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mercoledì 11 maggio 2016

Un mondo perfetto.


Da qualsiasi prospettiva, lo status quo... non cambia.
Quando il “pressappochismo” diventa (“è”) una perfetta strategia?
Quando è, in realtà, la derivazione di un modello, di una “forma” applicata alla società. Quando c’è una ragione fondamentale, all’origine dell’intenzione. Quando, una simile proiezione, giunge a pioggia ovunque e comunque, divenendo come una “malattia”, ossia, assumendo i panni della “normalità”, in maniera tale che gli individui si abituino, nel tempo, a compensare una simile compresenza, invasiva, per mezzo della ricombinazione del “ritmo” 1) “è già successo”, 2) “ricordo perfettamente, cosa 'è già successo'”, 3) “cosa… ‘è già successo’?”… sino a raggiungere quel livello di “costante, post reset, by dominante ‘qua così’”.
Quando, a quel punto, “non riuscirai più nemmeno a formulare il contesto relativo al “ritmo 3”.
Quando, non sarai più in grado di esprimere nemmeno la domanda “cosa… ‘è già successo’?”.
Perché, a quel punto (“ora”) non ricorderai totalmente, né ogni accaduto post “è già successo”, né lo stesso “è già successo”.
 
Cancellando l’evento cardine, cambia la percezione temporale del “sé (di te)”.
Ossia, ignorando… vivi di/la conseguenza, proprio come se “fossi rinato a nuova vita”, non potendo più contare sulla tua esperienza, sulla tua memoria e… “tradizione”. Non è nemmeno un discorso di popolo, società, nazione, paese, tradizione, etc. è, piuttosto, qualcosa di relativo solo a te, visto che “gli altri, non sai nemmeno se esistono, dato che li inquadri per mezzo della ‘tua’ capacità mentale, percettiva, etc.”.
Non ti dicono, forse, che "gli altri cambiano quando/se... cambi tu"?