Poniamoci nei panni dell’anima, che tutto sa. Questa energia perché è qua? Perché se è essa stessa perfetta? È ovvio comprendere che è manchevole della realizzazione in terra, nel regno delle dimensioni più dense. La realizzazione della propria divinità effettuata in un teatro fisico e duale come è quello rappresentato da una incarnazione sul globo terracqueo. In un “luogo” energetico governato da leggi assolute ed invalicabili come quella del libero arbitrio, nel quale tutto è possibile; anche lo smarrirsi. L’anima desiderosa di completare questa fase della propria evoluzione, accetta di correre il rischio di schiantarsi a terra immemore e ripartire da zero, annullandosi nello spazio tempo. In maniera tale da ritrovarsi rispecchiata sull’altra “riva” del fiume vitale. L’osservatore che osserva se stesso. La parte eterna “spera” che una incarnazione sia sufficiente, pianificando un “percorso” solo “suggerito” alla propria parte incarnata ( con la quale non è più possibile comunicare in maniera diretta ). Poi si “accorge” che la situazione necessita di molto più “tempo” perché le asperità sono notevoli ed il grado di smarrimento grande. Inoltre le energie più oscure, negative, ignoranti della luce, sanno sedurre l’uomo, serpeggiando accanto a lui e conducendolo verso la propria “tana” con il permesso dell’uomo stesso. Si instaura la legge del Karma e le incarnazioni diventano via via più “pesanti”. L’anima ciclicamente prevede di “far passare” le proprie incarnazioni per alcuni punti o snodi focali, ma lo può solo suggerire. Dunque ella osserva e spera che l’ultima incarnazione sia veramente quella decisiva… perché oltre a suggerire e sperare, in questo campo di gioco, non può andare… Attende come un gatto acquattato al nostro cospetto di riabbracciarci e poter finalmente volare oltre, verso nuove avventure ed esperienze…
lunedì 26 ottobre 2009
Tutto il peso di Up che conduce via.
Sul percorso del cammino spirituale i nostri sogni levigano il mondo come sapone necessario o semi d’altre forme; quello che supponiamo di avere compreso dalla lettura dell’energia trascorsa, ci intaglia e ci forma le estremità affini al giusto terreno nel quale propaghiamo. Le altezze dell’anima, dell’osservatore che osserva una parte di se stesso, conducono l’energia come linfa attivante. I blocchi, i nodi, le asperità che chiudono il passaggio di detto carburante sono anch’essi necessari e quasi previsti. Cosa succederebbe se non ci fossero? Che la nave scuola Terra non sarebbe necessaria. Che ogni cosa sarebbe perfetta ed in equilibrio, ma in un equilibrio “primitivo”. Perché il Creatore ha scelto di dividersi? Per avere il senso della propria “forma”, del proprio concetto stesso di “esistenza”, per affermare a se stesso “ Io esisto”, per darsi un pizzico e destarsi da quella unione perfetta con se stesso ed il nulla. Io sono Dio. Lo conosco bene… i miei difetti e le mie virtù nascono da lui, sono lui. La necessità di esperenziare è talmente bruciante da condurre persino al pericolo, mellifluo ed illusorio, di annullarsi nel negativo che è parte di noi; che esiste come componente dell’amore e della luce più pura. Vorrei piangere per quello che scrivo perché deriva dalla connessione con Dio e quindi tramite il contatto con la nostra parte più vera e amorevole, eterna, omnicomprensiva… Il cuore assume i contorni di una centrale quantica assoluta, per quanto le parole tolgano senso e nobiltà a quello che intendono significare. È la creazione continua e la creazione continua seguendo la via scolpita dalle nostre cadute. Se l’Inferno non esistesse il Paradiso non potrebbe essere nemmeno concepito e, il senso educativo del “tutto” trasmuterebbe annullandosi nel vuoto da dove è giunto. La visuale dalle altezze della consapevolezza conduce alla comprensione. E quello che conta diventa anche lo smarrirsi, il perdersi, il rischiare seguendo del “magnetismo”, la prospettiva anche di fallire, il lasciarsi andare sulle onde dei sogni a qualsiasi costo. Quanto abbiamo smarrito di noi nel corso del tempo? E quanto abbiamo scoperto? Una sottile linea conduttrice morfologica è sempre tracciata davanti a noi; quando decidiamo di non seguirla, essa muta direzione ricablandosi al fine di non lasciarci mai soli, desiderosa che noi accettassimo di fidarci di lei, della nostra energia animica. In “UP” il vecchio Carl si accorge che l’album delle “avventure” della moglie è, in realtà pieno, solo quando ha “occhi per vedere” e, al fine di tornare a volare, accetta di lasciare andare tutto il peso dei ricordi che lo hanno reso cieco per tutta la vita. Il Karma rilasciato permette di volare verso nuove avventure con spirito rinnovato, senza debiti, con ali concepite in infiniti modi ma capaci della loro vera natura: permettere l’ascensione.
