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venerdì 18 novembre 2011

Senza canone Rai si può: basta non avere il televisore.




Aggiorno, con un breve ed opportuno articolo, la ‘saga’ relativa al canone Rai. A questo link è riportato lo ‘stato dell’arte’, ossia il punto della situazione inerente alla mia posizione ‘esistenziale’ nei confronti del balzello medievale nazionale. 

Ricordo che la mia famiglia ha sempre pagato questa tassa, sino all’anno 2010, in cui abbiamo comunicato alla Rai la nostra intenzione di ‘non vedere più la televisione pubblica né d’altro tipo’, non essendo più fisicamente in possesso di nessun apparecchio televisivo.

È inutile, ora, che stia qua a riscrivere tutta quanta la vicenda. Aggiorno però la cronistoria portando a conoscenza il ‘pubblico’ che ‘non pagare il canone Rai si può’. In che modo?

Innanzitutto liberandosi del televisore! 

Non intendo portare avanti una crociata epica contro il concetto di un canone del tutto discutibile, bensì intendo dimostrare che ‘vivere senza televisione è possibile’, per cui è giusto, morale ed etico, che ci si liberi di una tassa divenuta, per la mia posizione libera e svincolata, assolutamente ingiustificata

Ecco che, circa un mese fa, la Rai è tornata a farsi ‘viva’ tramite la consueta missiva, targata ‘Agenzia delle Entrate’, tanto per fare più effetto, e lo ha fatto dopo circa nove mesi (un parto) dalla mia prima raccomandata inviata nei termini previsti di fine anno 2010 e dopo altro ‘carteggio’ che ho descritto nel primo articolo già citato in precedenza.
 
Tra l’altro, nella precedente comunicazione ricevuta da parte della Rai, avevano chiaramente scritto che non potevo avvalermi della modalità di estinzione del canone evidenziata nella mia raccomandata. Ossia che non potevo disdire l’abbonamento, pur affermando che non possedevo più la tv (avendola ‘rottamata’, come espressamente scritto addirittura nel sito della Rai stessa), ma che era possibile disdire solo tramite due modalità:
  1. tramite suggellamento
  2. tramite comunicazione del nuovo possessore del mio televisore.
Invece, a distanza di qualche mese, la ‘storia’ a quanto pare è cambiata (ma che razza di comportamento è?).

In breve, la Rai prende finalmente atto del fatto che non ho più il televisore e non pretende più nessun canone ‘a venire’, però scrive che vuole sapere marca e modello e dove lo abbiamo portato, ossia in quale discarica è stato smaltito.

Bene, mi dico, ‘finalmente ci siamo liberati’… Poi, continuando a leggere, rimango stupefatto nell’appurare il fatto che, la Rai, pretenda comunque il canone per l’anno 2011 (la mia disdetta è datata dicembre 2010, per cui è nei termini previsti dalla Rai stessa, per comunicare decisioni che si applicano direttamente all’anno successivo), oltre ai consueti interessi di mora e quant’altro. 

Ma come? Perché? È ovvio che ho spedito l’ennesima raccomandata, affermando che quel balzello antidiluviano ed ingiusto non sono proprio disposto a pagarlo. Non ho la tv da un anno e mezzo e sfido chiunque a dimostrare il contrario. Gli ‘ispettori’ sono i benvenuti nel caso…

Mi limito a questo per oggi. L’articolo rimarrà visibile ed in ‘prima linea’ per tutto il fine settimana, in maniera tale che possa essere fonte d’ispirazione per coloro che hanno intenzione di liberarsi, senza fare i furbi, non tanto dalla tassa ma dal televisore stesso.

La mia famiglia si è talmente abituata a stare senza tv che non ne sente nemmeno l’esigenza 'subliminale'. È sufficiente avere o trovare o rispolverare nuovi e veri ‘valori’

Chi se ne frega delle notizie catastrofiche trasmesse dai telegiornali ‘riuniti’ o del ‘Grande Fratello’.

Ma chi se-ne-frega!

Vivere senza ‘scatola di latta’ si può e, non per questo, significa tornare a vivere nel buio di una grotta. I fatti del Mondo sono espressi nella propria conduzione  di Vita. Quello che importa è dentro di noi. Il riflesso esterno lo vediamo anche senza televisore…

Conosci te stesso.

