Occorre essere sempre convergenti verso il sistema degli specchi, perché esso è sempre attivo; perché riflette la struttura più intima dell’universo manifesto. I 7 livelli di riflessione richiedono una grande dose di consapevolezza e conoscenza di sé, per questo risultano spesso incomprensibili. Eppure l’opera di Jean-François Champollion dovrebbe testimoniare che, nulla è impossibile se veramente lo si vuole con tutto se stesso. La riscoperta dell’antica scrittura geroglifica in vigore nell’Antico Egitto, infatti giunse dopo almeno mille anni di “sonno”, sepolta con tutta la propria effimera importanza sotto coltri di sabbia, tempo, intenzionalità. Tramite una serie di grandi intuizioni, lo studioso riuscì anche a leggere ciò che riuscì prima ad “intuire” tramite l’aiuto della Stele di Rosetta ( o almeno così raccontano i fatti cosiddetti ufficiali ):
"Il risultato fu la lettura della lingua egizia. Ma leggere una lingua non significa capirla.
La soluzione del problema fu la lingua copta largamente parlata in Egitto fino al 1000 d.C. ed ancora usata come lingua liturgica per la religione cristiana di rito copto che ha ancora seguaci (pochi) in Egitto. Champollion provò che il copto era l'ultima forma dell'antica lingua egizia. Ossia il rapporto tra il copto e l'egizio antico é lo stesso che esiste, ad esempio, tra l'italiano ed il latino. Gli fu possibile, con metodo filologico, scrivere una grammatica e un vocabolario della lingua egiziana.
Malgrado il successo delle sue scoperte, la geniale intuizione di Champollion non fu accolta subito dagli ambienti scientifici dell'epoca. Prima di concludere la sua breve vita guidò una spedizione scientifica francese in Egitto. Ovunque andasse, uno stuolo di uomini e di donne egiziani accorreva a vederlo.
Per tutti egli era l'uomo che fa parlare le pietre".
Fonte: http://www.angeloaquilino.it/lingue/geroglifici.htm
Il significato di questo risveglio di una forma di antico linguaggio, che aveva rappresentato il potere politico/religioso per così tanto tempo, è da attribuirsi al fatto che “nulla è per sempre” e tuttavia che “nulla va perso”; tutto ciò che l’uomo ha manifestato nel corso della propria esistenza sulla Terra ha un senso. Il riflesso che giunge diretto a noi è quello di non caricare troppo peso sul valore della parola e del linguaggio utilizzato, perché essi si riferiscono ad un “momento” talmente breve della nostra storia, da risultare persino bloccante per il proseguo evolutivo del “processo”. Quando agli inizi del 1900 gli scienziati intuirono ed aprirono una "porta" nuova, scorgendo la natura subatomica delle “cose”, si trovarono in difficoltà ad esprimere quello che avevano visto; il linguaggio aveva termini che non rispecchiavano più i tempi in cui vivevano quegli uomini. Solo andando oltre alla fissità delle parole e dei loro significati, riuscirono a trovare la forza di manifestare “il nuovo che avanzava”. Un sistema codificato di segni è, in ultima analisi, frutto del proprio tempo e testimonia quanto non si debba agganciarsi a strutture troppo rigide e vincolanti, non occorre prendere troppo sul serio le manifestazioni “fisiche” di organizzazione umana, come le strutture di linguaggio, perché esse, con il tempo, prenderanno il sopravvento su coloro che le hanno “create”, diventando il limite stesso oltre il quale sarà ben difficile andare. Ma sappiamo che l’evoluzione si muove anche in questo modo. Giungerà qualcuno capace di sfondare gli sbarramenti, tempo al tempo. La morale e l’etica si muovono di pari passo alle scoperte dell’uomo ed alla loro fissazione in sistemi di codici scritti ed accettati. Poi invecchiano risultando esse stesse il limite, le colonne d’Ercole, da superare dando luogo ad un movimento di spinta evolutiva come il respiro del mare ad esempio.
Pensiamo ad oggi, quando si utilizzano termini come “terrorista”. Quale significato ha veramente questo insieme vibrazionale?
"Dal 1789 al 1855, con la rivoluzione francese, abbiamo in un certo senso il primo caso di terrorismo della storia: il Terrore instauratosi durante la rivoluzione francese, ancorché fu un regime e non un piccolo movimento clandestino, mostrò per la prima volta che un popolo poteva essere influenzato da un sentimento sociale di timore diffuso, tenuto vivo da pochi uomini che lo sfruttavano per manovrare una nazione".
