Cosa significa “tifare” per una certa “s-quadra”?
Di nonsolocalcio si tratta, ovviamente. Essendo un modus diffuso globalmente, non importa dove, quando, perché. Il “tifo”, oltre che ad essere una malattia contagiosa (guarda non caso), è una inclinazione – che arriva a sviluppare vera e propria di-pendenza – verso una certa situazione di fondo, che “prende” ed attanaglia sino alle viscere o “dentro” e che, in definitiva, divide ulteriormente l’individuo, andando a costituire una fascia altrui che dalla profondità guida, segue, controlla sostanzialmente e potenzialmente ogni “fase” della routine dell’ospite.
Come ben sai, infatti, chi è sede di “virus” è l’ospite e non colui che ospita. Un concetto fuorviante e controintuitivo, ma tant’è… significante; non sei tu ad ospitare l’altrui compresenza, bensì, sei ospite in casa tua che, quindi, è “tua” così come allora tu sei “tu”, nell’Anti-Sistema.
“Ora”, sei tante “cose” tutte assieme (contemporaneamente, come il potenziale). Ergo, quando sei chiamato a scegliere o a “decidere”, ad esempio al lavoro oppure in qualsiasi frangente della vita, in quale maniera incide essere anche “ospite del tifo”?