sabato 27 febbraio 2010

Il fiore della Vita è una bussola che indica la "via".






“Il primo codice parla dell’Anima dell’Universo e della tua stessa Anima. Devi scoprire il tuo desiderio più intimo e la ragione della tua esistenza. Altrimenti ti perderai e rimarrai prigioniera di domande quali: Chi sono? Cosa è la Vita? Cos’è la Morte? Chi è Dio?...”
Fonte: “Life Codes” di Patty Harpenau

Il sincrodestino parla attraverso tutto quanto è possibile “animare” e veicolare verso il diretto interessato che ha “smosso” una risposta evocando una domanda. Le domande sorgono spontanee, affiorano alla “superficie” della mente dal fondo della coscienza; mosse dallo spirito di “curiosità” verso la Vita. Lo stesso spirito che contraddistingue tutti i bimbi che, ad occhioni aperti, osservano per la prima volta un “fenomeno” sconosciuto o solo dimenticato.

Oggi mi sono imbattuto nel libro sopraccitato, nel solito ipermercato, il solito giorno della settimana, nelle solite modalità, secondo la solita prassi…  
 
Eppure il sincrodestino ha “trovato” il modo di raggiungermi anche disperso nell’abitudine. 
 
Ha saputo precedermi e prepararmi un “messaggio”, una risposta, un segno atto a continuare il cammino intrapreso. C’era una unica copia, come al solito; mi ha attirato tra i tanti libri esposti a decantare le proprie “doti” e mi ha “convinto” ad abbassarmi per prenderla nelle mani. Sfogliandolo, ha iniziato subito a “parlarmi”; la qualità delle immagini e le fattezze di ciò che osservavo mi rapiva e convinceva. Decisi di comprarlo. Non appena mi incamminai lo guardai bene sul retro per vedere il prezzo e, cosa vidi? Che era rovinato. Tornai indietro per cambiare copia, ma mi accorsi che c’era solo quella, messa davanti ad una fila di altri libri tutti identici ma diversi dal “mio”. Lo aprii bene, lasciandolo sfogliare quasi in automatico e mi accorsi che almeno una trentina di pagine erano rotte e piegate all’interno, causando addirittura l’impossibilità di girarle ad una ad una per leggerle. Come un cerchio nel grano. Decisi allora di lasciarlo dove lo avevo trovato. Non lo dovevo comprare. Una volta a casa, facendo una ricerca su internet ho trovato il modo di scaricare le prime 29 pagine offerte a titolo promozionale. In quelle 29 pagine si trovava il messaggio per me; esattamente tra la pagina 27 e la pagina 28. Proprio alla fine dell’assaggio dell’opera.

Ecco il messaggio, che è anche una conferma:

“Devi scoprire il tuo desiderio più intimo e la ragione della tua esistenza”.

Ragazzi e ragazze, signori e signore, fratelli e sorelle, l’Universo ci parla, ci  ascolta, ci vuole bene…

Viviamo dal cuore e… chiediamoci “dove siamo”; chiediamoci se siamo nel flusso della Vita oppure ai margini. Chiediamoci che cosa desideriamo di più in “profondità”! Occorre chiarire la nostra intenzione, il nostro “senso”, il perché siamo qua, con quale missione da compiere…

Ora ho avuto la conferma di quello che avevo già compreso: 
 
Io sono” sulla Terra per completare la mia evoluzione ed allo stesso tempo per  contribuire ad evocare e rendere pubblico il grande inganno, la inimmaginabile illusione che avvolge l’intero pianeta, il sintomo che delinea la causa della nostra amnesia; la paura che ha permesso la nascita dell’Antisistema.

Ecco qual è la mia missione in questa Vita.

Vivo per onorare questo impegno!
 

venerdì 26 febbraio 2010

Il simbolo dell'infinito, le onde del mare e la "corsa" da risolvere.





L’uomo, nel corso della storia, ha dimostrato di poter raggiungere entrambe le estremità della scala dei “valori”, in questo rispecchiando a pieno le ampie volute della propria gamma di “potenzialità”, insite nella proclamazione della legge del libero arbitrio:

“Che si parli di me, nel bene o nel male, purchè se ne parli”Oscar Wilde

Questa frase mi riporta alla mente aloni di “zolfo”, in qualità ed in termini di energica ignoranza, cieca disconoscenza, anche come senso di ingratitudine, verso la bellezza potenziale della Vita. Questo “motto”, oggi, descrive in pratica il punto nel quale si è eclissata l’etica e la morale, agganciata nel limbo magnetico della “fama” sancita dai mass media. Farsi pubblicità ad ogni costo per “diventare qualcuno” è la scorciatoia più facile per “far parlare di sé”. Da quel “pulpito” sarà possibile poi coinvolgere le persone verso il proprio “sogno”.
 