Poniamoci nei panni dell’anima, che tutto sa. Questa energia perché è qua? Perché se è essa stessa perfetta? È ovvio comprendere che è manchevole della realizzazione in terra, nel regno delle dimensioni più dense. La realizzazione della propria divinità effettuata in un teatro fisico e duale come è quello rappresentato da una incarnazione sul globo terracqueo. In un “luogo” energetico governato da leggi assolute ed invalicabili come quella del libero arbitrio, nel quale tutto è possibile; anche lo smarrirsi. L’anima desiderosa di completare questa fase della propria evoluzione, accetta di correre il rischio di schiantarsi a terra immemore e ripartire da zero, annullandosi nello spazio tempo. In maniera tale da ritrovarsi rispecchiata sull’altra “riva” del fiume vitale. L’osservatore che osserva se stesso. La parte eterna “spera” che una incarnazione sia sufficiente, pianificando un “percorso” solo “suggerito” alla propria parte incarnata ( con la quale non è più possibile comunicare in maniera diretta ). Poi si “accorge” che la situazione necessita di molto più “tempo” perché le asperità sono notevoli ed il grado di smarrimento grande. Inoltre le energie più oscure, negative, ignoranti della luce, sanno sedurre l’uomo, serpeggiando accanto a lui e conducendolo verso la propria “tana” con il permesso dell’uomo stesso. Si instaura la legge del Karma e le incarnazioni diventano via via più “pesanti”. L’anima ciclicamente prevede di “far passare” le proprie incarnazioni per alcuni punti o snodi focali, ma lo può solo suggerire. Dunque ella osserva e spera che l’ultima incarnazione sia veramente quella decisiva… perché oltre a suggerire e sperare, in questo campo di gioco, non può andare… Attende come un gatto acquattato al nostro cospetto di riabbracciarci e poter finalmente volare oltre, verso nuove avventure ed esperienze…
Poniamoci nei panni dell’anima, che tutto sa. Questa energia perché è qua? Perché se è essa stessa perfetta? È ovvio comprendere che è manchevole della realizzazione in terra, nel regno delle dimensioni più dense. La realizzazione della propria divinità effettuata in un teatro fisico e duale come è quello rappresentato da una incarnazione sul globo terracqueo. In un “luogo” energetico governato da leggi assolute ed invalicabili come quella del libero arbitrio, nel quale tutto è possibile; anche lo smarrirsi. L’anima desiderosa di completare questa fase della propria evoluzione, accetta di correre il rischio di schiantarsi a terra immemore e ripartire da zero, annullandosi nello spazio tempo. In maniera tale da ritrovarsi rispecchiata sull’altra “riva” del fiume vitale. L’osservatore che osserva se stesso. La parte eterna “spera” che una incarnazione sia sufficiente, pianificando un “percorso” solo “suggerito” alla propria parte incarnata ( con la quale non è più possibile comunicare in maniera diretta ). Poi si “accorge” che la situazione necessita di molto più “tempo” perché le asperità sono notevoli ed il grado di smarrimento grande. Inoltre le energie più oscure, negative, ignoranti della luce, sanno sedurre l’uomo, serpeggiando accanto a lui e conducendolo verso la propria “tana” con il permesso dell’uomo stesso. Si instaura la legge del Karma e le incarnazioni diventano via via più “pesanti”. L’anima ciclicamente prevede di “far passare” le proprie incarnazioni per alcuni punti o snodi focali, ma lo può solo suggerire. Dunque ella osserva e spera che l’ultima incarnazione sia veramente quella decisiva… perché oltre a suggerire e sperare, in questo campo di gioco, non può andare… Attende come un gatto acquattato al nostro cospetto di riabbracciarci e poter finalmente volare oltre, verso nuove avventure ed esperienze…
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Up.
domenica 25 ottobre 2009
Ciclicità del moto umano.
