giovedì 14 aprile 2011

Vi rubano l'energia? È un problema secondario...





Ecco la quarta tappa di questo ‘cammino dell’energia vitale’ che si forma e viene in gran parte e continuamente ‘soffiata via’… in qualche modo

I precedenti articoli sono qua: 1 e 2 e 3

La ‘tentazione’ cosa è? Ed il trasgredire? Non saranno, in realtà, modalità Antisistemiche per gonfiare quel costrutto aspira-energia chiamato e conosciuto come genericamente ‘peccato’? L’inosservanza della ‘legge’ conduce al peccato. Ma a quale peccato si fa riferimento? E a quale legge? Certamente a quelle relative al modello di paradigma in auge

Al di fuori di questo paradigma, le regole, le leggi sono ‘diverse’.  È il diverso 'sistema cognitivo' riportato da Castaneda.

Questa strana miscellanea di sensazioni ci ammantano da sempre. Nel reame terrestre del libero arbitrio siamo evidentemente prigionieri. Nella prigionia è insita la scintilla del ravvedimento, della comprensione, della consapevolezza della libertà che si aveva, ma è anche insita la fiamma della rabbia, della vendetta, del furore: l’eterna presenza duale dell’essere. Per questo motivo ‘tutto è vincolato al nostro punto prospettico’ ed è meglio astenersi dal giudizio. Semplicemente abbiamo quello che ‘meritiamo’. 

Il piano individuale è inserito a tassello in quello globale: tutto ha un senso. La grande sete di conoscenza che serve in continuazione l’umanità alla tavola della Vita è rappresentata anche dall’utilizzo delle droghe. Perché se ne fa uso, perché le si attira come miele gli orsi. È una necessità? È una fuga? Certamente! 

È un tentativo determinato della forza animica di ‘far aprire gli occhi’. A mali estremi, estremi rimedi. Chi può giudicare questa azione? Nessuno lo può fare. Nella Kabbalah si illustra il concetto di ‘pane della vergogna’, ossia di un qualcosa di ‘immeritato’ ma non casuale e, per un certo verso, indotto e necessario:

È una definizione coniata dagli antichi cabalisti per descrivere tutte le emozioni negative che accompagnano una fortuna che non ci si è guadagnati. Per esempio, si dice che mangi il Pane della Vergogna quell'uomo che è costretto ad accettare la carità dagli altri. In lui c'è il profondo desiderio di guadagnarsi il denaro che gli serve per il pane. Desidera disperatamente riuscire a sfamarsi e a badare a se stesso senza dipendere dalla generosità altrui… Il Pane della Vergogna, dunque, impedisce al Vaso di provare la felicità assoluta
 
Fintanto che il Vaso si limitava a ricevere, rimaneva infelice

Dunque che cosa poteva fare per eliminare quelle orribili sensazioni chiamate il Pane della Vergogna? Condividere era impensabile perché non c'era qualcuno con cui farlo. Nel Mondo Senza Fine esistevano soltanto la Luce e il Vaso in unione perfetta. Il Vaso non avrebbe potuto condividere con la Luce? Un'idea encomiabile, peccato che la Luce non avesse alcun desiderio di ricevere. La Luce è di per sé una condivisione senza limiti di energia.
 
La soluzione: IL VASO SMISE DI RICEVERE LA LUCE!
 
Gli antichi cabalisti chiamarono Resistenza l'atto di respingere la Luce compiuto dal Vaso... Nel momento in cui il Vaso impedì alla Luce di colmarlo, essa si ritrasse e creò uno spazio vuoto. La Luce si contrasse creando nel Mondo Senza Fine un punto di oscurità. L'infinito aveva dato origine al finito.
Il potere della Kabbalah, una tecnologia per l’anima – Yehuda Berg

