lunedì 12 ottobre 2009

Prospettiva vita (1).



Esiste uno scoglio sul mare appena fuori Dune. Il posto più adatto per chi vuole restare solo con i propri pensieri. Lo scoglio è una protuberanza rocciosa assomigliante, vagamente, ad un polso con il pugno chiuso sporgente sul “mare” della città dall’altura soprastante. Il mare è tutto quello che lo sguardo, o il cuore, possono vedere al di sotto. Niente acqua ne pesci ma onde cerebrali. Terra, cemento, macchine, carne ed attività cerebrale. Un formicaio tremendamente organizzato … disorganizzato … difficile dirlo a prima vista. Da li sopra ogni cosa appare più comprensibile. Inutile dire che è il posto migliore per suicidarsi. Inutile dire che bisogna prima trovarlo. Spesso, la notte, una proiezione di Romne se ne sta lì, avvolta su se stessa, rimuginando. Il corpo, probabilmente lontano, non può raggiungere quel luogo, quella vetta così rarefatta. Lasciato solo, langue presso ogni dove. Il suo potere è molto semplice. Si limita a volerlo e, da qualche tempo, il pensiero corre proprio lì. Certo che l’esistenza riserba sorprese a non finire! Ti ritrovi per anni a pascolare nello stesso campo, sorvegliato in tutte le maniere possibili e non immaginabili. Poi, un giorno, senti di poter evadere così facilmente, tanto da non smettere più di darti dello stupido per non esserci riuscito prima. E’ un percorso interiore fatto di energia, pazienza, speranza ed incontri. Incontri molto speciali…
In galera aveva perso tutto, persino l’affetto quasi morboso della sua tartarughina mangia lattuga.
Quel posto sapeva divorarti nel modo peggiore, dal di dentro, svuotandoti dalle consapevolezze della nostra razza. Come l’effetto postumo di una grossa sbornia. Per poi, molto progressivamente ed in modo del tutto scriteriato, tornare a credere in te, stringendo amicizie e coltivando quel campo arido, in ‘odore’ di desertificazione perpetua. Subire un tale processo non è esperienza augurabile a nessuno. Si è scossi alle fondamenta, annullati. E con le spalle al muro, non si può evitare di guardarsi in fondo in fondo. Laggiù dove scorre il torrente o la palude degli istinti. Dove i segreti giacciono dimenticati, nelle vicinanze dei ricordi dell’infanzia. In quel laboratorio alchemico si forgia la personalità, le deviazioni, le paure e quant’altro, … i lunghi camini s’elevano per le strutture dell’uomo sino ad emergere all’aria aperta: certi giorni possiamo persino sentirne le esalazioni.  Un uomo che si specchia nella propria anima ha due direzioni ben tracciate, a seconda che ne riesca a sostenere il peso: la via dell’accettazione o del compromesso, e il sentiero della riflessione. Romne aveva scelto la seconda. La domanda ch’era solito porsi lo metteva in tremenda difficoltà, “…sei sempre sulla stramaledetta torre, devi scegliere chi gettare nel vuoto. La donna gravida o il tuo migliore amico?….Dannazione, per anni il mio migliore amico è stato un cane”. Si rendeva conto di avere molti problemi e, paradossalmente, questa autodiagnosi lo faceva stare leggermente meglio. Riusciva ad accettare con maggiore peso specifico la situazione. In alcuni giorni, l’ambiente delle patrie galere poteva apparire persino gradevole, circondati come si era da mura oramai amiche. Il suo reato? “…Imputato si alzi ! Questa corte riunita, la giudica colpevole di essere venuto alla luce. Per questo crimine le sarà commisurata la pena di anni dieci da scontarsi nel penitenziario statale del Limbo, nel quale avrà modo di rendersi conto di cosa voglia dire …rispettare le regole”.
 
