martedì 24 agosto 2010

Filtri, linguaggio, onde, Trinità, perfezione.





"La Trinità è un concetto cristiano… che, assieme all'unicità di Dio, costituisce un dogma del Cristianesimo, condiviso dalle chiese ortodosse, dalla chiesa cattolica e dalle chiese riformate storiche come luterani, calvinisti, anglicani. Queste chiese ritengono che la dottrina della unicità di Dio e Trinità delle persone sia un'esplicitazione dei dati teologici presenti nel Nuovo Testamento e nei primi Padri della Chiesa. In realtà, nella Sacra Bibbia non c’è nemmeno un versetto esplicito a favore di tale dogma
Il dogma della Trinità è in relazione alla natura divina: esso afferma che Dio è uno solo, unica e assolutamente semplice è la sua Sostanza, ma comune a tre Persone (o Ipòstasi) della stessa numerica sostanza (consustanziali) e distinte. Ciò non va interpretato come se esistessero tre divinità (politeismo) nè come se le tre Persone fossero solo tre aspetti di una medesima divinità (modalismo). Le tre Persone (o, secondo il linguaggio mutuato dalla tradizione greca, ipostasi) sono in effetti ben distinte ma formate della stessa sostanza:
  • Dio Padre, creatore del cielo e della terra e Padre celeste del mondo;
  • il Figlio: generato dal Padre prima di tutti i secoli, fatto uomo nella persona di Gesù Cristo nel seno della Vergine Maria, il Redentore del mondo.
  • lo Spirito Santo che è l'Amore perfetto e divino (in greco "agàpe") che il Padre e il Figlio mandano ai discepoli di Gesù per far loro comprendere e testimoniare le verità rivelate".
Fonte: Wikipedia

La verità è sparsa ad “arte” tutta intorno a noi, per cui anche questa citazione ne riporta una sua diluizione. Come separare il vero dal falso? Come intuire l’opera di oscuramento dell’Antisistema? Io penso che tramite l’utilizzo dell’analogia frattale si possa giungere all’intuizione, alla migliore prospettiva, all’assenza di giudizio che permette una visione non filtrata di ogni “cosa”.

Cosa intendo per analogia frattale? Intendo l’applicazione di principi noti, evidenti, in ambiti ancora da “osservare” o da comprendere e approfondire; proprio come utilizzando un microscopio si “scende” nelle dimensioni, mantenendo fisso l’occhio che osserva che, per analogia, mantiene un collegamento, una coerenza tra le dimensioni, garantendo una “continuità”. Questa continuità è lo specchio della Natura frattale di ogni ambito della Creazione che si riflette in se stessa.

“Come in alto così è in basso”…

Fuori dal Tempo, la Creazione è un’opera perfetta.
Nell’unità di Tempo, la Creazione è un’opera perfetta che si “muove” in un flusso che la trasporta nella propria imperfezione, secondo direzioni “autorizzate” o riflesse, consciamente o inconsciamente, dall’osservatore, determinando in continuazione nuovi stadi della Creazione fissati nella densità della realtà percepita. È questa una intuizione scritta nell’articolo di ieri.

Ossia, secondo me, il concetto di Trinità esprime le tre forze del Tao, ad esempio:
  • attiva
  • passiva
  • equilibrante
Ma la sua rappresentazione grafica ne mostra due, solitamente dipinte di bianco e nero e una loro interpolazione o compenetrazione. Da ciò si è portati a parlare di dualità. In realtà le forze sono tre e la terza è l’unione vettoriale delle prime due, la risultante o equilibrante. Graficamente la possiamo vedere osservando l’intera figura! La forza risultante sfugge quasi all’osservazione e ciò è paradossale perché è il risultato più evidente dell’azione delle altre due forze in compensazione.

Scrivevo ieri di tre forze in questi termini:
  • perfezione
  • imperfezione
  • prospettiva presente modellata dalla loro interazione a causa del pensiero o… realtà
È questa la legge del tre a cui allude Gurdjieff? Può essere, anche perché lo stesso autore ne rivela tutta la sua importanza, asserendo che man mano che lo schema della Creazione si amplia, analogamente si amplia anche il numero di leggi universali a cui si è sottoposti. Ora, il fatto che la legge del tre sia collocabile così in “alto” negli schemi della Creazione stessa e la prova è la sua condizione numerica semplicemente constatabile e, dunque, la sua vicinanza alla condizione unitaria, da cui tutto si Crea, possiamo comprendere perché possa “regolare” la Natura del percepito e del manifesto nella realtà percepita tridimensionale.

