Mi è congeniale, ormai, cercare di osservare le abitudini. Anche quella più scontata che ci sia. Quella più generalizzata, automatizzata, somatizzata.
Il perché è presto detto: è tutto alla rovescia.
Pur non negando il senso profondo dell’evoluzione, queste “abitudini” riportano frattalmente ogni nostra pena individuale e collettiva. "Noi" abbiamo costruito questo mondo. È inutile assegnare colpe ad altri… Anche se ci sono:
“Il plurale maiestatis o plurale maiestatico (dal latino pluralis maiestatis, plurale di maestà) si ha, nella lingua parlata o scritta, quando chi scrive si riferisce a se stesso usando la prima persona plurale anziché singolare.
Quest'uso, già diffuso nell'antica Roma… È rimasto nella tradizione di molti paesi come modo d'espressione formale soprattutto di sovrani e papi (da cui il nome "maiestatico"), in quanto adatto all'immagine istituzionale, e quindi anche astratta e corale, associata a questi ruoli”.
Da Wikipedia
Questa è una chiave di verità: permette di comprendere frattalmente le leggi celesti che regolano il tutto. La particella “noi”, usata rappresentativamente dal potere imperante, testimonia sempre e comunque una volontà comune, globale.
È logico che gli effetti della politica manifesta siano diversi tra le parti, ma è pur sempre una scelta d’una intera società. Una “scelta” può essere anche il rinunciare all’espressione della propria “importanza” o l’essere indotti a farlo da “altro”.
La realtà manifesta è sempre e comunque la migliore delle immagini che possa ritrarre la media sociale in un determinato periodo di tempo.
In una sola massima: abbiamo quello che meritiamo.
A che serve lamentarsi? Incolpare gli altri. Sentirsi vittime. Sminuirsi di fronte ad un ritenuto potere manifestatosi all’esterno di noi. Giudicare…
Il senso intimo delle “cose”, come noi lo possiamo osservare in questo scenario 3D, è invertito. Pezzo dopo pezzo SacroProfanoSacro affronta ogni possibilità dell’inversione, ogni capovolgimento dello stato originale o utopico. Certo.
Perché credere all’utopia, nel senso illusivo ed impossibile del termine, è screditare il “luogo di arrivo e di partenza” della nostra Anima.
È screditare il Paradiso il non credere di poterlo “realizzare”.
Sappiamo molto bene che se non crediamo ad una “cosa”, questa, non si realizzerà. Per cui automaticamente terremo il Paradiso lontano da noi. Il Paradiso non è un “luogo” religioso ma una Dimensione a-religiosa: una vibrazione dell’Essere, una frequenza di oscillazione dell’Energia.
Perché in questo caso, non credendo, non accade?
Perché in molti altri casi, non volendo, invece accade?
Abbiamo che:
- Positivo attira Positivo – Negativo attira Negativo
Ma anche:
- Positivo attira Negativo – Negativo attira Positivo
Il primo caso è, superficialmente, lo stato d’animo, mentre il secondo caso è, concretamente, la polarità magnetica.
Una polarità magnetica + e – è utile al fine di “creare un movimento”. Una polarità d’animo è inutile ai fini dell’equilibrio, ma forse fa "crescere" ciò che ancora deve crescere, seppur tra alti e bassi.
Entrambe coesistono in noi, a diversi “livelli”. Ogni livello funziona, per ora, in maniera diversa e con priorità diverse. Se non allineiamo la polarità conscia a quella inconscia non otterremo nulla di più di quello che è scritto nell’inconscio, alias, la volontà non può avere la meglio sull’immaginazione.
Altra verità ribaltata.
Per cui, il detto "volere è potere" è perlomeno incompleto; forse "tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare" rende meglio l'idea. Cosa sarà mai questo "mare"?
Per questo c’è un bombardamento mediatico basato sulle immagini…
È interessante osservare la figura del labirinto.
“Il labirinto è una struttura, solitamente di vaste dimensioni, costruita in modo tale che risulti difficile per chi vi entra trovare l'uscita.
Anticamente per lo più univiario (o unicursale), ovvero costituito da un unico, involuto percorso che conduceva inesorabilmente al suo centro, il labirinto è oggi sinonimo di tracciato multiviario (o multicursale).
Nel linguaggio comune è pertanto divenuto sinonimo di rompicapo.