“…. è passato molto tempo, anni o eòni che siano. Ho visto il mio corpo crescere ed al contempo lo spirito sfiorire. Gli echi dell’infanzia balenare sempre più fugacemente oltre le siepi della realtà, come un sole che s’eclissa e parte per un viaggio senza fine. Ora colgo la schiuma che s’alza dall’oceano in burrasca e, nel mio naufragio perpetuo, spero e temo nel medesimo istante….”

I bagliori artificiali provenienti dalla città si aggiornavano nelle basse nuvole dando luogo ad uno strano meccanismo di riverbero sui tetti delle abitazioni, nei metalli delle grondaie e lungo le trasudate vie. Simile alla lucente città di Re Artù, Dune si preparava all’alba. I grossi parchi cittadini apparivano neri e minacciosi e i suoni generati quantomeno equivoci. Il laghetto artificiale conferiva contrasto e profondità. Quello specchio perfetto era appena increspato dagli umori di Eolo. Della tonda luna non ne restava che un pallido ricordo. Un grosso zzzzzz aleggiava sopra ogni cosa. Di questa pigra notte estiva Romne era il viaggiatore, il viandante etereo, lo spettatore privilegiato invitato ad assurgere al ruolo d’interprete.
 
“….i ricordi affollano le mie strette vie dell’inconscio colmando ogni spazio, ogni pertugio disponibile e, pressando sulle pareti, testimonianti i confini dell’uomo, mi rendono pronto. Magma fuso pervade i canali uditivi e lo stomaco. Mi riprendo gli spazi allargando le braccia a più non posso, i palmi aperti, le dita ben separate…..”

Ritmo. Gocce grosse. La consistente voce degli elementi prese il sopravvento annichilendo il corso dei pensieri. Quelle erano le stesse folgori che mettevano in fuga i primordiali esseri antropomorfi e che diedero inizio al movimento delle religioni. Ignoranza che libera mostri. Paura che genera prigionia. Gabbie di parole e funzioni sacre. Uomini contro uomini.
 
“….brividi mi percorrono la schiena. Mi ritrovo a specchiarmi in una goccia d’acqua chiedendomi chi sieda alla regia di una tale perfezione. Il direttore, a quanto pare,  si è svegliato di cattivo umore. Lingue di vento diffondono umori di campi di grano mietuto e terra assetata. Lo scroscio costante mi soffoca le volontà, ipnotizzando soavemente. Come un tronco d’albero con le foglie offerte al cielo, ascolto e … spero e …. temo.”

Romne non era nuovo ad esperienze “particolari”. Egli vivacchiava in una sorta di isola misteriosa, interamente da scoprire, un pezzetto alla volta. Così s’immaginava il pianeta Terra, un incantevole agglomerato di rocce e minerali, disperso nell’oceano dell’infinito. Similmente ad un naufrago, s’addentrava giorno per giorno nella conoscenza dell’entroterra e ciò presupponeva altissime dosi di coraggio e di audacia nonché un grado di rischio sopportabile elefantiaco. Le droghe s’imbatterono in lui inevitabilmente, secondo i canoni di avvicinamento classico. La sigaretta per confrontarsi con i grandi, l’haschisc per sfuggire da se stesso, gli acidi per allontanarsi sempre più dalla costa battuta. Sino ad avventurarsi in profondità. Nel cuore dell’isola, nelle voragini dell’anima. - E’ una strada delle tante -. All’età di trentasette anni quello che gli rimaneva da vivere se l’immaginava come l’incontro con una bella donna dagli occhiali scuri ed accento straniero.  Il capire se, infine, ci fosse stata costituiva il sale stesso del respirare, l’obiettivo ultimo. Ammettere che il naufragio avesse costituito solo il mezzo, il vettore per avvicinarsi alla conoscenza, alla semplice perfezione riscontrabile nell’intelaiatura di una foglia, nel ripetersi delle gocce, nello sbocciare di un fiore, nello sgorgare delle acque, nel disegno maniacale di una corteccia d’albero, nel sapore di un acino di uva. Sinora un qualcosa lo aveva preservato dalle regole canoniche del trascorrere del tempo, tanto che non una sola piccola ruga, nemmeno d’espressione, poteva vantarsi di soggiornare su quel viso d’altri tempi. L’integrità totale della maschera facciale strideva con le parole che sapeva generare. Costrutti elicoidali mai comuni, capaci di portarlo ben oltre l’età anagrafica. Una simile discrepanza rappresentava una falla del sistema. Un qualcosa sul quale iniziare a far presa per poi poter affondare gli artigli.