Le persone sono viste come un insieme da “conquistare” ed ognuno di quell’insieme ha velleità simili, almeno in potenziale. Ciò descrive una massa reattiva come quella del Sole che, in superficie, sfoga tutta la propria estrema vitalità, sottostante, tramite continua reazione. Si dice che i pianeti influenzino le masse umane, e questo appena descritto potrebbe essere un buon riflesso o frattale dei più grandi moti esistenziali.
L’uomo e la creatività sono un connubio innato; immaginiamo dunque il  paradosso di “Achille e la Tartaruga”:

Il più famoso dei Paradossi di Zenone. È stato proposto nel quinto secolo avanti Cristo da Zenone di Elea, che intendeva difendere le tesi del suo maestro Parmenide, che sosteneva che il movimento non è altro che illusione.
La corsa della tartaruga.
Una delle descrizioni più famose del paradosso è quella dello scrittore argentino Jorge Luis Borges:
Achille, simbolo di rapidità, deve raggiungere la tartaruga, simbolo di lentezza. Achille corre dieci volte più svelto della tartaruga e le concede dieci metri di vantaggio. Achille corre quei dieci metri e la tartaruga percorre un metro; Achille percorre quel metro, la tartaruga percorre un decimetro; Achille percorre quel decimetro, la tartaruga percorre un centimetro; Achille percorre quel centimetro, la tartaruga percorre un millimetro; Achille percorre quel millimetro, la tartaruga percorre un decimo di millimetro, e così via all’infinito; di modo che Achille può correre per sempre senza raggiungerla”.
Fonte: Wikipedia

È dal quinto secolo avanti Cristo che una certa categoria di uomini cercano di risolvere questa “corsa” tra i due corpi lanciati a velocità diverse. Diciamo che Achille ad un certo punto si può gettare sulla tartaruga; questa sarà sempre un “apostrofo” più avanti, ma nulla potrà sulla possibilità di “balzare” che ha il corpo che insegue. Questo balzo è da intendersi come “evoluzione”, il superare determinate ferme convinzioni o punti di stanca del fiume esistenziale. Proprio quello che stiamo vivendo in questi anni. Un balzo quantico evolutivo; il “gatto sotto al tappeto” non ha bisogno nemmeno di mostrarsi alla “tartaruga”, perché non è sul quel piano che si snocciola l’essenza della “corsa”.

Il moto della “corsa” descrive una traiettoria con centro nell’uomo, vero e proprio perno e motore del senso ultimo relativo all’esplorazione delle dimensioni del Creatore. Dove per “uomo” intendo ogni specie, a diversi gradi evolutivi, disseminata nel Cosmo.

Questa immagine mi porta all’evidenza il concetto di infinito:

“L'infinito (dal latino finitus, cioè "limitato" con prefisso negativo in-, e solitamente denotato dal simbolo  , talvolta detto lemniscata) in filosofia è la qualità di ciò che non ha limiti o che non può avere una conclusione perché appunto infinito, senza-fine. Nella concezione cristiana il concetto coniato nell'ambito del pensiero greco trova la sua coincidenza con Dio stesso quale essere infinito.
Nascita del simbolo.
Il simbolo matematico di infinito venne utilizzato per la prima volta in epoca moderna da John Wallis nel 1655. Probabilmente egli lo scelse come trasformazione con legatura della lettera M, che nel sistema di numerazione romano indicava un numero "grandissimo" ed equivalente a 1000: M -> m ->  . In alternativa «Wallis potrebbe avere anche pensato che il doppio occhiello di quel simbolo potesse rimandare immediatamente all'infinito, perché tale doppio occhiello può essere percorso senza fine». D'altronde a volte M era formata da C e I, seguiti da una C specchiata, simile alla M della scrittura onciale (CIƆ). Una terza ipotesi suggerisce «il simbolo dell'otto rovesciato formatosi per deformazione delle prime due lettere del latino aequalis "uguale" (e infatti adoperato in un primo tempo per indicare l’uguaglianza).»
Fonte: Wikipedia

L’infinito, visto da una posizione ritenuta “definita” come quella umana, ha un senso e trova una definizione, proprio ritenendo se stessi poco più di una bolla nata dal gioco del caos, destinata a scoppiare inesorabilmente e, per questo, del tutto aleatoria. Secondo me, invece, l’infinito è solo un concetto che esprime una grandezza che sfugge; tutto qua. Per questo mi permetto, a volte, di raggiungere e superare con le “immagini” quella dimensione che, ritengo, essere solo il frutto di una “corsa” stanca e ormai senza senso, delle speculazioni del pensiero umano. 
Anche per quanto riguarda il simbolo utilizzato per rappresentare l’infinito, si può andare oltre:

