La modalità del ‘giudizio’ comporta il prestarsi al ‘lato oscuro’ di noi. Se è opportuno che questo accada, accadrà, altrimenti ‘qualcosa’ ci farà comprendere attraverso i riflessi degli altri, di noi, che stiamo confondendo il senso della partecipazione con quello dell’appartenenza: il giudizio appartiene alla sfera egoica e non partecipa alla sua diluizione nella ‘sinfonia’ in cerca di equilibrio del Sé frammentato.
Il giudizio è come un’interferenza che pervade il tessuto esperienziale ed in quanto così diffuso, risulta ormai un ‘piatto forte’ della componente disarmonica dell’essere. La sua presenza nel campo umano è ‘storica’: scagli la prima pietra chi è senza peccato.
Trattandosi di un'attività umana che coinvolge gli interessi e la vita delle persone è spesso soggetto ad essere fallace e - quasi sempre - oggetto di valutazioni contrastanti sulla sua validità a seconda degli interessi in causa.
Da Wikipedia
Il giudizio è un frattale che testimonia, in maniera ‘barbara’ ed ardita, quel che più in profondità l’essere umano si sente in diritto di esprimere, in virtù di un’origine ‘nobile’. È come una stretta modalità privilegiata di irraggiare sugli altri la propria luce o ombra.
Il giudizio è un’etichetta che il genere umano addossa all’opera ‘finale’ del Creatore, interpretando alla luce della propria ignoranza un volere superiore che ‘rifugge’ per inerzia, così come le creature 'fatate' rifuggono da noi a causa del nostro 'olezzo'.
La condizione umana è ancora al di là del velo per poter esprimere un giudizio senza cadere nelle pieghe della propria incomprensione. Supporre qualcosa quando non si è ancora in grado di ‘camminare’ è un fatto decisamente immaturo ma delineante il campo morfogenetico di quello che, al fine, dovrà accadere: la piena padronanza di Sé. È tutto un gioco di corse e pause, di rimbalzi ed anticipi del come si diventerà:
Luce ed ombra sovrapposte all’ora di un eterno mezzogiorno, in perfetta identificazione.
Ognuno di noi ‘vede’ attraverso se stesso e, dunque, per mezzo di filtri personali in grado di alterare quello che si osserva, proprio come la Meccanica Quantistica ha dimostrato. Nel corso del tempo deviato, tuttavia quello che progressivamente ci ha indotto a guardare sempre più in maniera 'specializzata' o 'spersonalizzata', ha contribuito ad acuire questo concetto filtrato della realtà percepita come reale: paragonabile al guardare dal classico buco della serratura.
Da una simile prospettiva, come possiamo comprendere quello che ‘accade’?
Potremo osservare solo una piccola parte del processo e, certamente, ci sfuggiranno le cause e le varianti più complesse, quelle che il nostro arco contemplativo non può raggiungere. Da questa ‘posizione’ è ancora maggiormente comprensibile come sia perlomeno inopportuno permettersi di giudicare qualcuno o qualcosa. Semplicemente sarà meglio lasciare sempre aperta la possibilità dell’opportunità.
Mai dire mai.
Partecipare alla crescita evolutiva è rimanere in un concetto di non appartenenza alla crescita evolutiva stessa, ossia, per ovviare al labirinto emozionale scatenato dalle parole utilizzate per esprimere un concetto, è usuale ritenersi dei ‘diversi’ proprio al fine di non rimanere impantanati troppo a lungo nelle 'anse' della corrente polarizzata verso la luce.
Nella biodiversità è insita la forza più diretta.
Nelle mode, nelle tendenze, nelle abitudini si rischia il collasso circolatorio nei meandri vorticanti di 'rotondità' del/nel tempo ma, in realtà, senza tempo, come trappole tese per fornire ‘cacciagione’ per tutte quelle forme energetiche disperse nel buio della propria ingnoranza, che soppesano la mancanza attraverso le proprie antiche forze, conservate in un contesto vario, in cui l’umanità non è osservata diversamente da una mandria di bisonti da ‘sfruttare’ per il proprio continuum, per la propria sopravvivenza.
Come sono distribuiti i ‘pesi e le misure’?