domenica 11 ottobre 2009

Wow che luce! Oggi qualcuno è stato "promosso".


Sul sito Corriere.it ho trovato questa notizia: Individuata l'esplosione di una stella distante 13 miliardi di anni luce. In una decina di secondi sprigionata un’energia 100 volte più elevata di quella emessa dal Sole in 9 miliardi di anni

Mi ha colpito molto il fatto che questa enorme esplosione di LUCE sia stata messa in relazione alla MORTE dell’astro in questione. Ora, io non capirò nulla di scienza ne di molto altro e, semplicemente, mi lascio andare fanciullescamente al mio mondo istintivo e percettivo… però! Però mi suona un po’ strano associare il concetto di una morte relazionato ad una esplosione di luce! E allora una nascita che cosa è? A cosa la potremmo collegare? Comprendo che il tutto racchiuda la figura di un cerchio, come racconta molto bene anche il Dr. R.G.Hamer, quando descrive una fase della formazione embrionale umana e, nella rappresentazione grafica, si vede chiaramente che la bocca/faringe e il retto si dividono, lacerando la formazione ad anello dei nostri antichi predecessori e dando luogo alla formazione embrionale successiva. Vita ed evoluzione passando anche dalla morte. Il processo segue sempre lo stesso schema e nella luce non comprendo come possa identificarsi un processo di morte fine a se stesso. Non voglio parlarne in termini metafisici o alchemici o religiosi o che dir si voglia… Non intendo parlare di trasmutazione o sublimazione etc.; voglio solo ardire che, a pelle, non mi sembra plausibile parlare di “una morte di un astro“ se questo avvenimento viene “celebrato” in una esplosione di luce. Il processo ha sicuramente un’altra natura ed un altro scopo. La scienza per quello che può avanzare oggi, celebra questo funerale facendo un gioco a somma zero, tra il nucleo che rimane e tutta l’energia e le polveri proiettate nelle regioni circostanti l’esplosione ( nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma )… La scienza si ferma alla morte. Il processo della creazione è sempre attivo e, questa esplosione sancisce, secondo me, un qualcosa di molto diverso da quello pronosticato. E solo perché noi, attraverso gli strumenti scientifici e le distanze pazzesche, non vediamo più la stessa situazione originaria, non significa che quella stella o entità vivente sia morta. Basti pensare al termine “illuminazione” allorché lo si associa allo spirito, come “il risveglio alla luce divina”. Suvvia, mi sembra tanto chiaro che: 
  • non conosciamo ancora i veri processi in corso 
  • si tratta di una elevazione e, come tale, sparisce ai nostri occhi perché vibra ad altre frequenze più elevate 
  • quello che rimane a noi visibile chiamiamolo pure corpo morto 
  • i termini del linguaggio sono vuoti e non significativi ( e forse l'intero linguaggio stesso ) 
  • godiamo del processo di morte che porta ad un simile risultato
Succo del discorso? Non bisogna avere paura di sorella Morte ( fantastica la Death della famiglia degli “eterni” della saga di Sandman, fumetto a me molto ma molto caro… http://it.wikipedia.org/wiki/Sandman ) e, come fanno gli sciamani… occorre sempre darle del tu.


sabato 10 ottobre 2009

Creare con metodo.



