Che sia stato un animale o una entità, un’astronave o un luogo, il suo significato rimane sempre quello:
l’eternità insita in noi. La particella divina che ci ‘anima’.
‘Già Marziale, Ovidio, Plinio il vecchio, Tacito la usano per esemplificare il concetto di eternità, di ritorno ciclico, continuo… Tutto quello che poteva servire a comunicare in maniera semplice e accessibile concetti particolarmente difficili’.
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Maria, vergine ma anche madre:
ci troviamo di nuovo di fronte alla simbologia legata al Tao, a quello che io ho chiamato ‘terzo stato quantico dello Zen’, ossia alla nostra facoltà di equilibrare la dualità mediante la nostra centratura continua nell’eterno attimo presente.
In quantistica equivale al concetto di 'on/off' allo stesso tempo, dando luogo all'unificazione della polarità:
- on
- off
- on/off.
Un po’ il concetto di ‘viaggio nel tempo’ e di ‘teletrasporto’.
Siamo delle splendide opere d’intelligenza spirituale.
Ora, mi viene spontanea una riflessione:
la figura della Fenice racchiude la ciclicità, il rinascere e può costituire una ‘trappola’ se ci si limita ad osservarla esclusivamente da questa prospettiva. In realtà, la Fenice rappresenta l’eternità che si concentra nella ciclicità al fine di maturare e/o raggiungere un certo livello della consapevolezza o della maturazione evolutiva, ma in quanto ‘eterna’ è libera di potersi svincolare dalla ‘trama ciclica’ in cui si è auto installata.
Allarghiamo la ‘visuale’. La Fenice ci rappresenta in quanto particelle Divine, o Human Bit, della Creazione.
Perché ho utilizzato il termine ‘allargare la visuale’? Perché occorre abbracciare le ‘cose’ da un punto di vista 'superiore', al fine di capacitarsi della vera essenza dei ‘messaggi’ raccolti e 'celati' dagli Antichi per gli stessi Antichi, che altri non sono che gli uomini e le donne ‘moderni’: noi.
Ciò lo si evince continuando a leggere la citazione:
la Fenice grazie a quell'aggettivo ‘araba’ rimaneva un prodigio esotico ma ormai targato sempre e solo Oriente. Giusto grattandone a fondo l'etimologia - oggi che si conosce il fenicio e l'accadico - potrebbe tornare ad essere il simbolo del Tramonto mediterraneo e di Osiride, com'era già per gli antichi Egizi.
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Chi poteva definire il conglomerato europeo o una qualsiasi zona della Terra con un nominativo geografico? Solo chi aveva una visione 'superiore', ed in questo caso intendo proprio un tipo di visione dall’alto, proprio come degli antichi visitatori provenienti dallo Spazio.
Mentre se si analizza una situazione dal ‘cielo’, prendendo a riferimento dei punti ‘fissi’ come le Stelle o il Sole, allora tutto assume una connotazione più ‘precisa e stabile’, perlomeno dal punto di vista temporale e fisico umano.
Il ‘punto di vista temporale’ introduce nell’ambito ciclico dell’osservazione di ogni fenomeno 3d:
se vogliamo studiare approfonditamente i cicli di borsa, allora sicuramente il libro ‘The Profit Magic of Stock Transaction Timing’, pubblicato nel 1970 da Hurst, è una delle migliori pubblicazioni ancora oggi presenti.
Hurst afferma che i cicli borsistici si basano su cinque principi:
- principio della somma, ovvero i movimenti ciclici che ci sono nel mercato sono il risultato della somma di diversi cicli;
- principio della comunanza, ovvero i cicli sono comuni a tutti i mercati. Questo significa che le caratteristiche basiche dei cicli sono uguali per tutti ed hanno per ogni mercato una certa durata ed una certa intensità di movimento;
- principio della nominatività, che indica una durata nominale per ciascun componente comune ai cicli di diversi mercati. Questo principio si lega strettamente al principio della comunanza e lo completa;
- principio della proporzionalità, che ci dice che maggiore è la durata di una componente del ciclo e più grande è la sua forza;
- principio della variazione, che indica che tutto quanto è stato esposto nei quattro principi precedenti è vero ma non è necessariamente sempre così, ovvero può cambiare e mutare. Questo significa, ad esempio, che il punto di massimo o di minimo di un ciclo possono variare con il passare del tempo, così come la durata del ciclo stesso, che può essere diversa di volta in volta.
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Questo è il punto di vista di una entità parassita.
Sino a quando non si accetta di ‘aprire gli occhi’ e di smettere di continuare a ‘sopravvivere a se stessi’.
Il quinto principio introduce valenze quantistiche e sancisce la viva presenza del cambiamento e della biodiversità, mentre il concetto di libero arbitrio rimane soggettivo e dipendente dal grado di libertà concesso dal livello superiore che amministra, veicola e controlla.