“In matematica, la lemniscata di Bernoulli è una curva algebrica a forma di otto coricato. Il grafico di questa funzione produce una curva simile al simbolo dell'infinito, che a sua volta è chiamato lemniscata. La lemniscata fu descritta per la prima volta nel 1694 da Jakob Bernoulli, come modificazione dell'ellisse, che è il luogo dei punti per i quali la somma delle distanze da due punti fissi detti fuochi è costante. Una lemniscata, viceversa, è il luogo dei punti per i quali il prodotto di queste distanze è costante. Bernoulli la chiamò lemniscus, che è l'equivalente latino di fiocco pendente. La lemniscata era in effetti già stata trattata da Giovanni Cassini nel suo studio del 1680 sull'ovale di Cassini, di cui la lemniscata costituisce un caso particolare”.
Fonte: Wikipedia

Secondo me il simbolo dell’otto rovesciato, ben si presta a rappresentare anche il concetto di infinito, ma non intende solo quello che siamo abituati a pensare. Quel simbolo, opportunamente ridisegnato, descrive un’onda; un’onda molto simile a quella del mare, per intenderci. Un’onda costituita dai due principi contrapposti della dualità, intesa come senso di rotazione dell’energia costituente. L’immagine che ho messo come “copertina” di questo articolo disegna proprio un’onda marina, ed è il simbolo della casa editrice “Editrice antroposofica” che pubblica le opere di Rudolf Steiner. Notate come l'immagine sia composta da due forze contrapposte che vorticano, appunto, in senso contrario.

Questa onda descrive la spinta che si innesta nella dualità e descrive proprio il senso della nostra esistenza: fare esperienza nella dimensione del Creatore, ossia permettere al Creatore di conoscersi.

Questo simbolo, opportunamente “stiracchiato”, diventa un otto rovesciato, ma non necessariamente in quella “direzione”; ossia è il simbolo dell’otto rovesciato, che descrive due aree di energia che ruotano in senso opposto, che da’ luogo all’onda che possiamo rimirare, in molte forme, nel mondo percepito. Queste onde sono dei frattali del moto espresso a livello sottile dal “confronto” di energie contrapposte. In realtà il simbolo dell’otto rovesciato, in originale, non si chiudeva graficamente. Descriveva due “ghirigori” che troviamo ancora oggi, ad esempio, nelle forme decorative in uso sulle inferriate, nei tappeti, sui tessuti, nelle finiture tra pareti e soffitti, nelle decorazioni grafiche, etc. Anticamente era scolpito sui capitelli dei templi, nelle vesti, nelle effigi in generale, nei vasi in coccio, nelle lamine di rame e bronzo lavorate, etc. questo otto rovesciato ed aperto descrive il moto delle due energie che contraddistinguono l’intero creato. Una energia a spirale destrorsa ed una a spirale sinistrorsa, unite da un punto centrale che corrisponde alla Vita, alla creazione. Questa contrapposizione corrisponde alle affermazioni di Ighina, ad esempio, che affermava che “è tutto alla rovescia”.
E corrispondono alla mia visione dell’Antisistema come un fenomeno illusorio che esprime netta contrapposizione con il “Sistema” al quale si oppone per causa di forza naturale. 
Questa affermazione è confermata anche dalla scoperta, non ufficialmente riconosciuta, dell’esistenza di due complessi campi di forze (di natura elettrica e di struttura cubica), d’origine cosmica e tellurica, che avvolgono come una rete invisibile l’intera superficie terrestre, attraversando ogni luogo ed abitazione, denominate reti Hartmann e Curry dai nomi dei loro scopritori. Ciò equivale a confermare quello che sosteneva Ighina, quando parlava di ritmo Terra-Sole e di moto a spirale rovesciata dell’energia. Infatti le due reti, appena descritte, hanno direzione opposta; dal centro della Terra verso il Cosmo e viceversa. Aggiungiamo il simbolo del Tao ed il concetto di bene e male presente in tutte le religioni. 
Anche il lavoro di David Wilcock parla di due diversi tipi di "etere" che girano in senso opposto; mi riservo di fare un articolo a tema su questo grande e coraggioso uomo di Scienza.

La “verità” è sparsa ad arte in tutte le dimensioni ed in tutte le forme.

A livello di metafora, di mito, di leggenda, giunge sino a noi, confusi dal “rumore” di fondo provocato dalle energie in rotazione contrapposta, generatrici del “dubbio” o smarrimento gravitazionale che pervade le forme viventi sulla Terra. Un “nodo” tutto da sciogliere.  
 

giovedì 25 febbraio 2010

Quel sottile ed invadente senso di Mosca.




