giovedì 13 novembre 2014

Se sei arrivato qui, dovresti poterne uscire.



Dove eravamo quando distribuivano i testicoli?
The Judge
- "È meglio accendere una candela che maledire l’oscurità".
- Perché questa citazione?
- Beh… perché si riallaccia ad un vecchio proverbio… il dubbio di sé può essere un demoneCerco di aiutare le persone a capire meglio la differenza tra ciò che è dannoso e ciò che è contemplativo…

Repentance
Eleanor Roosevelt (first lady statunitense)… che cosa avrà mai voluto dire? 
"È meglio accendere una candela che maledire l’oscurità".
Come donna intelligente, a conoscenza anche solo superficiale dei “fatti”, che cosa avrà mai voluto dire?
Non è forse una (ri)chiesta (in)diretta di… “perdono” e di "(ri)comprensione"? Per chi? Perché?
Bah… procediamo oltre.
  • a che serve “discutere”? A cosa “serve”?
  • dove conduce un simile “sentire”?
  • se parti dal tuo attuale stato d’insofferenza verso questa realtà, che cosa deduci?
Sei abituato, lavorativamente parlando, a dettagliare un “problema” ed a risolverlo. Nella “tua” azienda il business è centrale; da ciò dipende la continuità del tuo stipendio e del tuo tenore di Vita. Per cui, se in azienda c’è un problema va irrimediabilmente risolto.
Quando c’è un guasto o quando devi costruire qualcosa, le metodologie applicate sono “coerenti, adatte, efficaci e lungimiranti” (una sorta di perfezione, alla luce dell’esperienza, della memoria e della competenza, acquisite nel tempo).
Quando si lavora bene, l’opera compiuta è altamente funzionale e ciò (cor)risponde anche a valori estetici non indifferenti. Insomma, l’azienda (con)segue alla perfezione il proprio core business (la propria passione nonché specializzazione).
Quando esci dalla “tua” azienda, sei alle prese con un qualcosa d’insieme che complessivamente “funziona, grazie all’auto adattamento che la gran parte della società applica in/su se stessa”.
Cioè, la Massa “sopporta” la realtà di tutti i giorni, non traendo certezze alternative da porre in sostituzione a quello status quo, che “non va” ma che “è così”, per motivi panoramici che scompaiono nell’insieme…
Tu sei “perfetto al lavoro”, ma quando torni a casa, nuoti nell’imperfezione più assoluta.
Te ne rendi conto?
 

mercoledì 12 novembre 2014

Non ha prezzo.

 
SPS te lo ripete sempre: “Che cosa sai?”.
Tu lo sai, dove intende arrivare SPS?
A dimostrare concretamente che “non sai nulla”. Nulla? Certo. Nulla che (pro)venga direttamente da te. Pensaci bene… Tutto quello che sai e che, dunque, "diventi" (ma non quello che “sei”, dal momento che ciò che sei “è” di per sé)… ciò che diventi è solo una parziale rappresentazione di quello che “sei” e solitamente, "diventi" in maniera tale da (s)fuggire a quello che già “sei”.
Tutto quello che diventi, dipende da fonti e(s)terne che, come le infrastrutture radiotelevisive e internet, ti raggiungono con le loro trasmissioni (programmi, palinsesto, trame), al fine di installare e perpetuare in te, per mezzo tuo, una sorta di auto intrattenimento in questa “forma di reale”.
Perché fa comodo (serve) che tu ti mantenga “così”, nell’ora eterno dell’attimo presente.

Sei un lapis magico (ri)utilizzato da altro/i, al fine di scrivere e continuare a scrivere il presente, come quel filo ideale congiunto ad un punto passato, verso quel punto futuro che, d’insieme, corrispondono al tuo attuale “sistema di guida automatico”. Un modello di riferimento che non è scritto da nessuna parte ma è (in)scritto (in)direttamente dentro di te, nel tuo (in)conscio… invaso e programmato da tempo immemore.

martedì 11 novembre 2014

Assuefazione alla fiction.


Per fiction (termine inglese, letteralmente in italiano "finzione", dal latino fingere, "formare", "creare") si intende la narrazione di eventi immaginari, diversamente dalla narrazione di eventi reali.
Una larga parte dell'attrattiva della fiction è l'abilità di evocare l'intero spettro delle emozioni umane:
per distrarre la mente, dare la speranza in momenti di sconforto, far ridere, o lasciare esperienze empatiche senza attaccamento.
Le fiction – nelle forme narrative di romanzi, racconti, novelle, favole, fiabe, film, fiction televisive, fumetti, cartoni animati, videogiochi – possono essere in parte basate su fatti reali, ma contengono sempre elementi immaginari.
Visione d'insieme.
La fiction è largamente percepita come un forma d'arte e/o di intrattenimento, anche se non tutte le fiction sono necessariamente artistiche. Le fiction possono essere create a scopo educativo, come gli esempi utilizzati nei testi scolastici.
Le fiction sono anche frequentemente strumentalizzate dalla propaganda e dalla pubblicità; possono essere propagandate dai genitori ai propri figli per seguire le tradizioni (ad esempio, Babbo Natale) o per insegnare certe credenze o valori...
Sino a quale livello di “fiction” (ri)esci ad accedere e sopportare? 
Cioè, che cosa deve ancora accadere affinché in te si registri una autentica “scossa”? E poi, cosa può (com)portare - concretamente (all'aria aperta) - ciò che questa, ipotetica, “scossa” scatenerebbe al di fuori di te?
Una… rivoluzione? See… attorno a cosa!
Un altro giro di giostra, insomma.
Da che Mondo è Mondo, ogni rivoluzione ha sempre e solo portato “un nuovo tipo di convenzionalità, ancora all’interno dello stesso paradigma di (s)fondo”.
L’idea che hai relativamente allo sviluppo sociale, come qualcosa che (pro)viene dal passato e che attraverso la costanza del presente si (ri)proietta nel futuro (con)sequenziale, è una sfumatura diversa appartenente sempre allo stesso “colore”; quello che determina tutto per mezzo tuo.