venerdì 7 maggio 2010

La dualità che unisce.






Parto da questa “riflessione” di James dei Wingmakers; dalla sua risposta ad una domanda:

Mark: Secondo te, qual è la cosa chiave che un ricercatore nuovo a questi materiali può fare per ottenere quel senso di convinzione, penso che lo chiamerò così, di essere sul sentiero giusto?
 
James: Sì, ebbene, la parola “religione” viene dalla parola latina “ri-collego”. Quindi ri-collegarsi al Sé Superiore è il significato esoterico del termine ‘religione’. Dunque, il ricercatore sta tentando di ri-collegarsi al suo Sé Superiore, che è stato messo in ombra dalla sua ego-personalità, e la cui voce viene sporadicamente udita e ancor meno seguita. Quindi, il ricercatore della verità deve attendersi o sentire un senso di riconnessione con il suo Sé Superiore, lo Spirito animante che scorre dentro di esso, e poi agire in base ad esso. Non basta ascoltare i bellissimi pensieri del proprio Sé Superiore o sentire la forza di questi sentimenti, o gli slanci creativi della sua mente.
 
Lo strumento umano deve allineare e riposizionare l’ego-personalità al suo giusto posto, correggendola nel  riconoscere il suo ruolo come facilitatore dello Spirito all’interno del dominio umano. Quando il ricercatore riconosce questi aggiustamenti e sente il ri-collegamento al suo Sé Superiore, avrà il senso di convinzione di essere sul sentiero giusto.
 
Ricorda, l’ho detto prima, è un processo psicologico. E’ il sentirsi ri-collegati alla propria Divinità. E’ il senso di potente (empowered) co-creatività con il proprio Sé Superiore e la sua inalterabile connessione con i campi dello Spirito che rendono possibile la sua eterna connessione all’individualità e all’unità (oneness). Con alternanze... come un’onda sinusoide, come un’onda dell’esistenza, questo è il potere che avete dentro di voi. E ogni autentico ricercatore è chiamato a questa specialissima e personalissima missione.

Come al solito le "parole" di James sono illuminanti; il senso primigenio, intimo, del termine “religione”, il concetto di “alternanza”. Wow. Questo secondo “principio”, quello dell’alternanza o ciclicità, si inserisce nelle vive motivazioni che ci fanno “sbandare”, proprio di tanto in tanto, levandoci la chiarezza della “visione” complessiva, di “essere sul sentiero giusto”. Da qua comprendiamo come la nostra Natura, sia inserita e rispecchi a pieno l’intero creato o meglio il “respiro” e, dunque, la doppia polarità dell’atto dell’inspirare ed espirare

Nella dimensione che ci accoglie, il concetto di dualità trova la sua quintessenza; è proprio qua, infatti, che si evidenzia pienamente la contrapposizione tra due “modalità” diverse caratterizzanti ogni decisione. Si è come sempre davanti ad un bivio, e ciò che ci viene richiesta è la consapevolezza di “saper” decidere ogni volta. Queste decisioni come vengono prese di volta in volta? Secondo me è proprio questo il termine che parametrizza la nostra “crescita” individuale e, di conseguenza, quella globale. Questo ri-collegarsi al nostro sé superiore effettivamente avviene? Se si, allora le decisioni prese porteranno sempre più verso una stabilizzazione dei cicli esistenziali, padroneggiando sempre più quello negativo; se no, allora la logica conclusione sarà lo smarrimento e l’essere in preda alla grande alternanza di luce e buio. 

Riuscire a gestire al meglio la dimensione tridimensionale fatta di scelte continue, comporta una buona gestione della propria essenza e, dunque, il saper prospetticamente “vedersi e sentirsi” per conoscersi

È questo un lavoro interiore che, però, prende spunto dall’esterno, proprio a sancire quell’unione, di fatto, che alimenta ogni aspetto della Vita. Nella dualità occorre una buona “bussola” per non smarrire la retta via; questo indicatore di direzione deve coincidere, perciò, proprio con quel dialogo interiore con il nostro sé superiore, sentirlo, percepirlo, imparare a “fidarsi di lui”. Il rumore di fondo che può contribuire ad innalzare il grado di “confusione” è quello che giunge dalle “spire” in movimento dell’ego, il quale si “nutre” di tutt’altro; anche se in termini spirituali un “sano” egocentrismo si può rivelare azzeccato per continuare la crescita. 

