L’altra notizia profetica alla quale dobbiamo dare un seguito tutti noi, senza lasciarla sparire nel nulla, è questa:
LuciaStove, nasce a Tortona la soluzione per portare energia e biochar nei villaggi
di Marco Magrini
La vita di Nathaniel Mulcahy è cambiata il 29 ottobre 2004. Fatto sta, che quel 29 ottobre cade dalle scale e si rompe letteralmente l'osso del collo. I soccorsi arrivano quasi cinque ore dopo e lo trovano ancora vivo, solo perché la sua cagnetta aveva usato il muso per tenergli la testa sollevata, e il corpo e le zampe per reggergli la schiena. «Senza di lei sarei morto», racconta Mulcahy, oggi 44enne. «Da quel giorno, ho deciso che non volevo più lavorare per far ricca un azienda, ma per migliorare il mondo. A tempo pieno». È così che, mentre lavorava su un progetto per migliorare la vita degli haitiani, ha inventato la LuciaStove, oggi un marchio registrato. Con cinque pezzi di alluminio, anche in Africa possono costruirsi un fornello pirolitico – capace di combustione senza ossigeno – che si alimenta con foglie, rami o scarti agricoli, che produce pochissimo monossido di carbonio (una delle principali cause di morte, nelle cucine del terzo mondo) e che lascia il solo residuo del biochar, il carbone vegetale: un potente fertilizzante, da reinserire nel più virtuoso dei cicli agroalimentari. «La sua particolarità – spiega Mulcahy con irrefrenabile entusiasmo – è che sfrutta attentamente la dinamica dei fluidi per ottenere una combustione con un efficienza del 93%, contro il 7-12% di un fuoco aperto». E il procedimento è replicabile su larga scala. Tutti i pirolizzatori del mondo sono chiusi, per tenere fuori l'ossigeno. Invece, la LuciaStove è miracolosamente aperta in alto: basta gettarci dentro della biomassa, accenderla e, dopo pochi secondi, il calore prodotto innesca la pirolizzazione, aiutata da un piccolo ventilatore laterale. Dagli ugelli in alto – disegnati in modo da sfruttare tre diversi vortici che si creano all'interno – esce un gas sintetico, fatto di idrogeno, metano e monossido di carbonio. Il quale, bruciando forma una specie di cappa che consuma l'ossigeno impedendogli di entrare, ma al tempo stesso esercita un "tiraggio" verso il basso che fa entrare l'azoto. «Tre etti di biomassa – spiega Mulcahy – bruciano per quasi un'ora e mezzo, regalando energia termica e, alla fine, lasciando come residuo un etto di biochar. Il quale, è un eccellente fertilizzante ed è capace di stoccare per secoli l'anidride carbonica che era nelle piante». La WorldStove, l'azienda fondata da Mulcahy per commercializzare la sua invenzione, sta già discutendo con «importanti aziende italiane dell'agroalimentare» (che lui non vuole ancora nominare) per adottare il procedimento su scala industriale. «Ci sono aziende che spendono fino a 30 euro a tonnellata, per smaltire i propri scarti. In questo modo, avrebbero energia gratis per i propri bisogni produttivi (o per venderla alla rete sotto forma di elettricità), e anche un fertilizzante naturale da reimmettere nel ciclo», con un conseguente, minor uso dei fertilizzanti chimici. Ma la commercializzazione? Non doveva salvare il mondo? «La WorldStove vende già questa tecnologia in Canada sotto forma di caminetti ecologici, visto che lì la combustione della legna è stata vietata. E abbiamo ricevuto una commessa per produrre 1,4 milioni di fornelli per ammodernare tutte le saune della Finlandia», dice Mulcahy con un sorrisetto malizioso. «Tutti fondi che servono per finanziare la distribuzione della LuciaStove nel Terzo Mondo a prezzi bassissimi, sottocosto, con la formula del microcredito». Migliaia di esemplari sono già stati spediti in Uganda, Indonesia, Zaire, Cameroon, Malesia, Mongolia e Costa d'Avorio. Un intoppo c'è: il ventilatore che affianca la LuciaStove, richiede corrente. «Ma lo abbiamo già risolto con tre diverse soluzioni – risponde Mulcahy – una delle quali sfrutta la gassificazione coassiale del fornello, autogenerando l'elettricità per la ventola. Anzi, anche di più: ci si può ricaricare il cellulare». Di fatto, per efficienza, facilità d'uso e per i benefici ambientali che comporta, la LuciaStove è un'invenzione che potrebbe far parlare di sé. È frutto dell'intuizione di un momento? «La mia cagnetta, stava ormai molto male», racconta Mulcahy. «Un giorno, mi ha appoggiato teneramente il muso sulle gambe. Mi sono messo a pensare e ho avuto il mio momento eureka. Poi, quando ho finito di mettere su carta le mie idee, lei se n'è andata».
Come avrete intuito, si chiamava Lucia.
Fonte: http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/dossier/Economia%20e%20Lavoro/risparmio-energetico/frontiere/luciastove-biochar.shtml?uuid=68d0d23e-0edb-11de-b874-530b20f3f76e&DocRulesView=Libero
Detto e fatto, oggi la sua invenzione sta convincendo tutti. Ha inventato LuciaStove, una stufa per cucinare e riscaldare, che non inquina, perché non brucia legno o combustibili minerali, bensì il gas che si sprigiona dagli scarti agricoli (pula, noccioli, residui). Non solo: dopo la generazione di calore, resta il biochar, un carbone vegetale che cattura l'anidride carbonica (antieffetto serra), trattiene l'acqua e migliora la fertilità dei terreni. "Alcuni amici avevano finanziato la costruzione di una scuola a Haiti. Ma i bimbi non la frequentavano perché impegnati a raccogliere legnetti per il fuoco. Sono un ingegnere: ho cercato di migliorare l'efficienza delle loro stufe. Ho venduto la mia casa per avviare, con 300mila dollari, la produzione industriale delle parti della stufa più delicate, qui in Italia. In un solo pacco, in cui si spedirebbe una sola stufa della concorrenza, al costo di 60 euro riesco a inviarne 18. Il prezzo unitario di una stufa base (un cubo di 15 cm) è di 12 euro. Dal 2008 il progetto è decollato. Abbiamo ricevuto ordini per due milioni di stufe". Ora Nat lo invitano alle Nazioni Unite. E arrivano sponsor come l'italiana AlmoNature, che finanzia il progetto. E Nat ha anche un sogno di crescita culturale per tutti. "Grazie a LuciaStove, che produce elettricità, anche i computer potranno diffondersi capillarmente".
Fonte: http://www.millionaire.it/content/view/3025/67/
Sarà nostra responsabilità, non fare insabbiare questa fantastica notizia, questa realtà di tipo nuovo, questa energia assolutamente meritevole di manifestarsi in un mondo che lo necessita tantissimo e che se lo “merita”; l’età dell’oro è oramai giunta tra di noi. Ovvio, “oro” inteso come “luce”.