo a cosa sia la Radionica:

La radionica è una straordinaria tecnica di riequilibrio energetico che nasce agli inizi del ‘900 e conta oggi operatori in tutto il mondo. Il grande pioniere inglese George de la Warr la definiva   “La scienza che studia l’azione della mente sulla materia e l’unione di tutte le cose”.
Fonte: www.radionica.it

Avremo modo di vedere che tutto ciò che riguarda l’esistenza parla un linguaggio comune che la Radionica, ad esempio, è in grado di intercettare e comprendere. Un altro linguaggio comune è quello che si è sviluppato attraverso la nostra capacità di analogia frattale, di intuizione in ambito fisico, di insiemistica, di decifrazione, delle informazioni che la civiltà tecnologica dell’uomo utilizza per processare gli eventi. Linguaggio frammentato come un puzzle scomposto, che l’Universo utilizza tramite il sincrodestino per by passare le nostre attuali limitazioni e chiusure dei sensi superiori. Come dire che, in un modo o nell’altro, non siamo mai  lasciati da soli. L’assistenza, anche nella caduta, non è mai mancata. Ci sono stati solo problemi di comunicazione e di trasmissione e ricezione. Da ciò che è confuso nascerà presto una sinfonia di chiara comprensione ed accettazione. È solo una questione di tempo. L’evoluzione, come una marea inarrestabile, troverà il modo di raggiungerci, soprattutto accelerando se noi accetteremo di fare la nostra “parte”