Occorre stare attenti a non confondere l’ego che ci porta a desiderare fattori materiali, all’ego che alimenta ed evidenzia la nostra “spinta” divina ancestrale. Come al solito si è sempre chiamati a scegliere tra due polarità della facoltà co-creativa. Il nostro potere unificante di “essere”, per cui “l’avere” allo stesso tempo non è che una logica derivazione, un aspetto quasi secondario, essendo conglobato nell’unicità dell’essenza. Per questo motivo la legge d’attrazione risponde all’essenza che desidera, intende, chiede, ringrazia ed attende con fede e speranza, avendo già maturato la sensazione di “avere” già quello che ha desiderato. Tra i due estremi vi è solo una certa “quantità” di tempo, di attesa prima della manifestazione nei piani “solidi” dell’energia.

"Voi camminate, state camminando, state facendo una passeggiata di primo mattino. Il linguaggio stesso - cioè, dire 'state camminando' - crea il problema; il problema sta appunto nel nostro linguaggio. Nel momento in cui diciamo che qualcuno 'sta camminando', supponiamo che ci sia qualcuno che cammina, il camminatore. Ci chiediamo: come è possibile che avvenga il camminare se non c'è colui che cammina?
Il Buddha afferma che non c'è il camminatore, ma solo il camminare. La vita non consiste di cose. Il Buddha dice che la vita è fatta di eventi e questo è esattamente quanto dichiara la scienza moderna: ci sono solo processi e non cose - eventi.
Anche dire che la vita esiste, è sbagliato. Esistono soltanto migliaia e migliaia di processi. La vita è solo un'idea. Non c'è nulla definibile 'vita'.
[...] La dualità è creata dal linguaggio. State camminando, il Buddha dice che esiste solo il camminare. State pensando, il Buddha dice che c'è solo il pensare, non colui che pensa. Il pensatore è creato dal linguaggio. Poiché usiamo un linguaggio basato sul dualismo, ogni cosa viene divisa in dualità.
Mentre pensate, c'è un gruppo di pensieri, bene - ma non c'è colui che pensa. Se veramente desiderate comprenderlo, dovrete meditare profondamente e arrivare a un punto dove il pensare scompare. Nel momento in cui il pensare scompare sarete sorpresi: anche colui che pensa non c'è più. Il pensatore scompare insieme al pensare. Era solo un'apparenza di pensieri in movimento.
State guardando un fiume. Esiste veramente quel fiume oppure è solo un movimento? Se toglieste quel movimento, ci sarebbe ancora il fiume? Una volta tolto il movimento, il fiume scomparirebbe. Non è il fiume che si muove, il fiume non è altro che lo 'scorrere'".

 

 

giovedì 6 maggio 2010

Il mondo silente dei saggi Alberi.





Mentre facevo il mio consueto giro in bici, lunedì scorso (prima di questa due giorni di pioggia battente) mi sono fermato in un punto, per qualche minuto, cercando di entrare in simbiosi con l’ecosistema che mi circondava. Osservando gli alberi, o meglio i loro tronchi, è ormai consuetudine vederne l’alone eterico che li avvolge; una sorta di "orma" esterna che, se cercata, diventa subito evidente. 

Ebbene mi sono accorto che tra due alberi non molto lontani, questa impronta energetica si unisce a mezz’aria. Osservando bene, cercando con un po’ di concentrazione, è possibile vedere una sorta di rete, appena visibile, che fluttua nell’aria tra i due tronchi. A me capita di vederla meglio in determinate situazioni climatiche, tipo con il cielo un po’ grigiastro, oppure se sono particolarmente affaticato dalla pedalata. Gli alberi sono degli esseri viventi che, non solo creano una rete comunicativa tramite l’intreccio delle radici, ma anche con la loro energia irradiata via etere. Ighina, si dice, riuscì a ricavare energia elettrica da un tronco d’albero vivo. Questi nostri fratelli verdi e marroni, sono dei grandi saggi ed hanno una loro vera e propria personalità. Esiste, a tal pro, una "disciplina" chiamata Silvoterapia, ossia:
"la Silvoterapia è un vero e proprio metodo terapeutico di cura e di prevenzione delle malattie attraverso gli alberi. È stata riconosciuta come metodo scientifico solo nel 1927, quando veniva ormai usata da secoli. Si basa sull'antica idea del recupero della salute attraverso gli alberi. In passato ai pazienti malati di polmonite veniva consigliato di passare un periodo nei boschi o almeno nelle vicinanze. Una pratica che potrebbe essere utile anche a noi, che negli ultimi decenni ci siamo allontanati sempre più dalla natura...".
Link
Lunedì scorso mi è successa questa esperienza; ho fissato il manto erboso basso, verde, irregolare per via di un po’ di sterpaglia, qualche sasso, legnetti sparsi caoticamente. Dopo qualche secondo, la luce si è livellata aumentando d’intensità, trovando un equilibrio, probabilmente. Come succede se lasciamo l’otturatore della macchina fotografica aperto con un tempo lungo, la luce tende ad invadere la scena, a sovresporre l’immagine inquadrata. Alla stessa maniera, il bianco è “sorto” da ogni parte della scena da me osservata. Poi l’erba e l’intero contesto ha cambiato apparenza, descrivendo una nuova immagine geometrica; come una sorta di reticolo a rombi “disegnato” con ciò che, un attimo prima, era lo sfondo che i miei sensi interpretavano come lo scenario sopra descritto. 

