Manovra finanziaria: Assobiotec; Sidoli, no a tagli prezzo farmaci.
Milano. "Non si può, e non si deve, utilizzare nuovamente la spesa farmaceutica per sanare il deficit della sanità; e, soprattutto, non si possono e non si devono operare nuovi tagli al prezzo dei farmaci, che andrebbero a penalizzare gli investimenti in ricerca e sviluppo, a discapito della salute dei pazienti di domani, quelli, cioè, che potrebbero beneficiare delle terapie oggi allo studio da parte delle aziende impegnate nella ricerca e sviluppo di farmaci innovativi" così Alessandro Sidoli, Presidente di Assobiotec, l’Associazione per lo Sviluppo delle Biotecnologie, interviene, a poche ore dal Consiglio dei Ministri, sui tagli che si prospettano nella manovra finanziaria.
Lo si apprende da una nota in cui Sidoli afferma che "il farmaco innovativo rappresenta un bene prezioso per i cittadini, per il progresso scientifico e per l’economia: tra i farmaci innovativi, infatti, una larga parte sono di origine biotecnologica. Parliamo di terapie che oggi vengono impiegate per trattare o prevenire infarto, sclerosi multipla, tumore al seno, fibrosi cistica, leucemia, malattie genetiche rare, epatiti, diabete e molte altre patologie. E numerosi nuovi prodotti sono inoltre in sviluppo: da questi arriveranno, auspicabilmente, risposte a malattie ancora senza cura e trattamenti migliorativi rispetto agli attuali. La possibilità di tutelare la salute nel futuro dipende in gran parte dalle scelte che verranno fatte oggi. Ecco perchè diciamo un deciso ''no” ai tagli ai danni dei farmaci che si prospettano nella manovra finanziaria: penalizzare nuovamente le imprese farmaceutiche e biotecnologiche con tagli ingiustificati, da un lato avrebbe conseguenze pesanti sulla ricerca tesa a identificare nuove terapie e a rispondere a bisogni oggi ancora insoddisfatti e, dall’altro, contribuirebbe, indirettamente, a legittimare sprechi nella spesa ospedaliera, da più parti denunciati e documentati" conclude il presidente di Assobiotec.
Fonte: MilanoFinanza
Di articoli simili a questo, ma in ogni altro ambito dell’economia, fossero gli impresari di pompe funebri, fossero i fabbricanti di caramelle, il discorso non cambia affatto. Il leit motiv è sempre lo stesso; proteggere il proprio “territorio” affaristico e tutto ciò che comporta l’andare avanti. La politica aziendale in auge da decenni è di “fare” numeri sempre più alti, in termini di fatturato, utili, espansione, vendite, ecc. Ma come si fa? Come è possibile andare sempre e solo avanti per una direzione che “sfrutta” la massa, unico target finale di ogni logica commerciale; è come prosciugare lentamente un pozzo di petrolio.
In una società evoluta, le eventuali medicine dovrebbero essere gratuite e gestite dagli Stati.
Ecco un altro esempio tipico di opposizione al cambiamento; non so quanto Obama rappresenti una vera novità nel panorama politico mondiale, colore della pelle a parte, per cui intendo solo manifestare “riconoscimento” perlomeno per la sua opera di “ridefinizione” delle regole:
Riforma finanziaria negli Usa: contro Obama anche Alan Greenspan.
Alan Greenspan, ex presidente della Federal Reserve, la banca centrale statunitense, si associa alle critiche contro la riforma della finanza voluta dal presidente Barack Obama. Critiche che nelle scorse settimane erano state manifestate anche dall’attuale presidente della Federal Reserve, Ben Bernanke.
In particolare Greenspan ha attaccato la Volcker Rule, ossia la norma che impone il blocco delle attività speculative effettuate dalle banche sui mercati finanziari, approvata lo scorso 22 marzo dalla Commissione bancaria del Senato e che dovrà essere discussa nelle prossime settimane dal Parlamento.
L’amministrazione Obama si vuole invece ottimista. Uno dei principali consulenti economici del governo, Lawrence Summers, ha spiegato di essere convinto che la riforma verrà approvata dal Congresso.
Fonte: TicinoLibero
La riforma finanziaria è stata, nel frattempo, approvata il 20 maggio 2010:
Il Senato americano approva la riforma finanziaria.
NEW YORK – La riforma finanziaria in America, la più importante dagli anni Trenta, e' ormai cosa fatta. Ieri, nella notte, i Senatori, con una maggioranza bipartitica di 59 voti contro 39, hanno approvato il pacchetto di regole che cambierà il volto del settore bancario americano e forse mondiale.
Ora tornerà in scena il presidente Barack Obama: cercherà di facilitare il processo di riconciliazione con il progetto approvato dalla Camera. Un compito non necessariamente facile visto che vi sono alcune differenze di fondo. Ma l'esito finale a questo punto è scontato: il compromesso è inevitabile, il passaggio parlamentare certo, anche se alcune misure più dure del Senato, come quella sui derivati, potrebbero essere ammorbidite.
Comunque sia il presidente, dopo la riforma sanitaria, potrà firmare un'altra legge storica, che servirà in questo caso da punto di riferimento per il resto del mondo. Certamente per il gruppo dei Venti, che alla fine di giugno si riunirà ai margini del G8 canadese e discuterà un approccio comune per rendere più trasparente – e sicuro – il modus operandi delle grandi istituzioni finanziarie mondiali.
C'e' da chiedersi se il progetto, ammorbidito al Senato in alcune delle parti più dure e probabilmente corretto ancora, sarà poi sufficiente per contenere il rischio di nuove crisi sistemiche. Di certo la legge ridisegnerà per i prossimi decenni il modello competitivo di un settore che ormai include non solo le banche commerciali, ma quelle d'affari, gli hedge funds e i fondi comuni. Fondi hedge e private equity in particolare dovranno sottoporsi a controlli che finora non avevamo, si cercherà di chiudere i gap di regole alla radice degli scandali finanziari; si daranno maggiori poteri di intervento e di controllo alla Federal Reserve, si creerà una nuova agenzia per la protezione dei consumatori, si cercherà di rendere quanto meno più trasparenti le operazioni sui derivati e di limitare l'esposizione al rischio speculativo delle grandi banche, attraverso una combinazione di tasse e di regole. Al di là della formula finale, questi parametri di fondo sono comuni ai due progetti di legge. Una delle battaglie più dure sarà portata avanti dalle banche per evitare che la posizione del Senato, che impedisce alle banche di operare sul mercato per conto del proprio portafoglio, sia abolita. Si tratta comunque di una legge che ha già lasciato il segno sul mercato: la caduta di ieri del 3,6% in borsa a New York, riflette certamente le preoccupazioni per la crisi europea, ma sconta in parte una riforma temuta, che potrebbe nella sua forma finale limitare di molto le attività finanziarie e di conseguenza – dicono i pessimisti e i banchieri - quelle produttive. Di certo i guadagni da favola, le speculazioni selvagge, le incertezze e i rischi che hanno caratterizzato un modello di vita e di lavoro per i primi anni del nuovo secolo, verranno rimessi in discussione.
Fonte: IlSole24Ore
Il dare più potere alla FED è, secondo me, ancora molto sospetto. Le attività produttive limitate da questa riforma? Bah; secondo vecchi canoni certamente! Ma io sono pronto a correre il “rischio”…