Welfare: Trichet, molti Stati devono rivedere il loro Sistema.
Dipende da paese e paese e dipende dalla situazione di ogni singola economia ma è vero che in numerosi casi dobbiamo accettare il fatto e dobbiamo correggere e migliorare parte del vecchio sistema che fu introdotto molto tempo fa. Al momento questo sistema non è all'altezza della situazione attuale...''. Queste le parole rilasciate oggi dal Presidente della Bce, Banca centrale europea, Jean-Claude Trichet nel corso dello speciale di Sky Tg24.
''È chiaro - ha proseguito Trichet - “… che si creano enormi problemi… non solo per noi ma anche per i nostri figli e per i nostri nipoti''.
Fonte: Yahoo
Trichet è un uomo inserito nei meccanismi, nei gangli di un consueto "modo di fare" ancora in auge. È innegabile il suo ruolo “centrale” anche se solo di doveroso uomo-manichino. E di cosa parla? Di “Sistema”. E cosa afferma? Come lo descrive? Ecco:
- vecchio
- introdotto molto tempo fa
- oggi non all’altezza
- in grado di influire sul futuro
Cosa ci vorrà mai dire? Niente? Oppure sta solo denunciando l’attuale situazione come lo può fare un uomo nella sua posizione che, di tanto in tanto... Mentre recita la “parte”? Leggendo tra le righe c’è spazio per osservare frattalmente proprio ciò che vado a descrivere da più di un anno: cosa?
“I sistemi democratici procedono diversamente, perché devono controllare non solo ciò che il popolo fa, ma anche quello che pensa. Lo Stato non è in grado di garantire l'obbedienza con la forza e il pensiero può portare all'azione, perciò la minaccia all'ordine deve essere sradicata alla fonte. È quindi necessario creare una cornice che delimiti un pensiero accettabile, racchiuso entro i princìpi della religione di Stato". Noam Chomsky (Da La Fabbrica del consenso, in Libertà e linguaggio, traduzione di Cesare Salmaggi, Tropea, Milano, 1998)
Anche uomini del calibro di Noam Chomsky si adattano ad utilizzare una terminologia fuori luogo come “Sistema”, ma nel caso di Chomsky capisco il perché.
La sua e la figura di Carlo Splendore (Come in basso così in alto) hanno forgiato in me la concezione e l’individuazione dell’appellativo “Antisistema”. In che modo?
Il "primo", Noam Chomsky, tramite un lucido ragionamento relativo al fatto che la politica USA ha sempre usato, ereditando e continuando in quella che è una vera e propria “tradizione”, una tecnica mediatica, politica, “esoterica”, di controllo anche del linguaggio mediante l’appropriazione di termini e classificazioni. Ad esempio il termine “globalizzazione”, che identifica l’ufficialità, la spinta del potere che muove le “cose”, in maniera tale che tutti coloro che non la pensano allo stesso modo siano screditati dall’uso stesso del linguaggio: coloro che sono conosciuti come no-global, termine assolutamente negativo che "identifica" agli occhi della massa “immemore” e senza tempo; le persone che partecipano a movimenti no-global sono indistintamente riconosciute come assolutamente “pericolose”, negative, fuori dagli schemi della legalità. Perché? Solo perché il termine stesso le dipinge psicologicamente in questa maniera. Solo perché la particella negativa che “apre” la parola è identificativa di un qualcosa che va “contro”.
Tutto ciò che va contro fortifica, in realtà, proprio il movimento che intende “combattere”. Sono sempre vive le parole di Madre Teresa di Calcutta: Non invitatemi a manifestazioni contro la guerra. Invitatemi a manifestazioni per la pace.
Commemorare i "caduti" in guerra è commemorare la guerra, non dare pace a quelle Anime, proprio come adorare una croce con un cadavere inchiodato sopra.
Il termine “terrorista” è sempre stato appiccicato a coloro che si dimostravano degli scomodi “bastoni fra le ruote” per il potere, solitamente, invasore. Ricordiamo come i nostri partigiani fossero definiti “terroristi” dai nazisti invasori. Come la mettiamo? Chi è oggi definito un terrorista? E da chi lo è definito? Rispondendo a queste due domande avremo la risposta che triangola a chi detiene un potere antidiluviano nelle mani e lo amministra ormai sull’intero genere umano. Non esistono distinzioni geografiche o di razza, confini immaginari o insiemi di leggi. Andiamo verso l’Uno in ogni modo e possibilità.
