venerdì 1 gennaio 2010

Ricordare il Tempo.








Ricordare il tempo per

onorarne le impronte
 

imbevute di colori diversi

lambirne i tremuli contorni

accarezzandone il soffio vitale

celebrarne l’aspetto evocativo.

E’ sottile lo spazio che conduce a tal ricordo

confuso comè tra pareti d’osso:

onorarlo

lambirlo

celebrarlo

permette di degnare di un sorriso la vita.

Un brindisi al tempo che scorre pienamente coccolato.


giovedì 31 dicembre 2009

Al 2010...








“Odo il rullare di un motore da camion laggiù in strada; è strano come mi giunga quasi delicato, filtrato dalla distanza e dall’altezza. Cancellandomi raggiungo persino il rilassamento, e lasciandomi cullare sulle frequenze di quel canto di dinosauro gentile, ogni cosa sembra pesare meno. Il mondo è fatto di vapore accogliente, brividi a fior di pelle, di fresco che penetra dalla finestra aperta ad ogni sensazione. La mia casa è il solito tempio eretto su colonne come antenne. Il parco cittadino intrattiene l’aria di città, la circuisce riempiendola d’attenzioni, infine la stringe con un abbraccio commosso, sciogliendola temporaneamente dai legami e dai ricatti dell’urlo umano. I tronchi d’albero sembrano grosse, grigie, attempate, zampe d’elefante ricoperte dal fogliame frusciante, solidale con il moto degli astri e della Luna; è quasi buio ma scorgo ancora degli uccelletti dal corpo di lampada d’Aladino, zampettare quasi divertiti attorno a qualcosa d’invitante. Pericolosi campi magnetici lambiscono od attraversano ogni cosa, eserciti d’immagini sfilano davanti agli occhi di milioni di formichine inermi; il nuovo diventa subito obsoleto. I televisori vomitano in continuazione sentenze contrarie, che interagiscono anche  sull’equilibrio di chi non ascolta. Nella massima libertà il mondo va avanti rullando i propri tamburi di guerra perenne. I sogni accarezzano con minore intensità. Nei ricordi s’accumulano sostanze nuove, estranee, anche nocive…Proust avrebbe saputo descrivere questo meccanismo moderno, in modo quantomeno involontario pur tuttavia… quantistico. Ciò che resta del passato porta la maschera di un clown ma non sappiamo se ci farà necessariamente del bene; pensieri affilati dal tempo ammiccano tra le pieghe leggendarie di un suolo mai calpestato da nessuno, come sabbie mobili, come profumo invitante, come una idea nata e soffocata nel breve apparire di una stella cadente. A volte è un dono del cielo non riuscire a focalizzare proprio tutto del passato. Ad ogni respiro compete la massima importanza e l’ultimo è già acqua che lambisce contorni indefiniti, vaporosi…
Tracce di me raccontano cose viste da un’altra angolazione. Sono sempre io, eppure diverso. Una mia orma di fango, lasciata nella stanza mi suggerisce quanto siamo grandi e piccoli allo stesso tempo, è come osservare la Terra dallo spazio e commuoversi senza imbarazzo. In quello stretto spazio c’è una parte di me, nella forma, nella pressione esercitata, nelle molecole disturbate, nel senso di quel passaggio, nell’energia d’interscambio ci sono io; posso guardarmi, specchiarmi orgoglioso d’esistere. Osservo la luce della candela aumentare d’intensità al calare del crepuscolo, fuori si fa buio ed ogni cosa sembra svanire come per incantesimo; le case chiudono gli occhi o li aprono, non so! Se penso a cosa mi è passato per la testa negli ultimi minuti, penso ad un grande cratere antico percorso e plagiato dal giorno e dalla notte; non riesco a cogliere a pieno il significato! Non vorrei mai che i nostri pensieri siano paragonabili ad una corrente parassita od al rumore generato dai cavi dell’alta tensione, insomma solo un effetto secondario di un ben più vasto movimento…
Quel camion macina lentamente metri, non appena scatta il verde, non appena una luce cambia colore, non appena qualcosa cambia di stato, non appena l’eccitazione di qualche componente raggiunge l’acme, secondo il volere di un controllo silenzioso, di un grande fratello nascosto, posato con un preciso compito, anche se il potere di un semaforo nasce prima nella mente.
Questa notte mi voglio nutrire d’energia e conoscere colui che sogna solitario, disperso… ricercato. Sento sin troppo forte il senso di appartenenza a qualcosa di non ben definito, che sia il mondo o il genere umano o un ordine naturale delle cose che prescinde dai canoni del pensiero conosciuto; è cosi difficile esprimere una simile percezione, quasi fosse una strana sorta di contrizione interna e profonda senza una valida motivazione, quasi geneticamente trasmessa. A volte succede di sentire molto vicina la chiave per comprendere, ma è sufficiente la sola incapacità della psiche di avvicinare e flettersi ulteriormente attorno ad una nuova forma di conoscenza, a mantenerci isolati da una mai sperimentata dimensione. Siamo circondati da forze sconosciute, probabilmente primitive, ma non nel senso che la società ha conferito al termine; forze antiche come la luce, il tempo e lo spazio, presenze che esulano dalla fisica, dal tempo e dalle dimensioni, sostanze come la mente capaci d’interagire con la realtà, strutture semplici intersecanti l’uomo come una torcia elettrica per una popolazione che non ha mai visto nient’altro oltre la propria foresta; pur a diversi livelli, la semplicità è un ingrediente immancabile ai fini della comprensione.
Io vivo per attimi come questi.
Un passo avanti, uno indietro.
Guardarsi attorno e scoprire d’essersi comunque mossi.
Il percorso della conoscenza è un rotolo di sorprese che si allunga verso il futuro; in realtà si espande in più direzioni diverse come le onde create dal passaggio di una nave, allo stesso modo della volubile scia ricalcata sulla superficie, così come l’aria disturbata, maltrattata, lesa ma, anche, ascoltata, apprezzata…
La semplicità è qualcosa che affonda nel passato, attingendo nel futuro, per questo posso pensare ad un tondo pressoché perfetto; l’orbita della semplicità è però talmente grande per un uomo, tanto da risultare invisibile, incomprensibile, difficile; come fumo negli occhi.
E’ semplice un bel fiore di margherita”. (Prospettiva Vita)



