Abbiamo vissuto in questi giorni la bella marcia della Luna verso la sua fase di piena presenza; dal suo apice, cioè dalla prima Luna piena di Primavera, già nei tempi antichi del Cristianesimo, si contava la prima domenica successiva al fine di festeggiare la Pasqua. La Pasqua è dunque una “festa” mobile che si fissa mettendo in relazione il Cosmo con l’aspetto umano terreno e con il rapporto con le forze solari. In "antitesi" alla Pasqua vi è la festa del Natale, con il quale si celebra, secondo una data fissa, il rapporto “intimo” terreno della nascita dell’uomo entro il quale entrò il Cristo, ossia la “Luce” divina. La Pasqua può essere celebrata solo se l’uomo volge i suoi pensieri “a quanto sta fuori dalla Terra”. In questa osservazione è inscritta la “chiave” per comprendere la Natura della nostra origine, ossia il Cosmo e la sua conoscenza diventa dunque un mezzo per ricollegarsi alla nostra itinerante “bellezza” divina.
Seguendo la traccia lasciata da Rudolf Steiner in una conferenza tenuta a Dornach, il venerdì santo del 2 aprile 1920, ci imbattiamo nella figura di Paolo, il quale divenne apostolo di Cristo solo dopo avere vissuto l’evento di Damasco; ossia solo dopo avere vissuto un fatto cosmico, soprasensibile. Una simile esperienza cambiò la Vita di Paolo, trasmutandolo in un vero e proprio iniziato. Paolo era un uomo che conosceva i misteri della religione ebraica ed, in un certo senso, era pronto per ricevere quell’esperienza. Egli sperimentò la “conoscenza della vicenda cosmica che si cela dietro al velo del mondo sensibile”. Possiamo tracciare la modalità di come sia cambiato lo sviluppo parallelo del corpo e dell’Anima nel tempo, infatti:
- sino ai tempi antichissimi dell’India giungeva sino ai 50 anni
- in epoca persiana ed egizia giungeva sino ai 40 anni
- in epoca greco latina giungeva sino ai 35 anni
- nella nostra epoca giunge sino ai 27 anni
Ai tempi in cui l’impulso del cristo s’introdusse nell’umanità, la stessa poteva ancora sperimentare tale parallelismo sino ai 33 anni d’età.
“Il Cristo Gesù visse sulla Terra il tempo necessario a sperimentare nella Vita terrena il parallelismo che intercorre tra l’organizzazione animico-spirituale e l’organizzazione fisica. Dopodiché, dal punto di vista dell’esperienza terrena, visse l’esperienza della Morte”.
Paolo, sino a che il Cristo Gesù agì sulla Terra, fu in aperta opposizione al Cristianesimo, mentre nella seconda metà della sua Vita esperimentò quanto gli era derivato dall’esperienza soprasensibile della sua “illuminazione”. Visse per un analogo periodo di tempo a quello della vicenda del Cristo in Terra, peregrinando per il mondo, sino all’età di 67/68 anni, “doppiando” insomma quei 33 anni che aveva in quei tempi “iniziali”. Paolo fu il primo uomo a portare le giuste immagini del Cristianesimo nel mondo, tanto era stata intensa la sua trasformazione nella Luce del Cristo.
Le abitudini attuali hanno condotto l’uomo ad una trasfigurazione delle “immagini” racchiuse negli scritti di Paolo; come se oggi fossimo cambiati talmente da non riuscire più a cogliere l’essenza di una rivelazione, di un resoconto, di un fatto vero e non di una allucinazione descritta nell’epoca dei “lumi”.
“È necessario considerare la figura di Paolo come la figura di un uomo che è stato iniziato alle relazioni cosmiche soprasensibili ed è necessario vedere in questa luce quanto egli si è sforzato di insegnare all’umanità”.
Egli annunciava il cambio di un’era, affermava che erano presenti nella Vita animica dell’uomo, nuove esperienze e che per l’uomo si trattava solo di “osservarle”. Gli uomini avevano perso la visione spirituale naturale che gli permetteva di vedere non solo l’albero ma anche il suo aspetto spirituale. Perché? Perché sino a quando ciò era “naturale” nella coscienza dell’uomo non poteva svilupparsi l’impulso della libertà, che può nascere solo perdendo l’aspetto divino-spirituale mentre l’uomo si volge all’aspetto esteriore. L’aspetto della visione dello Spirito deve tornare per altra via, tramite il richiamo delle forze più alte dell’Anima, ossia tramite un rafforzamento della sua interiorità. L’umanità doveva capire profondamente queste parole:
“Il mio regno non appartiene a questo mondo”.