‘Cocaina sui set come un drink’, le rivelazioni shock di Dennis Quaid.
Quaid racconta a Newsweek: ‘Il mio rapporto con la droga è iniziato quasi per caso, quando nel 1974 ho lasciato il college e mi sono trasferito a Los Angeles. Tutti usavano cocaina alle feste, e a quel tempo era perfino nei bilanci dei film, sotto voci sottilmente alterate. Si tirava anche sui set, era come prendere un cocktail. Per me, che provenivo da una famiglia piccolo borghese di Houston, era difficile essere a Hollywood e gestire un successo e una fama che, in quel momento, neanche mi sembrava di meritare

E intanto la mia vita andava a rotoli’.
Da Yahoo

Ecco un esempio di Pane della vergogna... Nella finitezza si vivono le esperienze. Si soffre e si gioisce. Si prova carnalmente tutto ciò che le terminazioni sensoriali abbinate alle emozioni trasmettono interagendo con gli ‘altri e l’altro’. Non si è più 'soli'. Gli altri rispecchiano e vivono anche la nostra parte. Nella sinfonia degli eventi la ‘musica’ è coralmente all’altezza della situazione. È un intricato intreccio di fili, una trama variegata che necessita di ritrovare un senso comune. Le dinamiche che hanno portato a generarla sono contenute nel resoconto della storia cosmica e, frattalmente, in quello della storia deviata: la storia che narrano ‘le cronache dell’Antisistema’. 

Questa notizia mi porta ad agganciare un’altra dimensione:

Parigi espone i tesori dei Dogon.
La metà dei tesori esistenti dell'antica civiltà africana del Dogon riunita al Musée du quai Branly di Parigi fino al prossimo 24 luglio. Maschere, sculture, gioielli che oggi raggiungono quotazioni record nelle vendite all'asta: recentemente un busto scolpito è stato aggiudicato da Sotheby's per 1,4 milioni di euro.
 
E pensare che i discendenti di questi artisti straordinari e anonimi oggi lottano contro la miseria.
 
I Dogon occupano la regione della falesia di Bandiagara, a sud del fiume Niger, sono prevalentemente coltivatori di miglio e, nonostante i contatti con l'Islam e altre religioni monoteistiche, praticano ancora il culto dell'animismo.
Da Yahoo 

La dimensione dei Dogon è quasi riservata. Solo coloro che ne vengono attratti per questioni vibrazionali proprie, li trovano. In questa cerchia ci sono quelli che li hanno depredati e sfruttati e quelli che percepiscono il loro ruolo di custodi frattali della verità:

I Dogon non considerano gli umani dotati di componenti immateriali come lo scientista; niama è la forza, l’energia sovraindividuale che sta ovunque nel mondo, che appartiene al mondo, cerca e trova luoghi e supporti dove condensarsi,vegetali, uomini, rocce, conglomerati di materia che facciano da supporto a questa energia (se un cacciatore caccia una gazzella, sa che lo niama che aveva scelto questo supporto va sopra chi ha ucciso; l’energia dello niama fa bene se in giusta misura, se no fa male (gli  amuleti servono al cacciatore per sviare lo niama degli animali che uccidono; anche il contadino che abbatte un albero può ammalarsi). 

Niama è il principio che regola le trasgressioni aggressive, violente tra umani e non umani.. 

Ma è un’entità diffusa ovunque che  trova negli umani il proprio supporto. Allora accettando questo concetto si comprende la diversità tra le pratiche della psicologia, che considera psychè tutta dentro, e quelle  dei guaritori dogon, degli sciamani che fanno un percorso iniziatico complesso per intervenire sulle guarigioni. Tale percorso ha a che fare con il divino ( cfr. in greco iaomai/iatreuo e therapeuo: iaomai/ iatreuo = mi prendo cura, mi faccio carico di; il compito del prendersi cura  può essere  di tutti, non occorre essere medico; per curare invece ci vuole anche la componente terapeutica theòs = dio che ha a che fare con i sacerdoti, gli esperti i guaritori medici che fanno un percorso complesso, molto delicato che autorizza queste persone ad essere accompagnatori di un altro che è in difficoltà e a fare insieme un percorso migliorativo e trasformativo, e ciò vale sia per il medico scientista, sia per il guaritore presso i Dogon, sia pure con diverse tradizioni terapeutiche)…
 