Davide Nebuloni/SacroProfanoSacro 2011
Prospettivavita@gmail.com

 

venerdì 12 agosto 2011

Canone Rai e la televisione che non c'è più.




Quest’oggi SPS si trasforma momentaneamente in un clone di ‘Mi manda Lubrano’. Ricordate? ‘A questo punto, una domanda sorge spontanea...’. 

L’oggetto della questione è, però: ‘mamma’ Rai.

Al momento questo Blog non è aperto ai commenti, però una e-mail per eventuali comunicazioni la metto sempre in calce ad ogni articolo, per cui chi avesse qualcosa da indicare e/o aggiungere lo può fare tranquillamente, vista la ‘popolarità’ dell’argomento trattato. Poi, se la situazione lo richiederà, potrò scrivere un aggiornamento della questione, o aprire una pagina apposita in SPS, con lo sviluppo delle 'cose' e i vostri ‘appunti’ ed esperienze sul tema.

Che ne dite? Questo è SPS, dove non c'è fine di continuità tra 'Sacro e Profano', dove ogni ambito viene osservato come una introduzione verso il suo esatto opposto al fine di esperimentare l'esistenza 3d e comprendere, in perfetta autonomia, i riflessi del 'tutto' che si affaccia su di noi ed in noi.

Allora, vado diretto al punto della disdicevole vicenda, che cade, tra l’altro, in un momento in cui la ‘crisi’ batte dura e risparmiare quegli oltre 100 euro annui, richiesti dal balzello medioevale del canone Rai, non fa proprio male.

Cercherò di essere chiaro e trasparente.

Noi (io e mia moglie) abbiamo sempre pagato il canone, sin dal 2003 da quando abbiamo deciso di vivere insieme (prima lo hanno sempre pagato i nostri genitori). Nel tempo, però, la nostra situazione relativa all’essenza del vivere, diciamo ‘sul percorso evolutivo/spirituale, ci ha portati a cambiare idea sulla quasi totalità delle mode/abitudini ‘offerte’ da questo modello sociale

Siamo cambiati in 'profondità'.

La televisione è una di quelle 'abitudini' a cui abbiamo deciso di fare a meno e, il lettore di SPS, sa molto bene che lo dico con serio convincimento. Per cui siamo andati a cercare direttamente alla ‘fonte’, ossia sul sito della Rai, come si può fare per disdire tutta la faccenda relativa al canone.

Cosa abbiamo trovato? Questa pagina tutt’ora presente sul loro sito, la quale recita che 'la disdetta dell’abbonamento, si realizza esclusivamente al verificarsi dei seguenti eventi:

•  L’abbonato cede tutti gli apparecchi detenuti dando esatta comunicazione delle generalità e indirizzo del nuovo detentore… (art. 10 R.D.L. 21.2.1938 n. 246)

•  L’abbonato comunica di non detenere alcun apparecchio fornendone adeguata comunicazione (ad es. per furto o incendio)… (art. 10 R.D.L. 21.2.1938 n. 246)

•  Nel caso che gli abbonati intendano rinunciare all’abbonamento senza cedere ad altri i loro apparecchi, devono presentare disdetta, entro il 31 dicembre, chiedendo il suggellamento degli apparecchi stessi. (art. 10 R.D.L. 21.2.1938 n. 246) 
 
Dato che il nostro vecchio televisore versava in condizioni pietose, lo abbiamo fisicamente buttato via, trovando la ‘forza’ (visto il condizionamento sottile imposto) e prendendo lo spunto dall’introduzione alla tv digitale e del relativo ‘famoso’ decoder analogico/digitale da applicare alla vecchia tv. 

Quindi per noi il ‘secondo caso’ dei tre esplicati sul sito della Rai andava benone e rientravamo al cento per cento nella casistica, ossia:

L’abbonato comunica di non detenere alcun apparecchio fornendone adeguata comunicazione (ad es. per furto o incendio). La disdetta deve essere inviata a mezzo raccomandata Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale I di Torino – Ufficio territoriale di Torino 1 Sportello S.A.T. Casella postale 22 – 10121 Torino (To) (art. 10 R.D.L. 21.2.1938 n. 246). Anche in questo caso, successivamente all'invio della raccomandata, lo Sportello S.A.T. invierà all'abbonato un modulo di dichiarazione integrativa della disdetta che dovrà essere debitamente compilato, firmato e restituito per la definizione completa della richiesta di annullamento.

