venerdì 7 maggio 2010

Primavera.





Primavera –si sa (anche se quest’anno tarda ad arrivare)- è tempo di risveglio e in me si è risvegliata quella voglia/bisogno interiore di fare DECRESCITA che solitamente mi prendeva nel periodo delle vacanze estive, al rientro dalla villeggiatura, quando so di avere ancora davanti un mese e mezzo da passare a casa (noi, insegnanti privilegiate…). E non solo per un fatto puramente economico, ma anche per un sentimento di orgoglio per tutto ciò che riesco ad autoprodurre: il pane, i miei detersivi, il taglio di capelli di mio marito e mio figlio…

Quest’anno la nostra decrescita famigliare  si è ampliata, un po’ (questa volta sì) per necessità, un po’ per una sorta di “preparazione” alla nostra quasi totale vita da vegani nella casa nel bosco.

Durante le mie vacanze pasquali, ho prodotto il mio primo seitan, il mio primo latte di avena e la pasta madre (che avevo già prodotto l’anno scorso).  Ma andiamo con ordine…

Il seitan.
Credo di aver trovato la mia ricetta ideale per quello di kamut. Questa è la mia terza produzione e il risultato è molto positivo: oltre alla soddisfazione, c’è un risparmio di circa 8 €, perché la produzione è tale da bastarci per tutta la settimana!
Consiglio di leggere il post  riassuntivo sul seitan che ho trovato nel blog Semplicementevera, soprattutto per ciò che riguarda la modalità di lavorazione e di cottura.
Personalmente ho preso spunti molto interessanti che hanno migliorato il mio prodotto.
Riguardo la farina da usare e gli aromi per il brodo di cottura, io preferisco usare la farina di kamut (bio, naturalmente) e basta, per il brodo uso: 2 carote, 1 porro, 2 coste di sedano, 1 cipolla, 3-4 cucchiai di salsa shoyu, 1 striscia di alga kombu, 3-4 pezzi di funghi secchi, 1 cucchiaino di sale grosso, in quasi 2 lt di acqua.
Con 700 gr di farina, ho ottenuto (a fine cottura, una volta raffreddata) circa 500 gr di seitan pronto da tagliare e saltare in padella (seguiranno ricette nei prox post !!!).

Il  latte di avena.
Con 100 gr. di fiocchi di avena, frullati nel frullatore con circa ½ lt d’acqua, filtrato il tutto tre volte con un colino a maglie fitte, aggiunti 2 cucchiai di miele d’acacia, un pizzico di sale fino e ½ cucc.no di olio di semi di girasole, allungato con altri 700 ml d’acqua, ottengo ogni settimana 1 lt di latte d’avena per la colazione, per il caffè d’orzo e per eventuali ricette (in questo caso poi ne devo fare altro).
Anche in questo caso il risparmio è netto: meno di 1€ a settimana contro i 2,85 del negozio. Senza contare che il “residuo” (mi piacerebbe saper se si chiama okara solo quello della produzione del latte di soja o anche quello degli altri latti vegetali!) non viene buttato perché ho inventato una ricetta per una torta semplice e gustosa.
Informazioni interessanti nel blog Cottoalvapore.

La pasta madre.
Ah, questo vale un post a parte!

Insomma,  una primavera produttiva e producente. 

 

La dualità che unisce.






Parto da questa “riflessione” di James dei Wingmakers; dalla sua risposta ad una domanda:

Mark: Secondo te, qual è la cosa chiave che un ricercatore nuovo a questi materiali può fare per ottenere quel senso di convinzione, penso che lo chiamerò così, di essere sul sentiero giusto?
 
James: Sì, ebbene, la parola “religione” viene dalla parola latina “ri-collego”. Quindi ri-collegarsi al Sé Superiore è il significato esoterico del termine ‘religione’. Dunque, il ricercatore sta tentando di ri-collegarsi al suo Sé Superiore, che è stato messo in ombra dalla sua ego-personalità, e la cui voce viene sporadicamente udita e ancor meno seguita. Quindi, il ricercatore della verità deve attendersi o sentire un senso di riconnessione con il suo Sé Superiore, lo Spirito animante che scorre dentro di esso, e poi agire in base ad esso. Non basta ascoltare i bellissimi pensieri del proprio Sé Superiore o sentire la forza di questi sentimenti, o gli slanci creativi della sua mente.
 
Lo strumento umano deve allineare e riposizionare l’ego-personalità al suo giusto posto, correggendola nel  riconoscere il suo ruolo come facilitatore dello Spirito all’interno del dominio umano. Quando il ricercatore riconosce questi aggiustamenti e sente il ri-collegamento al suo Sé Superiore, avrà il senso di convinzione di essere sul sentiero giusto.
 
