'E' un pensiero molto profondo. Il futuro degli uomini dipende dagli stessi uomini e volerlo sapere è arroganza e superstizione', dice il ministro dell'Economia che aggiunge: 'Il futuro non è un destino fisso, un progresso o un declino inevitabile. Il nostro futuro dipende da noi, dalla nostra libertà, dalla nostra saggezza, dalla nostra speranza".
In ogni religione presente sul globo si narra di un “albero della Vita”; ebbene, senza entrare nei particolari, penso che se uno stesso aspetto dell’Universo viene messo in luce da così tante prospettive, significa che si vuole esprimere, descrivere, una “verità”. La foto di apertura dell’articolo l’ho scattata qualche mattina fa; i raggi del sole illuminavano le gocce d’acqua che lo stesso calore procurato aveva prodotto, sciogliendo le formazioni di brina della notte fredda. Ossia la fonte di luce cosmica determina lo stato di “consapevolezza” delle molecole d’acqua; tramite la vibrante presenza del proprio timbro energetico, la luce porta quel calore atto a trasmutare, a cambiare persino l’apparenza. Le vibrazioni fluttuanti della luce “colorano” la Vita. Se rimaniamo ad occhi chiusi assaporando i primi raggi di Sole caldi in una mattina d’inverno, scopriamo il significato della Vita stessa; l’andare avanti, lo scorrere verso il bacino di “raccolta”. Quella carezza gentile in forma di calore, mantiene un contatto tra quella parte di noi, solo sopita, ed il “nesso” animico che “spera” nel risveglio. Ciò che d’estate giunge persino a “dare fastidio”, d’inverno regala la gioia di un contatto piacevole, necessario. La prospettiva cambia con la stagione e con noi “dentro”. Oggi la neve scende copiosa da un cielo bianco dal quale, diffusa, s’emana ancora luce gentile, senza ombre, capace di saturare i colori e di renderli addirittura più brillanti e “vivi”. È fantastico questo nostro mondo cosparso di magia alla quale non crediamo più, eppure crediamo ancora. In un contesto di paradossi, camminiamo certi di quello che “vediamo”, ma cosa vediamo in realtà? La realtà che riusciamo a percepire in maniera molto limitata. Ma come limitata? I sensi non sono facoltà estremamente sviluppate che ci hanno permesso di uscire dalle nebbie della sopravvivenza? Dalle grotte dell’uomo primitivo? Certo. La verità passa anche da questa “latitudine”, così come da tante altre, circondando il mondo di una fitta maglia di “panoramiche”. E ognuno sceglie la propria. I sensi servono e sono serviti ad uno scopo ben preciso: andare avanti. Come la funzione dei raggi di Vita del Sole, anche i sensi permettono di “progredire” alba dopo alba. La funzione di ogni sviluppo biologico sulla Terra ha sempre un compito ed un "senso" ed, in genere, un tempo; quello che per l’uomo significa dare una data di scadenza ad un suo prodotto “deperibile”. Tutto è limitato nel tempo e dal tempo, anche la nostra forma e le sue peculiarità. Andare avanti, dunque. La capacità di pensiero e d’immaginazione hanno forgiato questo mondo, tramite ciò che i sensi trasmettevano, attraverso i sensi che di rimando fornivano un certo livello di simbiosi con il mondo circostante; tale “associazione” ha generato dentro e fuori limiti e convinzioni di avere il “controllo”. Il frattale da osservare è proprio la modalità di “crescita” basata sull’esperienza dei sensi, proprio come per la cellula il passaggio sensorio delle sostanze dalla propria membrana superiore ha determinato l’evoluzione e la formazione del nucleo centrale e dunque dello sviluppo della propria unicità ed intelligenza. Dall’ascoltare l’interazione con l’esterno si è modificata la Vita sulla Terra. Tramite analisi dell’input esterno ma anche di sinergia con la “sostanza” interna e con la propria volontà insita di “superare” le