venerdì 23 luglio 2010

Le strane analogie "aliene" fra Barks e Sitchin.




Devo molto a Zecharia Sitchin. Nel marzo 2006 il suo libro “Il pianeta degli Dei”, giunse a me in maniera inaspettata, cambiando per sempre la mia Vita. 

Grazie a questa preziosa “chiave di ricerca” mi sono imbattuto in una “versione” che non conoscevo di me stesso; una versione molto spirituale che, una certa modalità di Vita aveva provveduto a velare sotto pesanti coltri di “oblio” o di spossatezza energetica. A quel tempo non molto lontano, pensavo che non ci fosse più nulla da “scoprire” nel mondo e che scienziati, ricercatori, esploratori, etc. avessero già provveduto a compiere il “lavoro” che mi sarebbe tanto piaciuto svolgere.

Mi sbagliavo, allo stesso modo di come, nel Medioevo, ritenevano di avere compreso ogni “cosa”.

Mi accorsi che la “Terra non era piatta” ed iniziai ad aprire gli occhi. Però paradossalmente questo “lavoro” non mi portò a viaggiare geograficamente, ma bensì ad intraprendere un itinerario di riscoperta del mio essere. Non mi è affine usare il termine “profondità”, in un simile contesto, in quanto esprime un concetto monodirezionale e “piatto”, proprio come la nostra Anima non è dentro di noi ma in ogni ambito: il fuori ed il dentro non trovano riscontro a questo livello del cammino e della comunicazione basata su un linguaggio vibrazionalmente povero di significato e distaccato, distorto nella possibilità di comprendere e comprendersi.

L’opera di Sitchin ha costituito il trampolino per la mia “ricerca”, e adesso torna con la pubblicazione del suo ultimo libro “Quando i giganti abitavano la Terra”, edito da Macro Edizioni. Ecco ciò che si può leggere nella mail di presentazione giunta ieri:

“Fin dal suo primo libro, Il Pianeta degli dei, Zecharia Sitchin afferma che gli Elohim biblici che dissero "Creiamo Adamo a nostra immagine e somiglianza" siano stati gli dei della Sumeria e di Babilonia, gli Anunnaki giunti sulla Terra dal loro pianeta Nibiru. Secondo Sitchin, Adamo fu geneticamente progettato circa 300.000 anni fa, quando i geni degli Anunnaki vennero uniti a quelli di un ominide.
Poi, secondo la Bibbia, vennero celebrati matrimoni misti: sulla Terra abitarono i Giganti, che presero in moglie le discendenti di Adamo, dando alla luce "uomini eroici", figure che l’autore riconduce ai semidei delle tradizioni sumere e babilonesi, tra cui il famoso re mesopotamico Gilgamesh, colui che rivendicò il diritto all’immortalità e Utnapishtim, l’eroe babilonese del Diluvio.
 
Ma allora tutti noi discendiamo da semidei? 
 
In questo avvincente libro, che rappresenta la summa della sua opera, Zecharia Sitchin procede passo dopo passo attraverso l’analisi di un’enorme quantità di antiche scritture e manufatti, accompagnando il lettore alle tombe reali di Ur e alla stupefacente conclusione che le due tombe più straordinarie siano state l’ultima dimora di una coppia di divinità Anunnaki.
Sitchin rivela inoltre una fonte di DNA che potrebbe dimostrare la veridicità dei racconti biblici e sumeri, fornendo la prova fisica definitiva della presenza aliena sulla Terra in passato e un’opportunità scientifica senza precedenti di rintracciare "l’anello mancante" nell’evoluzione del genere umano, svelando i segreti della longevità e perfino il mistero fondamentale della vita e della morte”.
 
Il pensiero scaturente dalla Vita laboriosa e passionale di questo autore, è quantomeno simile ad un bisturi laser, in grado di aprirsi varchi nelle foreste intricate delle nostre menti occupate sempre a “fare altro”.

Ecco cosa mi è successo, qualche giorno fa, nauseato dal gran caldo afoso della mia zona. Sprofondato nel “caldo” divano di casa mia, ho notato un fumetto celebrativo della serie “La grande dinastia dei Paperi”, una collana delle “più belle storie Disney di tutti i tempi” che veniva venduto, qualche anno fa, insieme al Corriere della Sera. Il numero che avevo in casa era il primo, quello relativo all’anno 1950 e l’autore citato, perno dell’intera collana, era il grande Carl Barks, soprannominato “l’uomo dei Paperi”:

“Carl Barks ha raccontato umori, sentimenti e concetti universali a milioni di lettori: un intero mondo immaginato nel chiuso della sua stanza da lavoro, come aveva fatto Emilio Salgari”.
 
Barks inizia a “scrivere” fumetti all’età di 42 anni, proprio come me. :)

Egli crea alcune figure leggendarie del mondo Disney, come:
  • Paperopoli
  • Paperon De’ Paperoni
  • Gastone Paperone
  • Le Giovani Marmotte
  • La Banda Bassotti
  • Archimede Pitagorico ed il suo assistente Edi
  • Rockerduck
  • Amelia
Ma a pagina 11 del primo numero cosa possiamo leggere? Ecco l’esatta citazione che mi ha letteralmente fulminato, mentre stancamente estenuato dall’afa e dalle zanzare, sprofondavo negli inferi del tempo circolare:

“Quando gli si presenta l’occasione, con ironia Barks ridimensiona in modo drastico persino la leggenda del Walhalla, dimora celeste del dio Odino, che per Barks sarebbe un pianeta, la cui orbita spesso si avvicina in modo preoccupante alla Terra, e che risulta popolato da divinità greche, latine e scandinave. Lo smitizzante “Uomo dei Paperi” rivela che queste figure sono in realtà alieni dai discutibili poteri, nemmeno in grado di arrestare la corsa distruttiva del loro pianeta, ma che – all’epoca – furono divinizzati dai terrestri”.
 