Ricorda, l’ho detto prima, è un processo psicologico. E’ il sentirsi ri-collegati alla propria Divinità. E’ il senso di potente (empowered) co-creatività con il proprio Sé Superiore e la sua inalterabile connessione con i campi dello Spirito che rendono possibile la sua eterna connessione all’individualità e all’unità (oneness). Con alternanze... come un’onda sinusoide, come un’onda dell’esistenza, questo è il potere che avete dentro di voi. E ogni autentico ricercatore è chiamato a questa specialissima e personalissima missione.

Come al solito le "parole" di James sono illuminanti; il senso primigenio, intimo, del termine “religione”, il concetto di “alternanza”. Wow. Questo secondo “principio”, quello dell’alternanza o ciclicità, si inserisce nelle vive motivazioni che ci fanno “sbandare”, proprio di tanto in tanto, levandoci la chiarezza della “visione” complessiva, di “essere sul sentiero giusto”. Da qua comprendiamo come la nostra Natura, sia inserita e rispecchi a pieno l’intero creato o meglio il “respiro” e, dunque, la doppia polarità dell’atto dell’inspirare ed espirare

Nella dimensione che ci accoglie, il concetto di dualità trova la sua quintessenza; è proprio qua, infatti, che si evidenzia pienamente la contrapposizione tra due “modalità” diverse caratterizzanti ogni decisione. Si è come sempre davanti ad un bivio, e ciò che ci viene richiesta è la consapevolezza di “saper” decidere ogni volta. Queste decisioni come vengono prese di volta in volta? Secondo me è proprio questo il termine che parametrizza la nostra “crescita” individuale e, di conseguenza, quella globale. Questo ri-collegarsi al nostro sé superiore effettivamente avviene? Se si, allora le decisioni prese porteranno sempre più verso una stabilizzazione dei cicli esistenziali, padroneggiando sempre più quello negativo; se no, allora la logica conclusione sarà lo smarrimento e l’essere in preda alla grande alternanza di luce e buio. 

Riuscire a gestire al meglio la dimensione tridimensionale fatta di scelte continue, comporta una buona gestione della propria essenza e, dunque, il saper prospetticamente “vedersi e sentirsi” per conoscersi

È questo un lavoro interiore che, però, prende spunto dall’esterno, proprio a sancire quell’unione, di fatto, che alimenta ogni aspetto della Vita. Nella dualità occorre una buona “bussola” per non smarrire la retta via; questo indicatore di direzione deve coincidere, perciò, proprio con quel dialogo interiore con il nostro sé superiore, sentirlo, percepirlo, imparare a “fidarsi di lui”. Il rumore di fondo che può contribuire ad innalzare il grado di “confusione” è quello che giunge dalle “spire” in movimento dell’ego, il quale si “nutre” di tutt’altro; anche se in termini spirituali un “sano” egocentrismo si può rivelare azzeccato per continuare la crescita. 

Occorre stare attenti a non confondere l’ego che ci porta a desiderare fattori materiali, all’ego che alimenta ed evidenzia la nostra “spinta” divina ancestrale. Come al solito si è sempre chiamati a scegliere tra due polarità della facoltà co-creativa. Il nostro potere unificante di “essere”, per cui “l’avere” allo stesso tempo non è che una logica derivazione, un aspetto quasi secondario, essendo conglobato nell’unicità dell’essenza. Per questo motivo la legge d’attrazione risponde all’essenza che desidera, intende, chiede, ringrazia ed attende con fede e speranza, avendo già maturato la sensazione di “avere” già quello che ha desiderato. Tra i due estremi vi è solo una certa “quantità” di tempo, di attesa prima della manifestazione nei piani “solidi” dell’energia.

"Voi camminate, state camminando, state facendo una passeggiata di primo mattino. Il linguaggio stesso - cioè, dire 'state camminando' - crea il problema; il problema sta appunto nel nostro linguaggio. Nel momento in cui diciamo che qualcuno 'sta camminando', supponiamo che ci sia qualcuno che cammina, il camminatore. Ci chiediamo: come è possibile che avvenga il camminare se non c'è colui che cammina?
Il Buddha afferma che non c'è il camminatore, ma solo il camminare. La vita non consiste di cose. Il Buddha dice che la vita è fatta di eventi e questo è esattamente quanto dichiara la scienza moderna: ci sono solo processi e non cose - eventi.
Anche dire che la vita esiste, è sbagliato. Esistono soltanto migliaia e migliaia di processi. La vita è solo un'idea. Non c'è nulla definibile 'vita'.
[...] La dualità è creata dal linguaggio. State camminando, il Buddha dice che esiste solo il camminare. State pensando, il Buddha dice che c'è solo il pensare, non colui che pensa. Il pensatore è creato dal linguaggio. Poiché usiamo un linguaggio basato sul dualismo, ogni cosa viene divisa in dualità.
Mentre pensate, c'è un gruppo di pensieri, bene - ma non c'è colui che pensa. Se veramente desiderate comprenderlo, dovrete meditare profondamente e arrivare a un punto dove il pensare scompare. Nel momento in cui il pensare scompare sarete sorpresi: anche colui che pensa non c'è più. Il pensatore scompare insieme al pensare. Era solo un'apparenza di pensieri in movimento.
State guardando un fiume. Esiste veramente quel fiume oppure è solo un movimento? Se toglieste quel movimento, ci sarebbe ancora il fiume? Una volta tolto il movimento, il fiume scomparirebbe. Non è il fiume che si muove, il fiume non è altro che lo 'scorrere'".