ritenute avversità del clima, prima e della presenza animale e dei propri simili, poi. L’intervento di altri fratelli più evoluti, discesi dalle stelle, è registrato anch’esso nelle “cronache” mitologiche e nelle credenza religiose filtrate di tutto il mondo. L’evoluzione in corso è opera di molte “mani”. Aprire la mente anche a questa “possibilità” renderebbe il genere umano meglio assortito con la linea della creazione. Come quando un certo giorno, l’uomo si accorse che la Terra non poteva essere piatta, dopo avere “errato” per centinaia di anni nelle false convinzioni che l’ignoranza della luce generava. Persino immemore della sapienza che giungeva da lontano e che sussurrava delle “visioni” lungimiranti della nostra natura. L’albero della Vita è una struttura sensibile ed intelligente che mantiene ogni cosa al “proprio posto”; che alimenta tramite strutture energetiche il costrutto esistenziale in ogni sua forma. Questo albero esiste perché viene descritto da tutte le angolazioni umane. Non lo si vede perché immerso nella scarsità della luce. Per questo occorre immaginarlo e nel compiere questo “sforzo”, andiamo avanti. Tutto è progettato per condurre “avanti”. I rami dell’albero della Vita sono infiniti e ricordano l’espansione di un tessuto nervoso. Proprio come in Avatar, gli uomini prendono il controllo del corpo “indigeno” (l’Avatar appunto) al fine di fare esperienza e di muoversi su un pianeta sconosciuto, l’anima è scesa in Terra attraverso lo sviluppo di terminazioni nervose che, con il tempo e le diverse priorità, le hanno permesso di controllare sempre di più il veicolo fisico umano. Quel sistema nervoso che Steiner definisce “un riflesso diretto dell’Universo”. Si intuisce il filo nascosto dalla trama e dalle esigenze spettacolari del prossimo ed imminente “lavoro” dell’industria cinematografica americana. La verità è cosparsa nel tutto:
- uomini tecnologicamente evoluti che scendono su un pianeta sconosciuto per portare via del materiale nativo, un tipo particolare di minerale presente in gran quantità sul pianeta
- un pianeta che contiene già la vita umanoide
- uomini che per meglio adattarsi alle condizioni di vita del pianeta, utilizzano la propria scienza al fine di costruire degli “esoscheletri” biologici da comandare tramite il proprio tessuto nervoso
- questi Avatar, una volta a terra, sono sottoposti alle leggi fisiche del nuovo mondo, le quali hanno capacità trasformanti ed interagenti con la propria e precedente “realtà”
- uomini che muovono veicoli fisici con un intento, con una missione e che interagiscono con la Vita già presente in loco
- uomini che cambiano la propria prospettiva nel tempo
Se decidiamo di ascoltare, in cuor nostro nasceranno i “segni” come moderne stimmate o”marchio” della presenza divina presso l’indefinitezza dell’uomo. L’espressione in apertura di articolo, evidenzia proprio questo secondo me: è l’uomo che si sceglie la via attraverso le proprie “sensibilità”, marchiato dal passato ma forgiato nello spirito. Occorre lavare l’onere, il peso, del “marchio” subìto, onorando l’origine ed elevarsi trasmutando se stessi mediante alchimia di ciò che è già presente in se stessi: il marchio d’origine o spirito di trasfigurazione.
I due “marchi” hanno peso e significati diversi e sono “tesi” a dare ed a togliere nel pieno rispetto delle leggi universali…
La foto d’apertura di un albero di casa mia è la stessa che segue, alla quale è stata tolta quasi completamente la “luminosità”. Ecco che d’incanto abbiamo una immagine dell’Universo. Una mancanza di luce che permette di vedere le “stelle” e che devia la nostra consapevolezza verso quei puntini luminosi, ignorando la struttura nascosta dall’assenza di luce: l’albero della Vita.