Allora mandiamo la nostra bella raccomandata prima della scadenza dell’anno 2010. Eccola:

Oggetto: disdetta dell’abbonamento privato alla televisione n.XXXXXXXX–Codice Controllo X - (art. 10 R.D.L. 21.2.1938 n. 246).
 
Il sottoscritto XXXXXX XXXX intende portarvi a conoscenza di quanto in oggetto. Infatti non sono più in possesso di alcun apparecchio televisivo da mesi e non intendo nemmeno usufruirne per il futuro. Colgo l’occasione dell’ultimo guasto definitivo occorso al mio televisore. Il mio stato di disoccupazione non mi permette spese inutili.
Grazie.
Cordiali saluti.    

Sono rimasto disoccupato per circa due anni e mezzo, per una scelta particolare di ‘ri possesso del mio tempo’. Tempo che ho messo a disposizione alla mia 'crescita individuale espansa', per SPS e per terminare il mio libro ‘Prospettiva Vita’, che dovrebbe andare in stampa a settembre 2011. 

Puntualmente ricevo ugualmente da ‘mamma Rai’ la richiesta di pagamento per il canone relativo all’anno 2011. Allora riscrivo prontamente un’altra raccomandata; questa:

Oggetto: Vostra richiesta di abbonamento alla Televisione n.XXXXXXXX – Codice Controllo X.

Mi chiamo XXXXXX XXXX, residente in XXXX a XXXX (XX), e scrivo in merito a quanto espresso in oggetto. Voglio portare alla Vostra cortese attenzione che in data 07 dicembre 2010 ho espresso formale richiesta di disdetta dell’abbonamento privato alla televisione N. XXXXXXXX – Codice Controllo X - (art. 10 R.D.L. 21.2.1938 n. 246), come da indicazioni presenti sul Vostro sito, tramite raccomandata AR Nr. XXXXXX-X (che allego, unitamente alla fotocopia della lettera di disdetta sopra cimentata). Pertanto, in riferimento a quanto espresso, non trovo fondata la Vostra richiesta di pagamento del canone RAI per la stagione 2011 e a seguire.
Grazie.
Cordiali saluti.

Bene. Tutto finito, pensavamo io e mia moglie, e invece no. Due giorni fa riceviamo questa ennesima richiesta di pagamento del canone Rai:

In riferimento alla Sua comunicazione, si fa presente che la stessa è inefficace per la chiusura dell’abbonamento in oggetto, in quanto non contiene gli elementi richiesti dall’art. 10 del R.D.L. 21 febbraio 1938, n 246 (convertito nella legge 4 giugno 1938, n. 880), che consente la disdetta nei soli casi di cessione o di suggellamento di tutti gli apparecchi televisivi detenuti presso ogni residenza o dimora proprie e dei propri familiari anagraficamente conviventi.
 
Pertanto Lei rimane obbligato/a al pagamento del canone di abbonamento alla televisione.
 
Si fa presente inoltre che attualmente sono ancora dovuti i seguenti importi:
euro 56,39 per canone di abbonamento
euro 8,70 per sanzioni amministrative e interessi di mora.
 
La modalità di trattamento a cui la Rai sottopone i propri abbonati/forzati è lo specchio di una nazione ammantata di ‘ragnatele’ e ‘malfidenza’, il cui frattale è rispecchiato persino nella mancanza di saluti finali nell’ultima comunicazione ricevuta, come se un qualcuno dall’alto, inarrivabile, non degnasse nemmeno del saluto il proprio ‘sottoposto’. 

Infatti, il rapporto reciproco tra Rai e abbonati si fonda sulla negatività. Alla base ‘non si crede a quello che l’altra parte sta affermando’. Solo che l’abbonato è forzato a ‘credere/pagare’, mentre la Rai può fare la voce grossa e ‘ordinare il pagamento’.

