Lor signori vogliono cancellare il Natale.
Anzi, sovrascriverlo: “Festa dell’Inverno”. Con buona pace della tradizione, post reset; quello che aveva a sua volta parassitato l’antica festa del Sol Invictus, etc. etc. etc. Quando è incominciata la “festa”? E chi lo può dire, visto che la memoria “tira così poco” in qualcosa di estremamente… è-voluto. E chi ha ancora tale “vista lunga”, bè… te lo viene a raccontare proprio a “te”? Diciamo che se ne è approfittato per aggiustare capra e cavoli: facendosi i fatti propri, curando il proprio interesse, e chi si è visto s’è visto. Scordarsi del passato è una prassi consolidata. Addirittura, anche quello più prossimo: cos’hai mangiato ieri sera? È un’abitudine talmente rinnovabile che, passa tutto in cavalleria. Sì, hai mangiato, ti sei nutrito, hai alimentato la macchina. Stop. Finita lì.
A che serve ricordare i particolari: occupa spazio.
Già. Peccato che questa ferma abitudine, nella fissa dimora, porta con sé una sorta di “cancellino magico” che si applica un po’ a tutto quanto. È la “ciclicità” nella relatività.
La noia, se non ci fosse il “lavoro che nobilita”.
Andare a lavorare comporta, seppure nella ripetizione sostanziale, qualcosa che porta via, pertanto non è mai noioso: “romperà” ma la noia è qualcosa d’altro, perché lavorando c’è sempre della responsabilità di fondo.