Paolo sapeva, in base alle sue esperienze di iniziato, che il Cristo è unito all’evoluzione terrena dell’umanità dalla resurrezione in poi; ma egli sapeva anche che sebbene il Cristo vada errando sulla Terra, lo si può trovare soltanto raccogliendo le forze della visione interiore, e non semplicemente attraverso la visione sensibile. Chi voglia trovarlo attraverso la semplice visione sensibile è senz’altro in errore, scambia un demone per il Cristo.
Occorre comprendere che quel periodo raffigura per l’evoluzione della Terra l’introduzione di un impulso completamente nuovo; è ancora e solo evoluzione. Il libero arbitrio che allarga il proprio “cerchio”. Un balzo quantico a disposizione dell’umanità. Però per comprenderlo occorre sviluppare “un modo nuovo di vedere, diverso da quello che basta invece per il mondo sensibile”.
Ciò che fu detto e scritto è, oggi, stato insabbiato e reso menzognero da un modo vecchio, invece, di intendere quei concetti “quantici”.
Festeggiamo la Pasqua, la festa della resurrezione, pur avendo ormai da tempo rinunciato a comprendere seriamente la resurrezione, poiché abbiamo pensieri e sentimenti materialistici. Siamo in totale contrasto con la verità e cerchiamo ogni possibile espediente per giungere al paradosso cosmico, invece che alla verità; “paradosso cosmico”: così lo si dovrebbe chiamare, dal momento che gli uomini festeggiano la festa della resurrezione e credono nel contempo alla scienza moderna, che non potrà ovviamente mai appellarsi alla resurrezione. Viviamo per questo in uno stridio di piani diversi che vengono a trascinarsi l’uno sull’altro, creando confusione, smarrimento, sfiducia, senso di vuoto.
L’uomo di oggi dovrebbe davvero mettere alla prova se stesso chiedendosi: “Che posizione ho io nei confronti della Pasqua, nei confronti delle conoscenze soprasensibili?”. La Pasqua dovrebbe ricordare all’uomo di volgere lo sguardo dalla Terra verso il cielo anche soltanto per la determinazione della sua data di ricorrenza. Abbiamo una visione dei “cieli” solamente matematica, astrofisica, logica, ed in questo abbiamo perduto il nostro legame intimo con il Cosmo. I secoli dei “lumi” sono serviti a questo; ad allontanarci dal nostro “senso”. Una parte degli uomini preferisce non occuparsene nemmeno; dal momento che non riesce a venire a capo dei suoi pensieri, preferisce continuare a ripetere le parole apprese dai Vangeli, dalle lettere di Paolo, ripetere pappagallescamente ciò che ha imparato a memoria, senza riflettere se ciò si accorda con la visione che si ha normalmente dell’evoluzione della Terra e dell’umanità.
"Si finge una cortina di nebbia per non dover pensare come collegare le cose che sono in relazione le une con le altre; anche per il solo fatto di festeggiare delle feste, di parlare della Pasqua, della festa della resurrezione, pur rimanendo in realtà lungi dal farsi una idea della resurrezione, idea che si può oggi formare soltanto attraverso la conoscenza spirituale soprasensibile".
Ci mancano le immagini corrette che ristabiliscano il rapporto, la relazione, tra cielo e Terra.
L’unico simbolo che abbiamo oggi per la Pasqua è questo: l’intero destino delle anime degli uomini è crocifisso nella concezione materialistica dell’uomo.
L’uomo è un riflesso del mondo soprasensibile!
Non abbiamo il diritto di festeggiare la Pasqua se siamo uomini che appartengono alla cultura materialistica presente, perché non possiamo comprendere il vero significato della resurrezione, perché la neghiamo, perché per noi è semplicemente impossibile, ridicola, frutto di un retaggio idiota di un epoca infantile, proprio come consideriamo le leggende e le metafore dell’antichità.
Occorre togliere il coperchio massiccio del nostro sepolcro, con fatica semmai, per giungere ad affermare “Non io, ma il Cristo in me”. Bisogna cercare di capire queste parole di Paolo; solo allora un vero messaggio pasquale potrà di nuovo entrare nella nostra coscienza dall’altezza della nostra anima.
Il simbolo del crocefisso dovrebbe essere eliminato dal mondo.
Quella configurazione è un circuito radionico negativo; un emettitore di menzogna continuo. Non è quello il simbolo, il ricordo, l’atto da ricordare, bensì la resurrezione, ossia un “fenomeno” esattamente opposto! Una gioia, il trionfo della “Luce” sulle tenebre necessarie anch’esse per spingerci all’evoluzione.
Liberiamo quel posto sulla Croce; la Croce rappresenta il Sole che brilla per tutti noi…