La coazione a replicare schemi negativi.
L’eredità che si ricava dai propri contratti infantili è dunque la tendenza a ripetere sempre gli stessi comportamenti negativi, compiendo sempre gli stessi errori e sperando sempre che le cose cambino. Questa continua ripetizione di errori avviene perché non si è consapevoli degli schemi che ci governano… Ognuno di noi è attratto da ciò che conosce meglio, anche se è la sua rovina… Spesso anche se quanto state facendo non funziona voi continuate a cercare di farlo funzionare”.
Fonte: “Perché non riesco ad essere come vorrei” di Joan Rubin-Deutsch

A volte l’immagine della mosca che sbatte testardamente contro il vetro, mi colpisce con forte intensità. Quella mosca continua a ripetere la stessa “folle” azione, facendosi anche del male fisico oltre che in termini di “autostima”.
 
Io, che osservo, sono conscio che esiste anche la metà aperta della finestra. 
 
È li che attende, placidamente disponibile. Ma la Mosca non se ne accorge, non “vede” nonostante i suoi sensi e le sue capacità di volo siano evidenti. Ella vede quello che riesce a percepire della realtà: vede il mondo esterno che intende raggiungere. Ma non vede la presenza “sottile” del vetro che si inframmezza tra il suo volere ed il suo potere. E dal momento in cui non riesce a passarci in mezzo, non trova altra soluzione che sbatterci contro perdendo progressivamente energia, lucidità, integrità fisica, speranza, senso di Vita ed aumentando, al contrario, paura, angoscia, senso di soffocamento, senso di impotenza, rassegnazione, oblio.

L’uomo si ritiene l’essere più intelligente che “cammini” nell’Universo; sigh! Una Mosca è ritenuta stupida, senza logica ne capacità di “abbattimento” del problema. Eppure l’uomo non è molto diverso, nella propria dimensione, da una Mosca in termini comportamentali. 
L’uomo è spesso vittima di se stesso, dei propri schemi ripetitivi, non sempre funzionanti. 
L’uomo è spesso noioso nei suoi modi di fare e di essere, soprattutto, “noioso” ai fini della Natura, della eco compatibilità con il pianeta e con i suoi stessi simili. Diciamo che una mosca esprime un frattale che ricorda molto i problemi dell’uomo. Questo essere scacciato e cacciato, reo di portare anche malattie, è un buon capro espiatorio per evitare di “guardarsi” dentro. 
 
La natura della Natura è di essere fatta esattamente delle stesse sostanze di cui è fatto l’uomo, forgiato dall’azione delle forze della Madre Terra, e di rispondere alle stesse leggi alle quali è sottoposto l’uomo; i frattali descrivono benissimo i vizi, le virtù, le proprietà, le cause e le conseguenze dell’azione dell’uomo. Nel viaggio di discesa dell’Anima, tutte le “cose”, hanno trovato luce e senso, nel bene e nel male. Dalla bellezza di un fiore che sboccia alla meno evidente apparenza della trama disegnata sulla pelle di un serpente, allo splendore architettonico di una ragnatela tesa alla luce del Sole.
Trovo che esista sempre la medesima chiave di lettura in questo processo di lenta “deriva” della condotta umana espressa dai tempi che ci “ospitano”, ossia una chiara ed espansa mancanza di consapevolezza.

In questo senso, ricevo e pubblico questi tre comportamenti di coerenza:

1 - Neutralità - esplorare la propria prospettiva senza giudicare (creare un momento di respiro per far emergere la propria Presenza). Trovare il proprio posto all’interno di una situazione.

2 – Presenza - diventare l’osservatore, non la personalità (nessuna conclusione; solo silenzio... così che l’insegnamento possa giungere). Trovare il proprio Centro Spirituale.

3 – Permissione - lasciar andare il possesso energetico di risolvere, di concludere... (lasciando che sia la "Sorgente" a creare e a emanare attraverso voi e tutte le cose). Trovare la propria connessione alla Sorgente.
 
Fonte:  EVT3 - Il Tempio dell'Attivismo Spirituale. Wingmakers

Mantenere un punto più “alto” nella percezione del “cosa si fa” e del “cosa si è”, è basilare per livellare il più possibile le ciclicità estreme dei corsi della Vita che, altrimenti, rimangono libere di scatenarsi senza regolamento d’ampiezza, ancora una volta, nel bene e nel male. In questo altalenante fluttuare delle nostre Vite in un oceano incomprensibile di possibilità, andiamo alla deriva sperando in un domani migliore che, mestamente, attende solo di essere richiamato e che, per questo, necessita di una lucida convinzione d’intento.

Quel domani migliore corrisponde proprio alla metà aperta della "finestra" :)

Differentemente i marosi “oceanici” saranno liberi di scatenarsi sulla “povera costa” sgualcita e tremolante…

* Foto e composizione by Francesco Cannone www.myspace.com/francescocannone