Oggi riporto per intero questo intrigante articolo, sempre attuale. Faccio il pigrone e mi limito a fare un bel "copia/incolla"... inutile dire che sono a pezzi per molti motivi... ma a chi interesserebbe ( e intanto l'ho detto! ). Riporto un mio autoritratto così, almeno, qualcuno si farà una idea più precisa del soggetto ideatore di questo "sacroprofano" blog... Scherzi a parte si rimane scioccati nel prendere atto del dove possa arrivare l'ingegno, l'intuito, la creatività umana. Siamo al cospetto della creazione quasi più pura e, anche in questo ambito, l'uomo ha stabilito/scoperto leggi, statistiche, regole varie. E' anche da qua che si misura il grado di evoluzione globale umana. Se costoro che osservano e, in funzione della domanda, danno delle risposte innovando/creando, possiamo da soli renderci conto di quanto siano importanti i nostri input, le nostre richieste, quello che vogliamo... vogliamo telenovelas, avremo telenovelas, vogliamo aggeggi per fare il bucato senza spostarci dalla potrona, lo avremo; vogliamo un mondo migliore, avremo un mondo migliore!!!
Siamo noi che determiniamo le dinamiche globali... accettiamolo e comprendiamolo una volta per tutte. L'opera dell'Antisistema è perfetta ma non può andare contro il nostro volere... se abbiamo un mondo anomalo è perchè ci siamo prestati a scrivere un futuro secondo il volere di altri...
Persino il "Padre nostro" è stato stravolto dall'opera di traduzione, rispetto all'originale molto più antico: "Padre nostro che sei nei cieli"... noi qua ed il Padre nei cieli! Non corretto. No buono... Crea distacco e problemi di autostima, direbbe un buon psicoterapeuta. Noi siamo molto di più!

Per creare ci vuole metodo

L'innovazione spesso non nasce da invenzioni ma da applicazioni già sviluppate in altri campi