È giunta l’ora di svincolarsi persino da una stretta terminologia abitudinaria legata ai concetti ‘sacri’ di Karma e libero arbitrio, reincarnazione, etc.
Diciamo che il ‘tutto’ è inserito in prospettive cicliche che determinano le ‘ampiezze’ dei ‘vortici’ sottostanti.
Vero e falso non esistono.
le differenti lunghezze d'onda vengono interpretate dal cervello come colori, che vanno dal rosso delle lunghezze d'onda maggiori (frequenze più basse) al violetto delle lunghezze d'onda minori (frequenza più alte)…
Non a tutti i colori possiamo associare una lunghezza d'onda precisa. Non c'è, cioè, una relazione biunivoca tra i colori che noi percepiamo e le lunghezze d'onda. Quasi tutti i colori che ci vengono dall'ambiente, cioè, non sono puri, ma sono in realtà una sovrapposizione di luci più lunghezze d'onda.
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Il ‘meccanismo cervello+occhio’ è il nostro lato soggettivo, la nostra firma energetica, ciò che il nostro ‘lapis magico’ capta e deduce di quello che, opportunamente filtrato, lo attornia.
Vero e falso non esistono, ma rappresentano una scala di possibili ‘valori’ o frequenze di 'auto percezione installante' nelle 3d, a cui noi diamo maggiore o minore ‘peso’ attraverso il nostro ‘credo’.
Ora, se qualcuno che osserva da un punto a ‘migliore prospettiva’, vedesse e sapesse a 'cosa stiamo andando incontro', potrebbe prendere un grande vantaggio dalla rilettura prospettica dell’intera situazione inerente al genere umano.
Esiste molto di più rispetto a quello che i sensi riescono a captare:
la luce visibile è una porzione dello spettro elettromagnetico compresa approssimativamente tra i 400 e i 700 nanometri (nm) (nell'aria)...
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Per la percezione esteriore, il mondo spirituale appare nascosto, velato. Caratteristica dello spirituale è che l’uomo può riconoscerlo solo se si sforza, almeno in piccola misura, di diventare egli stesso diverso da come è in partenza.
Lo studiare ed accogliere solo sotto forma di nozioni le verità antroposofiche lasciandole agire su se stessi, pur senza sottoporsi ad una rigida disciplina esoterica, fa mutare la propria anima.
Si attua una trasformazione dell’anima; un processo simile a quello che subirebbe un essere che abbia solo percepito il bianco e il nero, e piano piano divenisse capace di percepire i colori. L’anima si allarga, nel suo modo di percepire, divenendo capace di sviluppare di abbracciare percezioni che prima non venivano da lei registrate.
Questa autoeducazione sviluppa una determinata sensibilità nei riguardi del mondo spirituale, nel renderci recettivi verso alcuni processi che solitamente passano inosservati alla nostra coscienza: si educa l’anima ad acquisire maggiore sensibilità.
Colui che sviluppa tale particolare sensibilità vede manifestarsi dietro ad ogni impressione di caldo, freddo, di calore e di colore, dietro a tutte le leggi naturali vede apparire delle forze, delle entità spirituali. Appaiono mondi caratterizzati da entità di specie sempre più elevate.
Conferenza di Helsinki, 3 aprile 1912.
Entità spirituali nei corpi celesti e nei regni della natura - Capitolo III della serie Studi sulle opere di Rudolf Steiner a cura di Tiziano Bellucci
A cosa ‘siamo spinti’, allora? Semplicemente a camminare con le proprie gambe, in attesa di poterle ritrasformare in ali.
No. Non è proprio previsto.
‘Aiutati che il ciel ti aiuta’ recita la tradizione. Come al solito, le due ‘facce’ sono da 'amministrare' attraverso la nostra centratura e ‘presenza’, pena il cadere continuamente nella percezione ‘reale’ dell’alternanza ciclica e, dunque, del completo disequilibrio energetico, della mancanza di consapevolezza, e della riduzione di vibrazione dell’essere.
La ‘formula’ per l’equilibrio risiede nell’armonia del contesto umano, costituito dalla trinità corpo-mente-spirito. Non importa chi/cosa mettiamo al ‘centro’, importa il punto prospettico da cui osserviamo l’intero costrutto, ossia la nostra consapevolezza che è ‘a-geografica’… ognuno è caratterizzato dalla propria ‘ricetta’ a tal proposito…
Io mi metto ad inventare una cosa per la caduta dei capelli e per il dolore, in un paese dove uno senza capelli (Mussolini) dice che la via della salvezza si ottiene col dolore.
Da ‘Le vie del signore sono finite’ di Massimo Troisi
Davide Nebuloni/SacroProfanoSacro 2011
Prospettivavita@gmail.com