Ad un certo punto, per via delle emozioni, ho avuto un rigurgito di presenza fisica, per cui l’immagine geometrica formatasi, si è letteralmente trasmutata di forma in un istante, dando luogo ad un’altra struttura geometrica diversa, caratterizzata da una intensità più fitta delle “maglie”. Osservando tutto ciò con fare distaccato, sino a che mi è stato possibile, ho avuto chiaramente la percezione di essere l’osservatore che è in noi.

Non ero più un punto prospettico dettato dal mio corpo, ma ero divenuto un qualcosa di più “ampio”. 

La luce che nasceva dai contorni dell’immagine osservata, era un qualcosa, un dettaglio non secondario, in grado di spostare le regole della fisica terrestre. Non è la prima volta che mi succede, anzi… ormai ricerco questo stato d’osservazione; a volte, quando sono particolarmente affaticato, sento il cuore battere e questo tam tam serve come segnale di “intesa”, di risonanza per il respiro e per la connessione con questo stato di pseudo meditazione allargata, ad occhi aperti. Il battito del cuore nelle orecchie, la brezza che sussurra ritmicamente, le pressioni laterali ai lobi, lo stato di sana stanchezza, la muscolatura che si contrae, la leggerezza della dispersione per quelle zone di luce: è tutto una meraviglia.

Tutto ciò mi ricorda che i livelli d'intensità della vibrazione dell'energia, comportano una modifica della struttura geometrica nell'intimità della materia; proprio come in quel video su internet che mostra la relazione tra frequenza e geometria dei granelli di sabbia.

Auguro a tutti voi di trovare la modalità di connessione al regno degli Alberi, al mondo vegetale… a voi stessi.

"Il mezzo può essere paragonato a un seme, il fine a un albero; e tra mezzo e fine vi è esattamente lo stesso inviolabile nesso che c’è tra seme e albero"
Gandhi


 

mercoledì 5 maggio 2010

Lo strano caso della "verità" scomoda.





“Il suo volto abbronzato segnato dal tempo, gli occhi che sprizzano vitalità, la barba bianca che contrasta col rosso acceso del suo vestito, l’abito tradizionale dei devoti alla dea Ambaji; tutto questo sta facendo il giro del mondo.
Stiamo parlando di Prahlad Jani, il santone indiano di 84 anni che, da 72, sopravvive senza mangiare e senza bere. La prodigiosa qualità sarebbe dovuta a una pratica ascetica nota come breatharianismo, che in realtà Prahlad Jani sostiene di aver acquisito all'età di otto anni come dono di una divinità.
Per 10 giorni, un team medico lo ha tenuto sotto stretta osservazione in un ospedale dello stato settentrionale del Gujarat, nella città occidentale indiana di Ahmedabad. Il Defence Institute of Physiologist and Allied Science (Dipas), afferente alla Difesa, sembra che intenda impadronirsi del suo segreto. Ma senza risultato. Non vi è, al momento, alcuna spiegazione scientifica.
Monitorato dalle telecamere giorno e notte, sottoposto ai più disparati esami, è risultato avere la struttura organica di un 25enne. Quindi? Abbiamo chiesto un parere al professor Alberto Battezzati, docente di Nutrizione presso l'Università degli Studi di Milano. Che si è dimostrato piuttosto scettico sull'argomento. Anche se possibilista su diversi aspetti della questione
Professore, è possibile che una persona sopravviva per 72 anni senza bere né mangiare?
Non lo ritengo possibile. Sulla base di comprovate esperienze, non esiste la benché minima possibilità che un evento del genere possa verificarsi”.
Fonte: Yahoo

I professori non ritengono possibile che un uomo possa vivere nemmeno 15 giorni senza bere nè mangiare, figuriamoci 72 anni. Ma allora quest’uomo che hanno davanti? Come lo spiegano? Che cosa pensano che simboleggi? Pensano che ci sia sotto un trucco?