Il grande mago con il quale facciamo i conti tutti i giorni è l’inconscio; il nostro inconscio. Questa parte molto rilevante di noi si è formata in questa vita già nel periodo prenatale; addirittura al tempo in cui, i nostri genitori, iniziarono a pensare di avere un figlio ( esagerato? Per l’attuale concezione di percepire le “cose”, probabilmente ). Il sistema nel quale ci siamo incarnati vede, sente, parla e ci investe di una particolare importanza, quella di essere i diretti co creatori della nostra realtà. Pertanto tutto quello che pensiamo va a formare “pezzi” di realtà. Il pensiero crea dei potenziali che, in determinate circostanze, vanno a manifestarsi dando luogo alla fisicità che noi tutti conosciamo. Magia? Superstizione? Destino? Caso? Ognuno si crea il proprio scafandro esistenziale e ci si colloca dentro, proprio come l’anima si “condensa” in un corpo fisico al fine di fare esperienza ed evolvere. Lo scopo del “gioco” della vita è certamente di “andare avanti” e non di “tirare avanti”. Come sostiene Zamperini, la crescita evolutiva dell’essere non può retrocedere bensì al limite c’è stata solo una parvenza di crescita, una illusione ( ossia abbiamo avuto la sola sensazione di essere cresciuti ), ed una crisi anche profonda non può fare tornare indietro. Scegliendo di osservare la Storia mi sembra di poter dire che la condizione umana è solo migliorata, anche dopo guerre e pestilenze o tragedie immani. Per condizione umana intendo parlare di “media” globale. Quindi secondo me la regola del “ si progredisce e basta “ è vera e data per assodata, ricordando che siamo sempre nel reame del tempo e che, questa vera e propria “entità”, può nascondere, illudere, evocare, evidenziare, spegnere, accendere, etc. Delle varie fasi dell’evoluzione umana, l’attuale Antisistema, ha contribuito a cancellare tutto quello che faceva comodo per i propri interessi legati alla propria sopravvivenza ( ricordo che l’Antisistema lo abbiamo creato noi e che ora è “vivo” e come ogni entità dotata di energia tende a tutti i costi a sopravvivere e, sulla base esistenziale attuale, dei creatori ( noi ), egli conosce solo un modo per farlo: schiacciarci! Ma egli dipende dal nostro volere… come il Golem od un moderno robot. Se decideremo di togliere l’alimentazione si spegnerà inesorabilmente ). Nelle “Cronache dell’Akasha” di Rudolf Steiner si narra di tutte le epoche della società umana, Lemuria, Atlantide, le fasi di coscienza oltre il sonno, le fasi legate ai pianeti, al grande “respiro” ciclico di tutte le “cose”. La conoscenza cancellata nell’attuale fase vitale della società dell’uomo, non ha tolto dalla nostra memoria ancestrale ( l’Akasha ) o memoria centrale tutto ciò che già abbiamo contribuito a raggiungere e creare, ha solamente tolto da questo ciclo quel ricordo. Detto questo le fasi evolutive precedenti sono servite per portarci a “questo punto”. Non c’è stata dunque involuzione ma solo illusione di essere tornati indietro ed il fatto di non ricordare sembra proprio, in questo caso, più una difesa che un castigo. Di ciclo in ciclo si va solo avanti. Ci sono cicli superiori e cicli inferiori. Il nostro compito è anche quello di comprendere che i cicli più veloci, come ad esempio quelli legati ad una singola incarnazione, possono anche dare l’illusione di “tornare indietro”. Ma teniamo sempre presente che l’Universo è saggio e nella propria “economia” nulla è per caso…
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Ciclicità.
sabato 24 ottobre 2009
Persistenza della memoria nel "sottoscala".
Nel mondo duale, riassunto dal simbolo del Tao, le “cose” possiamo decidere di viverle in due modi: subendole oppure osservandole.
È ovvio che gli “incroci”, entro queste due vere e proprie “vie”, si intrecciano all’inverosimile. Sta a noi, in quanto liberi anche di farci del male, muoverci assecondando il nostro pilota automatico ( l’inconscio ) oppure scegliendo di prendere i “comandi” al fine di cercare di non uscire di strada e giungere il più lontano possibile. Prendere i comandi significa correre dei seri rischi ma anche reagire. Il discorso è troppo nebuloso? Può darsi… può darsi… eppure qualcosa vorrà pur dire!
Se una persona mi da dello svitato, cosa significa?
Se decido di “subire” mi sentirò attaccato e risponderò di conseguenza; risultato? Una rissa senza senso che non porta da nessuna parte. Avremo due nemici che si odieranno per sempre a causa di una sola “parola”…
Se decido di “osservare” comprenderò che quella persona mi ha giudicato per qualche motivo che, riconosceremo almeno come sintomo di una situazione. Questa persona avrà svolto il proprio compito di “specchio” ed il suo riflesso sarà il risultato di una azione magnetica che noi stessi avremo attirato. Ossia un motivo c’è senz’altro! E quale sarà mai? Osservandoci meglio in un secondo tempo, comprenderemo che quell’atteggiamento che ha provocato la reazione della persona, anche se dettato dal “caso”, in realtà fungeva da segnalatore di una situazione reale ed esistente in noi in profondità.
All’interno di queste due vicissitudini ci sono infinite colorazioni che non devono sviare dal “sentiero maestro”; quello che ci vede subire o osservare.