Caldi e teneri auguri, Mondo…

Un sereno ed equilibrato 2010…



Possa la poesia e l'amore illuminare la nostra via...






mercoledì 30 dicembre 2009

Trasmutare il Tao.








Quanto conta, in termini d’energia e dunque di opportunità di Vita, ciò con il quale si interagisce e che è manifesto oppure non manifesto attorno all’uomo? Oserei pensare molto, anzi un po’ di più. In termini concreti l’esistenza di ogni singolo individuo è oramai determinata da “ritmi” esterni a lui e non si vede all’orizzonte una modalità di cambio di una simile “andatura”, semmai ritenuta dai più, assolutamente normale. Ma ciò che non si vede è in termini di potenziale oramai maturo. Ciò che di esterno all’uomo lo “costringe” a muovere passi che non avrebbe mai compiuto se lasciato libero di “fare” di propria testa, determina la “forma” che dipinge il mondo conosciuto. Nel processo evolutivo delle cellule, si deve proprio all’interazione con l’esterno la formazione del nucleo che, in origine, non esisteva; infatti attraverso la “sensibilità” della membrana superiore della cellula, la cellula stessa ha “compreso” e sviluppato la propria intelligenza. Dunque come si spiega e come si può accusare l’esterno di essere la fonte dei mali dell’uomo? Ciò che è fuori è dentro. Ciò che è dentro si rispecchia fuori. È un ritmo. Uno specchio. Questa è la natura della dimensione nella quale la “caduta” ci ha portati secondo la nostra volontà. Nulla è per caso. Nessun giudizio dunque. Solo assunzioni di responsabilità. Oggi, l’energia che controlla il pianeta è lo specchio che contraddistingue le nostre paure ed il nostro stato di ritenuto isolamento. E questa “realtà” è quella che ci siamo costruiti con le nostre stesse “mani”. Eppure oramai esiste un potere che ci tiene sotto scacco e che non ne vuole sapere di “mutare” polarità, perché oramai “superato”. Viviamo un tempo di transizione basilare nel contesto dell’evoluzione in corso. Ed aprire gli occhi è più “facile” proprio perché siamo richiamati a farlo dalle energie superiori che spingono verso questo senso. Aprire gli occhi…
Ma cosa vuole dire? Cosa può voler dire se non immaginare. Immaginare un mondo diverso; proprio come lo si vorrebbe. Cosa ci vuole? Quanto costa? Perché non lo riusciamo a fare? Perché non riusciamo nemmeno ad immaginare? Chiedetevelo. Cosa manca per immaginare? Forse il tempo? No. Quella è sempre la solita scusante, il capro espiatorio. Dunque? Forse la volontà? Chiedetevelo. E perché mai dovrebbe mancare tale “forza”? Cosa ce la porta via? Secondo me, la nostra partecipazione attiva nel mantenimento delle “infrastrutture” energetiche di un mondo che è stato sognato molto tempo fa, da noi stessi, ma che oggi è vecchio è stantio perché “superato” dalle necessità di evoluzione umana. L’energia vitale dell’uomo viene sacrificata, come un tempo l’agnello o oggi il tacchino negli USA, proprio per tenere in piedi ciò che deve collassare: questo modo di intendere la Vita. Un “modo” che mantiene in vita solo quella energia che abbiamo creato quando siamo scappati da noi stessi, anch’essa solo un capro espiatorio della nostra paura di affrontarci. Dunque tutto, infine, sembra sempre ruotare attorno alla nostra capacità di consapevolezza. Come bimbi spauriti, dimentichi di chi siamo, abbiamo manifestato il “controllo” fuori di noi ed oggi il “controllo” (l’Antisistema) è ancora qua. Ciò non si identifica con la natura del complotto, con il vedere a tutti i costi ciò che non esiste. Ciò si identifica con la presa di coscienza che abbiamo creato un “mostro” che corrisponde alla nostra parte “buia” e che corrisponde alla parte “buia” presente nell’Assoluto e che, noi dovevamo manifestare proprio per renderla evidente. Portare alla luce il buio sulla Terra, nella dimensione fisica dell’Universo; luogo nel quale è possibile comprendere veramente “cosa è il buio”, il male. Solo in questo modo il Creatore può evolvere e trasmutare quella parte di sé che non “conosce” all’evidenza della “Luce”. Ciò che sostengo è che l’Assoluto può farne a meno perché il pericolo latente è che, fuori controllo nella linea della creazione, possa comportare la distruzione della stessa creazione; possa cioè minare l’equazione della Vita. Secondo me il simbolo del Tao rappresenta una verità in via di trasmutazione a tutti i livelli. Il libero arbitrio “allunga” il proprio raggio secondo la ”maturità” degli attori coinvolti dalla creazione, ed in questo aspetto il frattale maggiore è proprio il Creatore, il quale necessita di evolvere come ogni altra manifestazione della propria immaginifica creazione. Non si può pensare altrimenti secondo il mio umile “sentire”. Il Creatore necessita, vuole, intende evolvere. E tutta la sua progenie rispecchia la sua volontà dettata dall’immaginazione di “andare avanti”. Lo sforzo al quale siamo chiamati è di partecipare attivamente al Piano Divino e non di rimanere impaludati nelle anse secondarie del flusso creativo. La prigione che ci siamo auto costruiti non ha odore ne sapore, non ci trattiene ma siamo noi che non riusciamo a staccarci.
Di questo sono certo come solo un bimbo lo è di vedere il proprio amico invisibile.