di Umberto Cugini *
Ormai ogni articolo, dibattito, intervista rilasciata da imprenditori, politici, osservatori vari che facciano riferimento alla situazione economica, allo stato di salute non certo brillante del mondo industriale europeo e in particolare nazionale sottolineano ed evidenziano l'imprescindibile necessità di innovare, di innovare soprattutto i prodotti, in modo rapido, efficace, continuativo, per poter controbattere in questo modo il dilagare della delocalizzazione produttiva nei Paesi a basso costo di produzione. L'imperativo è innovare in continuazione, sistematicamente, per mantenere un vantaggio competitivo su chi copia o segue, forte solo di costi di produzione più bassi.
Ma è possibile fare questo? È possibile pianificare, organizzare, gestire il processo di innovazione, un'attività puramente creativa, inventiva caratterizzata dalla non prevedibilità, dalla eccezionalità, dal trovare proposte e soluzioni fuori dagli schemi? La risposta è affermativa. Esistono metodi (da qualche decina d'anni oltretutto) ed esistono, da qualche anno, strumenti informatici di supporto alla "Innovazione Sistematica".
Come purtroppo troppo spesso accade nel nostro Paese, questi metodi e strumenti sono molto poco noti e diffusi, in particolare nel settore che più ne avrebbe bisogno: quello della piccola e media industria nazionale attiva nei comparti a media e bassa tecnologia.
Il metodo Triz. Da molto tempo studiosi e ricercatori si sono cimentati nell'analizzare e capire come nasce un'idea nuova, una soluzione geniale per poterne poi in un certo senso riprodurre e governare il processo di applicazione. In quest'ambito di ricerca un ruolo fondamentale ha avuto il russo Genrich Altshuller, scomparso nel 1997, il padre del metodo Triz. Un metodo o forse una teoria per l'invenzione o meglio l'innovazione sistematica.
Altshuller, responsabile per decenni dell'ufficio brevetti russo, ha analizzato per circa quarant'anni milioni di brevetti, cioè il risultato descritto in dettaglio di soluzioni innovative, cercando di astrarne l'essenza, i principi comuni. Ha analizzato il successo e l'insuccesso industriale di queste soluzioni proposte e ne ha tratto una teoria (Triz appunto) e un metodo utilizzato per decenni (principalmente in Russia e nei Paesi del Nord Europa) supportato da semplici strumenti: carta e matita, semplici tabelle e schede analitiche di principi innovativi e conflitti tecnologici.
Soluzioni facili. Quando si ha un problema tecnico o tecnologico da risolvere si è sempre di fronte a un conflitto da affrontare: grandi prestazioni e costo basso, grande resistenza e leggerezza, grande rendimento e semplicità di processo. Il metodo di Altshuller è, come tutte le scoperte importanti, semplice, quasi ovvio: bastava pensarci. Si basa su un'osservazione di disarmante semplicità: la quasi totalità delle innovazioni non nasce da una totale invenzione, ma dall'applicazione di soluzioni già sviluppate e/o note in settori diversi da quelli in cui esiste il problema. Questo di solito avviene in modo casuale e non sistematico. L'osservazione fondamentale è quindi che la gran parte delle soluzioni di problemi già esistono, ma sono in contesti che hanno poco o nulla a che fare con quello che ha il problema (chi avendo un problema nel settore dei processi per la produzione alimentare andrebbe a cercare la soluzione nel settore della microelettronica?). Altshuller si è applicato al come trovare le soluzioni già esistenti in altri settori tecnologici. Osservando che chi ha un problema tecnico lo esplicita nel linguaggio e nel contesto in cui ha il problema prefigurando così, implicitamente, solo le soluzioni tipiche di quel contesto, ha semplicemente proposto di descrivere il problema in modo più astratto e decontestualizzato. 
È così giunto a individuare solo 39 problemi generali.
In modo quasi simmetrico si è messo a classificare i brevetti, quindi le soluzioni disponibili e ha individuato 40 principi per la soluzione allo stesso livello di astrazione dei problemi. Ha quindi generato una tabella di correlazione tra problemi che permette di individuare i conflitti e per ogni conflitto ha individuato i principi solutivi in base ai quali è possibile andare a pescare nel l'enorme patrimonio di soluzioni esistenti quelle potenzialmente possibili.
Come è facile immaginare gli strumenti dell'informatica più classici disponibili su un comune pc come data base, metodi di classificazione ed estrazione, grafica, connettività in rete, hanno permesso di mettere a punto e rendere disponibili programmi di ausilio all'uso del metodo Triz estremamente efficaci e rapidi. Come ovvio il metodo Triz - e quelli che ne sono derivati - è ben più articolato e puntuale.
In ogni caso l'insegnamento fondamentale da trarre e che è alla base di un approccio sistematico alla innovazione, è che bisogna lavorare con metodo sulla domanda per poter trarre vantaggio dalla enormità di risposte già esistenti e che con velocità impressionante vengono ogni giorno rese disponibili nei campi più disparati.
L'associazione. Ritornando al problema posto all'inizio, anche nel nostro Paese si sono consolidate delle strutture per utilizzare e diffondere questi metodi e questi strumenti. È stata creata un'associazione: Apeiron (www.apeiron-triz.org) che riunisce i gruppi di ricercatori universitari e le industrie che studiano, praticano, sono in grado di applicare e diffondere questi metodi. Di recente l'associazione ha varato un piano di attività di sensibilizzazione e formazione, diretto in particolare al settore industriale delle piccole e medie aziende, in collaborazione con Politecnico Innovazione (www.cpi.polimi.it), un consorzio del Sistema Politecnico di Milano - partecipato dalla Fondazione Politecnico, da associazioni imprenditoriali ed enti pubblici - che ha come missione il trasferimento dell'innovazione alle piccole e medie industrie.
È auspicabile che questa iniziativa possa contribuire in modo sostanziale al processo di innovazione dei prodotti, oggi un punto particolarmente critico per il sistema industriale nazionale.
* Politecnico di Milano
Giovedí 28 Aprile 2005