L’esistenza dei demoni o spiriti inferiori era accettata ovunque nel mondo antico. Sono gli spiriti naturali delle colline, degli alberi, dei fiumi, delle rocce e dei venti. Agenti soprannaturali controllabili con la magia che hanno il potere di fare il bene e il male, dare e curare malattie, fornire indicazioni per il futuro. Sono collegati a divinità e a settori della natura, animali, metalli, colori, così da formare catene di corrispondenze per tutto l’universo ben note al sacerdote-sciamano. Cavendish.
 
Un’ultima considerazione: i tessuti e le porte scolpite forniscono ai Dogon il supporto per la comunicazione dei simboli,  come  spesso nei poemi omerici la tela è il canale alternativo al canto dell’aedo per le narrazioni del mito ('testo' da  textus, tessuto). Nel  medioevo europeo il tessuto  è ancora il mezzo per  trasmettere in occidente la simbologia mediorientale; non diversamente i portali delle cattedrali raccontano le storie bibliche in cui la comunità credente si riconosce e l’iconografia sacra perpetua prestiti simbolici dalla religione dei faraoni e dei sumerobabilonesi.  Per cui non sorprendono  le riproduzioni  di  sfingi egizie o del dio pesce della caldea, Oannes, sui capitelli di chiese medievali in villaggi anche sperduti nella campagna francese:'la filiazione diretta di temi e di immagini travalica distanze impensabili nel tempo e nello spazio' V.H.Debidour, in C.Jacq, Il segreto della cattedrale.
Prof.ssa Donatella Vignola

I Dogon sono agganciati all’osservazione delle stelle:

Cerimonie.
La loro antica religione animista si esprime in cerimonie e danze rituali, in cui le maschere sono il simbolo più importante. Una volta ogni sessant'anni viene celebrato il Sigui, cerimonia itinerante di villaggio in villaggio, che rappresenta la perdita dell'immortalità da parte dell'uomo attraverso la rievocazione della morte del primo antenato Dyongu Seru, rappresentato dalla iminana una grande maschera che viene intagliata a forma di serpente ed è alta circa 10 metri.

La stella Sirio B.
Un graffito Dogon ritraente secondo alcuni studiosi l'orbita di Sirio B attorno a Sirio. I Dogon godono, specie tra gli ufologi e in Internet, di una straordinaria popolarità: secondo gli studi dei due antropologi Marcel Griaule e Germaine Dieterlen svolti nel 1931, poi rielaborati ed in parte manipolati dal libro The Sirius Mystery di Robert Temple (1975), la stella Sirio secondo la tradizione Dogon ha una compagna chiamata Po-tolo (che significa qualcosa come granellino) identificabile con Sirio B, che è effettivamente una piccola stella (una nana bianca) compagna di Sirio, orbitante attorno alla primaria con un periodo di circa 60 anni.

Il mistero legato a Sirio B è dovuto al fatto che essa risulta invisibile ad occhio nudo, e appare strano pensare che essa fosse già conosciuta ai Dogon, non avendo essi alcun mezzo per poterla osservare. Così Temple risolve la contraddizione sostenendo che i Dogon in passato siano entrati in contatto con una civiltà extraterrestre che avrebbe dato loro queste informazioni. A rafforzare questa tesi contribuisce la tradizione Dogon ove si parla della venuta di dèi anfibi sulle loro arche.
Link 

Ad ogni latitudine l’umanità racconta versioni della storia diverse solo nella ‘tonalità dei colori’, ma non nei tratti identificativi dell’accaduto. Questa è una verità frattale. 