Ecco le mie considerazioni:
  • non abbiamo più nessun televisore in casa (il vecchio televisore era al limite della decenza e l’abbiamo buttato via)
  • la modalità di disdetta utilizzata da noi è scritta sul sito Rai (l’abbonato comunica di non detenere alcun apparecchio)
  • le tre modalità di disdetta fanno riferimento alla stessa legge (art. 10 R.D.L. 21.2.1938 n. 246). Una legge del 1938 che rappresenta ancora l’Italia alle porte del 2012
  • il rapporto Rai/Utente è basato sulla malfidenza (non si crede che noi abbiamo veramente buttato via il televisore e che, quindi, continuiamo ad ‘usufruire’ dei programmi Rai)
  • il canone Rai è una forma di ‘collante’ studiato per essere appiccicato addosso alle persone a ‘prescindere’ da ogni nuova circostanza, infatti in caso di morte, l’erede - se non già abbonato Rai - ‘deve’ prendersi carico dell’abbonamento del defunto
Ecco la situazione più paradossale:

l’unico modo per disdire il canone Rai è chiedere il suggellamento degli apparecchi televisivi posseduti, oppure cederli fisicamente a qualcuno, dichiarando nome e cognome della persona che ‘riceve’ questo onere. Ossia si prendono in considerazione solo le casistiche basate sul possesso fisico di una televisione.

La nostra situazione si trova in un territorio non preso in considerazione, dunque?

Noi non abbiamo nessun televisore. Per cui cosa dobbiamo fare? Nel 1938 non avevano pensato a questa evenienza? 

Quindi dovremmo pagare per un qualcosa di cui non usufruiamo?

Siamo al puro paradosso. Cosa dovremmo suggellare? L’aria? Un televisore di cartone? O un televisore che recuperiamo dalla discarica? Cose da pazzi. Oppure dovremmo dichiarare di cedere un televisore che non esiste?

La documentazione che il televisore non esiste più, in cosa consiste? In una foto in cui si vede che lo gettiamo nella spazzatura? Foto che si può sempre taroccare, per cui ‘mamma Rai, non ci crederebbe, no?

Io penso che, di fronte a questi tempi, occorra prendere delle decisioni all’altezza della situazione personale/spirituale percepita. Che queste decisioni vadano poi confermate tramite l’azione diretta sul piano della inerente realtà/fisicità, attraverso la coerenza e la conferma responsabile delle proprie necessità esistenziali, riflesse in un superamento di ogni ricatto ed 'astrusità' del caso. 

Nella fattispecie, si parla di una vera e propria intimidazione, sia per il tono della lettera ricevuta, sia per la presenza di una ‘sanzione’, sia per quello che all’orizzonte si potrebbe prospettare.

Ma non importa. È una questione di coerente presa di posizione:
  • a noi non interessano i contenuti Rai
  • a noi non interessa vedere la televisione
  • noi non abbiamo nessuna televisione atta a ricevere il segnale televisivo
  • e non c’è niente e nessuno che ci può obbligare a vedere la televisione.
È questa la profondità raggiunta dall’incantesimo? 

Non è nemmeno prevista la circostanza che una persona non voglia vedere la televisione! Non si crede che possa esistere anche questa possibilità. Non si crede che possano esistere interi nuclei familiari ‘de televisorizzati’.

Non si crede… ossia si è malfidenti.

Per oggi lascio perdere il discorso di valenza frattale spirituale, perché esula dalla tridimensionalità del presente articolo, il quale intende manifestare lo 'stato dell’arte' in un modello sociale che, a maggior ragione, non posso che chiamare Antisistema

La Rai è il frattale evidente di un contesto ribaltato a 180 gradi.

Sono giorni di manovre fiscali aggiuntive, di austerity, di richieste di sacrificio per tutti i popoli della Terra, Italia in primis. La ‘crisi’ è stata innescata dall’energia che veicola il mondo bancario e ricade ovviamente sulla ‘massa’ che lo alimenta in ogni caso. È un circolo vizioso di cui, intendiamo che si sia rotto il meccanismo.

Questa richiesta di balzello alla ‘Non ci resta che piangere’ è un segno evidente dei tempi; tempi che stanno collassando su se stessi e sul proprio ‘contenuto’. Il ‘pagare indotto’ sembra l’unico modo per mantenere in piedi un castello che ‘non ce la fa più’.

Io e mia moglie abbiamo staccato i ‘fili’ del Matrix

Noi non abbiamo più nulla a che fare con questa realtà bizzarra costituita da debiti e canoni ‘sottili’. Il nostro Karma è pulito: siamo liberi.

La Rai ‘non crede’?  È un problema suo e di tutti coloro che la ‘alimentano’. La Rai è un carrozzone con molto valore aggiunto, però è preda del proprio male convergente, fatto di tempo ripiegato su se stesso, come una immane tempesta che non va mai via e che non si esaurisce mai, perché trova in continuazione energia di alimentazione. È un vortice che non conosce fine di continuità…

Noi abbiamo chiuso con la Rai.

