lunedì 14 luglio 2014

La marcia 3d sul posto, in attesa di diventare un "rifiuto".


Quando pedali, lo spazio (S) percorso convenzionalmente e lo spazio (s) registrato sul contachilometri, possono differire perché, certamente, dipendono da quanto dichiarato da te come raggio del cerchione, in fase di impostazione/personalizzazione dell’apparecchio elettronico di controllo.

Il tempo, però, scorre “secondo convenzione” a prescindere dall’unità di misura pre impostata individualmente.
Quindi, ad esempio, per percorrere dieci chilometri, misurati secondo la tua logica (inserimento del raggio del cerchione) adottando la legge Fisica (spazio diviso velocità), puoi averci messo “x Tempo”, quando invece secondo la logica convenzionale (l'orologio)… è trascorso “X Tempo”. È lo spazio che supponi di avere percorso/misurato a fare la differenza e, tale distanza cambia in funzione della tua “dichiarazione” iniziale.
Tale percorrenza è osservata dal tuo punto prospettico, ma non è (ri)conosciuta a livello di “realtà di paradigma in auge”, ossia, ciò che (ri)mane allineato con la realtà 3d di (ri)ferimento è solo il Tempo trascorso, ossia, quel parametro che scorre al di là della tua (ri)tenuta capacità d'interferenza.

Il Tempo convenzionale è scandito dagli orologi atomici che, nel Mondo intero, obbligano tutte le “lancette” a dichiarare il medesimo computo. Gli orologi atomici sono stati “scelti/messi a punto” in maniera tale da (ri)spettare una certa scansione Temporale, in funzione di intenzioni che sorreggono il concetto del Tempo stesso. A tal fine, sono stati scelti anche i materiali più idonei nei quali avvengono reazioni precise ed estremamente prolungate nel “Tempo naturale della propria esistenza”.
La misurazione Temporale emerge, allora, da alcuni processi “naturali” che avvengono al di là della tua immediata (ri)comprensione visiva, essendo di fatto appartenenti al Mondo subatomico.
A livello frattale, un simile accadimento tende a spiegare perché qualsiasi “alternativa/personalizzata” tu possa ideare/fare, viene sempre “corretta” da macrostrutture convenzionali che non la tengono minimamente in considerazione a “livello ufficiale”.
Come (ri)badire che... "il tuo Tempo non (av)viene mai"...

venerdì 11 luglio 2014

La filosofia dell'amaro in bocca.


La disfatta del Brasile ai Mondiali spinge la Borsa di San Paolo.
Il Bovespa a San Paolo ha guadagnato l'1,8% a 54.592,75 punti…
Gli investitori scommettono che la disfatta del Brasile ai Campionati Mondiali di Calcio abbia ridotto le possibilità di rielezione della presidente Dilma Rousseff…
Link
Un "investitore scommette"? Ad un certo livello... va sempre sul sicuro!
Secondo quale “filosofia”, una qualsiasi notizia viene (ri)assunta, in maniera tale da… muovere il Mercato? E… in tutti quei casi in cui il Mercato è la società stessa, chi, cosa, come,  perché… influenza il vivere cittadino, dal più grande ambito al più infinitesimo anfratto individuale?
I “legami” obbligano in solido al pagamento di un vincolo energetico, che non si ferma all’ovvio, all’emerso, così come – d’altronde – lo è la natura stessa del legame – sempre e mai del tutto precisata ed imprecisabile.
Del resto, chi può dire con assoluta certezza da dove derivi ciò che “oggi è alla moda”? 
"Moda" che non sempre corrisponde ad un “godimento”, bensì, piuttosto e sempre più frequentemente ad un moto vettore immanifesto e non/relativo (estraneo) ad una propria intenzione.
Insomma, ciò che viene (ri)versato e (ri)servato alla società... in qualità di “libero cittadino”… il cittadino prende “liberamente” e direttamente in carico.
La tassa è, a tal esempio, il miglior frattale grazie al quale poter dipanare la matassa, altrimenti non meglio precisabile, del “carico, legame, vincolo, obbligo” fatto passare per “altro” (evoluzione, sacrificio, onere e diritto, prezzo per il proprio agio, salute, lavoro, benessere, etc.).

Chi si augura un inasprimento fiscale, seppure derivante dalla “promessa chimerica del progresso”? Anche tra coloro che hanno grandi quantità di denaro, il pagamento delle tasse non è mai visto come “giusto/gradito” e quasi mai il balzello è onorato con senso di responsabilità e di… "gioia".

Naa. Questo avviene in un altro Mondo. Non in questo!

Forse, qualcosa lo si può respirare leggendo pagine epiche di una certa storia lontana e, probabilmente, “falsa”.
Nel mito esiste qualcosa di depurato da tutto? Nell’attuale realtà 3d, nemmeno il mito è esente da infiltrazioni del medesimo tipo di potere che “filosofeggia amaramente indisturbato da sempre”.

giovedì 10 luglio 2014

L’insospettabile pusher ambientale.


Disegno di Daniela Dal Cin per il costume di Giocasta
"Questo giorno ti darà la vita e ti distruggerà"
Edipo Re
Mhm… vediamo un po’; almeno sino ai 24/25 anni non ho mai personalmente nemmeno assaggiato una birra, del vino o un caffè (forse qualche particolare mi sfugge ma nell’insieme è così). Nemmeno durante l’anno del militare. 

Che dire delle sigarette? Beh… ne ho provata una all’età di circa 8 anni, ovviamente di nascosto, e sono stato subito male. I super alcoolici sono entrati in gioco dopo i 19 anni, dopo la patente e la frequentazione delle discoteche e la relativa “rivoluzione sessuale”, poi, dopo qualche rituale sbornia, sono stati regolarmente allontanati dal personale raggio d’azione.
Che altro? Bah. C’è stato qualche tentativo “estremo”, ma nulla di che (ri)cordare con troppa enfasi; qualcosa di legato al (ri)trovarsi “grandi” improvvisamente… in un insieme corpo/mente ancora troppo “piccolo”.
La cosa che (ri)cordo ancora oggi, perché ancora oggi valida a tutti gli effetti (coerenza = verità personale/esperienza... memoria = consapevolezza) è che (1) non ho mai sentito l’autentica necessità di quegli “ingredienti” (in-dipendenza) (2) il mio “sistema” non li ha mai cercati né (ri)chiesti, anche quando li ho fatti entrare nella sfera della (ri)conoscenza (segno, questo, che essi non servono e non sono utili in nessun caso) (3) non ho mai sentito la necessità di aggiungerli alla mia routine (4) mi hanno sempre disgustato per via del “gusto/sapore” che possiedono (il più grande dissuasore, insieme allo "stare male").

Quando, per cause contingenti (lavorative/abitudinarie) mi sono (ri)trovato a “dover” bere caffè (ad esempio ad ogni “pausa pranzo sul lavoro”), ogni volta mi (ri)petevo interiormente “che schifo che fa questo caffè! Perché lo bevo, allora?”, oppure, quando capitava di “dover” bere una birra con amici “com’è amara! Come diavolo fanno a berla a garganella e a sostenere che è buona?”.