È ovvio che gli “incroci”, entro queste due vere e proprie “vie”, si intrecciano all’inverosimile. Sta a noi, in quanto liberi anche di farci del male, muoverci assecondando il nostro pilota automatico ( l’inconscio ) oppure scegliendo di prendere i “comandi” al fine di cercare di non uscire di strada e giungere il più lontano possibile. Prendere i comandi significa correre dei seri rischi ma anche reagire. Il discorso è troppo nebuloso? Può darsi… può darsi… eppure qualcosa vorrà pur dire!
Se una persona mi da dello svitato, cosa significa?
Se decido di “subire” mi sentirò attaccato e risponderò di conseguenza; risultato? Una rissa senza senso che non porta da nessuna parte. Avremo due nemici che si odieranno per sempre a causa di una sola “parola”…
Se decido di “osservare” comprenderò che quella persona mi ha giudicato per qualche motivo che, riconosceremo almeno come sintomo di una situazione. Questa persona avrà svolto il proprio compito di “specchio” ed il suo riflesso sarà il risultato di una azione magnetica che noi stessi avremo attirato. Ossia un motivo c’è senz’altro! E quale sarà mai? Osservandoci meglio in un secondo tempo, comprenderemo che quell’atteggiamento che ha provocato la reazione della persona, anche se dettato dal “caso”, in realtà fungeva da segnalatore di una situazione reale ed esistente in noi in profondità.
All’interno di queste due vicissitudini ci sono infinite colorazioni che non devono sviare dal “sentiero maestro”; quello che ci vede subire o osservare.
Il secondo concetto è proattivo e porta con senso verso la comprensione di se stessi e, dunque, verso la comprensione di tutti gli altri o del mondo.
L’inconscio è come una casa molto profonda, un maniero costruito su piani via via crescenti; si regge in piedi o nasconde, nei piani inferiori, molti aspetti di noi indefiniti, non completi, lasciati andare, perduti, dimenticati perché troppo dolorosi o altro. Ciò che Roy Martina collega alle sinapsi come collegamenti sempre attivi o riattivabili, se non opportunamente trasmutati o distrutti. È come gettare in un ripostiglio delle situazioni spiacevoli in cui non siamo per niente stati bene; “contratti” con i genitori, sensi di colpa, paure, blocchi, limiti. Gettiamo tutto sotto il “tappeto” facendo finta che non esistono più. E questo andrebbe bene, se fossimo veramente capaci di farlo! In realtà la “polvere” sotto il tappeto lavora a nostra insaputa, programma l’inconscio a reagire o a non reagire in un certo modo e ci condiziona in maniera sostanziale. E, come quella tribù che non riesce a mettere in relazione che una nascita giunge dopo un atto sessuale solo perché sono intercorsi 9 mesi di tempo, anche noi non riusciamo a “vedere” i nessi che collegano ogni “cosa” che ci capita.
Viviamo nel reame del tempo in un Universo interattivo che ci parla e che ci ascolta ed in cui la distanza tra noi e i nostri sogni è solo una differenza di pensiero, una vibrazione, come il modo di percepirsi inseriti nel mondo…