In Wikipedia è riportata l’immagine di un graffito che viene descritto in questo modo: un graffito Dogon ritraente secondo alcuni studiosi l'orbita di Sirio B attorno a Sirio. Eccolo:

Preferisco vederlo così:
  

Secondo me ricorda molto l’uovo cosmico o l’involucro che contiene la nostra energia vitale. Che cosa è quella sorta di ‘X’ allora? Un punto di ingresso o di uscita? Un punto particolare? Mancano indizi ed informazioni. Manca l’aiuto di ‘chi sa’. È una cellula? Una testa? Un organo? Un emisfero? Un segno casuale creato da una mano inconsapevole? Questo è il ‘bello’ dell’esistenza. Intuitivamente cosa percepiamo? È una perdita di tempo? 

Bene. Lasciamo scorrere via questo momento. Andiamo oltre

Così noi comprendiamo perché vi debba essere questa varietà, e perché molteplici debbano essere le cose separate e viventi. E cominciamo a comprendere che la perfezione dell’universo manifestato deve necessariamente consistere nella sua stessa varietà; che se oltre l’Uno vi deve essere una pluralità, questa deve essere pressochè infinita, affinchè l’Uno, il quale è come un sole potente che effonde i suoi raggi in tutte le direzioni, li possa effondere dovunque; e nella totalità di questi raggi sarà la perfezione che illumina il mondo. 

Più numerosi, più meravigliosi, più vari saranno gli oggetti, e più l’universo rappresenterà fedelmente, sebbene ancora in modo imperfetto, l’immagine di Ciò donde proviene. Il primo atto della Vita evolutiva dovrà tendere alla pluralità, cioè a costituire delle esistenze separate – separate in apparenza – per modo che esteriormente sembreranno molte, quantunque considerandole nella loro essenza vedremo che il Sé di tutte è Uno. Comprendiamo quindi come nel processo dell’individuazione multipla, l’unità individuale si presenta quale un debole e limitato riflesso del Sé. E cominciamo anche a comprendere quale debba essere il risultato di questo universo, perché questa pluralità di individui debba subire una evoluzione, perché questa separatezza debba essere una condizione necessaria nell’evoluzione del tutto

Poiché noi cominciamo a vedere che il risultato dell’universo dovrà essere l’evoluzione del Logos di un altro universo, di quei potenti Deva che saranno le guide di tutte le forze cosmiche di quel futuro universo, e dei divini Maestri, cui spetterà di educare l’umanità bambina di un altro Cosmo. La vita in tutti questi mondi di esistenze individuali è una incessante evoluzione, per cui un universo trasmette all’altro i suoi Logoi, i suoi Deva, i suoi Manù primitivi e tutti quei Grandi che saranno necessari per costruire, educare, reggere, ammaestrare quell’universo che ancora non è nato. Così gli universi sono collegati l’uno all’altro, così un Manvantara succede ad un Manvantara, così i frutti di un universo sono i semi dell’universo che gli succede. 

In seno a tutta questa molteplicità si evolve un’unità sempre più vasta, la quale sarà l’ossatura del Cosmo non ancor nato, sarà il Potere che informerà e governerà il Cosmo futuro. E qui sorge una domanda… Perché tante difficoltà nell’evoluzione, perché tanti apparenti insuccessi, perché così spesso avviene che l’uomo s’inganni sulla via da prendere, e perché seguirà egli il male che lo degrada, anziché il bene che lo nobiliterebbe?  Non era dunque possibile al Logos del nostro universo, ai Deva che sono i suoi ministri, ai grandi Manù preposti a guidare la nostra umanità bambina… non era Loro possibile disporre le cose in modo che non vi fossero quegli insuccessi apparenti? Non potevano essi guidarci così che la strada riuscisse piana e diritta. Invece che tanto aspra e tortuosa?
 