Il secondo concetto è proattivo e porta con senso verso la comprensione di se stessi e, dunque, verso la comprensione di tutti gli altri o del mondo.
L’inconscio è come una casa molto profonda, un maniero costruito su piani via via crescenti; si regge in piedi o nasconde, nei piani inferiori, molti aspetti di noi indefiniti, non completi, lasciati andare, perduti, dimenticati perché troppo dolorosi o altro. Ciò che Roy Martina collega alle sinapsi come collegamenti sempre attivi o riattivabili, se non opportunamente trasmutati o distrutti. È come gettare in un ripostiglio delle situazioni spiacevoli in cui non siamo per niente stati bene; “contratti” con i genitori, sensi di colpa, paure, blocchi, limiti. Gettiamo tutto sotto il “tappeto” facendo finta che non esistono più. E questo andrebbe bene, se fossimo veramente capaci di farlo! In realtà la “polvere” sotto il tappeto lavora a nostra insaputa, programma l’inconscio a reagire o a non reagire in un certo modo e ci condiziona in maniera sostanziale. E, come quella tribù che non riesce a mettere in relazione che una nascita giunge dopo un atto sessuale solo perché sono intercorsi 9 mesi di tempo, anche noi non riusciamo a “vedere” i nessi che collegano ogni “cosa” che ci capita.
Viviamo nel reame del tempo in un Universo interattivo che ci parla e che ci ascolta ed in cui la distanza tra noi e i nostri sogni è solo una differenza di pensiero, una vibrazione, come il modo di percepirsi inseriti nel mondo…
È ovvio che gli “incroci”, entro queste due vere e proprie “vie”, si intrecciano all’inverosimile. Sta a noi, in quanto liberi anche di farci del male, muoverci assecondando il nostro pilota automatico ( l’inconscio ) oppure scegliendo di prendere i “comandi” al fine di cercare di non uscire di strada e giungere il più lontano possibile. Prendere i comandi significa correre dei seri rischi ma anche reagire. Il discorso è troppo nebuloso? Può darsi… può darsi… eppure qualcosa vorrà pur dire!
Se una persona mi da dello svitato, cosa significa?
Se decido di “subire” mi sentirò attaccato e risponderò di conseguenza; risultato? Una rissa senza senso che non porta da nessuna parte. Avremo due nemici che si odieranno per sempre a causa di una sola “parola”…
Se decido di “osservare” comprenderò che quella persona mi ha giudicato per qualche motivo che, riconosceremo almeno come sintomo di una situazione. Questa persona avrà svolto il proprio compito di “specchio” ed il suo riflesso sarà il risultato di una azione magnetica che noi stessi avremo attirato. Ossia un motivo c’è senz’altro! E quale sarà mai? Osservandoci meglio in un secondo tempo, comprenderemo che quell’atteggiamento che ha provocato la reazione della persona, anche se dettato dal “caso”, in realtà fungeva da segnalatore di una situazione reale ed esistente in noi in profondità.
All’interno di queste due vicissitudini ci sono infinite colorazioni che non devono sviare dal “sentiero maestro”; quello che ci vede subire o osservare.
Il secondo concetto è proattivo e porta con senso verso la comprensione di se stessi e, dunque, verso la comprensione di tutti gli altri o del mondo.
L’inconscio è come una casa molto profonda, un maniero costruito su piani via via crescenti; si regge in piedi o nasconde, nei piani inferiori, molti aspetti di noi indefiniti, non completi, lasciati andare, perduti, dimenticati perché troppo dolorosi o altro. Ciò che Roy Martina collega alle sinapsi come collegamenti sempre attivi o riattivabili, se non opportunamente trasmutati o distrutti. È come gettare in un ripostiglio delle situazioni spiacevoli in cui non siamo per niente stati bene; “contratti” con i genitori, sensi di colpa, paure, blocchi, limiti. Gettiamo tutto sotto il “tappeto” facendo finta che non esistono più. E questo andrebbe bene, se fossimo veramente capaci di farlo! In realtà la “polvere” sotto il tappeto lavora a nostra insaputa, programma l’inconscio a reagire o a non reagire in un certo modo e ci condiziona in maniera sostanziale. E, come quella tribù che non riesce a mettere in relazione che una nascita giunge dopo un atto sessuale solo perché sono intercorsi 9 mesi di tempo, anche noi non riusciamo a “vedere” i nessi che collegano ogni “cosa” che ci capita.
Viviamo nel reame del tempo in un Universo interattivo che ci parla e che ci ascolta ed in cui la distanza tra noi e i nostri sogni è solo una differenza di pensiero, una vibrazione, come il modo di percepirsi inseriti nel mondo…
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Inconscio.
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