Con chi ‘non ha occhi per vedere’ è difficile trovare un punto comune d’intenti. In questi casi è meglio tagliare quella linea di percezione, quel Mondo tanto diverso da noi, quella dimensione che non fa più parte della propria vibrazione d’essere.

L’augurio è che le persone cambino, così anche la Rai potrà iniziare a cambiare per ‘induzione’, proprio come adesso per ‘induzione’ ogni individuo è ‘portato’ ad avere un televisore, come se quell’apparecchio fosse un vero e proprio ‘familiare aggiunto’ o un riempitivo per carenze d’altro tipo

La Rai è pubblica e impone un canone, oltre che ad usufruire del mercato della pubblicità: e non basta mai. È sempre piena di debiti, ed il debito è il cancro che ammanta questa dimensione. Lo ritroviamo in ogni circostanza. 

Il debito è il frattale di un qualcosa di superiore: della nostra situazione spirituale latente.

Ogni macchina prodotta dall’umanità, e non fatta sparire, ha ‘sete’ d’energia e puntualmente accende la spia della riserva. Spia che è inerente alla macchina stessa ma anche alla persona che la guida, che la possiede. Persona che deve porre rimedio a quella situazione, pena la frenata del proprio cammino.  

Cammino che, tuttavia, può procedere ancora, a ben pensarci, proseguendo a piedi e abbandonando la macchina. Ecco la famosa ‘alternativa’ o la speranza che non smette mai di alimentare ognuno di noi.

Anche oggi sono riuscito a scrivere parecchio. Ma va bene così. Va bene così.

Spediremo una nuova raccomandata a ‘mamma Rai’, con la ferma intenzione di ‘non vederci mai più’. È un addio, almeno sino a quando le ‘cose’ non cambieranno.

Nel proprio storico slogan c’è tutta questa vicenda e molto altro:  Rai. Di tutto, di più.

Non abbiamo bisogno di questa Rai.

Stay tuned…

Davide Nebuloni / SacroProfanoSacro 2011
Prospettivavita@gmail.com

martedì 21 settembre 2010

La gentilezza di cui se ne può fare a meno.






Prendendo atto di questa “strepitosa e gentile” news:

Rai: Esenzione Canone Per Gli Over 75 Con Redditi Sotto Ai 6.700 Euro.
Roma, 20 set. - (Adnkronos) - Buone notizie per gli abbonati Rai ''di lungo corso''. Gli ultra 75enni non dovranno più versare il canone di abbonamento al servizio radiotelevisivo dovuto a partire dal 2008. Possono fruire del beneficio i contribuenti con un reddito proprio e del coniuge non superiore complessivamente a 6713,98 euro (516,46 per tredici mensilità) e che non convivono con altri soggetti diversi dal coniuge stesso…
Il limite di 6713,98 euro va calcolato sommando il reddito del soggetto interessato e quello del coniuge convivente, tenendo conto di ogni possibile entrata indipendentemente dal fatto che sia assoggettata a Irpef o meno secondo le regole ordinarie. Ciò in virtù del fatto che la finalità della norma e' quella di tutelare i soggetti che versano in una condizione di reale disagio economico.
Fonte: Yahoo

Gli over 75 saranno molto felici di questo "aiuto del cielo”. Mi chiedo se coloro che “decidono” si rendano conto di cosa significa “condizione di reale disagio economico” . Il tutto senza nemmeno chiedere se una coppia è in affitto, oppure no. Ma siamo in Italia dove quasi tutti possiedono una casa di proprietà, no? 

Questa mancanza di sensibilità, persino di gentilezza, da parte dello “Stato” è una condizione di specchio della Società. In parole "brevi" la Società descrive lo Stato e lo Stato descrive la Società. Il segnale viene creato, trasmesso e poi ricevuto a boomerang. In che senso?

È come chiedersi se è nato prima l’uovo o la gallina. Non ha senso perché è nata prima l’osservazione intelligente di un “Principio Creativo”. Senza quella osservazione nulla poteva addensarsi, fissare l’energia nella “solida” realtà. La Società ha creato e dunque permesso la nascita dello Stato, il quale  oggi trasmette l’immagine della Società alla Società stessa, solo che nel frattempo lo Stato ha preso Vita, per cui la Società che lo alimenta lo rispecchia anche, ma lo Stato è "vivente" per cui percepisce il suo "potere" e lo intende perseguire e mantenere.