Questa domanda tocca precisamente il punto per cui è tanto difficile l’evoluzione dell’umanità, quando venga esaminata senza perdere di vista il suo scopo ultimo. Sarebbe stato facile invero creare una umanità perfetta, facile dirigerne le facoltà nascenti in modo che queste potessero rivolgersi sempre a ciò che chiamiamo il bene, senza mai deviare verso ciò che noi chiamiamo il male. Ma quale sarebbe stata la condizione di un così facile compimento del proprio destino? L’uomo non sarebbe stato altro che un automa mosso da una forza impellente esterna a lui stesso, che gli avrebbe imperiosamente imposto una legge alla quale sarebbe stato costretto ad obbedire senza potervisi sottrarre… E la meta era non di far degli automi che seguissero ciecamente un sentiero loro prefisso, ma di creare un riflesso del Logos stesso, di dar vita ad un possente sodalizio di uomini saggi e perfetti, che sempre scegliessero il meglio per un atto d’intelligenza e di ragione, e respingessero il peggio convinti per esperienza propria della sua insufficienza e degli affanni ai quali conduce.  
Annie Besant – Il sentiero del discepolo.

Questi concetti esprimono e spiegano il mito della cacciata dal Paradiso terrestre. Queste sono parole e pensieri di molto tempo fa, relative alla fine del 1800. È incredibile la loro modernità e lungimiranza. In questo scritto è insito un senso di pace, proprio di colui che osserva le umane cosa da una distanza considerevole. Da quell’altezza hanno senso solo le dinamiche principali. Tutto il resto sparisce come una minuzia in una generalità. Ha senso solo l’evoluzione. 

La sofferenza ha lo scopo di fare comprendere, realizzare, rendere consapevoli sulla differente solidità della costruzione basata sul male e sul bene. Il castello di carta del debito attuale è, infatti, di una fragilità estrema. È sul debito che l’Antisistema basa il ricatto sottile di questo paradigma:

- Mirano al controllo. Al controllo del debito che il conflitto produce. Vedete, il grande valore di un conflitto, il vero valore, sta nel debito che genera. Se controlli il debito, controlli tutto quanto. Voi lo trovate inquietante vero? Ma è questa la vera essenza dell’industria bancaria. Fare di tutti noi, sia che siamo nazioni o individui schiavi del debito.
 
- Stiamo solo cercando la verità.
- Lo so, ma non dimenticate mai che c’è quello che la gente vuole sentire, c’è quello che la gente vuole credere e c’è tutto il resto... e poi c’è la verità.
- E da quand’è che questo va bene. Trovo incredibile che tu me lo dica. Verità implica responsabilità.
- Esatto! Motivo per cui tutti la temono.

- Si fanno delle scelte nella vita. Lei ha fatto le sue. A volte l’uomo trova il suo destino sulla strada che aveva scelto per evitarlo.
Citazioni tratte da ‘The International’

Sono come guidato a trovare questo mix di citazioni e porzioni di articoli, questi pensieri inchiodati a terra come le traversine della ferrovia, le une alle altre a costituire una… direzione. È gioco forza, alla fine, chiedersi ‘da dove giunge questa voce’? Ho scritto ieri di forze oscure che ci tolgono energia e ci confondono, poi, mi accorgo che pur mancandomi effettivamente l’energia, riesce a raggiungermi un flusso d’intenzione ferrea che urla sottilmente di ‘andare avanti’

Brucio il tempo o lo impiego? 

Certamente ha un senso questo lavoro, questa fervente attività quotidiana della ‘ricerca’. L’energia alimenta tutto nell’universo. L’energia è ambita da ogni entità vivente, soprattutto da quelle entità che non possono produrla. La Terra la produce, l’uomo la produce… ma non queste entità. Questa è la cartina tornasole che illumina lo scenario Antisistemico. Uno scenario neutro come la pelle. Uno scenario da agghindare con le proprie intenzioni o volontà inconcludenti. 

