Era una persona affabile e cordiale, con la quale ci si confidava volentieri. Rolletscheck (un pittore tedesco-boemo) era sentimentale e al tempo stesso leggermente cinico; pessimista da un lato, e, dall’altro, portato a dar così poco valore alla vita, che non gli sembrava valesse la pena di considerare le cose seriamente al punto da diventare pessimisti. Si doveva parlar molto delle ingiustizie della vita, quando egli era presente; ed era capace di sfogare all’infinito il suo sdegno per l’ingiustizia commessa dal mondo conto il povero Schiller, di fronte a Goethe già tanto favorito dalla sorte. Sebbene il rapporto quotidiano con tali persone mantenesse costantemente vivo lo scambio di pensieri e sentimenti, non mi veniva fatto, in questo periodo, di parlare direttamente della mia esperienza del mondo spirituale, nemmeno con coloro con cui ero intimamente legato per tutto il resto. Ero convinto che occorresse anzi tutto riconoscere come la giusta via per penetrare nel mondo spirituale conduca da prima all’esperienza delle idee pure. E in ogni forma mettevo in evidenza che, come l’uomo può avere un’esperienza cosciente di colori, suoni, qualità di calore, ecc., così può sperimentare anche idee pure, non influenzate da alcuna percezione esterna, pregne di vita propria. E in queste idee è lo spirito reale, vivente. “Ogni altra esperienza spirituale umana, così dicevo allora, deve germogliare nella coscienza da questa esperienza delle idee”.
E il fatto ch’io cercavo l’esperienza spirituale a tutta prima nell’esperienza delle idee, conduceva al malinteso, a cui ho accennato, nel quale persino i miei amici più intimi, non vedendo nelle idee la realtà vivente, mi prendevano per un razionalista o un intellettualista.
Da “La mia vita” di Rudolf Steiner – pag. 228-229
Viviamo di “malintesi” nei nostri rapporti quotidiani con gli altri; sia utilizzando le sfumature del linguaggio, secondo univoca sensibilità, sia atteggiandoci attraverso usi ed abitudini comportamentali. E non è davvero facile capirsi. Probabilmente è solo nel silenzio, paradossalmente, che è possibile instaurare quella empatia o telepatia o risonanza con coloro che ci stanno attorno. La comunicazione olografica è sempre attiva, così come il meccanismo specchio/riflesso; se questi tipi di comunicazione non mentono per natura intima del loro senso, è altrettanto vero che non sono di facile comprensione però! Trattasi di altra forma di linguaggio, diversa da quella usualmente e gutturalmente strutturata. Di questi “malintesi”, per dirla alla Steiner, è pieno il mondo e le nostre giornate. Non ci si capisce. Parliamo lingue diverse pur affermando gli stessi costrutti.
Abbiamo portato fuori di noi la modalità comunicativa, perché è stata persa quella “interna”, chiaroveggente.
Tutto ciò mi fa presupporre che il linguaggio sarà oggetto di notevoli trasformazioni nel futuro; è Steiner stesso che ci ricorda, nelle “Cronache dell’Akasha” che giungeremo a “procreare” materialmente la Vita, attraverso l’utilizzo del connubio parola-suono-vibrazione. In pratica un ritorno ai giorni primordiali della grande Creazione, della grande "mano" che non è una mano.
* La splendida immagine di testa si intitola "La grande mano" di Laura Medei