Ebbene? È necessario che prosegua nell’evidenziare la pazzesca analogia con l’opera di Sitchin? Tra l’altro che giunge a noi, tramite Barks e tramite lo scanzonato fumetto, molto prima delle “scoperte” di Sitchin.
Walt Disney era molto di più di quel geniale creativo che noi tutti conosciamo; era un profondo conoscitore della storia umana e Barks, come molti altri della sua “corte”, probabilmente, lo era in maniera altrettanto “efficace”. Le loro opere si sono riversate e duplicate a milioni nel mondo, giungendo a colpire la fantasia e l’immaginazione di vaste platee di ragazzini e non solo. 

Cosa circola di subliminale in queste opere dell’ingegno fantasioso dell’uomo? 

Nemmeno in questo ambito esiste il caso; di quale “colore” possiamo disegnare il mondo Disney?

 

L'ubiquo e-Sprit (12).


(Cliccare sulla vignetta)
 

giovedì 22 luglio 2010

Le nostre "orme" ci rappresentano.




Cosa significa “vibrare”? Cioè, quando leggiamo, sempre più spesso mi sembra, la parola “vibrazione”, in ambito spirituale cosa si intende? Ebbene questa mattina, sostando per meditare un po’ e prendere “respiro” nel mio giro consueto in bicicletta, ho notato le orme delle scarpe che, sulla terra battuta, si erano impresse in maniera evidentissima sul terreno. Non c’erano solo le mie, ma anche orme di altre persone che erano passate, probabilmente, ieri. Oltre ai  segni degli pneumatici delle auto e dei trattori di passaggio.

La nostra vibrazione personale, senza entrare in ambito di descrizioni scientifiche o pseudo scientifiche, è la nostra “caratteristica” di base, o media. Essa racchiude e descrive la nostra “orma” dimensionale, dal carattere a ciò che più ci appassiona e molto di più ancora. È insomma la nostra consapevolezza media generale che noi imprimiamo nella realtà manifesta mentre viviamo ogni istante della nostra Vita. Le orme delle scarpe che ho visto erano perfettamente impresse sul terreno “accogliente”; il peso del corpo e le fattezze del suolo hanno permesso di “stampare” perfettamente ciò che era “disegnato” sotto la suola della scarpa.

Ecco il punto; ciò che è disegnato sotto la suola della scarpa è la nostra “caratteristica” media e, mentre ci muoviamo, ossia viviamo, lasciamo dietro di noi la nostra “orma” vibrazionale, ossia “ciò che siamo”, o meglio, ciò che in quel momento ci “rappresenta” in termini di consapevolezza, ossia del “dove siamo” nel percorso evolutivo. Ad ogni passo decisionale ci lasciamo dietro queste impronte energetiche, le quali si dissolvono nel tempo proprio come si dissolvono le orme delle scarpe sul terreno che viene calpestato da altre persone, auto o dalle intemperie del clima. Le nostre "impronte" ci rappresentano e identificano in ogni senso: non solo permettendo di risalire al nostro peso e ad alcune fattezze fisiche, ma anche energeticamente. Coloro che hanno gli strumenti o le capacità chiaroveggenti per “percepire”, possono leggere le nostre impronte d’energia, le quali si legano con l’ambiente nel quale sono state impresse, interagendo persino con l’energia delle persone.

Esse esprimono un frattale della nostra essenza quotidiana, ed esprimono il concetto solido di “vibrazione”, ossia di caratterizzazione del nostro essere.

La frase veementemente espressa da Massimo, nel film “Il Gladiatore”: “Fratelli! Ciò che facciamo in Vita riecheggia nell’eternità!” è significativa proprio di questa “verità” ed esprime la nostra caratteristica vibratoria, o impronta energetica, che ci accompagna come una nuvola, mutando ogni qualvolta noi “cambiamo” qualcosa della nostra essenza. Da qua anche il concetto di Karma è più comprensibile. Persino la scienza ufficiale, tramite Einstein è giunta al punto di dimostrare che tutto è energia, tramite la nota formula E=MC al quadrato che “suggerisce che quando un corpo è a riposo ha ancora dell'energia sotto forma di massa” (da Wikipedia).

In questi termini è più semplice afferrare il concetto di “vibrazione”, dal momento in cui è chiaro che non vibriamo letteralmente alla luce del Sole, ma vibriamo nei piani invisibili subatomici delle nostre molecole costituenti la nostra essenza; il “resto”, quello che percepiamo chiaramente alla luce del Sole, è solo illusione di stabilità! Denso miraggio sensoriale.

Ci muoviamo lasciando una scia energetica, come dei “timbri”; cosa ci lasciamo dietro? Ciò che mediamente “siamo”, proprio come il “disegno” che c’è sotto alla suola di una scarpa viene impresso sul terreno. Quanto “pesiamo” energeticamente, ossia quanto è alta la nostra capacità di imprimere la nostra energia vibratoria nell’ambiente? Dipende da molti fattori, non da ultimo anche dalla “durezza” o accoglienza del suolo che “calpestiamo”, metafora per fare comprendere che la Madre Terra potrebbe cancellare ogni nostra traccia se solo lo volesse!

Meditiamoci sopra.