Il controllo del debito è il frattale della generazione di Karma e del relativo sfruttamento

Si permette di 'poterci perdere' per alfine assumere il controllo di quell’azione. È una logica sensata. Un metodo di sopraffazione che mette in evidenza l’obiettivo delle forze oscure: il controllo a fini di sostentamento energetico della loro stessa esistenza. Il film ‘The International’ termina con l’uccisione del capo della banca. Egli, prima di morire, dice che ci sono centinaia di banchieri pronti a prendere il suo posto e che, dunque, la sua uccisione non cambierà lo stato delle cose. Ecco un nodo focale della questione: l’uomo si presta alla tentazione del ruolo di comando e di potere. Questa è la forza dei Voladores.

È questo il segno che il cambiamento è ancora strisciante nella società umana. È poco più di un embrione o di un seme. Quelle oscure presenze che ci vampirizzano, non sono ‘il problema’, perché quando saremo pronti li spazzeremo via con la sola forza dell’intento. Sarà come aprire porte e finestre di casa per fare entrare i raggi del Sole. Questa è la nostra forza!
 
Per ovviare al momento, consiglio questo link, in cui è possibile trovare delle tecniche semplificate di stimolazione energetica, tratte da libri e studi di Robert Bruce e Castaneda.

I due metodi qui proposti, complementari fra loro, fanno aumentare moltissimo (stavo per scrivere 'enormemente') l'energia sottile disponibile, qualunque cosa poi tu intenda farne.  Provali, e fin dall'inizio ti sentirai diverso!  E se sei scettico sull'esistenza della bioenergia, questi metodi ti faranno ricredere.
Da
La stimolazione diretta dell'energia dell'aura
  
Avevo scritto tempo fa di quella ‘zona’ denominata Hara: un nostro centro di potere controllato da un impianto rettiliano. A questi link è possibile leggere i due articoli:
  1. http://sacroprofanosacro.blogspot.com/2010/08/estate-2010-hara-atlas-ed-il-suono.html  
  2. http://sacroprofanosacro.blogspot.com/2011/01/un-puzzle-intuitivo.html
Ma, in quanti modi siamo controllati? Nulla è stato lasciato al caso. Ciò è tipico di una struttura organizzata in maniera ‘superiore’, proprio come i film ci fanno capire, levando il finale che si svolge in maniera ‘bizzarra e semplicistica’ sempre negli ultimi fotogrammi. Come per evidenziare che il messaggio importante è inerente al ‘viaggio’ essendo la meta praticamente certa

Vi lascio con una serie di citazioni vibrazionali che ho ritenuto essere utili per comprendere, lasciandosi andare al flusso dell’energia universale.

In un convegno a Verona del Settembre 2002 dal titolo 'Curare e guarire come Via di conoscenza' introducevo alcune riflessioni sul tema di Hara citando una frase circa la malattia e la guarigione tratta da un libro di un autore tedesco, Karlfried Von Durckheim. La frase in questione dice: 'Non vi è malato la cui guarigione non sia ostacolata anche da una intima tensione o contrazione. Del pari, non vi è guarigione che non sia agevolata dal risolversi di tali nodi. Proprio nella misura in cui tensioni siffatte sono connesse con la paura di un Io preoccupato o protervo, esse si sciolgono quando l’uomo apprende l’arte di mettere da parte l’Io e di affidarsi a quelle forze più profonde alle quali l’Hara certamente lo apre.”…
 
Credo però che questa zona non ci apra solo ad un contatto con le nostre 'Grandi Energie', cioè le nostre energie costituzionali profonde. Nella citazione di Von Durckheim dalla quale siamo partiti, circa la malattia e la guarigione, si parla di Hara come di una possibile apertura a forze ancora più nascoste, profonde e potenti. Molte sono le pagine che Von Durckheim dedica nel suo libro a questa ipotesi, da queste pagine possiamo partire per un’ultima riflessione sull’Hara.
 
Il nostro autore tedesco lascia intendere che la Via che porta allo sviluppo di questo nostro ‘Centro energetico’ ci apre a forze profonde e misteriose.
 