Tutto ciò descrive un principio interattivo bidirezionale; è come il Dottor Frankenstein che crea una forma vivente dotata di libero arbitrio, che mantiene il senso del suo Creatore, gli "appartiene", anche se tuttavia lo può persino uccidere.

Significa che abbiamo quello che “meritiamo”, in quanto le responsabilità sono solo ed esclusivamente degli individui. La “gentilezza” che manca è un sinonimo della diffidenza che i cittadini nutrono l’uno nei confronti dell’altro. È un segno della mancanza di Amore, della chiusura dei loro “Re”, come scrive l’Amico Rino che ringrazio.

E tutto ciò mentre gli Stati spendono cifre folli per ottenere capacità di calcolo sempre più potenti, chissà per quali motivi:

Francia, supercomputer per lo stato.
Due milioni di miliardi di operazioni di calcolo al secondo. Il gruppo informatico francese Bull ha siglato con la società Genci, detenuta al 49% dallo stato, un contratto per sviluppare un supercalcolatore, che dovrebbe essere il più potente in Europa e fra i primi tre al mondo.
La sua potenza di calcolo nel 2011 dovrebbe essere pari a 2,2 petaflop, ovvero due milioni di miliardi di operazioni di calcolo al secondo.
La macchina sarà messa in servizio al Très grand centre de calcul (Tgcc), realizzato dal Commissariato per l'energia atomica (Cea) a Bruyères-le-Châtel, nella regione parigina, e sarà accessibile alla comunità scientifica francese ed europea.
Fonte: Yahoo

Ci sono sempre motivi di “facciata” e motivi di “interesse”. In questo caso, secondo me, i motivi di interesse sono relativi alla fornitura di potenza elaborativa per mantenere con efficacia il potere di controllo sulla Società. Una Società “sana” non permetterebbe un simile contrasto tra le politiche di “gestione” della cittadinanza. È inutile scrivere trattati per dimostrare l’ingiustizia che regna sovrana, basta osservare i frattali all’opera. La potenza organizzativa accumulata non è usata per il benessere cittadino, ma per il mantenimento e la stretta sul controllo cittadino.

In una società in “equilibrio” i cittadini non si “lamentano”. E anche se la moda del lamento è tipica degli italiani, pur lamenti essi rimangono. Ripeto; è uno specchio ciò che ci prende a "calci nel sedere". 

Lamentarsi non serve. 

È una lezione che riceviamo ed è il frutto dei nostri errori. Le persone elette a rappresentanza al Governo, sono irretite dalle forme pensiero che aleggiano nei “palazzi” del potere, edifici secolari ricolmi di energia negativa. Le energie sottili sono “disprezzate” dal sapere scientifico imperante, per cui non si può nemmeno parlare di “piani di bonifica energetica”.

Scrivevo della “gentilezza”. Ebbene dietro a questa facciata c’è molto altro, interi mondi celati da maschere, veli, illusioni:

 
Motivi psicologici per non dissentire.
Oltre alle ragioni culturali, religiose, sociali, e sessuali che ci fanno assentire quando non vorremmo, esiste una miriade di motivi psicologici per non contraddire…
Le quattro trappole del “si”.
Sembra vi siano quattro motivi psicologici principali che ci fanno dire di sì anziché di no. Sono quelli che definisco i tranelli in cui cadiamo.
  1. Voler essere gentili
  2. Voler essere amati/rispettati/accettati
  3. La paura di perdere amici, amanti, lavoro, famiglia, posizione sociale, successo, denaro, beni materiali
  4. La sensazione di non avere il diritto di dire no
Fonte: “Come dire di no” di Corinne Sweet

La mancanza di gentilezza degli “Stati”, in realtà non è una vera “mancanza”, ma in realtà esprime proprio questa serie di punti sopra citati. Lo Stato ha sviluppato una sorta di “gentilezza sui generis”, appunto approvando decreti come quello di apertura di questo articolo. I cosiddetti “ammortizzatori sociali” esistono, esiste una salute pubblica “tutelata” e molte altre iniziative “anti crisi”. 

Ma nella realtà dei fatti, nella Vita di tutti i giorni, chi ne ha mai usufruito? 