Le dimensioni sono tutte presenti e intersecate in ogni attimo e “spazio”.

Come possiamo separare ciò che è perfetto da ciò che non lo è ancora? Semplice. Comprendendo che siamo noi, tramite la nostra osservazione, a miscelare le due “polarità”, creando la risultante da vivere ed esperenziare, ossia il terzo stato quantico. Quello stato manifesto che descrive, allo stesso tempo, la perfezione e l’imperfezione, l’attivo e il passivo fusi insieme, il maschile e il femminile riuniti. Da ciò posso proseguire dicendo che, infine:

ogni attimo è una miscela di perfezione ed imperfezione che rispecchia noi stessi attraverso la “risultante” manifesta nella realtà percepita, nel mondo Creato.

Ogni attimo è opportuno per giungere alla “sintesi finale”, in cui saremo riusciti a separare le due onde per azzeramento dell’onda imperfetta che non avrà più ragione d’essere, in quanto sarà senza “riflesso” grazie al nostro punto d’osservazione completamente perfetto.

È questa la sintesi alchemica della trasformazione della materia vile in oro. Una immane rappresentazione volutamente confusa, perchè prematura da diffondere, di una semplice e pura verità: la descrizione del nostro processo di trasmutazione dell’onda imperfetta in pura perfezione.

Avrei voluto scrivere del mercurio ma, sono certo, è stato opportuno seguire questa localizzazione energetica. Come si può spiegare il concetto di Trinità religiosa?
  • Dio Padre
  • il Figlio
  • lo Spirito Santo
Dove sono i “poli” della perfezione, dell’imperfezione e della manifestazione “reale”?
  • Perfezione = Spirito Santo
  • Stato manifesto o risultante o realtà percepita = Figlio
  • Imperfezione = Dio Padre
Cosa voglio dire? Senza offendere nessuno, che:

Per quanto riguarda l'Antico Testamento già nelle primissime parole della Bibbia, si è vista una molteplicità in Dio. Il libro della Genesi si apre con le parole:
    « In principio Dio creò il cielo e la terra. »   (Genesi 1,1)
 
Ma il termine "Dio" è in ebraico "Elohim", plurale di "Eloah" che significa "Divinità": il verbo è singolare ma il soggetto plurale, il che si può interpretare come un'azione unica e concorde di creazione da parte di un Dio che in qualche modo possiede più Persone in sè. D'altra parte assai di frequente appare nell'Antico Testamento un'alternanza tra pronomi e verbi al singolare o al plurale riguardo a Dio, spesso chiamato ancora con il plurale "Elohim". Ad esempio col pronome e verbo al plurale:
    « "Ecco, l'uomo è diventato come uno di noi" »   (Genesi 1,26)

Fonte: Wikipedia

Ecco il punto, la “sofistificazione”, l’Antisistema:

La Trinità religiosa non parte e non “parla” del Creatore ma di “divinità”. Ossia ciò che si assume come principio della Creazione è un “filtro” che si è inserito tra l’alfa e l’omega, che tenta di ricondurre tutto a sé. Ciò descrive delle "entità" diverse dal Creatore; Sitchin alluderebbe agli Anunnaki, ad esempio. 

Questa è, secondo me, la prova più “evidente” dell’esistenza e dell’opera manipolatrice dell’Antisistema!

Le religioni sono dei “filtri” distorcenti la via della perfezione o della verità. Esse ci conducono a fermarci all’ombra di una “cupola” costituita da falsi dei, i quali tendono a controllare per sopravvivere. Essi sono parte dell’onda imperfetta e cercano la possibilità di rimanere nel percepito, tramite la nostra “autorizzazione” estorta con le buone e/o con le cattive. La realtà attuale è la summa della perfezione della “Natura” e dell’imperfezione di altri “stati”, direttamente processati dal nostro “occhio” che osserva facendo esperienza dell’osservazione stessa.

Questa “intuizione” costituisce uno shock addizionale all’ottava evolutiva superiore che si è fermata da tempo, frenata da “ostacoli” opportuni per meglio raffinare il processo trasmutativo in corso.

