giovedì 10 luglio 2014

L’insospettabile pusher ambientale.


Disegno di Daniela Dal Cin per il costume di Giocasta
"Questo giorno ti darà la vita e ti distruggerà"
Edipo Re
Mhm… vediamo un po’; almeno sino ai 24/25 anni non ho mai personalmente nemmeno assaggiato una birra, del vino o un caffè (forse qualche particolare mi sfugge ma nell’insieme è così). Nemmeno durante l’anno del militare. 

Che dire delle sigarette? Beh… ne ho provata una all’età di circa 8 anni, ovviamente di nascosto, e sono stato subito male. I super alcoolici sono entrati in gioco dopo i 19 anni, dopo la patente e la frequentazione delle discoteche e la relativa “rivoluzione sessuale”, poi, dopo qualche rituale sbornia, sono stati regolarmente allontanati dal personale raggio d’azione.
Che altro? Bah. C’è stato qualche tentativo “estremo”, ma nulla di che (ri)cordare con troppa enfasi; qualcosa di legato al (ri)trovarsi “grandi” improvvisamente… in un insieme corpo/mente ancora troppo “piccolo”.
La cosa che (ri)cordo ancora oggi, perché ancora oggi valida a tutti gli effetti (coerenza = verità personale/esperienza... memoria = consapevolezza) è che (1) non ho mai sentito l’autentica necessità di quegli “ingredienti” (in-dipendenza) (2) il mio “sistema” non li ha mai cercati né (ri)chiesti, anche quando li ho fatti entrare nella sfera della (ri)conoscenza (segno, questo, che essi non servono e non sono utili in nessun caso) (3) non ho mai sentito la necessità di aggiungerli alla mia routine (4) mi hanno sempre disgustato per via del “gusto/sapore” che possiedono (il più grande dissuasore, insieme allo "stare male").

Quando, per cause contingenti (lavorative/abitudinarie) mi sono (ri)trovato a “dover” bere caffè (ad esempio ad ogni “pausa pranzo sul lavoro”), ogni volta mi (ri)petevo interiormente “che schifo che fa questo caffè! Perché lo bevo, allora?”, oppure, quando capitava di “dover” bere una birra con amici “com’è amara! Come diavolo fanno a berla a garganella e a sostenere che è buona?”.
 

mercoledì 9 luglio 2014

Recuperare la memoria non è fare tutto a memoria.


L'uomo è ancora il più straordinario dei computer.
John Fitzgerald Kennedy
Parte della disumanità del computer sta nel fatto che, una volta programmato e messo in funzione, si comporta in maniera perfettamente onesta.
Isaac Asimov
I computer danno esattamente quello che gli è stato immesso; se futilità immettiamo, futilità otterremo, ma gli uomini non sono molto diversi.
Richard Bandler
Giudicare l’operato di un computer è come mettersi allo specchio per vedere che immagine (ri)flette
Il principio che sottintende (umano, computer, specchio) deriva dall’intenzione, sotto forma di programma, che amministra da “lontano” (senza fili, non localmente). Dio stesso, nella “sostanza” che gli si attribuisce, rassomiglia alla bio presenza di un computer diluito nel tutto (vedi, a tal esempio, “Transcendence”).
Allo stesso modo, puoi inquadrare la forma programmatica di una “legge”; che cos’è una legge? È un insieme di istruzioni che vengono diffuse sulla/nella Massa, individuo per individuo. Va, semplicemente, a colpire tutti, anche se “qualcuno” non ne vuole minimamente sapere (in quel caso si ricorre allo strumento della sanzione ed infine del carcere, anche se esiste una piccola percentuale di individui che s'annidano al di là dell'imposizione convenzionale " a norma di legge").
Una legge è un programma immesso in un computer che è ormai dappertutto, il quale elabora le istruzioni ricevute e obbliga/piega la realtà che, conseguentemente, ne deriva.
La famosa espressione “ad immagine e somiglianza” è relativa a qualcosa che si propaga nel Tempo e che trova sempre il modo di clonare/copiare se stessa in nuove “forme di se stessa”… Questo ambito sfugge, ai più, perché lo si affronta sempre dall’interno di un loop che auto ingabbia e che non permette di vedere altro, oltre alle pareti mantenute dalla presenza del loop stesso.
Hai mai sentito di un carcere che si mantiene, anzi, che si… auto mantiene grazie all’opera inconscia (abitudinaria) del carcerato?
Beh… ci sei praticamente dentro da “sempre” (in fondo, il carcere esiste a tutti gli effetti grazie all'esistenza dei "futuri carcerati", ossia, dei "carcerabili"), dall'ora della tua (ri)nascita, che avviene ogni giorno nel momento in cui ti “desti dal sonno”, ossia, dal momento in cui la tua “macchina” subisce un reset ed il relativo restart.

martedì 8 luglio 2014

Vertebro, Neymar e Tempo Ciclico Giornaliero.


Star Wars “conquista” l'aeroporto di Francoforte.
Mentre cresce l'attesa per il primo film della nuova trilogia di 'Guerre Stellari', un internauta ha realizzato un incredibile fake ambientato nell'aeroscalo della città tedesca.

Link
Fake è un termine inglese, che sta a significare falso, contraffatto, alterato…
Link
A cosa credi? Che cosa sai? Persino Internet e tutto il proprio "carico teorico/pratico" impallidisce a fronte di un suo simile utilizzo

Da parte di chi? Da parte degli utenti. Non si sta, in questo caso, annuendo a nessun artifizio di nessuna natura, causato da chissà quale potere sotterraneo; si sta “solo” focalizzando sul fatto che sono gli stessi “internauti” a rendere un simile ambiente il più sospettoso possibile

Infatti non è più possibile credere a nulla, visto che i cosiddetti “fake” impazzano per motivi inerenti al “farsi una immagine di fronte al grande pubblico”. L’emergere è un desiderio che anima silenziosamente la gran parte degli individui che, nelle proprie altezze interiori, si credono speciali perché si sentono speciali… ma, non hanno quasi mai la possibilità di “dimostrarlo”. 
L’emersione, in ogni ambito, è impedita da una seria di ostacoli mutevoli, che limitano il campo d’azione delle persone (avremo modo, domani, di approfondire cosa sia veramente il "talento", nell'ottica TCG del Tempo Ciclico Giornaliero)...
Per cui, pur di edificare/fondare un simile movimento, le stesse non lesinano i propri sforzi al fine di aderire all’offerta, che scorre libera al di là della propria identità. Offerta che, ovviamente, (ri)guarda molto da vicino la sfera energetica degli individui (la “domanda”), mediante un “prezzo" e un "prezzo da pagare”... in termini di contrattualistica del proprio fare e, molto spesso, del proprio essere (patto scritto e non scritto, allo stesso Tempo).
Ognuno ha il proprio “prezzo”, che rappresenta il limite convenzionalmente accettato a livello sociale, al di là del quale si estendono versioni di sé tutte da… scoprire.