Queste forze sembrano andare ben oltre le nostre potenzialità’ individuali, qui ed ora (intendendo con questa espressione le nostre caratteristiche energetiche costituzionali prese così come sono in un determinato momento della nostra vita). Egli afferma infatti che l’uomo che dispone di Hara non è rimesso solamente a sé stesso, in quanto '…questo ancorarsi nel Centro assicura all’uomo una forza che lo mette in grado di padroneggiare l’esistenza in modo diverso di quanto gli sarebbe possibile per mezzo del solo ‘Io’. E’ una forza che sostiene e che rinnova l’essere in maniera misteriosa, una forza che ordina e che dà forma, che risolve e rende interi, che unifica.”
 
Affidandosi ad Hara, dice ancora, l’uomo '…mette le proprie capacità al servizio di una forza profonda che compirà per lui l’opera  e l’azione quasi senza che egli intervenga. Ma l’attivazione di codesta forza ha per premessa l’ancoraggio dell’uomo all’Hara, nel Centro libero dall’Io'. La Via che consente lo sviluppo di Hara permetterebbe quindi all’uomo di vivere questa forza nel suo duplice aspetto: come una forza speciale che può usare nella sua vita nel mondo e che, nel contempo, gli permette di entrare in contatto con le energie metafisiche della sua essenza più profonda. Questo contatto, secondo Von Durckheim, è il senso più profondo di Hara. E il percorso che un individuo compie in questa Via di ricerca e di allenamento per lo sviluppo di Hara ha il senso di un percorso in una ‘Via Interiore’ che consente “…l’unità con l’Essere e l’Essenza sovramondani”.
 
Quindi il contatto profondo con Hara permetterebbe all’uomo di rapportarsi con una dimensione più ampia, aprendolo a quella che viene definita 'la Grande Vita che sorregge e protegge'. In questa dimensione egli verrebbe ad acquisire un nuovo sentimento del vivere e  il senso di una nuova forza e di una nuova ‘vicinanza’.
 
'Non è – continua Von Durckheim – una forza che ‘si ha’ ma una forza nella quale ‘si è’ . In essa l’uomo percepisce la sua partecipazione ad un ‘Essere’ a cui, nel senso più profondo, appartiene e a cui è più legato che non al mondo. Sente anche che essa non costituisce solamente il fondo vero della sua vita ma altresì il principio più profondo dell’intero Universo'…
 
Per  concludere, e tornando al pensiero dal quale eravamo partiti, Hara viene proposta anche come una grande forza di guarigione. Non ho mai potuto fare a meno di pensare alle parole del Maestro (e medico taoista) Jeffrey Yuen in una sua conferenza a Milano di qualche anno fa. Parlando di alcune diverse modalità di intervento terapeutico, Jeffrey Yuen riconosceva l’esistenza e la possibilità, tra queste, di una modalità del tutto particolare, che lui definiva di tipo ‘sciamanico’. Una modalità che è oltre l’abilità soggettiva del terapeuta e oltre la condizione oggettiva del paziente.
  
L’uso di questo termine ‘sciamanico’ non può fare a meno di rimandarci ancora una volta alla capacità di sapersi  affidare, da parte dell’uomo, a quelle forze profonde e misteriose alle quali, come dice Von Durckheim '…l’Hara certamente lo apre'.
Da
Hara - La forza dell'energia originaria - Massimo Beggio

Tutto ciò ricorda molto da vicino quella 'Riconnessione' portata avanti con estrema forza da Eric Pearl.

Creato è il corpo, creata è la mente, ma non l’anima. L’anima cade nel complesso corpo-mente, identificandosi con esso e così inizia il ciclo delle nascite e rinascite, della trasmigrazione. Questo stato negativo è prodotto, è causato dall’ignoranza; quindi solo la conoscenza (jnana, una conoscenza di un certo tipo, ovviamente, non libresca, non culturale) può condurre alla liberazione. La conoscenza in questo caso significa conoscenza del proprio atman, una conoscenza che è realizzazione. 