Il "secondo", Carlo Splendore, mi ha ispirato il concetto di Antisistema, ossia di quella parte energetica che si “oppone” al Sistema, che riflette negativamente il Sistema, che lo annuncia tramite il suo contrario, che permette di intuirlo.
È una legge cosmica quella descritta da Splendore: la legge d’ottava.
Un qualcosa conosciuto dagli albori del genere umano. Un qualcosa che spiega il perché in Natura non esistano angoli ma solo linee curve, dolci, arrotondate, come spiega chiaramente anche Gurdjieff. Le forme geometriche classiche come il quadrato, il triangolo, il rombo, etc. lavorano naturalmente negli strati invisibili della materia, ma di essi in “superficie” non c’è nessuna evidenza. Il loro effetto è una miscellanea di forze che insieme raggiungono un “compromesso”, una rotondità negli effetti palpabili ed osservabili. Il frattale è contenuto anche nel design delle vetture che, a partire dagli anni 90, ha iniziato ad arrotondare ogni spigolo, sino a dare luogo a veicoli completamente senza angoli. Un disco volante della classica fiction è totalmente arrotondato.
Unendo e miscelando questi due influssi che sono giunti alla mia osservazione, ho potuto assumere il concetto di Antisistema. Ossia di quella “forma” evidente e ancora “spigolosa” del vivere insieme regolati da leggi, che tutt’oggi ancora ci avvolge e “rappresenta”.
La manifestazione concreta del Sistema è l’Antisistema; un mondo in di-venire.
Noi viviamo in un mondo che ha negato il Sistema, dove per Sistema si deve intendere un “qualcosa” molto vicino al concetto di Paradiso o un qualcosa che per intuito riusciamo ad agganciare quando immaginiamo un mondo perfetto, fatto di giustizia, felicità, gioia, Amore. Quel mondo esiste e lo stiamo anche perseguendo. Tuttavia abbiamo come complicato le “cose”, debordando dai confini che lo distinguono dal suo esatto opposto. Diciamo che proveniamo dal Paradiso e siamo “caduti” diametralmente. Perché? Per portare fuori di noi ciò che andava ancora “conosciuto”. Le forze che regolano l’Antisistema, anche inconsciamente, sono servitrici proprio di questa funzione “educativa”. Funzione che vissuta nel presente senza consapevolezza e lungimiranza porta allo smarrimento della “Notte oscura dell’Anima”: il lungo periodo dal quale stiamo per uscire.
Nulla avviene per caso.
Ricordo la figura di Tommaso Campanella che riporto prendendo vecchi “appunti” derivanti da ricerche su internet di qualche anno fa, di cui non ho più la fonte da citare:
Tommaso Campanella (1568-1639) fu il filosofo dell’autocoscienza nel rinascimento.
Pervaso dall’ardore di studiare più che da una vocazione rigorosamente monastica, entrò nei Domenicani a quindici anni.
Antidogmatico, antiaristotelico fu presto ritenuto stregone perché sapeva la teologia senz’averla studiata.
Incompreso ed osteggiato fu derubato degli scritti, gli fu vietato insegnare, fu inquisito e arrestato. Venne riconosciuto ortodosso.
Successivamente sotto il malgoverno spagnolo fu riaccusato come eretico e rivoluzionario a causa delle proprie idee socialiste e liberali (repubblica ideale).
Preso e torturato fu condannato a morte, scampandone per simulata pazzia e tenuto in carcere per ventisette anni.
Consegnato a Roma al Papa Urbano VIII venne protetto da quest’ultimo e fatto fuggire in Francia dove morì.