Il termine "labirinto" indicava sempre soltanto un labirinto unicursale, con una sola entrata e un unico vicolo cieco in fondo al percorso, di forma quadrata o più spesso circolare; questo tipo di labirinto è conosciuto come labirinto classico.
“Giunti all'arte di regnare ed esaminandola a fondo, per vedere se fosse quella a offrire e a produrre la felicità, caduti allora come in un labirinto, mentre credevamo di essere ormai alla fine risultò che eravamo ritornati come all'inizio della ricerca, e avevamo bisogno della stessa cosa che ci occorreva quando avevamo incominciato a cercare”.
Risulta evidente da queste righe come Platone parli di un labirinto unicursale, in cui le uniche due possibilità sono di giungere alla meta o di ritrovarsi al punto di partenza, cioè all'entrata.
Durante il dodicesimo e il tredicesimo secolo, un tracciato a forma di labirinto (sempre unicursale) iniziò a essere raffigurato nella pavimentazione interna delle cattedrali gotiche, come nel caso del duomo di Siena e delle cattedrali di Chartres, Reims e Amiens in Francia. Questi labirinti rappresentano il cammino simbolico dell'uomo verso Dio, e spesso il centro del labirinto rappresentava la "città di Dio"... Con il passare del tempo, questa originale funzione andò perduta, e il labirinto sulla pavimentazione iniziò a essere visto sempre più spesso come "un gioco senza senso, una perdita di tempo", e molti di essi vennero distrutti.
"Tutte le parti della casa si ripetono, qualunque luogo di essa è un altro luogo. Non ci sono una cisterna, un cortile, una fontana, una stalla; sono infinite le stalle, le fontane, i cortili, le cisterne. La casa è grande come il mondo".
J.L.Borges, La casa di Asterione
In un labirinto unicursale sarebbe stato impossibile perdersi; i primi labirinti multicursali nacquero infatti intorno alla metà del sedicesimo secolo, disegnati dall'architetto italiano Francesco Segala.
Da Wikipedia
Riporto: In un labirinto unicursale sarebbe stato impossibile perdersi.
Ecco la vera funzione del labirinto originale: non perdersi praticando un percorso anche ostico ed imperscrutabile, con fiducia nel senso ultimo di quel “viaggio” che non conduceva all'esterno ma al centro.
Ossia una verità diametralmente opposta alla simbologia moderna, all’immagine moderna del labirinto. L’effetto unidirezionale è sfruttato per fini commerciali e di indottrinamento sottile. Ecco a cosa siamo giunti, oggi, ribaltando i piani ma non l’intima funzione di ogni “cosa”:
In negozi-labirinto tipo Ikea si compra più del necessario.
A funzionare è “l'effetto labirinto”: una volta entrati in un centro commerciale è difficile trovare la via d'uscita e, bombardati di cose da comprare, si finisce per mettere mano al portafoglio anche per oggetti di cui non si ha bisogno.
È quanto emerge da uno studio realizzato dai ricercatori dell'University College di Londra - e riportato dal DailyMail - che si sono concentrati, in particolare, sulle strategie di marketing dei magazzini Ikea: simili a quelli dei grandi centri commerciali, il fine è quello di mantenere i clienti tra corridoi ed espositori il più a lungo possibile, mettendo in evidenza le diverse modalità in cui i loro mobili minimalisti, perlopiù componibili e a buon prezzo, possono essere abbinati tra loro.
I corridoi realizzati tipo labirinto unidirezionale, dall'entrata all'uscita, rendono difficile tornare indietro: "L'organizzazione del negozio è così confusa che il cliente non sa se sarà in grado di tornare indietro. Così mette l'oggetto nel carrello e tira avanti", spiega Alan Penn, che ha guidato la ricerca. "I nostri negozi sono progettati per dare ai clienti diverse idee su come arredare la propria casa, dalla cucina alla stanza da letto - ribatte Carole Reddish, vice direttore delegato di Ikea per Gran Bretagna e Irlanda -. Mentre molti clienti vengono in negozio per ispirarsi, molti altri arrivano con una precisa lista degli acquisti realizzata dopo aver consultato i nostri cataloghi cartacei e online".
Da Yahoo
Una questione di prospettive tra chi ci lavora e chi compra...
Iniziamo a fare lavorare anche l’emisfero destro del nostro cervello: ragioniamo con la fantasia. Eleviamo il nostro punto prospettico e osserviamo in maniera diversa il piano del labirinto, magari dall’alto.
Davide Nebuloni / SacroProfanoSacro 2011