Le misure anti depressione economica sono irraggiungibili per delle famiglie di "terrestri" italici. Le somme massime che si devono guadagnare sono letteralmente campate per aria, come ad esempio il calcolo dell’inflazione.

La “gentilezza” degli Stati cela la paura di perdere il proprio potere ed è lo specchio diretto degli individui, la dimostrazione che le paure dei singoli sono state impresse nella “creatura statale”: una creazione fatta ad immagine e somiglianza. Questa "immagine" rappresenta la nostra opera di co creazione. Questa è la realtà che ci rappresenta adesso ma che giunge dal passato. Il “ritardo” nell’espressione di una nuova società è figlio dei dubbi e delle illusioni che attanagliano il tessuto sociale, il singolo che si riflette nella creazione

Cambiando nell’adesso cambiamo il futuro cambiando il passato.

 

giovedì 27 maggio 2010

La Rai che non ti aspetti: in groppa all'elefante.





Rai: 61,8 mln perdita gruppo 2009.
Roma. Il Consiglio di amministrazione della Rai ha approvato con 8 voti a favore e un astenuto il bilancio del gruppo per il 2009 che prevede un perdita di 61,8 milioni di euro rispetto ad un deficit tendenziale ad inizio anno di oltre 150 milioni di euro. Tale risultato, informa una nota, è stato ottenuto a seguito di interventi incisivi decisi  dall’azienda e che hanno riguardato contemporaneamente la razionalizzazione dei costi e delle spese e una più attenta gestione dei ricavi. Gli ulteriori interventi di risanamento del bilancio aziendale, sino al pareggio dello stesso, sono compresi nel Piano Industriale 2010-2012 già approvato dal CdA del 20 maggio scorso.
Fonte: Reuters

Come girare la “frittata“, quando si amministra un bene pubblico, senza sentire particolari responsabilità. Allora, perdere 61 milioni di euro diventa un risultato. Tutti gli anni, mamma Rai, raccoglie centinaia di milioni di Euro dalla richiesta globale del canone:

“Chiunque detenga uno o più apparecchi atti od adattabili alla ricezione delle radioaudizioni è obbligato al pagamento del canone di abbonamento, giusta le norme di cui al presente decreto”.
(Regio decreto legge 21 febbraio 1938, n.246 art.1)
Fonte: Wikipedia

Ora, non intendo io fare le solite polemiche su questo balzello, scivolato tra noi da una finestra spazio temporale sul Medioevo, bensì intendo porre lo “sguardo” su coloro che “amministrano” questa importante azienda, la quinta in Europa. La Rai raccoglie denaro pubblico dal canone e dalla pubblicità. La concorrenza solo dalla pubblicità. La differenza è notevole. Eppure la concorrenza non è in rosso, mentre la Rai lo è per default. Cosa significa? Che coloro che gestiscono il carrozzone pubblico non sentono e non sono nemmeno chiamati ad esprimere “virtù” del buon padre di famiglia, nella pratica quotidiana del loro lavoro. È suffciente tenere "l'elefante" in strada.

Il giro del fumo è molto politico ormai e importante dal punto di vista del “controllo” dell’informazione

Sembra che questa sia la peculiarità richiesta agli amministratori del gruppo Rai, alla “testa” pensante. Dal momento in cui non è pensabile che la “testa” sia bacata, ossia mancante di capacità e/o intelligenza, l’unica evidenza logica è che la “richiesta” che giunge dal mondo che si cela oltre la politica, sia proprio quella del mantenimento e controllo del ruolo pubblico di gestione dell’informazione. Ossia? Ecco di nuovo l’Antisistema in azione. La Rai è un potente strumento di “drogaggio” della massa. Per questo motivo necessita di un certo tipo di uomini al suo pseudo comando: uomini adatti ad un certo tipo di “mansione”.

Questo è, secondo me, il motivo dello scempio pubblico ad ogni sua “latitudine”. Non è semplicemente richiesto di essere responsabili di una azienda, in maniera tale da renderla virtuosa nei conti, bensì di amministrare passivamente il suo lato di controllo sulle masse. Per i continui “buchi” di bilancio c’è sempre un modo di mettere una “pezza”; anzi, la modalità con la quale viene sempre messa la “pezza”, fa parte proprio del “gioco”. 

Le masse incoscienti sono chiamate ad "aprire gli occhi": è il solito lato auto educativo.