L’Antisistema appare “scendendo” di vibrazione; è una legge questa. È come osservare tramite l’occhio di un satellite dallo spazio. Ad un certo punto, zoomando, si potranno osservare “dettagli” che un attimo prima non si riuscivano a distinguere. Per così dire, ad un certo punto: appaiono.

In realtà non appaiono ma si entra nella loro sfera d’azione, nella loro dimora dimensionale, vibrazionale. Essi “abitano” a quell’altezza. Ed esprimono solo ed esclusivamente la loro ragion d’essere, proprio come dissotterrando una zolla di terra possiamo trovare dei vermi o dell’acqua. Siamo noi che, proseguendo nel cammino, giungiamo sulle loro posizioni e, per così dire, li attiriamo a noi, anche se è più sensato dire che l’opera di attrazione è reciproca, perché “entrambi” ne “usciremo” modificati dopo “l’incontro”.  

Il mondo percepito e “partorito” è un mondo perfetto per ogni unità di tempo e descrive una perfezione in “corso d’opera”. Non fossilizziamoci sull’uso e sulla comprensione dei termini.

Andiamo oltre, utilizzando noi stessi come “strumento” idoneo per comprendere tramite intuizione.

Ricordiamo sempre la lezione della torre di Babele.

 

lunedì 23 agosto 2010

Triangolare "dove siamo" comprende la Vita.





Ho un ragionevole dubbio:
  • ciò che vogliamo sapere giunge a noi molto più regolarmente con la maggiore pratica dell’esercizio “io sono”
  • ciò che vogliamo sapere giunge a noi regolarmente anche senza pratica dell’esercizio “io sono”

Cioè? Mi sembra chiaro che ciò che "vogliamo sapere" giunge sempre a noi, ma cosa è l’esercizio “io sono”?

Questo “esercizio” è il lavoro che si compie su di sé, con regolarità, istante dopo istante, giorno dopo giorno, anno dopo anno. Non intendo la pratica della meditazione o solo la pratica della meditazione; intendo il semplice vivere con  “porta e finestre” sempre ben "aperte".

Se noi lasciamo le aperture verso il mondo, verso gli altri, spalancate è come se dichiarassimo chiaramente che non abbiamo nulla da temere nei confronti di noi stessi e di ogni altra persona e/o evento della Vita. Questa apertura d’animo, questa propensione ad accettare la Luce in noi, compie nel tempo un lavoro di pulizia ed energizzazione senza eguali. Vivendo su queste lunghezze d’onda, l’Universo ha più possibilità di raggiungerci per aiutarci o, semplicemente, esaudire i nostri desideri. 

È come se accettassimo la nostra Natura divina sulla fiducia, cioè anche in assenza di “prove” certe, in virtù di un sentire interiore molto profondo, come una traccia di ricordo molto labile ma degna di nota. 

Questa fiducia corrisponde a quello che le religioni hanno chiesto unilateralmente nel corso della loro storia costituita da promesse basate proprio sulla “fede”. L’atto di fede richiesto ha però contribuito ad allontanare da se stessi e, dunque, dal lavoro “io sono”, al fine di agganciare una struttura “celeste” che risiede al di fuori di noi e che ci ha pressoché abbandonati per delle presunte “colpe” di natura ancestrale:

“Padre nostro che sei nei cieli…”

La “fede” che viene richiesta di sviluppare è un atto di sottomissione ad un principio “oscuro”, non chiaro, e determina la perdita del nostro potere personale, della nostra energia, della capacità, volontà, senso, dell’esercizio “io sono”.

È come votarsi ad uno degli innumerevoli “santi” al fine di ottenere la “grazia”.

Quando leggiamo della legge d’attrazione, allora cosa significa? Se accettiamo di credere che esiste, come possiamo inquadrarla se la rifiutiamo aggirandola? Una intercessione superiore dovuta ad una preghiera rientra ancora nel campo del risultato della legge d’attrazione. Come dire: in un modo o nell’altro ottengo quello che voglio (la grazia), però la modalità di usufruizione ci contraddistingue

Appellandoci ad “altri” gli cediamo la nostra “santità”, rimanendo imbrigliati in un “terreno” energetico molto complesso e irto di conseguenze negative.
 
