Il 27 gennaio è il giorno della “memoria”. Si ricorda infatti l’inferno dei campi di concentramento nazisti e la “persecuzione” contro gli ebrei. Si dovrebbe ricordare, secondo me, il dramma di una guerra globale nella quale, gli ebrei, stanno da entrambe le “sponde” del conflitto. Perché scrivo solo oggi di questa commemorazione? Per non cadere nell’abitudine di collegare il cordoglio ad un solo giorno preciso dell’anno. In realtà dovremmo avere sempre presente quello che è successo, soprattutto perché le generazioni che l’hanno vissuto sulla propria pelle se ne stanno “andando”. E quando non è più in Vita la “gente” che può raccontare direttamente quello che ha “visto”, c’è il rischio che le nuove generazioni possano compiere ancora gli stessi errori. Gli errori del passato devono servire a correggere determinati comportamenti in maniera irreversibile e non legata al “breve” respiro di qualche generazione rimasta intimorita dal boato delle bombe. Sulla spinta emotiva della paura si compiono anche grandi “cose”, come ad esempio un periodo di pace che perdura da 65 anni. Ma basterà l’influsso della paura per evitare nel futuro una possibile “ricaduta”? È curioso semmai notare che nei Balcani, nel frattempo, ne sono successe di tutti i “colori”, compreso un vero e proprio genocidio, ma tutto ciò non ha avuto la stessa enfasi con la quale si “dipinge” la tragedia della seconda guerra mondiale. È come se ci fossero differenti pesi e misure anche per le “tragedie”. Da notare che gli eccidi nei territori della ex Jugoslavia sono molto più recenti e, per questo, molto più documentati tecnologicamente; si potrebbe dire che è stata una guerra mandata in diretta televisiva, proprio come le due guerre in Iraq. In Africa, Asia, America Centrale, etc. sono avvenute immani tragedie nel frattempo. Veri e propri esodi di massa, milioni di profughi, bambini calpestati ed usati. Non è mio costume scrivere di questo, utilizzare le tragedie per avere risonanza con il pubblico “dolore”, infatti il mio intento è quello di tentare a mio modo di fare comprendere la modalità con la quale si gettano interi popoli nella disperazione più assoluta, anzi di più; nella mancanza di speranza, nel totale annichilimento. La tragedia africana, in generale, è l’esempio più lampante di una simile modalità; in quelle terre, che è inutile chiamare con i nomi assegnati dai “burocrati”, è stata metodicamente eliminata la speranza nel domani tramite l’eliminazione della capacità di “pensiero”. In quelle persone è scolpito nell’inconscio lo “sgancio” dalla propria anima. La paura del domani che si riveste nell’assenza di cibo, acqua, sicurezza, è utilizzata dall’Antisistema come un coltello molto affilato per tagliare il corpo dall’anima; per togliere la speranza e sganciare la consapevolezza dal ricordo del proprio potere personale di co creazione della realtà. Come al solito l’Antisistema utilizza la stessa “metodica” legata allo sfruttamento e controllo dell’inconscio collettivo, al fine di spianare la strada al proprio effettivo obiettivo: quello di sopravvivere. I popoli dell’Africa sono stati sacrificati sull’altare dell’egoismo dell’intero occidente che, ricco ed opulento, sta ad osservare dalle proprie televisioni commerciali il dramma che si sviscera in diretta. I popoli dell’Africa stanno subendo la stessa medicina di ciò che i roghi del medioevo hanno rappresentato per l’Europa; l’eliminazione della conoscenza antica, della saggezza, del buon “uso” dell’energia della Madre Terra, della figura della donna come guaritrice e di connessione con il grembo del pianeta. I popoli dell’Africa affondano nelle radici di una cultura millenaria non dimenticata, ma solo dispersa nei villaggi che costellano quelle terre tanto energetiche. In realtà la "speranza" non può essere totalmente eliminata:
"Nessuna strada porta ad un albero senza frutti" - Proverbio Wolof.
