“Odo il rullare di un motore da camion laggiù in strada; è strano come mi giunga quasi delicato, filtrato dalla distanza e dall’altezza. Cancellandomi raggiungo persino il rilassamento, e lasciandomi cullare sulle frequenze di quel canto di dinosauro gentile, ogni cosa sembra pesare meno. Il mondo è fatto di vapore accogliente, brividi a fior di pelle, di fresco che penetra dalla finestra aperta ad ogni sensazione. La mia casa è il solito tempio eretto su colonne come antenne. Il parco cittadino intrattiene l’aria di città, la circuisce riempiendola d’attenzioni, infine la stringe con un abbraccio commosso, sciogliendola temporaneamente dai legami e dai ricatti dell’urlo umano. I tronchi d’albero sembrano grosse, grigie, attempate, zampe d’elefante ricoperte dal fogliame frusciante, solidale con il moto degli astri e della Luna; è quasi buio ma scorgo ancora degli uccelletti dal corpo di lampada d’Aladino, zampettare quasi divertiti attorno a qualcosa d’invitante. Pericolosi campi magnetici lambiscono od attraversano ogni cosa, eserciti d’immagini sfilano davanti agli occhi di milioni di formichine inermi; il nuovo diventa subito obsoleto. I televisori vomitano in continuazione sentenze contrarie, che interagiscono anche sull’equilibrio di chi non ascolta. Nella massima libertà il mondo va avanti rullando i propri tamburi di guerra perenne. I sogni accarezzano con minore intensità. Nei ricordi s’accumulano sostanze nuove, estranee, anche nocive…Proust avrebbe saputo descrivere questo meccanismo moderno, in modo quantomeno involontario pur tuttavia… quantistico. Ciò che resta del passato porta la maschera di un clown ma non sappiamo se ci farà necessariamente del bene; pensieri affilati dal tempo ammiccano tra le pieghe leggendarie di un suolo mai calpestato da nessuno, come sabbie mobili, come profumo invitante, come una idea nata e soffocata nel breve apparire di una stella cadente. A volte è un dono del cielo non riuscire a focalizzare proprio tutto del passato. Ad ogni respiro compete la massima importanza e l’ultimo è già acqua che lambisce contorni indefiniti, vaporosi…
Tracce di me raccontano cose viste da un’altra angolazione. Sono sempre io, eppure diverso. Una mia orma di fango, lasciata nella stanza mi suggerisce quanto siamo grandi e piccoli allo stesso tempo, è come osservare la Terra dallo spazio e commuoversi senza imbarazzo. In quello stretto spazio c’è una parte di me, nella forma, nella pressione esercitata, nelle molecole disturbate, nel senso di quel passaggio, nell’energia d’interscambio ci sono io; posso guardarmi, specchiarmi orgoglioso d’esistere. Osservo la luce della candela aumentare d’intensità al calare del crepuscolo, fuori si fa buio ed ogni cosa sembra svanire come per incantesimo; le case chiudono gli occhi o li aprono, non so! Se penso a cosa mi è passato per la testa negli ultimi minuti, penso ad un grande cratere antico percorso e plagiato dal giorno e dalla notte; non riesco a cogliere a pieno il significato! Non vorrei mai che i nostri pensieri siano paragonabili ad una corrente parassita od al rumore generato dai cavi dell’alta tensione, insomma solo un effetto secondario di un ben più vasto movimento…
Quel camion macina lentamente metri, non appena scatta il verde, non appena una luce cambia colore, non appena qualcosa cambia di stato, non appena l’eccitazione di qualche componente raggiunge l’acme, secondo il volere di un controllo silenzioso, di un grande fratello nascosto, posato con un preciso compito, anche se il potere di un semaforo nasce prima nella mente.
Questa notte mi voglio nutrire d’energia e conoscere colui che sogna solitario, disperso… ricercato. Sento sin troppo forte il senso di appartenenza a qualcosa di non ben definito, che sia il mondo o il genere umano o un ordine naturale delle cose che prescinde dai canoni del pensiero conosciuto; è cosi difficile esprimere una simile percezione, quasi fosse una strana sorta di contrizione interna e profonda senza una valida motivazione, quasi geneticamente trasmessa. A volte succede di sentire molto vicina la chiave per comprendere, ma è sufficiente la sola incapacità della psiche di avvicinare e flettersi ulteriormente attorno ad una nuova forma di conoscenza, a mantenerci isolati da una mai sperimentata dimensione. Siamo circondati da forze sconosciute, probabilmente primitive, ma non nel senso che la società ha conferito al termine; forze antiche come la luce, il tempo e lo spazio, presenze che esulano dalla fisica, dal tempo e dalle dimensioni, sostanze come la mente capaci d’interagire con la realtà, strutture semplici intersecanti l’uomo come una torcia elettrica per una popolazione che non ha mai visto nient’altro oltre la propria foresta; pur a diversi livelli, la semplicità è un ingrediente immancabile ai fini della comprensione.
Io vivo per attimi come questi.
Un passo avanti, uno indietro.
Guardarsi attorno e scoprire d’essersi comunque mossi.
Il percorso della conoscenza è un rotolo di sorprese che si allunga verso il futuro; in realtà si espande in più direzioni diverse come le onde create dal passaggio di una nave, allo stesso modo della volubile scia ricalcata sulla superficie, così come l’aria disturbata, maltrattata, lesa ma, anche, ascoltata, apprezzata…
La semplicità è qualcosa che affonda nel passato, attingendo nel futuro, per questo posso pensare ad un tondo pressoché perfetto; l’orbita della semplicità è però talmente grande per un uomo, tanto da risultare invisibile, incomprensibile, difficile; come fumo negli occhi.
E’ semplice un bel fiore di margherita”. (Prospettiva Vita)
Caldi e teneri auguri, Mondo…
Un sereno ed equilibrato 2010…
Possa la poesia e l'amore illuminare la nostra via...