Essenza di ogni cosa è la forza che ci permette la conservazione e, quindi, di essere e di continuare ad essere. Oltre a questa forza deve esserci anche una coscienza di essere e di affermazione sugli altri, altrimenti l’essere rimarrebbe inattivo, inerte cessando persino di essere (d’esistere). Essere implica conoscere, così tutto sente e tutto è animato. La coscienza è originaria non un fatto acquisito. Ed è alla base dell’istinto fondamentale di conservazione che caratterizza ogni singolo essere intelligente, incosciente, inanimato. La coscienza è, innanzitutto, una oscura nozione originaria di sé, non ancora vera coscienza di sé, ma piuttosto “sentimento” di sé medesimi come essere. Questa specie di coscienza innata e inconsapevole, avverte se stessa solo quando viene a contatto con il mondo esteriore e si determina in essa una modificazione. E’ nell’avvertire questa modificazione propria, questo senso aggiunto che va ad accrescere la coscienza innata ed oscura, che la coscienza originaria perviene alla coscienza di sé, all’autocoscienza consapevole, che avverte di essere e di esserci. Fin qui era giunto il Telesio, egli va oltre.
Come nasce questo senso aggiunto? Passando dal senso solo interiore di sé, dalla coscienza innata, al senso esterno della realtà.
È l’esperienza dunque a trarci fuori di noi stessi, a volgerci alle cose esteriori. Fino a farci, anzi, dimentichi del nostro io, attratti alle cose conosciute. Il suonatore che dimentica il movimento delle dita e non guarda alle corde, segue solo la melodia espressa così che l’io, nella percezione, non avverte più se stesso conoscente, ma vede solo le cose di cui è conoscente, dimenticandosi in esse, come l’animale che vive solo del mondo esterno e mai della propria intimità.
Questa coscienza esterna non è che una autocoscienza. E’ un avvertire non le cose fuori di noi, ma le modificazioni nostre al contatto con gli altri esseri. Avvertire il calore è in realtà avvertire sé come riscaldato, sé modificato. In verità sentire è sempre di sé: è conoscere ciò che si è, ciò che si è diventati.
È in questa autocoscienza che ritroviamo infine e davvero noi stessi: finchè guardiamo alle cose noi ci perdiamo in noi medesimi (nella musica suonata dimenticandoci come suonatori); se invece volgiamo l’attenzione alle nostre intime mutazioni conoscitive, che ci forgiano come un essere sempre nuovo, nel confronto tra l’io di prima e l’io di dopo la sensazione, conosciamo noi stessi.
Ogni sapere è quindi si un sentire, ma non è un conoscere delle cose come sono, ma come “sono sentite”; è sentire anzi le proprie modificazioni di fronte alle cose. (“ Noi conosciamo solo i nostri contenuti di coscienza e questi contenuti non sono che nostri stati individuali, prodotti dallo stesso processo conoscitivo: Berkeley).
Non era uno scetticismo assoluto però.
Si potrà dubitare che le cose siano come appaiono, persino che esse esistano davvero, ma è indubitabile che esiste una mia coscienza delle cose, un’io modificato: di tutto si può dubitare fuor che dell’autocoscienza, in essa è la chiara sicurezza di sé, di contro alle parvenze fenomenistiche delle cose esteriori. Ritrovo me anche nell’errore, e solo in me trovo l’inequivocabile certezza.
Quanto a ciò che non è sentito direttamente da noi stessi, ma è creduto sulla sola autorità e testimonianza altrui, è anch’esso un sentire: è un percepire mediante sensi non propri. Meglio è, naturalmente, respingere questo mangiare per bocca altrui. Quello che è certo è che, in tutti i casi, al principio di ogni conoscere sta sempre la sensazione.
Anche ciò che chiamiamo pensiero non è che uno sviluppo successivo dell’atto sensitivo, non altro che una sensazione affievolita. Il concetto non è un universale (Aristotele), ma un generico: la vera conoscenza universale sarebbe la somma di tutte le conoscenze nominali ed è impossibile. All’oggetto in sé si perviene solo per via di una mente soprasensibile e intellettiva che sa cogliere anche, per propria natura, l’infinito e le essenze. E’ soltanto quest’anima razionale e spirituale, capace di oltrepassare l’esperienza solo sensibile dell’anima naturalistica, potrà in fine, pervenire alla contemplazione suprema di Dio.
Osserviamo il mondo nel quale era inserito il Campanella:
Per poco tempo il Campanella rimase tranquillo in convento, dove scrisse il piccolo trattato De predestinatione et reprobatione et auxiliis divinae gratiae, nel quale afferma la dottrina cattolica del libero arbitrio. In un abbozzo dei suoi Articuli prophetales, appare già l’attesa del nuovo secolo che gli sembra annunciato da fenomeni straordinari: inondazioni del Po e del Tevere, allagamenti e terremoti in Calabria, il passaggio di una cometa, profezie e coincidenze astrologiche.