Fonte: Wikipedia
In questo caso il “terrore” è perpetrato dallo Stato e serve per mantenere lo status quo. Dipende sempre dal punto di osservazione delle “cose”; un partigiano italiano della seconda guerra mondiale è, per un italiano, un patriota, un eroe, un martire, mentre per l’esercito nazista occupante è, appunto, solo un misero “terrorista”. La politica in auge al giorno d’oggi è ancora così, basti vedere le diametralmente opposte visioni del concetto di “terrorismo di matrice fondamentalista islamista”. In realtà, nel mondo moderno, l’uso di un termine è a beneficio di chi se ne impossessa per primo. Infatti se la potenza imperante si appropria per prima di un termine “positivo” come globalizzazione, utilizzando tale “suono” per coprire i propri interessi occulti, tutti coloro che si metteranno contro, in un processo di normale comunicazione, saranno automaticamente dei no-global, ossia verrano marchiati dalla particella “negativa” del termine; agli occhi della società saranno marchiati come dei rivoluzionari solo perché descritti da una vibrazione a carattere negativo. Si evince ancora una volta come l’Antisistema conosca infiniti modi per ammantare ed ipnotizzare le masse. Conosce tutto di noi perché nasce da noi, anzi siamo ancora noi.
Gli specchi sono sempre all’opera, ricordiamolo come una verità che nemmeno il tempo e la “sabbia” possono cancellare.
Ecco cosa scriveva Paracelso molto tempo fa:
"Come infatti attraverso uno specchio ci si può osservare con cura punto per punto, lo stesso modo il medico deve conoscere l'uomo con precisione, ricavando la propria scienza dallo specchio dei quattro elementi e rappresentandosi il microcosmo nella sua interezza [...] l'uomo è dunque un'immagine in uno specchio, un riflesso dei quattro elementi e la scomparsa dei quattro elementi comporta la scomparsa dell'uomo. Ora, il riflesso di ciò che è esterno si fissa nello specchio e permette l'esistenza dell'immagine interiore: la filosofia quindi non è che scienza e sapere totale circa le cose che conferiscono allo specchio la sua luce. Come in uno specchio nessuno può conoscere la propria natura e penetrare ciò che egli è (poiché egli è nello specchio nient'altro che una morta immagine), così l'uomo non è nulla in sé stesso e non contiene in sé nient'altro che ciò che gli deriva dalla conoscenza esteriore e di cui egli è l'immagine nello specchio".
Fonte: Wikipedia
Infine, per quanto riguarda il punto di osservazione, è molto importante il “lavoro” di Alice Bailey nella fattispecie, nel suo “Trattato dei 7 raggi” (che vorrei tanto “fare” mio); ecco il primo e più apparente effetto dello studio dei raggi e la comprensione vera e profonda del significato interiore del loro insegnamento:
“Faranno luce sui periodi e sui cicli della storia, che si svolge come un panorama. La storia è in ultima analisi il resoconto della crescita e dello sviluppo dell’uomo, dallo stadio delle caverne, in cui la coscienza era centrata nella vita animale, ai tempi moderni in cui la coscienza umana si fa sempre più inclusiva e mentale ed oltre, fino allo stadio di perfetto figlio di Dio. È il resoconto di come l’uomo abbia appreso le idee creative che hanno plasmato la razza e ne stanno determinando il destino. Ci offre il quadro drammatico del progresso delle anime che vengono introdotte in manifestazione o ne sono tolte, dall’apparizione o dalla scomparsa di un raggio. Nel corso dello studio vedremo che le parole limitano fortemente l’espressione delle realtà implicate, e dovremo cercare di penetrare oltre il significato superficiale, fino alla struttura esoterica della verità.”
Tutto è specchio e riflesso, sempre ed ovunque sin dall’”origine”…
“Ma l’intelligenza, origine di tutte le cose, che è vita e luce, generò l’uomo simile a sé e l’amò come la sua creatura poiché era bellissimo e riproduceva l’immagine del padre. Dio amava dunque, in realtà, la sua propria forma”.
Ermete Trismegisto “Il Pimandro”.
*L'immagine è "ritratta" da un opera di Pino Santoro.