"Nessuno lontano dalla verità può dirsi felice...".
Seneca
La “verità”. La… v e r i t à. Verità:
l'etimologia della parola verità è riconducibile al sanscrito vrtta = fatto, accadimento.
Pertanto il termine verità indica qualcosa di realmente accaduto nei fatti.
Un'altra interpretazione etimologica attribuisce l'origine della parola verità alla radice var- che nello zendo (la lingua dei testi sacri zoroastriani dell'antico Iran) vuol dire credere; del resto anche il sanscrito varami significa scelgo, voglio.
Questa seconda interpretazione etimologica sottolinea, piuttosto che l'aspetto fattuale e reale della verità, il significato ed il valore etico, morale e perfino spirituale della verità o meglio della Verità, perché essa indica ciò in cui credo, ciò che scelgo, voglio, spero.... mettendo in luce l'importanza della libera e volontaria adesione ad Essa...
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La verità è un “fatto, accadimento”. O, meglio, è relativa a qualcosa che si sviluppa e si manifesta, in seguito ad un “fatto, accadimento”. Essa è, anche, una “scelta di credere a/in…”.
E, dunque, di “sperare”. Quindi?
“Dove” accade che qualcosa, che è collegato ad un “aspetto fattuale e reale”, diventa “speranza (alias: attesa)”, giungendo a fondere i due aspetti in un assieme, che diventa qualcosa di auto generante “confusione, indugio, lenta certezza, etc.”?
Il “dove” è… “qua, così”:
nella forma AntiSistemica, che alimenti attraverso il tuo passaggio esistenziale (infatti: se osservi attentamente quello che “ti succede”, a fronte del tuo certo “depauperarti, sino alla inevitabile morte fisica”, avviene il sostentamento dello status quo nel quale, per forza di cose, sopravvivi e non altro;
“altro” che – nella migliore delle ipotesi – corrisponde solamente ad… “effimera poesia”, nel modo di vedere le cose, tanto soggette a sicuro declino, sino al raggiungimento della condizione apparente di “scomparsa dal mondo reale manifesto”).