Semplicemente lo ritengono impossibile e il cervello cancella l’evidenza, come quell’uomo, condizionato sotto ipnosi a non vedere la propria figlia, che vedeva attraverso il suo corpo posizionato proprio davanti a lui. Succedono cose strane a questo mondo e, sinceramente, sono sempre successe; altrimenti le leggende e le metafore non avrebbero senso. La stranezza di un evento è retaggio del grado di conoscenza e consapevolezza raggiunto da coloro che esaminano il caso. Sappiamo che, nel corso della storia, gli avvenimenti “scomodi” o ritenuti impossibili, sono stati ostinatamente eclissati; in pratica sono stati insabbiati sotto una coltre di indifferenza generale.

Mantenete il popolo lontano dal “libero pensare”, attraverso una condotta giornaliera di impegni vari, non da ultimo un lavoro “esteso” lungo l’intera giornata diurna, ed il popolo si “spegnerà” lentamente con il trascorrere del tempo. Dategli, nel tempo libero, svaghi che lo mantengano sempre lontano dal proprio sé, come la televisione, lo sport, i videogiochi, etc. Il resto, il popolo, lo compirà per propria volontà: sesso, ricerca di emozioni forti, alcool, droga, gioco d’azzardo, etc. Cosa rimane? Forse un barlume di lucidità per chiedersi: “Ma quest’uomo vive veramente senza nutrirsi?”. E chi ce la fa? La volontà di approfondire dura qualche minuto al massimo; la prima ricerca su internet verrà deviata dalla prima notizia di gossip o di altre amenità.

Per i più tenaci avverrà un approfondimento che porterà, nel giro di qualche giorno, a scontrarsi con amici e colleghi, parenti e familiari, poi tutto scemerà senza colpo ferire, come polvere sollevata da uno straccio asciutto che ricade al suolo inesorabilmente. Qualcuno lo scriverà in un blog, suscitando l’ilarità di quei pochi che leggeranno distrattamente l’articolo.

Non avendo la possibilità di verificare di persona, nessuno ci crede veramente. Ma se fosse nostro nonno, nostro padre, nostro fratello? Cambierebbe qualcosa in noi? Voglio dire, con l’esempio “vivo” riusciremmo a rimanerne tanto sbalorditi da “aprire gli occhi”? Oppure ci abitueremmo a questo caso di isolato sensazionalismo? In fondo nel Guinness dei primati ci sono cose pazzesche; le stesse prestazioni sportive a livello professionistico sono mirabolanti. Avete mai pensato a cosa significa saltare in alto oltre i 2 metri e quaranta? O saltare in lungo nove metri? O assistere alla gara dei superman dei cento metri piani?

Fenomeni? Casi isolati? Lo sport porta alla massima evidenziazione i campioni; coloro che hanno la marcia in più. E tutti gli altri? Mi sono sempre chiesto come fa una persona a considerarsi un “campione del mondo”, quando due terzi della popolazione mondiale fa fatica a tirare sera.  Quanti campioni potenziali ci sono tra questa marea di gente che vive di stenti? L’esempio pratico è dimostrato dagli sviluppi esponenziali, ottenuti dalla popolazione di colore, da quando la loro condizione è diametralmente cambiata, da qualche decennio a questa parte. Abbiamo persino un presidente degli Stati Uniti adesso! Ai tempi delle olimpiadi di Berlino, sotto agli occhi di Hitler, vinse 4 medaglie d’oro, Jesse Owens, un atleta di colore americano. Però a tal proposito possiamo leggere su Wikipedia  la seguente ed interessante testimonianza:

leggenda assai diffusa, ma si tratta di narrazione priva di fondamento, come dichiarato dallo stesso Jesse Owens, il rifiuto di Hitler di riconoscerne le vittorie... Ma anzi mentre l'atleta statunitense passava sotto la tribuna d'onore venne salutato da Hitler con un gesto della mano al quale egli rispose.
Lo stesso ricorderà più tardi come a "snobbarlo" non fu Hitler ma Roosevelt, che non gli inviò mai nessuna lettera di congratulazioni, ma anzi cancellò il loro incontro già in programma in quanto preoccupato della reazione elettorale delle grandi masse del sud statunitense".

Come possiamo notare, la verità è sempre diversa da quello che le parole, nel tempo, “disegnano” nella memoria della gente. Ricordiamo ancora, infatti, che viviamo in un mondo letteralmente alla rovescia. Il caso Hitler è il frattale del caso Saddam Houssein: né diavoli, né angeli, ma vittime di un potere più grande di loro.  Lo stesso potere che, ancora oggi più che mai, ci mantiene lontani dalle domande sensate e dalle risposte in grado di scoperchiare la “pentola” che bolle a fuoco lento.