Appellandoci al nostro potere divino, al nostro sé superiore, le  implicazioni sono diametralmente opposte. La nostra energia rimane in noi e non viene asportata con una “cannuccia” eterica verso il “corpo” a maggiore "forza".

In caso di “risultati” non in linea con le nostre attese, in questa modalità dell’essere, dovremo solo incaricarci di “investigare” meglio tra le cause interne che non permettono la diretta manifestazione del nostro desiderio sul piano denso della realtà percepita. Stiamo parlando di cause “sensate” atte a spingerci sempre e solo sul sentiero evolutivo personale: 
  • karma
  • libero arbitrio
  • scelte animiche legate alla singola incarnazione.

Delegando ad “altri” il nostro potere accettiamo di farci condurre per “mano”, conferiamo la nostra fiducia, ci svuotiamo di infinite altre possibilità e, progressivamente, ci “addormentiamo”, proprio come rappresenta il funzionamento frattale di un occhio "sano" che si adatta lentamente a seguire l’altro occhio “malato”: l'occhio "sano" lavora per un po’ di tempo per due compensando, poi inevitabilmente si accascia su se stesso seguendo il “destino” abbracciato dall’altro occhio.

L’occhio “malato” è un occhio perfetto ma “malcompreso”; una singolarità in una orchestra coordinata dalle correnti spirituali evolutive nelle vesti della genetica organica. Come tanti strati della condensazione esistenziale che “lavorano” a diverse altezze nei vari reami della manifestazione esistenziale.
 
Il significato della malattia di un occhio, ad esempio, è sempre legato ad un “codice” facente parte di un linguaggio, di una lingua vibrazionale che non comprendiamo più

Esiste sempre un significato in ogni ambito del ritenuto “accaduto”. Questo significato rientra, dunque, nei termini del potere della legge d’attrazione; per cui noi attiriamo ciò a cui maggiormente siamo portati ad avvicinare attraverso la veicolazione del nostro campo “magnetico” vitale.

Il significato o la causa di un malanno all’occhio, sempre per esempio, è un fatto persino logico e comprensibile anche per una mente che non si ritiene la “dinamo” capace di innescare gli eventi. A meno che si ritenga la Natura del “tutto” completamente casuale, una sorta di roulette russa di combinazioni aleatorie senza nessun senso alcuno.

L’occhio che si ammala ci sta parlando in una lingua ormai “straniera”; ci dice cosa abbiamo fatto che ha portato a quella conseguenza. L’altro occhio che è collegato ad un altro centro di potere non colpito dalle cause che hanno coinvolto il primo occhio, è legato in stretta sinergia con il compagno e risente delle sue basse condizioni energetiche a cui viene inevitabilmente esposto. Nella prima fase avremo un senso responsabile di compensazione energetica, poi un lento adattarsi alle condizioni a cui il nostro "centro di potere" conferisce maggiore “peso”, ossia l’accettazione delle mente e dell’inconscio della “spiegazione” ufficialmente riconosciuta e del rimedio proposto: inforcare un bel paio di occhiali.

Gli occhiali segnano la “resa” anche dell’occhio normale, non colpito da una causa spirituale, non direttamente coinvolto ma indirettamente investito. Non “ascoltando” questo antico linguaggio, accettiamo di lasciarci andare sulla fiducia conferita ad una scienza del tutto transitoria sul piano dell’evoluzione incompleta dell’uomo.

Ciò che la scienza ci autorizza a credere, da questo punto prospettico estremamente lascivo, costituisce la prova più evidente del nostro smarrimento ed, allo stesso tempo, la più grande opportunità di risveglio a cui siamo mai stati sottoposti.

La prospettiva più adatta è quella di ritenere la Natura perfetta ma adattabile al nostro pensiero, il “quale” ha la capacità di modellarla a nostra immagine e somiglianza. Per cui se noi siamo addormentati, il nostro potere verrà veicolato ed utilizzato da un’altra energia. In questo modo possiamo comprendere come entrambi gli stati della dualità siano presenti, dando luogo ad una “trinità di possibilità quantiche”:
  1. perfezione
  2. imperfezione
  3. prospettiva presente modellata dalla loro interazione a causa del pensiero

Le “onde” della perfezione, come la Natura del nostro corpo umano o veicolo fisico, si miscelano con le “onde” dell’imperfezione, come la scienza in corso d’opera, dando luogo alla realtà manifesta ed autorizzata dal peso specifico della massa critica. Il paradigma che si manifesta, la Vita percepita, è il “terzo stato quantico” o Trinità direttamente “usufruibile”. La Trinità è un concetto, come ogni “cosa”, frattale, per cui la troviamo anche a diverse “altezze”, infatti quella che, forse, conosciamo di più, senza comprendere, è proprio quella “narrata” dalla religione.