In maniera talmente sfuggevole da far rimanere di sasso, se solo sapessimo. Quello che percepisco è un integrale ribaltamento di piani e di valori legati all’apparenza. Fare un esercizio di ribaltamento della prospettiva non è cosa affatto negativa. Cosa percepisce del ‘Mondo dei Grandi’ un bimbo? Oppure un appartenente di una tribù primordiale Amazzonica se portato, ad esempio, a New York?
Ecco cosa intendo: ribaltare un piano è osservarlo con limpidità interiore.
Come apparirebbero le strade piene di macchine? E i cieli solcati dagli aerei? Ed il fumo delle industrie? Ed il chiasso delle città, o una televisione accesa? Secondo me diverrebbero degli scorci di un Mondo diverso in cui ci si sente diversi, e quella diversità che sentiremmo galoppare dentro di noi è l'antitesi dell’opera di integrazione a quel Mondo, il cambiamento imposto dall'abitudine del vedersi in quel Mondo, il segnale morfogenetico del programma nativo, presente in noi, che risponde per adattamento ad un input che è cambiato improvvisamente: questa è l’appartenenza.
Il lasciare che si cambi per adattarsi ad uno scenario, anche in maniera inconscia, automatica, probabile.
Il capire che è presente in noi una modalità automatica che ‘ragiona per noi’, al posto nostro. Perché? Perché abbiamo demandato il controllo della nostra ‘nave’ molto tempo fa e questa modalità di ‘pilota automatico’ sta ancora continuando a svolgere la propria mansione in maniera pressochè perfetta, come ogni aspetto anche 3d della Vita.
Occorre recuperare il ‘controllo’ ma, in maniera paradossale, accettando quella condivisione del ‘potere’ tra parte conscia ed inconscia: questa è la partecipazione.
Immergiamoci nell’Antisistema adesso:
Deutsche Bank compra una facoltà.
La Deutsche Bank regala 3 milioni di euro all'anno alla Humboldt Universität di Berlino, e alla Technische Universität.
Che male c'è? La prima banca tedesca aiuta lo studio e la ricerca.
Ma un azionista ha rivelato che dietro questa apparente semplice sponsorizzazione si nasconde un ‘contratto segreto’ stipulato nel 2006. Più che un dono, sembra piuttosto una sorta di acquisto.
La Deutsche Bank ha tutti i diritti, può decidere sui corsi, sulla ricerca e anche avere l'ultima parola sul personale, dai docenti agli impiegati. All'ateneo non resterebbe che eseguire gli ordini.
‘La Deutsche Bank si compra la scienza’, commenta ironicamente Der Spiegel. E all'ingresso della Humboldt, in quella che era Berlino Est, innanzi alla piazza dove i nazisti bruciarono i libri proibiti nel 1933, campeggia ancora una frase di Karl Marx che esalta la libertà del sapere.
Dopo l'accordo preliminare, nel 2007 i due atenei e la banca hanno creato un nuovo istituto, il Quantitative Products Laboratory, interamente finanziato dallo sponsor e che si sarebbe dovuto dedicare alla ricerca sulla matematica finanziaria applicata, con due docenti. I due professori prescelti, Peter Bank e Ulrich Horst, avrebbero ovviamente dovuto organizzare i corsi secondo i desideri della banca.
È evidente che gli studenti avrebbero ricevuto una formazione adatta per poi essere assunti in un istituto bancario. Sarebbero stati i funzionari e i dirigenti di domani.
Le università tedesche, come quelle nel resto del mondo, in Europa o negli Stati Uniti, hanno da sempre necessità di fondi. E gli sponsor sono sempre benvenuti. È evidente che un'industria finanzia corsi e ricerche nel suo campo, per poi sfruttare le eventuali scoperte. È inevitabile che chi paga milioni voglia essere consultato, e sapere quali professori vengono incaricati per i corsi, e il programma di insegnamento.
Avviene di norma nelle facoltà di medicina e di ingegneria.
Tuttavia, finora in Germania gli sponsor sono stati discreti, e hanno limitato le loro pretese a un generico diritto di essere informati: non hanno mai chiesto che diritti e doveri fossero precisati per iscritto, né tanto meno posto un veto alle scelte delle università.
A Berlino forse si è andato oltre: non si tratta di un contratto classico di collaborazione. La nuova facoltà sembra piuttosto una succursale della banca.
L'ateneo non può di fatto decidere nulla senza chiedere un'autorizzazione.
