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giovedì 18 marzo 2010

Derivati Milano, a giudizio i "soliti noti"; potere ai bambini.




Il gup di Milano Simone Luerti ha rinviato a giudizio oggi al termine dell'udienza preliminare tutti gli imputati del procedimento per truffa aggravata ai danni del Comune di Milano per la vendita di derivati: si tratta di quattro banche estere e 13 persone.

Lo hanno riferito fonti legali e giudiziarie. Il prossimo 6 maggio davanti alla quarta sezione penale del Tribunale di Milano si dovranno presentare le banche: Jp Morgan, Deutsche Bank, la filiale londinese di Ubs e quella di Dublino di Depfa Bank, insieme a due ex funzionari del Comune di Milano e 11 funzionari degli istituti di credito.

Il procedimento ha al centro uno swap trentennale che risale al 2005 tra il Comune di Milano e le banche. La pubblica accusa sostiene che gli imputati abbiano truffato il Comune di Milano, guadagnando illecitamente oltre 100 milioni di euro. Alcune delle banche coinvolte hanno negato ogni addebito ribadendo piena fiducia nei propri dipendenti.

Ubs ha emesso una nota in cui ribadisce che "non è stata commessa frode da Ubs o da suoi dipendenti nei confronti del Comune di Milano". "Ubs e i suoi esponenti sono fiduciosi che riusciranno a dimostrare nel corso del processo", fra l'altro, che il Comune di Milano non ha avuto danni dall'operazione e che Ubs non ne ha tratto illeciti guadagni.
"Ci difenderemo con forza dalle accuse avanzate e siamo certi che la solidità della nostra posizione in relazione agli addebiti contestati verrà dimostrata nel corso del dibattimento. Riteniamo che i dipendenti di J.P. Morgan coinvolti abbiano agito con professionalità e in modo appropriato", recita una nota della banca Usa.

Anche Deutsche Bank attraverso un portavoce ha preso posizione sul tema. "Riteniamo che le nostre argomentazioni siano fondate e saranno dimostrate nel corso del procedimento giudiziario. Ribadiamo inoltre la piena fiducia nell'integrità dei nostri dipendenti coinvolti nella transazione", dice il portavoce.

Primo processo penale sul tema.
Secondo il pm Alfredo Robledo si tratta del primo caso di un processo penale sul tema. "C'è solo un precedente di una sentenza amministrativa in Inghilterra alla fine degli anni 90 - ha detto il magistrato ai giornalisti dopo la decisione del giudice - In questa sentenza si diceva che i Comuni non dovrebbero comprare derivati dalle banche".

"E' la tappa di un percorso - ha aggiunto commentando il provvedimento di rinvio a giudizio - Un passaggio delicato, ma un passaggio". Come detto fra gli imputati ci sono due persone che all'epoca dei fatti ricoprivano il ruolo di funzionari del Comune di Milano, tre funzionari di Ubs, due di Deutsche Bank, quattro di Jp Morgan e due di Depfa Bank.

Le indagini.
L'indagine fa luce su uno swap trentennale del 2005 tra il Comune di Milano e le quattro banche su un bond bullet da 1,68 miliardi di euro in scadenza nel 2035.
Nella vicenda le quattro banche sono imputate come persone giuridiche per illeciti amministrativi previsti dalla legge 231 del 2001 che impone alle aziende la costituzione di modelli organizzativi per prevenire gli illeciti.

La procura ha sostenuto nella sua richiesta di processo che gli indagati avrebbero detto "falsamente" che la struttura proposta al Comune "avrebbe consentito una riduzione del valore finanziario delle passività totali a carico dell'Ente nella misura di 57 milioni 326.070 euro così prospettando tale proposta come conveniente" per il Comune.
In realtà invece, secondo l'accusa, il prodotto offerto a Palazzo Marino "non rispettava il valore complessivamente nullo di uno swap all'atto della sua stipula, secondo la prassi e la condotta di mercato".

Secondo l'accusa, i due funzionari del Comune coinvolti avrebbero poi "indotto in errore" il Consiglio e la Giunta comunale che, dando il via libera all'emissione obbligazionaria nei termini previsti dalle banche, "procuravano l'illecito profitto, definitivamente acquisito (...), e mantenuto occulto nei confronti dell'Ente territoriale" per 52 milioni 689.907 euro (di cui 3 milioni 972.606 euro a Ubs Ltd, 10 milioni 379.893 a Deutsche Bank, 31 milioni 144.808 a JpMorgan e 7 milioni 192.601 a Depfa Bank) "con pari decremento patrimoniale del Comune di Milano, cui cagionavano danno di rilevante gravità".
Fonte: Yahoo notizie

Leggendo questo articolo di "economia", o meglio di “orrore economico”, possiamo notare i soliti ingredienti anti etici ed immorali che oramai imperversano nel tessuto sociale; questo “modo di fare” basato sul modello imperante dei grandi livelli del potere economico, riesce da sempre a sfuggire a quel processo massivo di autocoscienza che la massa dovrebbe sviluppare, al fine di interrompere una modalità perversa di gestione, a cascata, delle dinamiche stesse del vivere quotidiano. Sono sempre i soliti nomi, delle medesime “istituzioni finanziarie” in gioco. Sempre quelli. Le persone coinvolte cambiano, le “pedine” sono diverse ma i nomi delle società coinvolte sono sempre quelli. È veramente pazzesco come ogni volta si stenda un pietoso velo di indifferenza e di levata generale di sguardi. Mai che un processo simile giunga alla sua logica e legale conclusione. Non è semplicemente possibile perché, altrimenti, il vaso di Pandora si potrebbe aprire, facendo uscire le voci di tutti i “venti” imprigionati frattalmente. 
Ancora una volta i giochi illusori riescono a rispondere persino all'evidenza di una macro truffa. 
Queste Caste sono legate a braccetto l’una con l’altra e, la caduta di una, corrisponderebbe alla caduta dell’intero status quo. Stiamo a vedere cosa succede questa volta. Siamo a Milano e non negli USA; chissà che l’impulso dei nuovi tempi riesca a sfociare in un qualcosa di finalmente diverso.

La cosa che mi ha sempre meravigliato è la classe dei “difensori” legali; sempre disposti a difendere il potere del “soldo”. Se prendiamo un bambino e gli spieghiamo semplicemente cosa è successo, capirà subito di che cosa si tratta: una truffa! 
I bambini dovrebbero esprimersi in merito alla giustizia. 
La loro “logica” è pura e non determinata dal potere economico in gioco. In loro non vi è nessun “obbligo di nobiltà”.