Un nuovo mondo sembra alle porte, a sostituire il vecchio che in Calabria, ma non solo, vedeva “i soprusi dei nobili, la depravazione del clero, le violenze d'ogni specie [...] la Santa Sede [...] sanciva i soprusi e proteggeva i prepotenti. Il clero minore, corrottissimo nei costumi, abusava ogni giorno più delle immunità ecclesiastiche, e profanava in ogni modo il suo ufficio. Fazioni avverse contendevano talvolta aspramente tra loro, e non poche lotte erano coronate da omicidi e delitti d'ogni specie. Gruppi di frati si davano alla campagna, e, forniti di comitive armate, agivano come banditi, senza che il governo riuscisse a colpirli [...] I nobili e le famiglie private, dilaniate da inimicizie ereditarie, tenevano agitato il paese con combattimenti incessanti tra fazioni [...] l'estrema severità delle leggi, che comminavano la pena di morte per moltissimi delitti anche minimi [...] la frequenza delle liti e delle contese, aumentavano in maniera preoccupante il numero dei banditi”.
E cosa progetta lo stesso Campanella?
In tale situazione di degrado e nell'illusione di un rivolgimento già scritto nelle stelle, Campanella progettò, senza preoccuparsi di valutare realisticamente le possibilità di realizzazione, la costituzione in Calabria di una repubblica ideale, comunistica e insieme teocratica. Era necessario per questo cacciare gli Spagnoli, ricorrendo anche all'aiuto dei Turchi: cominciò a predicare dai primi mesi del 1599 l'imminente ed epocale rivolgimento, intessendo nell'estate una fitta trama di contatti con le poche decine di congiurati che aderirono a quella fantastica impresa...
Fonte: Wikipedia
Progetta un ritorno al “Sistema”, ad un mondo perfetto che doveva servire da esempio, da “dima” per il resto della realtà. Criticabile quanto si vuole, ma ogni uomo agisce in questa maniera: immagina il proprio mondo ideale. Solo che ogni uomo è sotto l’influsso di un potere più grande che plasma il mondo attraverso il volere inconscio di ogni uomo “dormiente”.
La massima espressione del Campanella diventa allora la “Città del Sole”:
Forza e coscienza sono gli attributi inscindibili, perché costitutivi: senza di loro non sussisterebbe l’essere. Ma l’essere non è solo singolarità che tenda alla propria conservazione ed affermazione come individuo. L’essere singolo non è che un elemento d’un organismo infinito, retto dall’armonia di tutto il molteplice: l’universo. In esso ogni essere ha un suo luogo, un suo compito, un suo perché, una sua missione; in esso tutto segue le leggi cosmiche dell’essere e della vita e si conserva in esse; in esso vige la legge ognidiffusa dell’amore che fa del cosmo un’unità infinita e vivente. Questo amore emana dal profondo del più intimo volere dell’essenza d’ogni essere, e si manifesta e come spirito d’immortalità e come spirito di amore sopraegoistico fra tutte e verso tutte le creature.
La pietra tende al suo luogo, a stare nella gravità universale: è un aspetto fisico della tendenza a mantenere le leggi e l’armonia del mondo, a conservare quell’equilibrio, rotto il quale sarebbe scossa l’architettura dell’universo e tutto precipiterebbe in una cosmica conflagrazione.
Ebbene la gravità, l’inerzia i moti dell’energia sono amor. Animali e piante si conservano per generazione, oltre sé, perpetuando così il mondo dei viventi: le leggi della biologia sono amor.
Se venissero meno gli individui verrebbe meno l’universo e viceversa. Non c’è tutto senza individui: non vive individuo senza tutto o fuori del tutto. Tutto e individui sono condizioni reciproche di esistenza. In questa visione ogni essere intelligente comprende non solo la propria posizione, ma addirittura la propria missione nel tutto, adeguandosi alla quale può consapevolmente dire: “ io l’universo adempio “.Anche l’amor è condizione originaria, ed è il terzo attributo costitutivo dell’essere.