Ed è sospetto che il patto, della durata di quattro anni, rinnovabile per altri quattro, sia stato tenuto segreto. La Deutsche Bank ha chiesto e ottenuto di partecipare con suoi rappresentati alle commissioni per la scelta dei docenti. E ciò non era mai avvenuto in nessun ateneo tedesco. La banca ha anche deciso la sede della facoltà: l'Istituto di matematica è stato aperto nella Alexenderstrasse 5, nel palazzo dove si trova l'Investment & FinanzCenter della Deutsche Bank. In modo, si spiega, che gli studenti possano passare facilmente dallo studio teorico alla pratica.
La denuncia non è arrivata da un semplice azionista: si tratta del professore di scienze politiche Peter Grottian, noto per le sue denunce contro l'eccessiva influenza delle industrie nella ricerca. Un'università, commenta, non può limitarsi a preparare personale specializzato su misura per questa o quell'impresa o per una banca.
Un laureato in matematica finanziaria dovrebbe essere in grado di giudicare anche in modo critico la politica delle banche, e domani magari essere assunto dall'amministrazione pubblica per controllare le scelte finanziarie dei privati.
Da Yahoo
Per questo motivo alla scuola mancano i finanziamenti... Questa notizia ci parla di ‘partecipazione’ o ‘appartenenza’? Dipende (come al solito) dal punto prospettico da cui si guarda. Ma la cosa evidente è che le due parti non sono in equlibrio:
- abbiamo un controllore
- abbiamo un controllato
La prima fazione è molto meno numerosa della seconda. Da sempre questo meccanismo è stato all’origine del sopruso, perché basato su un concetto di appartenenza al lato umano dedito al ‘volere’, all’appartenenza della sfera del potere quantificata nell’energia densa del denaro.
Ma cambiando la sintonia fine della vibrazione del controllo, tutta muta d’apparenza all’istante:
le strutture Antisistemiche si trasformano in virtuose possibilità di 'raggiungimento' della massa.
Tutto cambia e la prospettiva si ribalta all’istante.
Il ribaltamento è il grande frattale all’opera in questi tempi. Il grande ribaltamento è quello della sfera terrestre. Ora, dobbiamo fare attenzione al come sono state ri-strutturate le parole che adattano i pensieri degli Antichi: e se il ribaltamento degli assi magnetici fosse una grande metafora inerente al ribaltamento di un grande paradigma?
Se avessero visto un grande cambiamento sociale? Si comprende perchè il 'potere' avrebbe nel tempo oscurato il 'segnale'.
Semplicemente, calcolando la posizione del Sistema Solare all’interno della Galassia, alla luce dei passati insegnamenti ed alla luce della moderna tecnologia, è possibile capire che questa porzione di ‘spazio’ è caratterizzata da un’energia vibrazionale diversa da quella che era divenuta usuale ai fini della percezione di 'normalità' dal punto di vista etico, morale e 'sostenibile' umano.
Chi lo dice? Chiedetevi piuttosto ‘Chi lo chiede?' Chi è che confuta ogni possibilità che ‘fuoriesce’ dal contesto della routine?
Impariamo a ribaltare i piani dell’osservazione!
La scienza ha osservato che ogni 700.000 anni circa la Terra inverte il senso della rotazione. Mi chiedo: ma questa modalità corrisponde ad uno sterminio della Vita, un reset che lascerà integro circa l’1% della razza umana, perché la massa d’acqua si fermerà solo dopo avere esaurito la propria direzionalità inerziale, il che significa l’immersione di gran parte delle Terre emerse: il ricordo ancestrale del Diluvio, per intenderci.
Che senso ha un evento simile?
L’unico che riesco a concepire è quello legato alla ciclicità di questo piano dimensionale, al concetto di ere, a ciò che scrive Steiner quando parla di cicli umani, alla similitudine dei vuoti e dei pieni, al consolidamento della crescita, alla semina per avere il raccolto, etc.
È proprio il concetto di ‘raccolto’ che mi permette di agganciare un senso più allargato della ‘distruzione non fine a se stessa', della distruzione come modalità di consolidamento della creazione evolutiva. Quello che posso percepire è un qualcosa legato alle differenze vibrazionali dell’energia che, anche, ci contraddistinguono.