 

 

giovedì 6 maggio 2010

Il mondo silente dei saggi Alberi.





Mentre facevo il mio consueto giro in bici, lunedì scorso (prima di questa due giorni di pioggia battente) mi sono fermato in un punto, per qualche minuto, cercando di entrare in simbiosi con l’ecosistema che mi circondava. Osservando gli alberi, o meglio i loro tronchi, è ormai consuetudine vederne l’alone eterico che li avvolge; una sorta di "orma" esterna che, se cercata, diventa subito evidente. 

Ebbene mi sono accorto che tra due alberi non molto lontani, questa impronta energetica si unisce a mezz’aria. Osservando bene, cercando con un po’ di concentrazione, è possibile vedere una sorta di rete, appena visibile, che fluttua nell’aria tra i due tronchi. A me capita di vederla meglio in determinate situazioni climatiche, tipo con il cielo un po’ grigiastro, oppure se sono particolarmente affaticato dalla pedalata. Gli alberi sono degli esseri viventi che, non solo creano una rete comunicativa tramite l’intreccio delle radici, ma anche con la loro energia irradiata via etere. Ighina, si dice, riuscì a ricavare energia elettrica da un tronco d’albero vivo. Questi nostri fratelli verdi e marroni, sono dei grandi saggi ed hanno una loro vera e propria personalità. Esiste, a tal pro, una "disciplina" chiamata Silvoterapia, ossia:
"la Silvoterapia è un vero e proprio metodo terapeutico di cura e di prevenzione delle malattie attraverso gli alberi. È stata riconosciuta come metodo scientifico solo nel 1927, quando veniva ormai usata da secoli. Si basa sull'antica idea del recupero della salute attraverso gli alberi. In passato ai pazienti malati di polmonite veniva consigliato di passare un periodo nei boschi o almeno nelle vicinanze. Una pratica che potrebbe essere utile anche a noi, che negli ultimi decenni ci siamo allontanati sempre più dalla natura...".
Link
Lunedì scorso mi è successa questa esperienza; ho fissato il manto erboso basso, verde, irregolare per via di un po’ di sterpaglia, qualche sasso, legnetti sparsi caoticamente. Dopo qualche secondo, la luce si è livellata aumentando d’intensità, trovando un equilibrio, probabilmente. Come succede se lasciamo l’otturatore della macchina fotografica aperto con un tempo lungo, la luce tende ad invadere la scena, a sovresporre l’immagine inquadrata. Alla stessa maniera, il bianco è “sorto” da ogni parte della scena da me osservata. Poi l’erba e l’intero contesto ha cambiato apparenza, descrivendo una nuova immagine geometrica; come una sorta di reticolo a rombi “disegnato” con ciò che, un attimo prima, era lo sfondo che i miei sensi interpretavano come lo scenario sopra descritto. 

Ad un certo punto, per via delle emozioni, ho avuto un rigurgito di presenza fisica, per cui l’immagine geometrica formatasi, si è letteralmente trasmutata di forma in un istante, dando luogo ad un’altra struttura geometrica diversa, caratterizzata da una intensità più fitta delle “maglie”. Osservando tutto ciò con fare distaccato, sino a che mi è stato possibile, ho avuto chiaramente la percezione di essere l’osservatore che è in noi.

Non ero più un punto prospettico dettato dal mio corpo, ma ero divenuto un qualcosa di più “ampio”. 

La luce che nasceva dai contorni dell’immagine osservata, era un qualcosa, un dettaglio non secondario, in grado di spostare le regole della fisica terrestre. Non è la prima volta che mi succede, anzi… ormai ricerco questo stato d’osservazione; a volte, quando sono particolarmente affaticato, sento il cuore battere e questo tam tam serve come segnale di “intesa”, di risonanza per il respiro e per la connessione con questo stato di pseudo meditazione allargata, ad occhi aperti. Il battito del cuore nelle orecchie, la brezza che sussurra ritmicamente, le pressioni laterali ai lobi, lo stato di sana stanchezza, la muscolatura che si contrae, la leggerezza della dispersione per quelle zone di luce: è tutto una meraviglia.

Tutto ciò mi ricorda che i livelli d'intensità della vibrazione dell'energia, comportano una modifica della struttura geometrica nell'intimità della materia; proprio come in quel video su internet che mostra la relazione tra frequenza e geometria dei granelli di sabbia.

Auguro a tutti voi di trovare la modalità di connessione al regno degli Alberi, al mondo vegetale… a voi stessi.

"Il mezzo può essere paragonato a un seme, il fine a un albero; e tra mezzo e fine vi è esattamente lo stesso inviolabile nesso che c’è tra seme e albero"
Gandhi