“Campanella fu autore anche di una importante opera di carattere utopico, ovvero La Città del Sole. Nella Città del Sole egli descrive una città ideale, utopica, governata dal Metafisico, un re-sacerdote volto al culto del Dio Sole, un dio laico proprio di una religione naturale, di cui Campanella stesso è sostenitore, pur presupponendo razionalmente che coincida con la religione cristiana. Questo re-sacerdote si avvale di tre assistenti, rappresentanti le tre primalità su cui si incentra la metafisica campanelliana: Potenza, Sapienza e Amore. In questa città vige la comunione dei beni e la comunione delle donne. Nel delineare la sua concezione collettivista della società, Campanella si rifà a Platone (V secolo a.C.) e all'Utopia di Tommaso Moro (1517); fra gli antecedenti dell'utopismo campanelliano è da annoverare anche la Nuova Atlantide di Bacone.
L'utopismo partiva dal presupposto che, poiché non si poteva realizzare un modello di Stato che rispecchiasse la giustizia e l’uguaglianza, allora questo Stato si ipotizzava, come aveva fatto a suo tempo Platone…”.
Fonte: Wikipedia
Wikipedia è sempre piuttosto "caustica" ma, penso, per ragion d'esistenza.
“L’opera consiste in un dialogo tra un cavaliere di Malta e un ammiraglio genovese, il quale ha appena fatto ritorno dal giro del mondo ed espone al suo interlocutore la vita di una città, chiamata Città del sole, che si trova sulla linea dell’Equatore. Il dialogo, che si ricollega alla tradizione della Repubblica di Platone e di Utopia di Tommaso Moro, serve a Campanella per illustrare la sua teoria ideale sulla migliore forma di governo. La città, spiega l’ammiraglio, si trova sull’isola di Taprobana (che i critici fanno corrispondere all’isola di Ceylon) ed è eretta su un alto colle; è circondata da sette cerchia di mura, praticamente inespugnabili, ognuna delle quali porta il nome di uno dei sette pianeti, mentre le entrate per accedere alla città sono quattro, situate in corrispondenza dei quattro punti cardinali. Alla sommità del monte si trova un tempio di forma circolare, consacrato al Sole, sulla cui volta sono dipinte le stelle maggiori...”.
Fonte: www.liberliber.it
Il carattere “astronomico” ed iniziatico sul quale si basa la descrizione la dice molto lunga sul Campanella. Egli era chiaramente un conoscitore di talune verità, essendone un testimone diretto e non un dotto costruito sui libri. La sua capacità immaginativa andava oltre alla cerchia limitativa imposta attorno all’uomo dall’uomo stesso. La sua chiaroveggenza era ancora intatta, il suo potere ancora in grado di supportarlo sia nella sopravvivenza sia nella “costruzione” paziente dei pilastri di un nuovo mondo sulle “ceneri” di un ecosistema sociale andato in mille pezzi.
È tutto provvidenziale ma quanto è duro da digerire questo nostro attuale mondo. La tristezza che accompagna le ere oscure del genere umano è devastante. Aleggiare attorno a queste “anse” è estremamente pericoloso perché il loro “canto” è "attraente" e ingannevole come il canto delle Sirene per Ulisse e come lo strano gusto per "l'orrido".
Il “gusto” di sapere cosa è successo e perché, è una spira velenosa che può attirare ed impantanare le nostre ali di luce.
Il mio percorso è questo e mi rendo conto di quanto stia rischiando di me, della mia essenza, del mio futuro e del futuro di tutti quanti. Perché noi tutti siamo collegati e la caduta dell’uno è la caduta dell’altro. È nostra responsabilità cercare di "volare alto" e, pur nel tentativo di comprendere, non cadere mai esattamente nel luogo dal quale ci siamo già rialzati svariate volte.
È ora di prendere una direzione univoca. Abbiamo visto a cosa possiamo giungere se abbandonati a noi stessi. Le nostre paure affiorate alla superficie ci hanno “distratto” a sufficienza. È tempo… di volare via. Di dare origine ad un mondo diverso, ad un Sistema regolato dal CuoRe, dalla Luce, dall’Amore...
Dal sentirsi "vivi" e partecipi del tutto.