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“Ho subito un danno. Le persone danneggiate sono pericolose. Sanno di poter sopravvivere... È la sopravvivenza che le rende tali... perché non hanno pietà. Sanno che gli altri possono sopravvivere, come loro…”.
Anna Barton ‐ Il Danno
Si parla tanto di “danni” derivanti dall’obbligo vaccinale.
Ovviamente, di quelli collaterali…
In più, c’è la paura di poterti ammalare (di quelle malattie “contagiose” pressoché dimenticate, in occidente).
Tutto questo assale la persona “qua, così” e la rende perlomeno dubbiosa (soprattutto se deve ancora vaccinare la prole, sin dai tre mesi di vita).
Per coloro che hanno già fatto i vaccini, il problema non sussiste nemmeno (soprattutto se 1 - hanno figli maggiorenni, 2 – non ne hanno affatto o 3 – non si pongono, per default, alcun problema di questo tipo, avendo piena fede “in ciò che viene loro detto di fare”).
In questo atteggiamento traspare un certo “egoismo (da cattività)”.
Ossia, se (se) rientri nella specifica “famiglia più sensibile”, allora (allora)… ti poni qualche domanda (dubbio), altrimenti (else) non ti sembra un problema tuo (l’eccezione esiste allorquando, per paura, rifletti sulla percentuale di persone che non si vaccinano, mettendo in potenziale pericolo… chi? Ancora te. Sì, perché… la paura va oltre al credo scientifico, trapiantato in te. La paura ti fa sempre temere per la “tua” pelle, anche quando sei già immunizzat3 rispetto alla tal malattia. Il pensare a coloro che non possono vaccinarsi per motivi di salute – quasi un paradosso – ed al temere per ess3 è, nella sostanza, paura di te per te mascherata da preoccupazione altrui).
Questo spazio (potenziale) “va giù duramente, con te”, perché tu sei “tu ‘qua così’”.
“Tu” non sei tu (Io). Tu (Io) non sei “tu”…
Per la scuola dell’infanzia la mancata presentazione della documentazione attestante l’adempimento degli obblighi vaccinali comporterà la decadenza dell’iscrizione. Per i gradi di istruzione successivi non sono previste invece ricadute sull’accesso al servizio scolastico.
Il decreto-legge, come convertito, non cambia la normativa vigente dal punto di vista dell’accesso a scuola:
l’articolo 100 del Testo Unico in materia di Istruzione del 1994 già subordinava l’ammissione alla scuola dell’infanzia alla presentazione della certificazione di talune vaccinazioni…
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Il decreto-legge, come convertito, non cambia la normativa vigente dal punto di vista dell’accesso a scuola…
Ma (ma) dal 1999 non era più obbligatoria la vaccinazione?
Certo che sì…
Vaccini, dal 1999 nessun obbligo per andare a scuola…
L'obbligo di vaccinarsi per poter essere iscritto a scuola decadde nel 1999, dopo che per oltre trent'anni, e cioè dal 1967, era stato invece indispensabile per l'iscrizione.
Di conseguenza oggi è possibile frequentare la scuola anche senza essere vaccinati.
L'accordo appena raggiunto tra ministero e Regioni punta però ora a reintrodurre con una legge nazionale l'obbligatorietà delle vaccinazioni per l'iscrizione alla scuola materna su tutto il territorio nazionale.
Dopo 18 anni, l'obiettivo è dunque quello di ripristinare l'obbligo delle vaccinazioni a tutela della salute della popolazione…
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Dopo 18 anni, l'obiettivo è dunque quello di ripristinare l'obbligo delle vaccinazioni…
Il decreto-legge, come convertito, non cambia la normativa vigente dal punto di vista dell’accesso a scuola: l’articolo 100 del Testo Unico in materia di Istruzione del 1994 già subordinava l’ammissione alla scuola dell’infanzia alla presentazione della certificazione di talune vaccinazioni (questo “ammettere” è perlomeno fumoso, dubbio e di parte. Perché ti trattano sempre in questa maniera? Non sei stanc3?).
Il tempo “esiste ma è apparenza”; e non è un paradosso.
Il tempo è chimic3… “intossicazione”. Se (se) ti sembra che non possa essere messo in discussione, è “solo” perché (ne) sei possedut3.
Il tempo è una solida costruzione che, tuttavia, non è quello che ti sembra “qua, così”.
Esso, ad esempio, in un film che convenzionalmente 1) dura un paio di ore e che 2) è stato girato nel giro di qualche mese... è simulato – quando la trama richiede l’invecchiamento degli attori – attraverso al ricorrere di “trucchi (di ogni tipo)”.
Ossia, le persone invecchiano sul set, cinematograficamente, ma (ma) nella realtà “al di fuori del film”, le stesse persone non sono affatto invecchiate, se non per ciò che si attendono (essendo convinte che esista il tempo e che, questo, passi in continuazione come una sorta di fiume invisibile, che lascia “segni” del/col proprio incedere, erodendo tutto ciò che incontra e, dunque, va a caratterizzare).
Da questa prospettiva, allora, il tempo è – di più – un altro tipo di “segno”, ossia:
è uno dei tanti simboli (fatti, prove) che testimoniano la compresenza di una “analogia comportamentale” che 1) il tempo replica, in quanto ad “effetti e conseguenze” del proprio “essere” e che 2) esiste in quanto ad immanifesta ragione fondamentale (del) “qua, così”.
L’analogia è, ovvio, frattale espansa:
memoria, informazione, “è già successo”…