Per cui mi sento di poter ‘sperare’ che esista un ambito dimensionale dell’evoluzione, ossia che attraverso l’Ascensione, una parte del ‘raccolto’ possa raggiungere uno stadio sottile dell’esperienza esistenziale: la quarta e la quinta dimensione.
Per uno scenario 3d che si resetta in funzione del proprio ruolo ‘scolastico’ evolutivo, un altro scenario 4/5d accoglie i ‘laureati’ dell’anno educativo appena concluso. Il ruolo dell’Ascensione diventa dunque persino secondario o partecipativo del grande lavoro compiuto dal singolo individuo piuttosto che da intere comunità…
L'Ascensione come un mezzo per... ma con il biglietto acquisito tramite il proprio 'lavoro', tramite il 'Conosci Te Stesso'.
I veggenti scorsero qualcosa, molto tempo fa. Un grande cambiamento. La religione mutò questo ‘qualcosa’ in paura e dunque nel grande spauracchio di un Giudizio Universale e nell’avvento della ‘Bestia Apocalittica’.
Oggi, ognuno di noi ha la possibilità di comprendere che il ‘tutto’ potrebbe essere molto più intimo e meno deflagrante del previsto e che il ‘cambiamento’ è inerente al coronamento di un passaggio vibrazionale a cui tutti noi siamo sottoposti: c’è la possibilità di una ascensione di massa.
Non intendo più inseguire ristrettezze d’ogni tipo o fare discorsi di Eletti o di Maestri: siamo in una grande sinfonia in cui la partecipazione e l’appartenenza si fondono insieme.
Il frattale che può incoraggiare in tal senso è il grande numero di Anime incarnate che esistono in questo momento sulla Terra tridimensionale: come se stessimo per vivere un momento di quelli fondamentali nella vicenda evolutiva. Come se si stesse per aprire una grande ‘finestra’ nel ritenuto spazio vuoto che possiamo far finta di scrutare con gli atrumenti più avanzati che la tecnologia ci ha permesso di costruire.
Uno stargate cosmico.
Che cosa succederà? Non lo possiamo ancora sapere. Forse gli Antichi hanno lasciato testimonianze dell’analogia vissuta in altre ere, ma questo insegnamento è chiuso a doppia mandata nelle segrete del potere Antisistemico. Tuttavia ciò non deve corrispondere ad un dramma, bensì al nostro diritto (e volere inconscio e/o animico) di poter vivere quell’attimo in maniera personale, assoluta, veritiera, nuova, diversa, opportuna, singolare, etc.
La ciclicità è ‘vera’ ma noi la possiamo colorare della nostra presenza.
Carpe diem…
‘Mentre parliamo il tempo sarà già fuggito, come se ci odiasse. Cogli l'attimo, confidando il meno possibile nel domani’.
Orazio
Carpe diem, letteralmente ‘Cogli il giorno’, normalmente tradotta in ‘Cogli l'attimo’, anche se la traduzione più appropriata sarebbe ‘Vivi il presente’ (non pensando al futuro) è una locuzione tratta dalle Odi del poeta latino Orazio (Odi 1, 11, 8). Viene di norma citata in questa forma abbreviata, anche se sarebbe opportuno completarla con il seguito del verso oraziano: ‘quam minimum credula postero’ (‘confidando il meno possibile nel domani’).
Si tratta non solo di una delle più celebri orazioni della latinità; ma anche di una delle filosofie di vita più influenti della storia, nonché di una delle più fraintese, nella quale Orazio fece confluire tutta la potenza lirica della sua poesia… Si tratta di una 'filosofia' che pone in primo piano la libertà dell'uomo nel gestire la propria vita e invita a essere responsabili del proprio tempo, perché, come dice il Poeta stesso nel verso precedente, ‘Dum loquimur, fugerit invida aetas’ (‘Mentre parliamo, il tempo invidioso sarà già passato’).
Da Wikipedia
Cogli il ‘giorno’… ossia ‘vivi quell’attimo in maniera personale, assoluta, veritiera, nuova, diversa, opportuna, singolare, etc.’. Un doppio significato 'vicino e lontano'. Cogli l'attimo eterno sempre presente come se fosse quel giorno in cui il portale si aprirà... Adesso, ora, per sempre, come domani, come quel giorno.
Un grande allenamento esistenziale.