Quello che vede è il risultato di una programmazione geniale. Un’imitazione del libero arbitrio…
Io, Robot.
Certe volte tendo a dimenticare quello che “intuisco da Tempo".
Certe volte, a fronte dell’atteggiamento ed alla pressione ambientale, tendo a tornare ad interpretare l’usuale livello di condotta, definibile e definito come “normale”. Ossia, a volte, torno a vedere questa Vita nella maniera convenzionale… ed è “lì” che mi accorgo di essere sostanzialmente diviso, frammentato in indefinite parti:
in... ciò che vede in molti modi diversi e ciò che “non vede in molti modi diversi”.
Già; ad una certa “quota” la divisione sussiste ancora e non è differente rispetto al “prima o al sotto”.
La mente funziona in una configurazione particolare, da molto Tempo (almeno, dalla fine dell’ultima grande glaciazione, ossia, circa 12.000 anni or sono). Ma non si può mai, con troppa sicurezza, uniformare la visione, essendo la stessa una caratteristica della frammentazione all’interno della quale si è. Proprio come se l’opera frammentante fosse un “oggetto forse nemmeno pensante”, mosso dalla sua ispirazione e procurante al di sotto l’effetto della frammentazione e cioè:
il corso della storia deviata umana.
Le parti e.. la parte.
La parte e… il suo motivo, la sua ragione.
La ragione che deriva dall’opera non locale dell’atto ispirante.
Atto che per sua natura risulta come inarrivabile, dal punto prospettico dei “frammenti”, perché ampiamente e sostanzialmente “distaccato” da ogni tipo e genere di effetti collaterali, più o meno diretti.
Quand’è che uno schema percettivo, diventa coscienza? Quand’è che una ricerca diversa, diventa la ricerca della verità?
Io, Robot.