Questa importanza assoluta data a questo tipo di conoscenza-realizzazione spirituale significa qualcosa di ben preciso, per certi versi: cioè la liberazione non la si ottiene attraverso l’azione. Quindi la morale, ad esempio, può certamente avere una sua funzione, ma non è sufficiente; anzi: agire moralmente con l’idea secondo la quale se agisco in un certo modo, mi libero, produce ulteriore karma, perché si rimane all’interno del recinto dell’egocentrismo, del virtuosismo moralistico

Il fondamento di tutto invece, in ambito morale, è l’agire senza fini, senza tornaconti personali, un puro agire svuotato della volontà egoica. Altrimenti c’è produzione di karma. Su questo, tutti i grandi testi della tradizione vedanta concordano massimamente: dalla Bhagavadgita alle Upanisad e a tutte le opere vedanta. Lo stesso Ramana scrive: 'La mente sarà liberata dalle sue impurità soltanto se adempirà senza desiderio i suoi doveri nel corso di parecchie nascite, procurandosi un Maestro degno, imparando da lui e praticando incessantemente la meditazione sul Supremo'. 

Vediamo che non basta l’agire senza desiderio: ci vuole la meditazione sul Sé.
Da
www.gianfrancobertagni.it

Un tentativo di una cultura passata di trascendere l'Antisistema? Potrebbe essere questo, ad esempio:
 
I 7 principi del Bushido.

Gi : Onestà e Giustizia
Sii scrupolosamente onesto nei rapporti con gli altri, credi nella giustizia che proviene non dalle altre persone ma da te stesso. Il vero Samurai non ha incertezze sulla questione dell'onestà e della giustizia. Vi è solo ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.
 
Yu : Eroico Coraggio
Elevati al di sopra delle masse che hanno paura di agire, nascondersi come una tartaruga nel guscio non è vivere. Un Samurai deve possedere un eroico coraggio, ciò è assolutamente rischioso e pericoloso, ciò significa vivere in modo completo, pieno, meraviglioso. L'eroico coraggio non è cieco ma intelligente e forte.
 
Jin : Compassione
L'intenso addestramento rende il samurai svelto e forte. È diverso dagli altri, egli acquisisce un potere che deve essere utilizzato per il bene comune. Possiede compassione, coglie ogni opportunità di essere d'aiuto ai propri simili e se l'opportunità non si presenta egli fa di tutto per trovarne una.
 
Rei : Gentile Cortesia
I Samurai non hanno motivi per comportarsi in maniera crudele, non hanno bisogno di mostrare la propria forza. Un Samurai è gentile anche con i nemici. Senza tale dimostrazione di rispetto esteriore un uomo è poco più di un animale. Il Samurai è rispettato non solo per la sua forza in battaglia ma anche per come interagisce con gli altri uomini.
 
Makoto o Shin : Completa Sincerità
Quando un Samurai esprime l'intenzione di compiere un'azione, questa è praticamente già compiuta, nulla gli impedirà di portare a termine l'intenzione espressa. Egli non ha bisogno né di 'dare la parola' né di promettere. Parlare e agire sono la medesima cosa.
 
Meiyo : Onore
Vi è un solo giudice dell'onore del Samurai: lui stesso. Le decisioni che prendi e le azioni che ne conseguono sono un riflesso di ciò che sei in realtà. Non puoi nasconderti da te stesso.

Chugi : Dovere e Lealtà
Per il Samurai compiere un'azione o esprimere qualcosa equivale a diventarne proprietario. Egli ne assume la piena responsabilità, anche per ciò che ne consegue. Il Samurai è immensamente leale verso coloro di cui si prende cura. Egli resta fieramente fedele a coloro di cui è responsabile.
Da
www.gorinkai.it 

Davide Nebuloni / SacroProfanoSacro 2011
prospettivavita@gmail.com