"Il farmacologo e psicoterapeuta francese Émile Coué (1857–1926) incontrò nel 1885 i maestri della scuola di Nancy, seguendo gli orientamenti di Liébeault e Bernheim riguardo al fenomeno della suggestione.
Egli intese l’ importanza delle relazioni sociali e del condizionamento che continuamente precostituisce la nostra mente, senza che possa esserci una cosciente valutazione. La vita dell’uomo è determinata dai condizionamenti importati e a tal proposito Coué scriveva: “Ed ecco che noi, così fieri della nostra volontà, che crediamo di compiere liberamente ogni nostra azione, non siamo in realtà che marionette di cui la nostra immaginazione tiene tutti i fili” .
Già Paracelso aveva capito l’importanza dell’immaginazione scrivendo: “Togliete la forza dell’immaginazione e non raggiungerete nulla”.
E’ alla facoltà di rappresentazione mentale che si deve il potere della mente. Non è la percezione sensibile ad agire nei processi mentali, ma la rappresentazione psichica. Anzi, sovente, tra volontà ed immaginazione sorgono contrasti, e solo agendo tramite le suggestioni sull’immaginazione del soggetto è possibile instaurare i processi ipnotici.
Per meglio comprendere il concetto della preminenza dell’immaginazione sulla volontà, vediamo gli assunti relativi:  
  • quando la volontà e l’immaginazione sono in conflitto, vince sempre l’immaginazione, senza alcuna eccezione;  
  • nel contrasto tra volontà e immaginazione, la forza di quest’ultima è in ragione diretta del quadrato della volontà;   
  • quando la volontà e l’immaginazione si trovano d’accordo, l’una non si aggiunge all’altra, ma si moltiplica con l’altra.
Immaginazione e inconscio.
E’ l’autosuggestione che deve prodursi, il compito della suggestione è proprio quello di agire sullo stato cosciente dell’individuo e trasformarsi in “propria suggestione” attraverso l’immaginazione; in tal guisa Coué fa corrispondere l’immaginazione con l’inconscio: “E’ lui che noi chiamiamo immaginazione e che contrariamente a quanto è ammesso, ci fa sempre agire anche e soprattutto contro la nostra volontà, quando vi sia antagonismo tra queste due forze” (E. Coué, 1924)".
Fonte: http://www.aemetra-valeriosanfo.it/Cou%C3%A9%20%28metodo%29.html

"Non è la volontà che può mettere in moto le enormi forze subcoscienti che sono dentro di noi, ma la nostra immaginazione”.
Emile Couè

Chiediamoci perché i bambini sono sottoposti ai pesanti condizionamenti di ogni tipo, non per ultimo da quelli “sparati” dalla televisione. E perché la scuola sia tanto povera in questo senso.

"Quando un’idea si è impadronita della nostra mente al punto da farne sprigionare una suggestione, tutti gli sforzi coscienti fatti per resistere a questa suggestione non servono che a rafforzarla".
Emile Couè

Chiediamoci alla luce di questo enunciato cosa intendeva veramente Madre Teresa di Calcutta con questa frase:

"Qualcuno mi ha chiesto perchè non partecipo a manifestazioni contro la guerra. Ho risposto che non lo farò mai. Ma sono pronta a partecipare a qualunque manifestazione per la pace".