La forma relativa è quella del triangolo che tanto si è prestato, ad esempio, per essere utilizzato come simbologia esoterica, massonica, ecc. Infatti, l’occhio che tutto vede, è proprio inscritto in un triangolo che, solitamente, è inerente alla divinità che “osserva circolarmente", ossia:

il principio divino umano che tramite la sua diretta contemplazione (campo d’azione magnetico del pensiero) interagisce, plasmando i due stadi della materia (perfezione e imperfezione) dando luogo alla manifestazione fisica “voluta” circoscritta nel triangolo di possibilità o stati quantici uniti nella fluidità consequenziale del cerchio che tutto "comprende".

In “soldoni” cosa significa? Che la “verità”, o stato perfetto, è sparsa per ogni dove. Ciò deve sensibilizzarci a non giudicare, in quanto anche ogni ambito della Vita manifesta è “sacro” perché contenente quella particella di “verità” che, almeno per un individuo, costituirà un principio guida predisposto per la sua evoluzione spirituale.

Impariamo a notare la sacralità della Vita in ogni sua minima “piega” e a rispettare ogni fratello o sorella sul cammino della comprensione di se stesso. Allo stesso tempo , non deleghiamo il nostro potere a nessuno, perché non ne abbiamo necessità. Possiamo unirci in gruppi ma senza vendere la nostra "autonomia", pena la nascita di un centro di potere aspirante la nostra energia come espresso da ogni associazione o organizzazione umana che richiede costantemente di noi per “funzionare” di cui l’esempio più eclatante è proprio l’Antisistema.

Tramite l’esercizio “io sono” ogni cosa giunge a noi attraverso un senso, una direzione, una volontà immaginativa

Senza l’esercizio “io sono” ogni cosa giunge a noi, dove per “noi” dobbiamo immaginare una potente calamita rotonda che rotola giù dalla montagna, attirando a sé tutto ciò che indistintamente "aggancia" lungo il proprio cammino non irregolare, ma dettato dalle leggi fisiche planetarie che, non sempre, corrisponde al percorso che si vorrebbe intraprendere di propria iniziativa.

Adesso il mio ragionevole dubbio è sciolto…

 

domenica 22 agosto 2010

Il terzo stato "quantico" dello Zen.




Il Jeet Kune Do vuole che si dimentichino tutte le tecniche; la situazione dev’essere governata unicamente dall’inconscio. La tecnica compirà i suoi prodigi del tutto automaticamente, spontaneamente. Fluttuare liberamente, non avere una tecnica significa possedere tutte le tecniche.

Per poter fluttuare a tuo agio, nel vuoto, senza incontrare ostacoli, dimentica le tecniche che hai appreso. L’apprendimento è importante, ma non diventarne schiavo. E, soprattutto, elimina tutto ciò che è esteriore e superfluo. La cosa prima è la mente. Qualunque tecnica, per buona e ambita che sia, diventa una “malattia” quando la mente ne viene ossessionata.

Le sei malattie:
  1. Desiderio di vittoria
  2. Desiderio di ricorrere alle astuzie tecniche
  3. Desiderio di fare sfoggio di tutto ciò che si è appreso
  4. Desiderio di intimorire l’avversario
  5. Desiderio di rappresentare il ruolo passivo
  6. Desiderio di liberarsi della malattia di cui si è affetti, qualunque essa sia

Il desiderio è un sentimento. Anche il desiderio di non desiderare è un sentimento. Non avere sentimenti significa quindi essere privi contemporaneamente di entrambi i tipi di sentimenti, di quelli negativi e di quelli positivi. Significa essere contemporaneamente “si” e “no”; cosa che sul piano logico è assurda, ma per lo Zen no.

Fonte: "Jeet kune do. Il libro segreto di Bruce Lee"  di Bruce Lee