Come le culture dei Nativi Americani anch’esse devastate dal potere obnubilante dell’Antisistema. Come la conoscenza senza limiti proveniente dall’Asia e dall’America Centrale e Latina. È in funzione un rullo compressore che sta spianando le coscienze e le sta ammorbando con la stessa ricetta del mangiare tutti i giorni da McDonald’s; in ogni modo si tenta di mantenere staccato l’uomo fisico dalla comunicazione con la propria anima. L’incantesimo globale sembra non avere fine di continuità. Ma non è così. È solo apparenza tanto per cambiare. È uno stato illusorio, nulla di più. Un teatro, una infrastruttura della mente, un retaggio provvisorio, una ragnatela, un palcoscenico che ci vede sia alla regia che nei panni dell’attore. Un connubio atto a fare aprire gli “occhi” dello spirito. Una modalità molto difficile da “sentire” perché molto cruda e basata sulla manifestazione delle proprie paure. Oggi, secondo me, non ha senso aiutare solo ed esclusivamente, questi popoli, mandando loro le nostre scarpe ed abiti fuori moda, qualche scatola di cibo o beni materiali di prima necessità; ha senso aiutarli a capire il “potere” che è in loro, dunque esportare un sistema di pensiero positivo che esprima consapevolezza di “chi si è”. Una volta appresa questa modalità, saranno quegli stessi popoli a rialzarsi con le proprie “gambe”. Ma la domanda che sorge spontanea è: “Come si fa ad insegnare loro quello in cui non crediamo nemmeno noi?”. Ecco il piano perfetto dell’Antisistema. Il dividi e impera. Gli occidentali evoluti portano presso quei popoli bisognosi ed altrettanto dimentichi di chi “essi siano”, un modello contenente lo stesso “germe” infetto che ha annichilito la società da cui essi stessi provengono. È diabolico tutto ciò; un piano che rasenta la perfezione perché parte da un supporto di conoscenza “esclusiva” del come funziona a livello inconscio l’umanità. Quando l’uomo globale si accorgerà che il proprio “centro”, il proprio benessere totale, la propria “salvezza” passerà anche dal modo in cui “vivono” tutti i popoli della Terra, ebbene quel giorno sarà l’inizio della nuova era della “società della Luce”. Nei campi di concentramento, i nazisti, hanno dimostrato che togliendo la speranza, scrivendo direttamente nell’inconscio umano, l’uomo si spegnerà, si avvizzirà perché sentirà un “non senso” dentro di sé. L’uomo non tenterà più nemmeno di fuggire e si lascerà “andare”. È molto triste la profondità oscura che il costrutto umano può arrivare a raggiungere, ed è davvero difficile comprendere questo abisso se non in chiave di aberrazione, di squilibrio totale. È logico che scrivendo che “nulla è per caso” si scrive una ovvietà, però sarebbe interessante che la Storia ufficiale scrivesse nuove pagine sulla modalità di entrata in guerra delle nazioni. Perché la versione attuale riconosciuta dagli storici accreditati è perlomeno fallace. Ciò accadrà solo quando l’Antisistema verrà meno, cioè quando gli uomini “cambieranno”.
È interessante descrivere brevemente la "filosofia" della D.ssa Gabriella Mereu, la quale ha sviluppato un modello curativo a “carico” del paziente stesso. Questa terapia, in linea con l’evoluzione in corso, è particolare e viene chiamata “verbale”; essa prevede che è il paziente stesso, tramite l’utilizzo e la scelta delle parole che utilizza per descrivere i sintomi del proprio malanno, a fare comprendere alla terapeuta il vero motivo scatenante che si nasconde oltre i sintomi stessi. Il paziente usa determinate parole che identificano la causa della propria malattia. Questo meccanismo è sempre lo stesso che viene descritto dalla comprensione delle “leggi” annunciate, ad esempio, dal Dottor Couè. Ossia, è ciò che viene registrato a livello di inconscio che poi farà sfociare il malessere all’esterno della persona. Lo stesso Dottor Hamer descrive il senso biologico della malattia insito a livello dell’inconscio che, ad esempio, uno “shock” inaspettato ed improvviso può arrivare a “manipolare” incidendosi nel “disco fisso” del nostro sistema operativo. Tutto ha un senso ed un perché. Persino le aberrazioni umane. Ecco quello che scrive la D.ssa Mereu nel suo libro “La terapia verbale”:
“Vorrei esprimere un importante messaggio: la terapia migliore è quella che segue tre parametri:
- agire nel minor tempo possibile
- essere la meno traumatica possibile
- la meno dispendiosa possibile
Curano tutti: i medici con i farmaci, gli omeopati con i rimedi, i chirurghi, gli agopuntori, gli sciamani, la medicina popolare. Dietro questo fenomeno c’è un fatto molto semplice: che il paziente si cura da solo. Voglio dimostrare che la medicina ed il medico sono solo dei veicoli e che il medico dovrebbe funzionare solo da guida, perché la guarigione fisica si attui insieme alla consapevolezza ed alla evoluzione del paziente. Ho imparato che la malattia è un’espressione che non fa altro che rivelare in maniera metaforica un vissuto emozionale, che ha portato alla malattia stessa. Occorre sciogliere questa metafora. Curo quasi solamente così tutti i dolori di tutti i tipi: vertigini, parestesie, emorragie, diarree, verruche a altre eruzioni cutanee, rivelando il significato della malattia-espressione-metafora. Questa espressione-metafora me la rivela lo stesso paziente con un suo linguaggio che, come ogni lingua, ha la caratteristica di un parlare collettivo in cui ogni parola ha un preciso significato, simile per tutti gli individui che l’adoperano. Ma il suo significato è celato dietro ad una analogia: quest’ultima manifesta un’espressione emozionale. Il linguaggio metaforico del paziente è bellissimo e commovente e io l’ho denominato pazientese. Questo linguaggio rientra nel concetto di inconscio collettivo scoperto da Jung”.
Devo ringraziare personalmente la D.ssa Mereu per avere aiutato mia moglie e almeno tre amiche; inoltre l’ho conosciuta al Centro Congressi Ighina di Montegrotto Terme; una signora molto “particolare” ma dalle doti sorprendenti.
Dal mio punto di vista la sua “intuizione” è sacrosanta, e descrive un frattale utile per indagare, ad altri livelli, l’opera totale ed ammaliante delle “infrastrutture” erette dall’Antisistema; ossia del nostro utilizzo per “scrivere” il suo desiderio. Un punto caldo, ad esempio, potrebbe essere lo studio del comportamento tipico dei trader, quando parlano di “eliminare le emozioni per una migliore operatività” o di ”controllo feroce delle emozioni”. Attenzione, questo non è il volere dei singoli trader ma il volere dell’Antisistema che, in quella realtà, è sempre all’opera ma sotto altre “vesti”. Scrive un valente trader, a firma Drenaggio, che stimo pur senza conoscerlo personalmente:
“È fondamentale capire le proprie reazioni psicologiche Bisogna tenersele ben strette quindi e semmai lavorarci sopra, perchè dall'accettazione di far parte del parco buoi deriva il fatto che le nostre reazioni psicologiche saranno esattamente le stesse che ha il resto della massa, e io amici miei sfrutto anche le mie reazioni per capire lo stato del mercato; non mi voglio estraniare da esse perchè mi sono utili, il passo da fare semmai è imparare ad usarle”
È molto saggio nel descrivere il funzionamento emozionale collettivo. Il frattale rappresentato dalla comunità dei trader e degli investitori della “domenica”, ossia il “parco buoi”, fa meglio comprendere come le dinamiche globali, emanate in questo caso dalle cosiddette “mani forti” che muovo il mercato, si imprimano direttamente o s’interfaccino con gli inconsci delle persone, scatenando reazioni controllate dall’esterno; proprio come se fossimo un modellino di automobile radiocomandata.
Termino qua questo lungo articolo che conduce e spazia nei territori inesplorati o dimenticati delle nostre “terre” più fertili, ossia in grado di dare gli ottimi “raccolti” che tanto auspico per il nostro futuro spirituale e terreno.
“La risposta terapeutica più bella è la risata del paziente dopo che gli traduco la sua metafora. Quasi sempre so che guarirà. Con il riso mi dice tante cose: che si è sentito compreso e che ha capito nel profondo del suo animo la terapia, che ha preso le distanze dall'afflizione che l'ha portato alla malattia, che la vede come una rappresentazione, che non ha più paura, ma soprattutto, finalmente, un paziente che si diverte mentre viene curato”
Fonte: www.terapiaverbale.it