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mercoledì 5 febbraio 2014

Gli affari sono affari...


 
Erano persone noncuranti, Tom e Daisy… Schiacciavano cose e creature e poi si ritraevano nei loro soldi e nella loro immensa “noncuranza”. Telefonai, scrissi… implorai, ma nemmeno uno della sfavillante moltitudine, che aveva goduto della sua ospitalità… venne al funerale. E da Daisy, nemmeno un fiore. Gli ero rimasto solo io. L’unico che lo aveva a cuore.


Dopo la morte di Gatsby, New York diventò stregata per me. Quella città… che era stata il mio scintillante miraggio, ora mi ripugnava. L’ultima sera che vi rimasi, tornai ancora una volta nella casa enorme ed incoerente di Gatsby. Gli uomini di Wolfsheim l’avevano svuotata.
Mi ricordai di come eravamo tutti venuti da Gatsby, col sospetto della sua corruzione, mentre lui stava in mezzo a noi nascondendo un sogno incorruttibile.
La luna si levò più alta… e, mentre stavo lì a rimuginare su un mondo vecchio e sconosciuto… pensai alla meraviglia di Gatsby, quando per la prima volta aveva scorto la luce verde in fondo al pontile di Daisy. Era venuto da così lontano e il suo sogno deve essergli sembrato così vicino, da non credere di poterlo afferrare. Ma non sapeva di averlo già alle spalle. Gatsby credeva nella luce verde.
Nel futuro orgastico, che anno dopo anno si ritira davanti a noi. Ieri ci è sfuggito ma non importa… domani correremo più forte. Allungheremo di più le braccia, e un bel mattino…
Così, continuiamo a remare, barche controcorrente, risospinti, senza posa… nel passato.
Il grande Gatsby
Così, continuiamo a remare, barche controcorrente, risospinti, senza posa… nel passato.